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  • g75 8/4 pp. 28-30
  • Dovremmo confessarci? In tal caso, a chi?

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  • Dovremmo confessarci? In tal caso, a chi?
  • Svegliatevi! 1975
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    Ragioniamo facendo uso delle Scritture
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Svegliatevi! 1975
g75 8/4 pp. 28-30

Qual è la veduta della Bibbia?

Dovremmo confessarci? In tal caso, a chi?

POTETE sinceramente dire di non avere mai sbagliato? No, sbagliamo tutti. In seguito come vi sentite?

La prima reazione può esser quella di nascondere o coprire l’errore. Non è vero? Ma poi la vostra coscienza può turbarvi. (1 Giov. 3:4; Rom. 2:14, 15) Non avete riscontrato che il desiderio d’avere dinanzi a Dio buona coscienza e d’esser giusto vi spinge a confessare la questione, a ottenere perdono e a passarci sopra? Ma dovremmo confessarci, e, in tal caso, a chi?

La Bibbia mostra chiaramente che è importante riconoscere o confessare i propri peccati. Quando Giovanni Battista venne a predicare il pentimento dai peccati contro la Legge, molti Giudei “si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”. (Mar. 1:4, 5, Versione di mons. S. Garofalo) Inoltre, Gesù esortò i suoi seguaci a pregare: “Perdonaci i nostri debiti come anche noi abbiamo perdonato i nostri debitori”. — Matt. 6:12, Common Bible.

Riguardo ai peccati contro Dio, è ovvio che dovremmo ammettere dinanzi a lui i nostri errori e cercare il suo perdono. (Si paragoni Salmo 32:3-5). Ma che dire quando abbiamo fatto torto al nostro simile? La Bibbia ci dice di risolvere la questione con la persona a cui abbiamo fatto torto. Notate ciò che Gesù disse ai Giudei nel Sermone del monte: “Se dunque tu stai presentando la tua offerta all’altare ed ivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta lì davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello, poi torna e presenta [a Dio] la tua offerta”. (Matt. 5:23, 24, Versione di F. Nardoni) Seguire questo consiglio significherebbe ammettere all’altra persona il torto e fare i passi per riconciliarsi con lui. Questo includerebbe i componenti della propria famiglia.

Che fare se una persona ha commesso adulterio? Alla vista di Dio l’adulterio è un peccato. Ma è anche un peccato contro il proprio coniuge, poiché il tuo coniuge ha l’esclusivo diritto di avere rapporti sessuali con te. (Matt. 19:5, 6; 1 Cor. 6:16) Così se una persona ha commesso adulterio, come si può attendere che Dio lo perdoni a meno che il peccato non sia stato confessato al proprio coniuge?

Simile a ciò è la domanda se una persona fidanzata debba confessare al probabile coniuge l’immoralità commessa in passato. Molte coppie sono disposte a lasciare che il passato rimanga un libro chiuso. Vedono che anche se anni fa, forse prima di divenir cristiano, uno dei due commise immoralità, quell’azione passata non fu allora un peccato contro la persona che ora diverrà un coniuge. Quindi, il consiglio di Matteo 5:23, 24 non richiede la confessione al probabile coniuge. Ma, naturalmente, in questa situazione alcune persone possono voler “chiarire la questione”, per così dire, ed evitare ogni possibilità che venga scoperta in seguito con possibili conseguenze dannose. E, sia ora che in seguito, se il cristiano fosse interrogato riguardo al passato e fosse costretto a rispondere non potrebbe mentire per mantenerlo segreto. — Col. 3:9.

Riguardo a un altro aspetto della confessione, forse avete letto recenti titoli, come “Il Vaticano riforma il confessionale — Di meno sul sesso, di più sulle tasse”. Com’è ben noto, si richiede che i cattolici romani confessino i peccati gravi ai sacerdoti autorizzati ad “assolvere” i peccati. Il Concilio di Trento del 1551 decretò “che la confessione sacramentale è di origine divina e necessaria per la salvezza conforme alla legge divina. . . . Il Concilio mise in risalto la giustificazione e la necessità della confessione auricolare [fatta all’orecchio, in privato] com’è praticata nella Chiesa ‘dal principio’”. — New Catholic Encyclopedia, Vol. 4, pag. 132.

Argomentando a sostegno della confessione auricolare a un sacerdote che conceda l’assoluzione, i teologi additano Gesù, poiché egli innegabilmente dichiarò il perdono dei peccati. Quando in fede gli portarono uno storpio, Gesù disse: “Ti son rimessi i tuoi peccati!” Alcuni uditori obiettarono, perciò Cristo aggiunse: “Affinché voi sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, . . . Io ti dico: Alzati”. E l’uomo fu sanato! (Luca 5:18-26, Na) Notate che Gesù poté dichiarare che i peccati erano stati perdonati, ma altrettanto facilmente poté sanare l’uomo. Può dirsi oggi una tal cosa di chi “assolve” dai peccati? E osservate che il racconto qui non dice nulla di alcuna “confessione auricolare” dell’uomo.

Ma alcuni possono riferirsi a Giovanni 20:22, 23, dove il risuscitato Gesù disse ai suoi apostoli: “A chi rimetterete i peccati, saranno loro rimessi, e a chi li ritenete, saranno ritenuti”. (Na) Di nuovo, c’è qui alcuna menzione di una confessione auricolare agli apostoli o ad altri? No.

Se Gesù avesse istituito la confessione auricolare, non dovremmo noi trovare nella Bibbia la prova che gli apostoli udirono tali confessioni? Ci si potrebbe aspettare questo specialmente per il fatto che il Concilio di Trento sostenne che la confessione auricolare, con la conseguente assoluzione dei peccati, era “praticata nella Chiesa ‘dal principio’”. Comunque, pur raccomandando la pratica, il professore gesuita J. L. McKenzie dice: “Le origini della confessione auricolare sono oscure; essa è vecchia, almeno tanto vecchia quanto l’ultimo periodo patristico [che finì verso il 749 E.V.], ma non fu l’originale disciplina della pena”. (The Roman Catholic Church) Per giunta, nel suo articolo sulla pena la New Catholic Encyclopedia riconosce: “Non c’è nessuna prova scritturale che gli Apostoli, salvo S. Paolo, esercitassero il potere del perdono dei peccati”.

Ma fu questo caso inerente a Paolo quello di un apostolo o sacerdote che udì una confessione e concesse l’assoluzione? No. Piuttosto, fu il caso di una congregazione che espulse e in seguito riaccettò un uomo che aveva peccato. Scrivendo da Efeso, Paolo consigliò alla congregazione di Corinto in Europa di espellere o disassociare un uomo che praticava l’immoralità. Questo caso è un’illustrazione di come si applicano le parole di Gesù riportate in Giovanni 20:23. Come mai? Ebbene, fu chiaro che i peccati di quell’uomo corintio dovettero essere considerati come “ritenuti”. La congregazione non poté considerare i suoi peccati come “perdonati”, poiché la Bibbia diceva esplicitamente che Dio non avrebbe perdonato un peccatore impenitente. (1 Cor. 5:1, 9-13; Isa. 1:16-18; 55:7) Comunque, in seguito, evidentemente dopo che l’uomo si era pentito, Paolo scrisse di nuovo alla congregazione e la esortò a ‘perdonarlo e confortarlo’. (2 Cor. 2:7, CB) Anche in questo caso, vediamo che non c’è nessuna menzione di alcuna confessione auricolare a un sacerdote o a un apostolo.

La Bibbia, però, esorta effettivamente: “Confessate dunque l’uno all’altro i vostri peccati”. (Giac. 5:16, Na) Che cosa significa questo? Notate il contesto.

Giacomo scrisse che se uno era malato spiritualmente, come i peccati gravi avrebbero indicato, doveva ‘chiamare gli anziani della chiesa, e farli pregare su di lui’. (L’uomo corintio avrebbe dovuto far questo invece di continuare impenitentemente a praticare il peccato). Dio non autorizza nemmeno gli anziani a perdonare i peccati; questo è qualche cosa che fa Lui. (1 Giov. 1:9) Ma quando uno si è confessato a Dio, non ‘coprendo’ i propri peccati, gli anziani che sono spiritualmente qualificati possono pregare con lui e dargli anche consigli e aiuto. — Prov. 28:13; Gal. 6:1.

Che cosa può risultare da tale confessione? Giacomo aggiunge: “Il Signore lo guarirà, e se ha commesso dei peccati gli saranno rimessi”. — Giac. 5:14, 15, Na.

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