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  • Ricordo di tempi più tranquilli nell’Ulster

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  • Ricordo di tempi più tranquilli nell’Ulster
  • Svegliatevi! 1977
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  • Le case dei poveri
  • Le case dei contadini
  • La casa del ministro
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  • La casa del tessitore
  • Altri ricordi del passato
  • Cosa rende il lino tanto speciale?
    Svegliatevi! 1992
  • Il tessitore dell’ovest africano all’opera
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    Ausiliario per capire la Bibbia
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    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
Altro
Svegliatevi! 1977
g77 8/7 pp. 12-15

Ricordo di tempi più tranquilli nell’Ulster

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nell’Ulster

“TEMPI tranquilli nell’Ulster? Mai stati!” Questa potrebbe sembrare una reazione comprensibile se si considerano le selvagge lotte settarie, gli orribili assassinii, i distruttivi attentati, il tragico spargimento di sangue innocente e l’insensata distruzione di beni che sembrano all’ordine del giorno nell’Irlanda del Nord.

Ma a soli pochi chilometri dal centro della città di Belfast, dove si avverte la tensione, possiamo trovare una vera e propria oasi di indisturbata serenità. È il museo popolare dell’Ulster, che ci ricorda tempi più tranquilli.

È un’opera fantasiosa che evoca il passato. Occupa 55 ettari di terra, ricoperta di bei boschi e parchi tranquilli e illustra in modo rimarchevole le condizioni di vita e di lavoro prevalenti in questa provincia negli scorsi due o trecento anni. Qui, in un ambiente naturale, sono state ricostruite le abitazioni della gente più povera, dei contadini e dei braccianti, dei tessitori e di altri vissuti nell’Ulster negli anni passati. Esaminiamo anzitutto le case dei poveri.

Le case dei poveri

La vostra prima impressione potrebbe suscitare reazioni del genere: ‘Oh, come sono graziose e incantevoli. Guardate quel delizioso tetto di paglia con il fumo che esce a spire dal camino’. Le case sono state demolite nel luogo originale e le pietre e il legname sono stati portati pezzo per pezzo qui, dove sono stati poi rimessi insieme con cura. Una casa ha una sola stanza, non più di tre metri quadri, con il nudo pavimento di terra, spessi muri di pietra e piccole finestre, oltre al tetto basso di paglia.

Tutta la vita si svolgeva ovviamente attorno al focolare dove c’era un caminetto fatto di ciottoli ammucchiati sul pavimento di fango. In questa casa c’è il fuoco acceso per terra e la torba brucia con fiamma luminosa; attorno ad esso sono raccolti tutti i primitivi utensili da cucina.

Qui, su questa grande piastra nera, la donna di casa cucinava i cibi principali, come il pane non lievitato, o focaccia d’avena, che veniva poi messo a seccare su un banco di fronte al fuoco. Pensate che riuscireste a fare i bei pani rotondi lievitati, da dividere in quattro parti e da mangiare con montagne di burro fresco? O forse il pane di patate, fatto con un miscuglio di fior di farina e di patate bollite?

Le pareti grezze imbiancate non riescono a eliminare quel senso di claustrofobia che quasi ci assale in questa casa piccolissima. Né possiamo pensare che staremmo troppo comodi in quel letto stretto e duro nella sporgenza del muro vicino al focolare.

Tuttavia, anche in questo caso ci viene da pensare: cosa abbiamo realmente fatto per migliorare la vita ora che viviamo in questo ‘moderno’ ventesimo secolo? Che dire della qualità della vita al giorno d’oggi in quella giungla di cemento che è Belfast, quando abbiamo più che le essenziali cose materiali?

Indubbiamente, chi abitava in questo tipo di casa inorridirebbe davanti ad alcuni dei dolorosi risultati della cosiddetta civiltà che ha la spaventosa capacità di recare una distruzione improvvisa e indiscriminata. Forse tornerebbe volentieri in questo luogo di pace, per quanto a volte la vita dovesse essere difficile.

Oltre a queste abitazioni più piccole e umili, però, dove a volte vivevano intere famiglie, dormendo ammucchiati coi piedi verso il fuoco, ci sono alcuni begli esemplari di case di contadini. Qui si sale di un gradino o due la scala sociale e si vede qualche piccolo miglioramento nella casa del contadino e del bracciante agricolo.

Le case dei contadini

Anche qui, malgrado avessero probabilmente il lusso di una cucina con il pavimento di pietra invece che di fango essiccato, avevano pochissime cose materiali.

Troviamo di nuovo il focolare aperto a livello del pavimento, la torba che brucia, e la maggior parte del fumo, secondo la direzione del vento, che sale su per la cappa del camino costruito nella parete. Guardate quel grande braccio girevole di ferro, a sinistra del focolare, usato per togliere dal fuoco quelle pesanti pentole di ferro e le grandi caldaie nere! Che ne direste di sollevare una di quelle pentole, alcune delle quali possono contenere fino a 95 litri? Queste non sembrano così grandi, ma che differenza rispetto al bollitore elettrico da un litro e mezzo che si trova nelle case irlandesi d’oggi e che bolle subito!

Tutte le case coloniche di quel periodo più tranquillo erano arredate con pochi mobili, spartane fino all’estremo: una tavola non rifinita, una o due sedie scomode e una credenza aperta contenente le stoviglie di terracotta grezza usate dalla famiglia. Nell’angolo poteva esserci un letto tipo ‘cassapanca’, che si ripiegava perché servisse da panca durante il giorno, e presso il fuoco c’era l’immancabile cassa del sale. Quello sgabello a tre piedi era molto pratico se si considera il pavimento irregolare. Questi mobili grezzi, oltre ai pesanti tronchi che reggono la casa, erano ricavati per la maggior parte dal legno di quercia che un tempo abbondava nelle paludi irlandesi.

Notiamo che una caratteristica interessante di queste case è la parete che ci si trova di fronte quando si entra dalla porta principale, che spesso è anche l’unica. Questo muro divisorio con il finestrino per vedere chi si avvicina sull’aia è costruito ad angolo retto con la parete dove c’è il focolare. Ripara un po’ dalla corrente prodotta dal focolare e forma un angolo intimo dove la famiglia e gli amici potevano riunirsi per divertirsi insieme.

Almeno gli abitanti di questi poderi non avrebbero provato il terrore di molti che oggi abitano in casolari isolati dell’Irlanda del Nord, i cui occupanti sono stati uccisi da bande di killers di religione diversa. Lo spioncino che c’era in queste case trova un triste riscontro in molte case d’oggi dove c’è lo spioncino che consente una visione grandangolare fuori della porta, o il tipo di vetro montato ora sulle porte principali che permette di vedere solo dall’interno e capire così se si avvicina qualcuno con intenzioni omicide.

Non tutti vivevano in povertà, benché questa fosse la sorte di tanta gente negli anni passati, specialmente durante e dopo la grande carestia del 1845. Alcuni dei settori più benestanti della società vivevano in grande lusso. Ne abbiamo un esempio quando osserviamo la casa più grande a due piani un tempo occupata da un ecclesiastico.

La casa del ministro

Questa casa si distingue veramente dalle altre. Entrando dalla porta principale ci troviamo in una grande cucina, con il salotto a sinistra e una camera da letto e uno studio a destra. Di sopra troviamo un’imponente camera da letto padronale con non uno ma due enormi letti matrimoniali, e brocche per l’acqua calda, uno scaldaletto di rame e vasi da notte, oltre a un armadio e cassepanche. Qui i mobili sono di fattura e qualità molto diverse da quelle dei mobili che si trovavano nelle case dei parrocchiani.

La cosa che ci fa veramente impressione è lo spazio occupato dal focolare, immenso. È un magnifico ed enorme caminetto, così grande che possiamo stare presso il fuoco e guardare su per il camino dove venivano appesi i cibi da affumicare e conservare. In questa casa c’è anche quello che mancava nelle altre: il forno. Tutte le altre donne, per preparare cibi al forno, non avevano altro che una pentola che seppellivano nel fuoco di torba.

La padrona di questa casa riscaldava il forno con carbone di legna, che non faceva fumo; quando era abbastanza caldo tirava via il carbone rimasto e poi cuoceva il pane nel forno caldo. Poteva anche includere nei pasti della famiglia alcuni dei piatti prelibati che si afferma si potessero trovare verso il 1776: “Piccioni, 2 scellini la dozzina; conigli, 4 pence l’uno; sogliole, 10 pence la coppia; aragoste, 5 scellini la dozzina; anatre selvatiche, da 10 pence a 1 scellino l’una”.

In quegli anni molti abitanti dell’Ulster lavoravano il lino, un’industria che qui trova il suo clima ideale. La loro vita, come quella del contadino, era piuttosto dura.

I linaioli

La coltura del lino doveva essere un lavoro molto faticoso, che spezzava le reni. Gli steli venivano estirpati e legati in fasci, messi poi in acqua dov’erano tenuti da otto a quattordici giorni a ‘macerare’; in questa operazione l’azione batterica favorisce la separazione delle fibre.

Quindi il lino veniva filato per poi tesserlo. La tela di lino, inizialmente di color bruno pallido, era stesa sui prati a imbiancare. Tra parentesi, in quei giorni c’era la pena di morte per chi rubava il lino dai prati. Sembra incredibile. Erano senz’altro tempi duri.

Alcuni del posto lavoravano nel linificio la cui enorme turbina idraulica produceva l’energia necessaria per la ‘scotolatura’ e altre simili operazioni, una volta che ebbero smesso di farle a mano. Ma in tutto questo lavoro l’artista era senz’altro il tessitore.

La casa del tessitore

Qui nella casa del tessitore vediamo un tessitore moderno che fa il lavoro di un tessitore dei tempi passati, per illustrare com’erano allora le condizioni di lavoro. Entrando dalla porta principale, giriamo attorno al muro divisorio e ci troviamo in una cucina molto simile a quella delle case coloniche già visitate. A destra c’è la camera da letto con sufficiente spazio per due letti matrimoniali, e a sinistra, dietro la parete del caminetto, c’è la stanza del tessitore.

Non c’è dubbio, quest’uomo provava soddisfazione nel suo lavoro. Era immerso in questa attività. I tessitori lavoravano dal primo raggio di luce fino all’ultimo; ecco perché in questa stanza ci sono tante finestre. Un visitatore, rivolgendosi al tessitore che sta lavorando, osserva che le lunghe ore dedicate al lavoro dovevano privare il tessitore della sua umanità, rendendolo per così dire solo parte di una macchina. Ma questo tessitore pensa che nel suo caso sia piuttosto la macchina a divenire parte di lui, con tutti i suoi capricci.

È veramente una cosa interessante stare a guardare il disegno che prende forma sulla tela di lino mentre egli lavora, usando i piedi e le mani, per sollevare prima questi fili e poi quelli, e la spola corre avanti e indietro. Che coordinazione e concentrazione!

Altri ricordi del passato

Altre cose esposte qui ci aiutano ad apprezzare il passato. La cassetta degli strumenti del dottore fa spavento. Ci ricorda che un tempo, naturalmente, non esistevano gli anestetici. Quando il medico doveva usare quella spaventosa sega per amputare diciamo una gamba, il paziente veniva forse portato alla locanda del posto e ubriacato prima dell’operazione. Il calzolaio del paese doveva preparare resistente spago di lino impeciato e cera vergine che sarebbero stati usati per allacciare le arterie segate!

Nemmeno il giogo di legno, completo di catene per il trasporto dei recipienti del latte, sembra troppo confortevole, e siamo sbalorditi per gli utensili piuttosto rudimentali che dovevano usare. Sono pochi gli Irlandesi che oggi preferirebbero quelle condizioni di vita a quelle in cui vivono ora grazie alla moderna tecnologia.

Ma c’è anche da dubitare che chi visse in quel tempo e usò tutti quegli utensili avrebbe preferito i timori, l’incertezza, la tensione e gli odii di adesso alla relativa tranquillità del suo tempo. Sembra che abbiamo sostituito le ingiustizie di quel tempo con torti anche più mostruosi. Rispecchiando l’attuale frustrazione di molti, uno spiritoso ha scarabocchiato su un muro di Belfast la seguente domanda: “C’è la vita prima della morte?” Quindi è bene ricordare tempi più tranquilli e avere la speranza che un giorno tornerà a regnare la tranquillità.

[Immagine a pagina 12]

La casa del povero

[Immagine a pagina 13]

La casa del contadino

[Immagine a pagina 14]

La casa del ministro

[Immagine a pagina 15]

La casa del tessitore

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