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  • Ho messo Geova alla prova
  • Svegliatevi! 1990
Svegliatevi! 1990
g90 8/4 p. 14

Ho messo Geova alla prova

AVEVO circa dieci anni quando nel 1970 due testimoni di Geova suonarono per la prima volta alla porta della casa dove abitavo con la mia famiglia a Roma. Stavamo preparando le valige per andare in vacanza. Mio padre ascoltò in maniera piuttosto apatica, mentre mia madre fu incuriosita dal messaggio biblico e li fece subito entrare. Rimase particolarmente colpita dalla loro conoscenza biblica e dalla loro gentilezza, ma essendo una sincera cattolica alla fine della conversazione disse loro: “Mi farà molto piacere rivedervi al rientro dalle vacanze, ma non dovete pensare minimamente che io cambi religione”.

A quel tempo io e le mie due sorelle non prendemmo sul serio la cosa; non ci sorprese il fatto che la mamma volesse conoscere la religione dei testimoni di Geova. Anche in passato aveva avuto contatti con persone di altre religioni: con i pentecostali, gli avventisti, i mormoni e altri. Pensammo che quella fosse la volta dei Testimoni.

Mamma era delusa della Chiesa Cattolica. Ne aveva notato l’ipocrisia quando per aver chiesto una Bibbia al parroco si sentì rispondere che era un libro troppo difficile da capire e che l’Apocalisse, niente meno, metteva paura. Questo non aveva fatto altro che accrescere la sua sete di verità. Quindi accettò di buon grado lo studio biblico offertole dai due testimoni di Geova al rientro dalle vacanze.

Anche io e una delle mie sorelle prendemmo parte allo studio, e col tempo facemmo progresso nella conoscenza della Parola di Dio. Fummo battezzate tutte e tre nel gennaio del 1974. Ben presto mio padre iniziò ad opporsi, prima con le minacce verbali, poi con maltrattamenti. Geova comunque ci sostenne e, grazie al suo aiuto, riuscimmo a perseverare.

Finita la scuola superiore lavorai per qualche tempo in un albergo, ma poi trovai un impiego presso un’agenzia di spedizioni internazionali. Lavoravo fino alle 18,30 e questo mi permetteva di dedicare circa due ore al giorno all’opera di predicazione. Fin dai primi giorni diedi testimonianza a tutti i miei colleghi di lavoro, al direttore e al presidente della società. All’inizio mi prendevano un po’ in giro dandomi dei nomignoli religiosi e provocandomi in vari modi. Una volta mi trovavo a una cena con tutto il personale. Come secondo piatto rifiutai la cacciagione, a motivo del comando biblico di astenersi dal sangue, e presi un’altra pietanza. (Atti 15:28, 29) Subito il vicedirettore lo fece notare ironicamente al direttore: “Sa, direttore, è una testimone di Geova e loro mangiano solo carne dissanguata!” Con mia grande sorpresa il direttore osservò: “Fanno molto bene a non mangiare il sangue. È un’ottima abitudine igienico-alimentare”.

Tale esperienza mi fece riflettere: Geova mi stava aiutando veramente. Ma che cosa stavo facendo io per lui? È vero, mi impegnavo regolarmente in un’accresciuta opera di predicazione, ma era sufficiente? Pensai alle esperienze di Testimoni in condizioni fisiche ed economiche critiche che, nondimeno, svolgevano il ministero a tempo pieno, e ad altri di mia conoscenza che avevano rinunciato a una carriera promettente o a una buona posizione sociale per dedicarsi pienamente all’opera di Geova.

Quando lessi l’articolo “Dichiarate il Regno di Dio!” nella Torre di Guardia del 15 dicembre 1985, la mia coscienza fu scossa. Mi sentivo come quell’uomo menzionato nell’articolo il quale, all’invito di Gesù di divenire suo seguace, cominciò ad accampare scuse e a porre condizioni. Metteva al primo posto le sue proprie esigenze e non dimostrava vera fede, a differenza di Matteo che fu pronto a lasciare tutto e subito per seguire Cristo. L’articolo poneva la domanda: “Come reagite all’invito: ‘Sii mio seguace’?”

Cominciavo a sentire il bisogno di fare di più nel servizio. Anche il lavoro secolare non mi dava più soddisfazione. Quante energie e tempo sprecati per un sistema che presto sarebbe finito! Otto o dieci ore di lavoro per la ditta, e solo due ore al giorno per Geova! Il fatto che Geova benedice il “sacrificio di lode” e non il servizio “a tempo perso”, non mi faceva sentire a posto con Lui. (Ebrei 13:15) Come potevo mettere Geova alla prova se non mi dedicavo completamente a lui? — Malachia 3:10.

Pregai molto riguardo a questo, chiedendo a Geova di indicarmi cosa fare. Sposai un ministro a tempo pieno e poco dopo mi licenziai dal lavoro con grande sorpresa del direttore e dei colleghi. Per farmi cambiare idea mi fu offerto uno stipendio raddoppiato e un più alto grado di qualifica. Ma rimasi ferma nella mia decisione.

Mi unii così a mio marito nell’opera di predicazione a tempo pieno e ci trasferimmo in una zona in cui c’era più bisogno. Geova ha riccamente benedetto anche questa nostra decisione rendendo fruttuoso il nostro servizio. Personalmente ho avuto il privilegio di aiutare diverse persone a conoscere la verità. Il ministero a tempo pieno mi ha dato la possibilità di valutare accuratamente la mia fede e mi ha reso più desta in senso spirituale. Realmente, in questo tempo, è la migliore opera che si possa intraprendere. — Da una collaboratrice.

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