Domande dai lettori
● Come poté l’apostolo Paolo dire veracemente che era Fariseo, come disse in Atti 23:6? — R. M., U.S.A.
Paolo l’apostolo era accusato in un’assemblea della corte giudaica del Sinedrio quando disse: “Io sono Fariseo, figlio di Farisei. Sono giudicato circa la speranza della risurrezione dei morti”.
Il giorno prima che dicesse questo l’apostolo Paolo aveva predicato apertamente il risuscitato Gesù Cristo e causato un tumulto tra i Giudei. (Atti 22:6-24) Perciò i Farisei e i Sadducei riuniti in questa occasione sapevano definitamente che Paolo non era Fariseo ma cristiano. Si deve ricordare, però, che egli era stato allevato come Fariseo ed era pienamente consapevole che i Farisei credevano alla risurrezione, agli angeli e agli spiriti, mentre i Sadducei rigettavano tali dottrine. (Atti 23:8; 26:5; Filip. 3:5) Per quanto riguarda queste dottrine, Paolo l’apostolo aveva una credenza simile ai Farisei, in contrasto con la posizione dei Sadducei.
Le azioni del sommo sacerdote Anania, riportate in Atti 23:2, resero chiaro che quelli che erano radunati non sarebbero stati imparziali o ragionevoli udendo il caso di Paolo. È possibile che quando l’apostolo vide ciò tentasse di dividere il gruppo radunato suscitando in mezzo a loro il controverso soggetto della dottrina della risurrezione. Sebbene non fosse ovviamente Fariseo nel senso più stretto della parola, era sempre “figlio di Farisei” e indicò di aver abbracciato la posizione dei Farisei sulla questione della risurrezione. Egli credeva nella risurrezione di Gesù come spirito, e questo accrebbe il disaccordo tra i gruppi presenti. — Atti 23:9, 10.
L’apostolo Paolo non asserì in questo caso di accettare alcune false credenze per divenire “ogni cosa a persone di ogni sorta”. (1 Cor. 9:22) Egli disse la verità, non compromettendo la sua posizione, e approfittò dell’occasione per dare un’efficace testimonianza.