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  • g77 22/3 pp. 5-9
  • Quando la diga sul fiume Teton cedette

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  • Quando la diga sul fiume Teton cedette
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Svegliatevi! 1977
g77 22/3 pp. 5-9

Quando la diga sul fiume Teton cedette

IMMAGINATE d’essere tranquillamente occupati a pescare in un corso d’acqua, e un attimo dopo di arrampicarvi su per il fianco di un vallone per sfuggire a un muro d’acqua di oltre novanta metri (300 piedi). Questo accadde davvero il 5 giugno scorso sul fiume Teton. I racconti dei testimoni oculari su ciò che accadde quando cedette la diga sul Teton formano una storia vera più strana che se fosse stata inventata. Prendete ad esempio quello che accadde a un gruppo di pescatori:

Il cielo azzurro fece di quel sabato un giorno perfetto per andare a pescare sul fiume Teton, considerato da molti “il miglior corso d’acqua per la pesca della trota nello stato dell’Idaho”. E così verso le 11 i cinque pescatori calarono in acqua il canotto di gomma proprio al di sotto della diga sul Teton. Di lì scesero a valle per un breve tratto e gettarono l’àncora.

Avevano già notato che “l’acqua era divenuta colore del latte” quando all’improvviso un uomo li chiamò dalla cima del profondo vallone. Li avvertì che il livello dell’acqua poteva alzarsi perché c’era “una piccola falla nella diga”. I pescatori scesero un po’ più a valle e si spaventarono vedendo un parente sulla sponda superiore del fiume sparare in aria con la pistola e gesticolare freneticamente.

Questo, e il livello dell’acqua che si alzava rapidamente, fecero loro capire che doveva essere accaduto qualcosa di grave. Una donna del gruppo narra: ‘Ci mettemmo a remare disperatamente verso la riva e cominciammo ad arrampicarci freneticamente su per la parete del vallone. Guardando in basso, dissi agli altri di lasciar andare l’imbarcazione. Raggiunsi un punto elevato e mi fermai a riprendere fiato quando vidi un grande contenitore di metallo del diametro di circa quindici metri [50 piedi] scendere a valle con fragore. Le onde lo sbattevano come un turacciolo. Mi arrampicai letteralmente!’

Non appena il gruppo ebbe guadagnato la cima, un enorme muro d’acqua riempì completamente il vallone, un baratro profondo oltre novanta metri!

L’acqua avanzava velocemente. Un giovane pescatore annegò e un altro fu investito con violenza ma riuscì in qualche modo a seguire la corrente per circa otto chilometri (5 miglia) e poi ad aggrapparsi a un albero. Fu tratto in salvo di lì parecchie ore dopo.

Molti orologi si fermarono simultaneamente alle 11,57 quando venne meno la corrente elettrica. E per la maggioranza dei centomila abitanti di questa regione dell’Idaho, sembrò che il tempo si fosse fermato. Prima che finisse l’inondazione undici persone morirono e migliaia rimasero senza tetto. Si calcola che i danni alle cose andassero da 400 milioni a 1 miliardo di dollari! Perché furono così estesi? Perché l’inondazione colpì su cinque “fronti”.

Quando le acque giunsero a una brusca ansa del fiume, il muro d’acqua non seguì la curva ma parte d’essa scavalcò l’argine e proseguì verso ovest. Le acque si riversarono anche nelle piccole valli o depressioni di questa area collinosa, dividendosi in cinque fronti o “bracci”. Naturalmente, uno dei “bracci” più grandi si diresse a sud, seguendo il letto del fiume Snake (nel quale si getta il fiume Teton).

Ma cosa accadde quando le acque uscirono con impeto dal canalone riversandosi nelle valli più ampie? Darrell Singleton, anziano di una congregazione dei testimoni di Geova, possiede una fattoria a sei chilometri (4 miglia) più in basso della diga. Si trovava nella sua proprietà e quindi narra:

“Inghiottì tutto”

“Stavamo caricando dei macchinari su un furgoncino quando telefonò nostra figlia da Rexberg. Disse che la diga sul Teton stava cedendo e che stavano ordinando a tutti di evacuare la zona. Le risposi che qualcuno era probabilmente troppo eccitato per una piccola inondazione causata dallo straripamento di un bacino troppo pieno. Disse che la situazione era più grave. Così risposi che avremmo evacuato il posto e le dissi di fare altrettanto.

“Non ero troppo preoccupato ma decidemmo di arrivare fino alla diga per vedere personalmente come stavano le cose. Giunti sul posto, le persone prese dal panico stavano scappando. Bastò uno sguardo per avere la conferma di quello che stava accadendo. Dalla gola stava uscendo un’enorme massa di acqua scura come il cioccolato che si riversava nella valle. Ai bordi dell’acqua c’era una nube di polvere. Man mano che le acque dell’inondazione raggiungevano gli oggetti sul loro percorso, si aveva l’impressione che questi esplodessero.

“Riprendemmo la via del ritorno, avvertendo quelli che incontravamo. In una casa erano restii ad andarsene ma si persuasero quando i cavi della linea elettrica cominciarono a cadere. Eravamo a poco più di tre chilometri da casa quando vedemmo un muro d’acqua alto nove metri [30 piedi] abbattersi su di essa. Inghiottì tutto. Un senso di impotenza si impadronì di noi: dappertutto c’era devastazione.

“Più tardi, verso le 17, tornammo alla fattoria a piedi. L’inondazione aveva spostato la casa di 137 metri [150 iarde] dopo di che era crollata. Tutte le altre nostre costruzioni e gli attrezzi agricoli erano stati distrutti. La barca e il camioncino, ancora attaccati insieme, erano in cima agli alberi”.

In questa zona di Wilford, colpita per prima dall’inondazione, la maggioranza degli abitanti fu avvertita solo dieci minuti prima. Alcuni alzarono gli occhi e videro arrivare le acque. Altri furono avvertiti dallo strano rumore prodotto dagli alberi che si spezzavano. Una donna vide “una casa di mattoni lanciata in aria come un giocattolo di plastica”.

Evacuazione immediata

Proprio nel percorso seguito dall’inondazione c’erano parecchie cittadine. Sugar City fu la prima. Per fortuna tutti gli abitanti furono allontanati prima che il muro d’acqua, largo ora dieci chilometri (6 miglia), distruggesse la città. Alberi sradicati, pezzi di legno, barili, perfino macchine e attrezzi agricoli si frantumarono contro gli edifici.

Triste a dirsi, sulle acque galleggiavano anche molte carogne di animali. L’inondazione aveva incontrato sul suo percorso molti bovini. In molti casi i proprietari avevano appena avuto il tempo di aprire i recinti dando loro una possibilità di scappare. Alcuni ci riuscirono, ma la maggioranza no.

I poliziotti del comune e dello stato furono in grado di dare l’avvertimento prima che arrivassero le acque dell’inondazione: ‘Evacuazione immediata!’ La successiva città, Rexberg, fece appena in tempo, poiché subito molti edifici furono completamente sommersi.

Man mano che l’acqua impetuosa avanzava verso sud, ogni piccolo centro faceva a sua volta il possibile per sgomberare. Molti erano confusi. Poiché le autorità non erano in grado di valutare la velocità delle acque dell’inondazione, gli annunci sui previsti aumenti del livello erano spesso inesatti. Poiché la corrente elettrica era venuta meno e parecchi ponti erano stati spazzati via, viaggi e comunicazioni erano ostacolati.

Parecchie città si difendono

Idaho Falls fu la città più grande che venne a trovarsi sul percorso dell’inondazione. Centinaia di volontari risposero all’invito per le operazioni di emergenza. Era una cosa strana vederli occupati a mettere sacchetti di sabbia sugli argini del fiume Snake alla piena luce del sole. La domenica quando le acque raggiunsero il livello più alto, misuravano sei metri (19 piedi). Ma i ponti tennero tutti; l’inondazione era stata tenuta sotto controllo. I volontari che avevano lavorato tutto il giorno e tutta la notte precedenti avevano vinto!

Ma a valle le cose non andarono allo stesso modo. Nonostante i validi sforzi dei volontari, parecchi centri furono allagati dalla persistente onda di piena. A 120 chilometri (quasi 75 miglia) dalla diga, era ancora un torrente impetuoso!

Infine il lunedì sera le acque cominciarono a ritirarsi; l’inondazione del Teton era finita. Le comunità attonite raccoglievano letteralmente i pezzi. Molti erano grati che il disastro fosse avvenuto a mezzogiorno e non di notte quando la maggioranza delle persone sarebbe stata colta alla sprovvista. Nondimeno, ovunque ci si faceva la stessa domanda: Com’era potuta accadere una cosa simile?

Piccolo inizio

Avete mai sentito il racconto del piccolo ragazzo olandese che, scoperta una falla in una diga, tenne il dito premuto contro il buco per ore finché non giunsero i soccorsi? Dissero che era un “eroe” e gli attribuirono il merito di aver salvato una città vicina! Similmente, fu una falla che causò la tragedia della diga sul Teton. Ma i soccorsi giunsero troppo tardi.

Si afferma che la costruzione della diga, progetto che stava per essere ultimato, costasse 55 milioni di dollari. Verso le 8 del 5 giugno 1976 gli operai furono chiamati sul posto. Da parecchi giorni le squadre degli operai avevano notato una persistente falla. Ora da questa falla usciva acqua fangosa e si notò un’altra falla. Poiché era la prima volta che il lago dietro la diga era pieno, la presenza di queste falle era preoccupante.

Si decise di impiegare due bulldozer e di spingere dei massi nella falla più grande sul davanti della diga. Tuttavia, a questo punto, nel lago artificiale dietro la diga si era formato un minaccioso vortice (a indicare la forza della corrente). Inoltre, il bulldozer più grande era sprofondato nella diga di terra e così i due operatori incatenarono insieme i veicoli e cercarono di trascinarli su per la scarpata. Il caposquadra li interruppe immediatamente e fece cenno a entrambi di abbandonare le macchine e di mettersi in salvo. Dalla falla usciva molta più acqua e si stava aprendo nella diga un grosso squarcio.

Grossi bulldozer si portarono allora in cima alla diga per spingere dei massi nel vortice formatosi nel lago artificiale. Nonostante ciò, la falla si ingrandì e i due primi bulldozer che erano stati abbandonati, incatenati insieme, caddero nel torrente impetuoso. Poco dopo tutti gli uomini e le macchine vennero allontanati dalla diga. La lotta per fermare le acque era stata persa.

Un testimone oculare narra ciò che accadde poi: “Sapevo che ci sarebbe stata l’inondazione, ma non avevo idea che sarebbe stata così; sembrava fosse l’oceano a straripare. Fu tutto sommerso così in fretta. Tutte le volte che ne cadeva un pezzo [una grande sezione di terra della diga], era come se esplodesse una bomba. Un’esplosione di fango”.

Ma con tutti i mezzi tecnologici perfezionati impiegati nella costruzione, come poterono formarsi le falle? Cinque settimane dopo, riferisce Engineering News-Record del 15 luglio 1976, un gruppo di esperti “citò cinque possibili cause del cedimento della diga di terra alta 93 metri [305 piedi]”. Le teorie più avvalorate sostengono che la “cortina di malta” non funzionò. Cosa significa questo?

Quando si sospetta che la roccia sotto la diga o alle sue estremità (come le pareti di un vallone) sia porosa si praticano nella roccia file di grossi buchi nei quali si fanno iniezioni di cemento. Questa parete di cemento o “cortina” dovrebbe impedire all’acqua di infiltrarsi sotto la diga o attorno. Evidentemente nella diga sul Teton questa cortina non funzionò e a un’estremità della diga, nel punto in cui essa si congiungeva con la parete del vallone, cominciò a infiltrarsi l’acqua. Una volta che l’acqua avesse eroso la diga da quella parte, ci sarebbe voluto poco prima che il peso dell’acqua del “lago” dietro la diga producesse un largo squarcio nella parte indebolita della diga.

Soccorsi e riflessioni

Durante il disastro migliaia di persone corsero in aiuto delle vittime dell’inondazione. Gli aiuti prestati dai testimoni di Geova di tutta la parte occidentale degli Stati Uniti furono massicci. Una vittima narra un episodio commovente: “All’alba di domenica, quando mi alzai, c’era davanti alla casa un autocarro pieno di viveri, vestiario e coperte, con due fratelli [Testimoni] addormentati nella cabina. Avevano viaggiato per la maggior parte della notte”.

Un autotreno di tredici metri carico di provviste era stato mandato dallo Utah e un altro grande carico proveniva dalla California. Uno di quelli che ricevettero i soccorsi osserva: “Ricevemmo tanti aiuti che non sapevamo come usare tutto. Sapevamo che i fratelli inviavano i soccorsi per chiunque ne avesse bisogno e così li distribuimmo ai vicini e ad altri che si trovavano nelle nostre stesse circostanze”. Ben presto coloro che dirigevano le operazioni di soccorso dei Testimoni dovettero dire: “Basta!”

Riflettendo su quei tre giorni difficili, si notano sorprendenti contrasti. La maggioranza delle persone avevano lavorato insieme e si erano trattate con benignità. Alcuni avevano persino rischiato la vita per salvare altri. D’altra parte, i tutori della legge ebbero ben presto il grave problema del saccheggio. Poiché la polizia dello stato controllava l’accesso alla zona disastrata, evidentemente questi furti spietati furono opera di ‘vicini’ delle vittime.

Si notò un ulteriore contrasto nelle reazioni alla perdita dei beni. Naturalmente, molti espressero timore e preoccupazione per il futuro. Tuttavia una donna disse pensosamente: “È stata un’esperienza spaventosa, ma sono lieta che i miei cari si siano salvati. In questi casi, penso ci si renda conto che l’importante sono le persone e non i beni materiali”.

Ma qualunque lezione si potesse imparare dall’inondazione del Teton, essa lasciò il segno sulla terra e sui superstiti. — Da un collaboratore.

[Immagine a pagina 7]

Il gigantesco squarcio prodottosi nella diga dopo il cedimento

[Fonte dell’immagine]

Per cortesia del Dipartimento dell’Interno degli U.S.A., Divisione delle Bonifiche

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