Risposta a domande
◼ Quando è saggio associarsi a una congregazione che opera in un’altra lingua?
In questi ultimi anni abbiamo avuto un crescente numero di fratelli che si sono trasferiti in congregazioni che operano in altre lingue. È saggio fare questo? Se in quella congregazione c’è un particolare bisogno e il fratello è di valido aiuto per la sua maturità e perché conosce bene la lingua, questo trasferimento risulterà di certo una benedizione. Non sempre però si è seguito il giusto criterio. Diversi proclamatori si sono trasferiti in queste congregazioni per imparare o migliorare la propria conoscenza di una lingua straniera. Trasferirsi per questo motivo non è saggio. Non conoscendo bene la lingua della congregazione a cui sono associati, non sono in grado di dare un aiuto né nell’opera di predicazione né per quanto riguarda l’assistere i nuovi associati.
La domanda da farsi perciò è: In quale campo posso impegnarmi più efficacemente? Come posso utilizzare al meglio le mie risorse e capacità? Ciò che deve orientare la nostra scelta non è quello che preferiamo personalmente, ma quello che risulterà per i migliori interessi dell’opera. Anche se il trasferimento è una decisione di natura personale, non dovrebbe essere fatto per imparare una lingua o per altri interessi personali. La congregazione è stata costituita per ‘dichiarare le eccellenze di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce’. (1 Piet. 2:9) Qualsiasi altro motivo ci allontana dallo scopo principale per cui essa esiste.
Oltre a questo, c’è da considerare il proprio progresso spirituale. È evidente che il progresso di molti fratelli che frequentano una congregazione di cui non conoscono bene la lingua è rallentato e in alcuni casi addirittura bloccato. Geova desidera che facciamo progresso in senso spirituale. Desideriamo perciò incoraggiare tutti coloro la cui presenza in una congregazione che opera in un’altra lingua non è indispensabile, a trasferirsi in una congregazione italiana. Esortiamo ognuno a considerare con attenzione quanto indicato dall’apostolo Paolo in Efesini 5:16, 17. Siamo incoraggiati ad essere ragionevoli e a usare profittevolmente il tempo rimasto.
A partire dal 1º settembre 1998 i sorveglianti di circoscrizione delle varie circoscrizioni multilingue, in occasione delle loro visite ai gruppi e alle congregazioni, considereranno con il corpo degli anziani questo argomento per vedere cosa può essere ancora fatto per incoraggiare i fratelli che conoscono l’italiano e che non sono indispensabili nella congregazione o nel gruppo a trasferirsi in una congregazione italiana.
Tutto questo deve essere compreso nel giusto spirito. L’opera in altre lingue continuerà ad essere svolta con successo in base agli effettivi bisogni del territorio. Nei casi in cui è profittevole, sarà ancora necessario che alcuni fratelli, scritturalmente qualificati, si impegnino nell’apprendimento di alcune lingue complesse. (w97 15/6 p. 29) Questo però dovrà essere fatto in modo oculato, mantenendo il giusto equilibrio e tenendo conto di ciò che è meglio per l’opera. Applicheremo lo stesso principio nei confronti delle persone interessate. Come spiegava Il ministero del Regno del giugno 1984, a pagina 8, continueremo a predicare la buona notizia “nella lingua che esse comprendono meglio”, ma mentre faranno progresso le incoraggeremo a imparare l’italiano, perché è appropriato che imparino la lingua del paese in cui risiedono. In tal modo potranno associarsi quanto prima a una congregazione italiana. Coloro che invece già parlano bene l’italiano, non avendo difficoltà a comprendere ciò che studiano nella Parola di Dio, dovrebbero essere incoraggiati subito ad associarsi a una congregazione italiana. Questo consentirà di svolgere un’opera più efficace, in quanto trovare persone nel territorio di lingua italiana è molto più facile che cercare persone che parlano altre lingue.
Pertanto vogliate sempre assicurarvi che le vostre scelte vi permettano di seguire nella misura più piena il consiglio ispirato di ‘accertarsi delle cose più importanti e di essere pieni del giusto frutto’. — Filip. 1:10, 11.