Papa Pio XII e i nazisti: Un nuovo punto di vista
FECE bene a non parlare francamente? Da trent’anni, a intervalli, si accende la controversia del silenzio di Pio XII verso le atrocità commesse dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. I critici dicono che una protesta del papa presso i nazisti poteva salvare milioni di vite. Ma il papa attuale, Paolo VI, insiste a dire che “un atteggiamento di protesta e condanna sarebbe stato non solo futile ma dannoso”.
Ma perché risollevare la questione? Non si tratta di riaccendere una controversia morta e sepolta? No. Il Vaticano stesso la tiene viva. Le autorità hanno perfino rinunciato alla loro norma di tardare cinquant’anni a pubblicare i documenti di archivio. Si rendono conto che, se la gente non capisce, i critici hanno un argomento più potente per illustrare il fallimento morale della Chiesa.
Molti sinceri aderenti della Chiesa vogliono conoscere la risposta. Sanno che anche papa Paolo VI ebbe a quel tempo una notevolissima parte come stretto collaboratore di Pio XII. Pertanto, dal 1965 un comitato di gesuiti ha pubblicato documenti scelti dagli archivi del Vaticano. L’ultimo, intitolato “La Santa Sede e le vittime della guerra”, uscì in aprile del 1974. Fornisce qualche nuova indicazione?
Una controversia più profonda
Le notizie di giornale danno risalto alla testimonianza documentaria da cui risulta che sin dai primissimi tempi il Vaticano aveva ricevuto molte informazioni sulle atrocità naziste. Ma un altro fatto poco notato è assai più significativo. Esso mostra che un fidato collaboratore di Pio XII sollevò una controversia che va molto più a fondo della domanda sul perché il papa non parlò francamente contro i nazisti. “Monsignor” Domenico Tardini (in seguito cardinale) avrebbe chiesto esasperato:
“Che la Santa Sede non possa indurre Hitler a comportarsi bene, tutti lo capiscono. Ma che non sappia tenere a freno un sacerdote, chi lo può capire?”
I superficiali dibattiti sul bene che avrebbe fatto la voce di Pio XII hanno soltanto oscurato questa controversia assai più fondamentale. I cristiani onesti sono costretti a rispondere alla domanda: Come potevano in primo luogo essere commesse le atrocità naziste se non c’era la cooperazione del popolo e dei suoi capi spirituali? A quel tempo il novantacinque per cento dei Tedeschi era costituito di cattolici o protestanti. Quasi 32 milioni, oltre il 40 per cento, erano cattolici, come lo era quasi tutta la popolazione degli alleati europei della Germania, l’Austria e l’Italia. Anche fra le temute S.S., nel 1939 quasi un quarto era ancora cattolico, nonostante i capi delle S.S. facessero pressione perché vi rinunciassero.1
Lo stesso Pio XII mette a nudo questa medesima controversia in una lettera privata di recente pubblicazione inviata al sacerdote che causò l’esasperazione di “mons.” Tardini. Il sacerdote, Jozef Tiso,a fu presidente del protettorato nazista della Slovacchia per tutta la guerra (1939-45). Pio XII scrisse a “monsignor” Tiso circa la sua speranza che il governo e il popolo slovacco, “quasi interamente cattolico, non procedessero mai alla rimozione forzata di persone appartenenti alla razza ebraica”, e il fatto che “tali misure sono messe in atto fra un popolo di grandi tradizioni cattoliche, da un governo che dichiara d’esserne seguace e custode”, gli procurava grande angustia. — 7 aprile 1943.2
Ma come si poteva anche solo considerare qualsiasi forma di cooperazione con il programma di sterminio razziale nazista fra un popolo che il papa stesso definì ‘quasi interamente cattolico e di grandi tradizioni cattoliche’? Di certo gli insegnamenti morali della Chiesa avrebbero reso impensabile per “mons.” Tiso e per il suo gregge partecipare in alcun modo al genocidio! La storia mostra se vi parteciparono. I sinceri aderenti della chiesa desiderano senz’altro una spiegazione di tale condotta e di quella di altre nazioni cosiddette “cristiane” che ebbero a che fare coi nazisti.
Lo stesso cardinale del Vaticano Eugene Tisserantb ne fornisce una ragione con l’onestà e la franchezza che si possono manifestare in una lettera privatac a un amico. Dopo la caduta della Francia avvenuta nel 1940, egli scrisse al cardinale Suhard di Parigi deplorando che “l’ideologia fascista e l’hitlerismo hanno trasformato la coscienza dei giovani, e quelli al di sotto dei trentacinque anni sono disposti a commettere qualsiasi delitto per qualsiasi scopo ordinato dal loro capo”. Ma come potevano queste coscienze addestrate dalla Chiesa essere così facilmente ‘trasformate’? Dopo tutto, Hitler li aveva condizionati solo per circa sette anni, mentre la Chiesa aveva addestrato il suo gregge per oltre un millennio!
“L’elemento essenziale del cristianesimo”
Papa Pio poteva senz’altro fare qualcosa in merito a questa invasione nazista del tradizionale territorio della Chiesa, la coscienza umana! Ma il cardinale Tisserant deplora:
“Dall’inizio di novembre [1939], ho chiesto con insistenza alla Santa Sede di emanare un’enciclica sul dovere individuale di ubbidire ai dettami della coscienza, perché questo è l’elemento essenziale del cristianesimo”. (Il corsivo è aggiunto).
Comunque, la storia non rivela nessuna dichiarazione papale durante la guerra su questo “elemento essenziale del cristianesimo”. Infatti, Tisserant proseguì con la melanconica previsione: “Temo che la storia avrà ragione di biasimare la Santa Sede per aver perseguito la norma della propria convenienza e pochissimo altro. Questo è estremamente triste”.3
La “norma” del papa di usare diplomazia con i nazisti assicurò senz’altro al Vaticano e alla Chiesa la “convenienza” di sopravvivere. Lo stesso Pio XII avvertì i vescovi tedeschi del “pericolo di rappresaglie e pressioni”, o peggio, li invitò a “stare attenti” alle loro dichiarazioni “per evitare mali maggiori. Questo è uno dei motivi”, scrisse, “delle limitazioni” che pose alle proprie dichiarazioni. — 30 aprile 1943.4
Questa spiegazione ci aiuta a capire perché Pio XII si comportò con tanta circospezione. Ma non spiega questo fatto: Perché i ministri, i sacerdoti e i loro greggi, quasi fino all’ultima persona, stettero a guardare le atrocità naziste, cooperarono, o le commisero effettivamente? Che cosa era accaduto alla loro coscienza?
La Chiesa e la coscienza
La risposta deve dipendere dall’addestramento ricevuto da quelle coscienze. Un cattolico leale, per esempio, come doveva intendere la lettera pastorale dello stesso Pio XII dell’8 dicembre 1939, Asperis Commoti Anxietatibus, indirizzata ai cappellani dei vari eserciti delle nazioni belligeranti, 500 dei quali prestavano servizio nell’esercito di Hitler? Egli esortò i cappellani da ambo le parti ad avere fiducia nei loro rispettivi vescovi militari, considerando la guerra una manifestazione della volontà di un Padre celeste che volge sempre il male in bene, e “quali combattenti sotto la bandiera del loro paese a combattere anche per la Chiesa”.5 (Il corsivo è aggiunto).
Questa sconcertante contraddizione è nuovamente dimostrata dalle lettere del papa ai vescovi da ambo le parti. In una lettera del 6 agosto 1940 ai vescovi tedeschi, Pio XII espresse la sua ammirazione per i cattolici che “leali sino alla morte danno prova della loro prontezza a partecipare ai sacrifici e alle sofferenze degli altri Volksgenossen [compatrioti Tedeschi]”.6 Tuttavia, solo nove mesi prima, il papa aveva rivolto un simile messaggio ai vescovi francesi, consigliando loro che avevano il diritto di sostenere tutte le misure prese per difendere il loro paese contro questi stessi “leali” cattolici tedeschi!7 Gli arcivescovi italiani della Chiesa ricevettero consigli simili poco prima che l’Italia entrasse in guerra contro gli Alleati.8
Pertanto quando si espresse effettivamente su problemi di coscienza il capo della chiesa, come quasi tutti i suoi ecclesiastici, elogiò la coscienza di quelli che ‘lealmente’ servivano negli eserciti militari di qualsiasi bandiera. Infatti, quando il corrispondente da Berlino del giornale ufficiale del Vaticano, L’Osservatore Romano, chiese una volta a Pio XII se intendeva protestare contro lo sterminio degli Ebrei, il papa gli disse di non poter “dimenticare che milioni di cattolici servono negli eserciti tedeschi. Susciterò in loro conflitti di coscienza?”9
Furono meno responsabili gli ecclesiastici protestanti? Ebbene, notate ciò che il Consiglio Ecclesiastico della Chiesa Evangelica (Luterana) Tedesca, il massimo gruppo protestante, telegrafò personalmente a Hitler il 30 giugno 1941:
“L’Onnipotente Dio assista te e la nostra nazione contro il nostro duplice nemico [Inghilterra e Russia]. La vittoria sarà nostra, e ottenerla dev’essere l’obiettivo principale delle nostre aspirazioni e azioni. . . . in tutte le sue preghiere [la Chiesa] è con te e con i nostri impareggiabili soldati che stanno ora per eliminare con forti colpi la radice di questa pestilenza”.10
Con questo genere di direttiva da parte dei loro “pastori”, che cos’altro potevano fare i greggi? Quello che fecero in effetti parla da sé, non è vero?
La scarsa considerazione che già nel 1933 Hitler aveva delle chiese era corretta? Egli si vantò sprezzantemente che “i parroci . . . tradiranno il loro Dio per noi. Tradiranno qualsiasi cosa per il loro piccolo misero impiego e guadagno. . . . Perché litigare? Ingoieranno tutto pur di conservare i propri vantaggi materiali’’.11 (Il governo di Hitler continuò per tutta la durata della guerra a elargire grandi sussidi statali alle maggiori chiese).12
Per capire la realtà di ciò che Hitler diceva delle chiese, ci si deve solo chiedere: “Se in quel periodo fossi stato un sincero seguace della chiesa in Germania, Austria o Italia, che cosa mi avrebbero consigliato i miei capi spirituali, e che cosa avrei fatto?” Supponiamo che diciate: “Non avrei servito Hitler”. A che cosa sareste andati incontro, non da parte dei nazisti, ma dei vostri stessi capi spirituali?
Le coscienze di fronte alla Chiesa
Per quanto cercasse, lo studioso ed educatore cattolico Gordon Zahn poté trovare la testimonianza documentaria che uno solo dei 32 milioni di cattolici tedeschi rifiutò per coscienza di prestare servizio negli eserciti di Hitler. A parte gli ecclesiastici perseguiti a termini di legge per l’opposizione politica ai nazisti, egli riscontrò che un totale di sette persone fra la Germania e l’Austria cattolica rifiutò coscienziosamente di pronunciare il giuramento militare.13 Probabilmente vi chiedete perché fossero così poche.
Zahn risponde che le ampie interviste che ebbe con coloro che avevano conosciuto questi uomini diedero luogo alla “decisa assicurazione espressa da quasi ogni informatore che qualsiasi cattolico decidesse di rifiutare il servizio militare non avrebbe ricevuto assolutamente nessun sostegno dai suoi capi spirituali”. Ironicamente, i pochi che in effetti opposero un rifiuto e vi si attennero furono in realtà di imbarazzo ai loro “capi spirituali”.
Per esempio, chiedendo clemenza alla corte nazista per un sacerdote che aveva rifiutato, l’arcivescovo Konrad Gröber di Friburgo scrisse che il sacerdote era “un idealista che si era sempre più estraniato dalla realtà. . . . che voleva aiutare il suo Volk e la sua Vaterland ma che partiva da premesse errate”.14 Ad altri fu negata la Comunione dai cappellani delle prigioni perché erano venuti meno al loro “dovere cristiano” di fare il giuramento militare nazista.15
Il caso documentato di un contadino austriaco, Franz Jägerstätter, illustra che cosa poteva effettivamente attendersi un seguace della chiesa dai suoi capi spirituali. Per la sua presa di posizione Jägerstätter fu infine messo in prigione a Linz, in Austria, e in seguito decapitato. Il cappellano cattolico della prigione scrive di avere “provato a fargli capire che doveva tener presente il proprio benessere e quello della sua famiglia anche nel seguire i suoi ideali e princìpi personali”, come aveva sostenuto il sacerdote del villaggio di Jägerstätter molto tempo prima che questi venisse imprigionato. “Sembrava avesse capito il mio argomento”, dice il cappellano, “e promise di seguire la mia raccomandazione e di fare il giuramento [militare nazista]”.16
Questo consiglio fu dato forse da un nazista? No, fu dato da un sacerdote che molto tempo dopo la guerra era tenuto in grande stima! Ma questa non fu la sola pressione esercitata dai capi spirituali. Il vescovo Fliesser della stessa diocesi di Linz rivela che egli pure aveva “conosciuto personalmente Jägerstätter” e ragionato “inutilmente” con lui che non era responsabile “delle azioni dell’autorità civile [nazista]”. Il vescovo disse che il suo fu “un caso del tutto eccezionale, di cui meravigliarsi più che da imitare”. Dopo la guerra il vescovo Fliesser scriveva a un sacerdote per spiegare perché si era rifiutato di permettere la pubblicazione nel giornale della diocesi di Linz della storia di Jägerstätter. La storia poteva “creare confusione e turbare le coscienze”, disse.
Pertanto il vescovo Fliesser considerò un uomo che seguiva la sua coscienza come un “caso eccezionale”, da non imitare. “Considero eroi maggiori quegli esemplari giovani cattolici, seminaristi, sacerdoti e capifamiglia che combatterono e morirono nell’eroico adempimento del dovere”, continuò. Anche il procuratore Feldmann designato dalla corte nazista si valse di questo argomento nel tentativo di indurre Jägerstätter al compromesso, facendogli notare i milioni di cattolici, incluso il clero, che andavano a combattere con la coscienza “limpida”. Infine, rammenta Feldmann, lo sfidò a citare un solo caso in cui un vescovo aveva in qualche modo scoraggiato il servizio militare nazista.17 Non ne conosceva nessuno. Ne conoscete voi?
Poi, tornando all’articolo respinto, intitolato “Coerenza eroica”, il vescovo Fliesser parlò con tono di rimprovero dei “Bibelforscher [testimoni di Geova ] e degli avventisti che, nella loro ‘coerenza’, preferirono morire nei campi di concentramento piuttosto che impugnare le armi”. Disse che erano condizionati da una “coscienza errata”, e che “per istruire gli uomini, i modelli migliori” sono gli “eroi” che combatterono, condizionati da “una coscienza limpida e corretta”.18
Quindi, anche dopo la guerra, un vescovo austriaco stimato considerava ancora “corretta” la coscienza dei seguaci della chiesa che si erano fatti arruolare negli eserciti nazisti per uccidere altri seguaci della loro chiesa. Quelli che andarono incontro alla morte nei campi di concentramento nazisti piuttosto che servire i nazisti, fa pensare il vescovo, erano codardi in errore. Che ne pensate?
Con le azioni che compì sotto il governo di Hitler, la Chiesa sostenne la veduta del vescovo Fliesser nei confronti di questi Bibelforscher cristiani. La gazzetta diocesana cattolica di Passau, in Germania, del 6 maggio 1933 riferisce che la Chiesa accettò dai nazisti l’incarico di denunciare qualsiasi testimone di Geova bavarese che praticasse ancora la sua fede dopo che il mese precedente erano stati proscritti.19
In modo significativo, la coraggiosa presa di posizione di questi particolari cristiani ebbe una certa influenza sul cattolico Franz Jägerstätter. Gordon Zahn riferisce che il pastore del suo villaggio notò che “Franz aveva spesso parlato con ammirazione della loro fedeltà”, e gli abitanti del villaggio che lo conoscevano davano molta importanza al fatto che egli aveva “trascorso ore a parlare di religione e a studiare la Bibbia insieme” a suo cugino Bibelforscher, il solo non cattolico del villaggio.20
Neppure i programmi nazisti di diffamazione contro gli Ebrei intimorirono i Testimoni così da indurli a trascurare il loro obbligo cristiano di mostrare benignità cristiana a chiunque. L’ex direttore del Danzinger Informator, J. Kirschbaum, scrisse nel quotidiano yiddish di New York, Der Tog del 2 luglio 1939, riferendo che a Danzica, in Polonia, “quando i negozi di generi alimentari di tutti i tipi cominciarono come un’epidemia ad affiggere il ben noto cartello ‘Juden unerwünscht’ (Gli Ebrei sono indesiderati)”, i Testimoni fornirono “ai vicini o a semplici conoscenti ebrei cibo o latte senza chiedere in cambio alcuna ricompensa”.
Questo redattore ebreo si meravigliò pure dei figli dei Testimoni tedeschi che, in contrasto con i loro compagni di scuola cattolici e protestanti, coscienziosamente “rifiutano di salutare la svastica e di fare il saluto ‘Heil Hitler!’ e ogni minaccia contro i fanciulli . . . è inutile. I fanciulli dicono chiaramente e distintamente che solo a Dio si può rivolgere il saluto ‘Heil!’, ma non a un uomo, giacché tale azione è blasfema”.
Perché questo contrasto?
Alla luce di tali fatti della storia, i cristiani riflessivi devono chiedere: Perché un’organizzazione che ha avuto tutti i mezzi e ben più di mille anni per addestrare la coscienza dei fedeli poté produrre la testimonianza di un solo cattolico tedesco fra 32 milioni (0,000003 per cento) la cui coscienza non gli permise di combattere per i nazisti? Tuttavia fra i 19.000 testimoni di Geova tedeschi del 1933, “una proporzione (97 per cento) superiore a quella di qualsiasi altra chiesa subì qualche forma di persecuzione”, secondo lo storico J. S. Conway. Essi sono i primi nella “Lista delle sette proibite dal 1933” messa in circolazione il 7 giugno 1939 dal quartier generale della Gestapo. — The Nazi Persecution of the Churches 1933-45, pagg. 196, 370.
Perché i testimoni di Geova furono così perseguitati? In contrasto con alcuni ecclesiastici perseguitati per attività politica antinazista, Conway riferisce che la loro resistenza “fu accentrata principalmente contro qualsiasi forma di collaborazione con i nazisti e contro il servizio militare. Basando le loro ragioni sul comandamento biblico, rifiutarono di impugnare le armi perfino contro i nemici della nazione. . . . pertanto furono tutti soggetti praticamente alla condanna a morte”. (Pag. 198; il corsivo è aggiunto). I nazisti giustiziarono 203 dei 253 Testimoni condannati a morte, 635 morirono in prigione e 6.019 ricevettero condanne alla prigione per un totale di oltre 13.924 anni.
Ma i cattolici e i protestanti che servirono Hitler non avevano lo stesso “comandamento biblico”? Sì, così come i capi spirituali del giorno di Gesù conoscevano la legge di Dio. Tuttavia Gesù disse meravigliato: “Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione”. — Mar. 7:9, La Bibbia di Gerusalemme cattolica.
Potete notare personalmente come sono “veramente abili” gli odierni capi religiosi “nell’eludere il comandamento di Dio”, aprendo la New Catholic Encyclopedia alla voce “Pacifismo”. Lì questa enciclopedia afferma, fra l’altro: “Né vi è alcuna intrinseca contraddizione fra una guerra giusta e il comando di Cristo di amare i nostri nemici. Una guerra giusta esprime odio per il male anziché per il malfattore. . . . I cattolici sono senz’altro liberi di formarsi la propria opinione in quanto a se le condizioni richieste per la giustificazione siano probabilmente soddisfatte in qualsiasi guerra futura . . .” — Ediz. del 1967, Vol. 10, pag. 856; si veda anche “Guerra, Moralità della”.
Che effetto ha in pratica questo ‘abile’ ragionamento? Ebbene, quante guerre potete trovare nella storia in cui furono coinvolte popolazioni cattoliche o protestanti — per qualsiasi causa — che non soddisfacessero le “condizioni richieste per la giustificazione”, così che il gregge rifiutasse di combattere per i suoi signori politici? Se le chiese si trovassero oggi nelle stesse circostanze in cui si trovarono sotto i nazisti, credete onestamente che agirebbero in modo diverso? Possono, ad esempio, i cattolici europei e americani credere sicuramente che i milioni di cattolici polacchi, ungheresi e cechi non attaccherebbero i loro fratelli di fede, se ci fosse un confronto tra Est e Ovest? Oppure è più realistica la veduta espressa dalla rivista cattolica, St. Anthony Messenger, secondo cui sacerdoti e ministri “danno spesso l’impressione che benediranno qualsiasi guerra o impresa i capi dello stato decidano di intraprendere”? — Maggio 1973, pag. 21.
Tuttavia Cristo Gesù, di cui dicono d’essere discepoli, stabilì questa regola per il discepolo cristiano: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”. A un discepolo che cercava di difenderlo con la forza — senz’altro una causa “giusta” — egli disse anche “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada”. — Giov. 13:35; Matt. 26:52, La Bibbia di Gerusalemme.
Pertanto se vi chiedessero di identificare quelli che sono veramente degni di portare oggi il nome di “cristiano”, seguendo le norme stabilite dallo stesso Gesù, potreste onestamente scegliere una qualsiasi delle chiese della cristianità? Chi ha, in pratica, manifestato il segno caratteristico del vero amore stabilito da Cristo stesso? Chi è che ama non “a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità”? (1 Giov. 3:18, La Bibbia di Gerusalemme) Le prove storiche parlano da sé. Le persone sincere rifletteranno. Molti si valgono ora dell’aiuto offerto gratuitamente dai testimoni di Geova per acquistare una coscienza cristiana basata sulla Bibbia che nella prova non venga meno.
RIFERIMENTI
1. Resoconto interno delle S.S., Archivi Nazionali, Washington, T-580, ruolo 42, schedario 245.
2. The Vatican in the Age of the Dictators, Anthony Rhodes, 1973, pag. 347.
3. Tisserant a Suhard, 11 giugno 1940 conservato nel Bundesarchiv di Coblenza, R 43 II/1440a).
4. Documentation Catholique, Parigi, 2 feb. 1964.
5. Pubblicato in Seelsorge und kirchliche Verwaltung im Krieg, editore Konrad Hoffmann, 1940, pag. 144.
6. Pio XII ai vescovi tedeschi, copia degli Archivi Diocesani di Regensburg.
7. Citato in Was sagen die Weltkirchen zu diesem Krieg? Zeugnisse und Urteile, Matthes Ziegler, 1940, pagg. 109-112.
8. Messaggio del 24 aprile 1940, citato in Der Vatikan und der Krieg, Alberto Giovannetti, 1961, pag. 300.
9. Dichiarazione fatta a Berlino l’11 marzo 1963, pubblicata in Summa iniuria oder Durfte der Papst schweigen? editore Fritz J. Raddatz, 1963, pag. 223.
10. Kirchliches Jahrbuch für die Evangelische Kirche in Deutschland 1933-1944 (Gütersloh, 1948), pagg. 478-9.
11. The Voice of Destruction, Hermann Rauschning, 1940, pagg. 50, 53.
12. Articolo 17 del Concordato fra la Germania e la Santa Sede, 20 luglio 1933, Documents on German Foreign Policy, Serie D, Vol. VIII, pagg. 896 seg.
13. German Catholics and Hitler’s Wars, Gordon Zahn, 1962, pagg. 54, 55.
14. Copia negli archivi della cancelleria dell’Arcidiocesi di Friburgo.
15. Franz Reinisch: Ein Martyrer unserer Zeit, Heinrich Kreuzberg, 1953, pag. 86.
16. In Solitary Witness, Gordon Zahn, 1964, pag. 75.
17. Ibid., pag. 86.
18. Lettera del 27 febbraio 1946, nello “schedario Jägerstätter” della parrocchia di S. Radegonda, Austria.
19. Oberhirtliches Verordnungsblatt für die Diözese Passau, N. 10, 6 maggio 1933, pagg. 50-51.
20. In Solitary Witness, Gordon Zahn, 1964, pagg. 108-110.
[Note in calce]
a “Per tutta la vita svolse attivamente l’opera parrocchiale . . . condannato a morte [dopo la guerra] come ‘collaborazionista’ slovacco, e giustiziato nonostante i vigorosi appelli alla clemenza”. — New Catholic Encyclopedia (ediz. del 1967) Vol. 14, pagg. 173, 174.
b Decano del Sacro Collegio dei Cardinali fino alla sua morte avvenuta nel 1972.
c Trovata dai Tedeschi che saccheggiavano il palazzo dell’Arcivescovo di Parigi e in seguito autenticata da Tisserant.
[Immagine a pagina 18]
Com’è possibile che uomini la cui coscienza era stata addestrata dalla chiesa fossero disposti a commettere qualsiasi delitto ordinato dai loro capi?
[Immagine a pagina 19]
Chi ne fu responsabile?