L’autorità giudiziaria può legittimamente imporre le emotrasfusioni?
IL QUESITO è stato oggetto di approfondimento da parte del professor Franco Modugno, ordinario di diritto pubblico presso l’Università di Roma, in un lavoro pubblicato nella rivista Diritto e Società, (n. 2, 1982), sul tema Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione (A proposito del rifiuto delle trasfusioni di sangue).
Ecco alcuni brani significativi:
“Nella realtà delle cose è accaduto spesse volte che medici e sanitari si sono rivolti all’autorità giudiziaria per sollecitare un intervento atto a superare il dissenso del paziente in ordine alla esperibilità di un determinato trattamento sanitario (particolarmente la trasfusione di sangue) ritenuto dal medico in varia misura opportuno o necessario per la tutela della salute dell’ammalato. . . . È altrettanto indiscutibile, però, che, per ammettere l’imposizione di un determinato trattamento sanitario, occorre in ogni caso la legge che lo preveda e che lo qualifichi obbligatorio o coercibile. Ora, per quanto riguarda le emotrasfusioni, non solo non vi è legge, nel nostro ordinamento, che le preveda o le imponga . . . ma una legge siffatta è difficilmente ipotizzabile, non riuscendo ad immaginarsi in qual modo possano venire in giuoco interessi pubblici per giustificare l’imposizione del trattamento trasfusionale. . . .
“Con riserva di ritornare in seguito sul punto, sembra possa tranquillamente affermarsi, in linea generale, che, non essendo prevista legislativamente nel nostro ordinamento la terapia emotrasfusionale, in mancanza del consenso del soggetto che la deve subire, essa non possa essere concretamente imposta da un provvedimento dell’autorità giudiziaria lesivo del diritto fondamentale alla disponibilità del proprio corpo, riconosciuto sia dall’art. 32 Cost. (con specifico riferimento ai trattamenti sanitari imposti) sia — se si vuole — dagli artt. 32 e 13 Cost. (con riferimento ai trattamenti sanitari coercitivi). In carenza di previsione legislativa di trattamenti sanitari limitativi del diritto alla disponibilità del proprio corpo, il provvedimento autorizzativo del giudice verrebbe inammissibilmente a sostituirsi o a surrogare il consenso dell’individuo: ciò che appare in contrasto con l’art. 32 e con lo stesso art. 13 Cost. . . .
“L’intervento dell’autorità giudiziaria non può, dunque, concepirsi né come verifica dei presupposti astrattamente previsti dalla legge per operare la restrizione della libertà individuale, proprio perché, nel caso dell’emotrasfusione, non esiste alcuna legge sulla quale modellare una motivazione, ma neppure come necessaria mediazione per l’applicazione del trattamento sanitario, in genere, che è di competenza dell’autorità sanitaria. . . .
“A questo punto il discorso sui trattamenti sanitari non obbligatori, ossia non imposti dalla legge, potrebbe conchiudersi. Tra di essi vanno indubbiamente ricomprese le terapie emotrasfusionali, le quali, soltanto ricorrendo l’espresso consenso di chi vi dev’essere sottoposto, possono legittimamente praticarsi. Esse non sono imposte da alcuna legge e, come si è rilevato, non è neppure pensabile che possano esserlo, sia perché è difficile ipotizzare una loro duplice utilità, al tempo stesso individuale e sociale — condizioni entrambe necessarie per la legittimità costituzionale di una legge che le volesse rendere obbligatorie — sia perché il limite del rispetto della persona umana non consentirebbe comunque di imporle a chi, per motivi etici, religiosi o anche di semplice convincimento, le rifiutasse. . . .
“Per concludere, dunque, può tranquillamente affermarsi che la giurisprudenza, la quale ha autorizzato il sanitario richiedente ad eseguire trattamenti sanitari non obbligatori e per i quali il paziente si era espressamente rifiutato di subirli, non è giuridicamente fondata ed è frutto di errore, di metodo e di prospettiva, se non addirittura di diffusi pregiudizi. Le motivazioni addotte, anche quando, nelle decisioni meno sbrigative, si richiamano a disposizioni costituzionali, male intese e peggio coordinate, sono scorrette e pretestuose”.