1 CORINTI
Approfondimenti al capitolo 9
apostolo Vedi approfondimento a Ro 1:1.
una moglie credente O “una sorella come moglie”, cioè una moglie che è cristiana. Nella congregazione cristiana le donne sono considerate sorelle in senso spirituale (Ro 16:1; 1Co 7:15; Gc 2:15).
Cefa Uno dei nomi dell’apostolo Pietro. (Vedi approfondimenti a Mt 10:2; 1Co 1:12.) In questo versetto si parla di Cefa come di un uomo sposato. Stando a quanto indicano i Vangeli, sua suocera viveva con lui, e nella stessa casa viveva anche il fratello Andrea (Mt 8:14; Mr 1:29-31; vedi approfondimento a Lu 4:38). Da questo versetto si comprende che sua moglie a volte lo accompagnava mentre lui svolgeva il suo ministero. Anche le mogli di altri apostoli e dei fratellastri di Gesù accompagnavano i rispettivi mariti.
a proprie spese Lett. “con i propri stipendi”. Qui Paolo usa un termine greco che si riferisce al “compenso” dato a chi prestava servizio militare. (Vedi approfondimento a Lu 3:14.) In questo contesto lo utilizza in senso metaforico per dimostrare che gli instancabili “soldati” cristiani meritano di ricevere un modesto sostegno materiale.
È dei tori che Dio si preoccupa? Paolo fa questa domanda retorica per portare avanti il suo ragionamento. Ha appena citato il punto della Legge mosaica dove si legge: “Non devi mettere la museruola al toro mentre trebbia” (De 25:4). Come il toro ha diritto di mangiare il grano che trebbia, così il cristiano che trasmette cose spirituali ad altri merita di essere sostenuto dal punto di vista materiale. In 1Co 9:10, parlando del comando riportato in De 25:4, Paolo dice: “È stato scritto proprio per noi”. Non sottintende che i cristiani possano ignorare il principio divino di trattare bene gli animali. Intende piuttosto dire che, se il principio si applica ad animali che lavorano, tanto più si applica a esseri umani che lavorano, soprattutto a coloro che si danno da fare nel sacro servizio.
necessità O “obbligo”. Paolo ha ricevuto l’incarico di predicare, e si sente in dovere di svolgerlo (At 9:15-17; Gal 1:15, 16). Infatti aggiunge: Guai a me se non annunciassi la buona notizia! Usa il termine greco reso “guai” per esprimere l’angoscia che proverebbe se non assolvesse il suo obbligo. La sua stessa vita dipende dall’essere leale. (Confronta Ez 33:7-9, 18; At 20:26.) Forse ha in mente le parole di Geremia e Amos (Ger 20:9; Am 3:8). Comunque predica spinto dall’amore, non per semplice senso del dovere (2Co 5:14, 20; Flp 1:16).
Per i giudei sono diventato come un giudeo Il retaggio ebraico di Paolo e la sua disponibilità a fare “tutto per la buona notizia” gli permisero di aiutare gli ebrei umili ad accettare che Gesù fosse il Messia (1Co 9:23). Ad esempio, Paolo “prese [Timoteo] e lo circoncise a motivo dei giudei”, e Timoteo acconsentì. Paolo lo fece anche se la circoncisione non era un requisito per i cristiani (At 16:1-3).
Per quelli che non hanno legge sono diventato come uno che non ha legge L’espressione “quelli che non hanno legge” si riferisce ai non ebrei, che non erano sotto la Legge mosaica. Nel dare testimonianza a persone greche ad Atene, Paolo tenne conto del loro modo di pensare e parlò del Dio a loro sconosciuto; citò perfino i loro poeti (At 17:22-34).
Per i deboli sono diventato debole Pur usando parole vigorose, Paolo teneva in considerazione la coscienza sensibile di alcuni ebrei e non ebrei nella congregazione. È in questo senso che era “diventato debole” per i deboli (Ro 14:1, 13, 19; 15:1).
faccio tutto per la buona notizia Con questa espressione Paolo riassume il motivo per cui ha adattato i suoi metodi così da presentare il messaggio in modo efficace a un’ampia varietà di persone (1Co 9:19-23). Comunque, per fare discepoli, non ha mai preso in considerazione la possibilità di falsificare la parola di Dio oppure di comportarsi con astuzia, o inganno (2Co 4:2).
in una corsa tutti corrono Le gare di atletica erano parte integrante della cultura greca; Paolo se ne serve in modo efficace per fare degli esempi (1Co 9:24-27; Flp 3:14; 2Tm 2:5; 4:7, 8; Eb 12:1, 2). I cristiani di Corinto conoscevano bene le gare di atletica dei Giochi Istmici. Questi giochi si tenevano ogni due anni vicino a Corinto ed erano secondi per importanza solo ai Giochi Olimpici, che si tenevano a Olimpia. È probabile che Paolo fosse a Corinto durante i Giochi Istmici del 51. A questi eventi i corridori gareggiavano su diverse distanze. Nei suoi esempi Paolo fa riferimento a corridori e pugili per insegnare il valore della disciplina e della perseveranza, nonché l’importanza di fare sforzi mirati (1Co 9:26).
corsa Il termine “corsa” traduce il greco stàdion (lett. “stadio”), che può indicare la struttura in cui si svolgevano gare podistiche e altri eventi, una misura di lunghezza o la gara stessa. In questo contesto Paolo si riferisce alla gara. La lunghezza dello stàdion greco variava da un posto all’altro; a Corinto era di circa 165 m. La lunghezza di quello romano si aggirava intorno ai 185 m. (Vedi App. B14.)
solo uno ottiene il premio Nell’antica Grecia chi vinceva una gara di atletica riceveva come premio una ghirlanda, solitamente fatta di foglie. Quella corona era un segno di grande onore, e sembra che venisse tenuta in bella vista nello stadio perché i contendenti potessero vedere il premio. Paolo incoraggia i cristiani unti a impegnarsi per ottenere qualcosa di assai migliore di una ghirlanda, di “una corona che si deteriora”: la corona incorruttibile della vita immortale. Per vincere, il cristiano deve tenere lo sguardo fisso sul premio (1Co 9:25; 15:53; 1Pt 1:3, 4; 5:4).
chiunque partecipa a una gara O “ogni atleta”. Qui in greco compare un verbo che è affine a un sostantivo spesso utilizzato per indicare le gare di atletica. Questo sostantivo è usato in senso figurato in Eb 12:1 con riferimento alla “corsa” cristiana per la vita. È anche usato con il significato più generico di “lotta” (Flp 1:30; Col 2:1) o di “combattimento” (1Tm 6:12; 2Tm 4:7). Lo stesso verbo greco presente qui in 1Co 9:25 è stato reso “fare ogni sforzo”, “lottare”, “prodigarsi”, “sforzarsi” e “combattere” (Lu 13:24; Col 1:29; 4:12; 1Tm 4:10; 6:12). (Vedi approfondimento a Lu 13:24.)
si padroneggia Gli atleti che si preparavano a una gara si sottoponevano a una dura disciplina. Molti seguivano una dieta ferrea, e alcuni non bevevano vino. Lo storico Pausania scrive che gli allenamenti per i Giochi Olimpici duravano 10 mesi, e si presume che la preparazione atletica per altri importanti giochi avesse una durata simile.
sferro i miei colpi Paolo qui si paragona a un pugile che cerca di vincere un incontro. Un pugile ben allenato sferra colpi vincenti, evitando di colpire l’aria e quindi di sprecare energie. In modo simile il cristiano deve indirizzare bene i propri sforzi, avendo sempre di mira la ricompensa finale della vita eterna (Mt 7:24, 25; Gc 1:22). Combatte per superare qualunque ostacolo o difficoltà (anche quelli dentro di lui) che potrebbe farlo soccombere (1Co 9:27; 1Tm 6:12).
tratto duramente O “punisco”, “disciplino severamente”. Il verbo greco originale alla lettera significa “colpire sotto l’occhio”. Il cristiano deve autodisciplinarsi e padroneggiarsi anche se farlo potrebbe essere doloroso come ricevere un pugno sotto l’occhio. Una disciplina tanto rigorosa gli permetterà di non “essere disapprovato” da Dio. (Confronta approfondimento a Lu 18:5.)