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  • Credenze indù sulla vita e sulla morte

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  • Credenze indù sulla vita e sulla morte
  • Svegliatevi! 1977
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  • L’ambiente dov’ero cresciuto
  • L’arrivo a Jamnagar
  • All’ospedale
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  • Le usanze sono cambiate
  • La morte di papà
  • Preparazione del corpo
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Svegliatevi! 1977
g77 22/7 pp. 16-24

Credenze indù sulla vita e sulla morte

MIO PADRE, influente uomo d’affari di Jamnagar, in India, era gravemente malato. Da anni soffriva di un disturbo cardiaco, ma poi erano sorte complicazioni.

Nel febbraio del 1976 il mio fratello maggiore, abitante nella parte settentrionale dello stato di New York, ricevette una telefonata: ‘Vieni a casa appena possibile; non tardare più d’una settimana’. Mi informò immediatamente e due giorni dopo prendemmo l’aereo all’aeroporto Kennedy di New York.

Dalla mia ultima visita a casa otto anni prima erano accadute parecchie cose. Così mentre mi accomodavo sul sedile per il lungo volo, molti pensieri mi si affollarono nella mente.

L’ambiente dov’ero cresciuto

Al principio degli anni sessanta papà mi aveva mandato all’università negli Stati Uniti. Benché fossi stato educato come indù, quando dopo la laurea mi misi a studiare la Bibbia le mie convinzioni religiose cominciarono a cambiare. Col tempo papà e io ci scambiammo molte lettere a questo riguardo. Papà era profondamente religioso; infatti, aveva il suo guru personale. Ricordo che quand’ero ragazzo partiva da casa ogni anno per andare a visitare il suo guru sull’Himalaya, dove rimaneva per parecchie settimane.

Così mentre il nostro aviogetto volava nella notte, mi preoccupavo della condizione di mio padre. Mi chiedevo: Cosa pensa ora della vita oltre l’esistenza attuale? Quanto sarebbero state forti le sue convinzioni adesso che era gravemente malato?

Pensavo alle cose che papà mi aveva scritto. Per esempio, in una lettera dell’agosto 1973 aveva scritto: “La forza che deriva dalla conoscenza del Brahman o Realtà Suprema è superiore a qualsiasi forza. . . . La vera forza è quella che non vacilla neppure davanti alla morte, sapendo molto bene che la morte è solo un cambiamento che riguarda l’involucro fisico. L’io non muore perché non è mai nato. . . .

“Chi ha questa conoscenza accetta con un sorriso la crocifissione e prega per i suoi tormentatori. Quando arriva la morte, egli sarà duro come la pietra, poiché ha ‘toccato i piedi di Dio’. . . . Perciò la morte fisica dell’uomo che ha conoscenza è definita mahat-samadhi, o la ‘grande estasi’, nel linguaggio indù”.

Papà, come indù, credeva nell’immortalità dell’‘io interiore’ o anima. Tale anima, egli pensava, è semplicemente racchiusa nel corpo fisico, o ‘io esteriore’. Alla morte il ‘vero io’ si libera per “trasmigrare” o passare in un altro corpo. Papà credeva che se una persona ha tenuto una condotta buona e corretta, alla morte passerà a un’esistenza superiore, ma se ha vissuto male, il ‘vero io’ può entrare anche in un animale inferiore.

Ora che papà stava per morire, mi chiedevo come le sue convinzioni l’avrebbero sostenuto e aiutato. I miei pensieri andavano anche ad altri familiari e alla vita che si conduceva a casa.

Dall’ultima volta che li avevo visti, sia il mio fratello che la mia sorella minore si erano sposati. Avevano scelto loro il proprio coniuge, distaccandosi dall’usanza indiana. Sapevo che le usanze erano cambiate, ma ora ero curioso e volevo vedere personalmente come stavano le cose.

Per esempio, nel periodo della mia giovinezza a Jamnagar non era corretto, secondo le consuetudini della nostra società, che un uomo vedesse la faccia della nuora, o che una donna parlasse direttamente al suocero. Pertanto mio nonno, che abitava con noi, non guardava in faccia mia madre. E quando il nonno le parlava, la mamma non rispondeva mai direttamente, neppure al telefono, ma trasmetteva il messaggio tramite qualcun altro. Non rimanevano mai soli nella stessa stanza.

Non era neppure corretto che ragazzi e ragazze non sposati si tenessero per mano o anche solo si parlassero. Non ne avevo mai visto nessuno far questo per le vie di Jamnagar. Né io parlavo a una donna non sposata, al di fuori della mia stretta cerchia familiare, mentre vivevo lì: Nella nostra società non era corretto. Ma che dire ora di tali usanze?

L’arrivo a Jamnagar

Il nostro aereo atterrò a Bombay, in India, il pomeriggio del 27 febbraio. Per qualche motivo non mi avevano prenotato il posto sul volo per Jamnagar, così dovemmo prendere l’aereo per Rajkot, una città distante un’ottantina di chilometri da casa. Quindi facemmo il resto del viaggio in taxi.

Durante il tragitto, mi tornarono in mente molti ricordi. Alla fine degli anni cinquanta mio nonno era stato ministro dell’agricoltura per lo stato di Saurashtra, che ora fa parte dello Stato di Gujarat. Durante le vacanze dalla scuola superiore, mi aveva portato spesso con sé nelle visite ufficiali ai villaggi, alcuni dei quali stavamo ora attraversando. Vedevo in distanza la sala delle riunioni di Dhhrol dove il nonno soleva parlare ai contadini.

Alla fine degli anni cinquanta la maggioranza di coloro che abitavano nei villaggi vivevano in casupole di una sola stanza fatte di fango misto a sterco di mucca. Il pavimento era fatto dello stesso materiale. Somiglia a terra indurita. Le donne andavano ad attingere l’acqua al pozzo del villaggio portandola in grandi giare sulla testa. Da quello che vedevo, le condizioni non erano cambiate molto.

All’ospedale

Al nostro arrivo, papà era in un ospedale del posto. Ci riconobbe e fu felice di vederci, ma era così debole che fu praticamente impossibile scambiare qualche parola. Gli ospedali dell’India sono molto diversi da quelli degli Stati Uniti. La famiglia del paziente provvede da mangiare e la maggior parte dell’assistenza. Nei successivi nove giorni ebbi il piacere di servire papà in questo modo.

Il pomeriggio andavo all’ospedale e passavo la notte con papà. Era nutrito per via endovenosa, ma gli davamo anche qualcosa da mangiare per bocca. Quando mostrava che era scomodo, lo giravamo per metterlo in una posizione più confortevole. Speravo che riacquistasse le forze per poter parlare un po’, ma non le riacquistò mai.

Seduto accanto a papà, passavo il tempo leggendo la Bibbia e la pubblicazione inglese Ausiliario per capire la Bibbia. Mia cognata mi vedeva e s’incuriosì. Quando tre anni prima aveva sposato il mio fratello minore, si era trasferita nella grande casa della mia famiglia, e vedevo che amava molto mio padre.

Non si sapeva bene cosa fare per mio padre, e qualunque cosa si facesse si pensava che sarebbe morto ugualmente. Una sera mia cognata e io eravamo soli all’ospedale, ed ella chiese: “Sei confuso e perplesso come sembrano esserlo gli altri?”

Sul momento pensai si riferisse al futuro di mio padre, così dissi: “In realtà, no”. Volle sapere perché. Spiegai che era a motivo di questo libro, la Bibbia, che mi aiuta a capire i propositi del Creatore. Mi disse che quando avevo lasciato la Bibbia all’ospedale l’aveva presa e si era messa a leggere brani di Genesi, ma senza capirla. Chiese: “Chi è il Creatore?”

Sapevamo entrambi che, secondo la religione indù, ci sono molti dèi, alcuni creatori e altri distruttori. Così aprii la Bibbia in Salmo 83:18 e le chiesi di leggere. Aveva un’ottima pronuncia inglese: “Affinché conoscano che tu, il cui nome è Geova, tu solo sei l’Altissimo su tutta la terra”.

Tuttavia, il nome Geova le giungeva nuovo; non sapeva come pronunciarlo. Ma comprese che l’Iddio della Bibbia ha un nome. La meravigliò il fatto che secondo la Bibbia c’è un solo Dio supremo, di nome Geova, il quale creò tutte le cose e che la sua esistenza non ha né principio né fine. — Riv. 4:11; Sal. 90:1, 2.

La mia famiglia sapeva già che ero divenuto cristiano. Avevo scritto loro delle mie attività di predicazione a tempo pieno come testimone di Geova. Così in quei giorni in cui eravamo tanto preoccupati per mio padre facemmo molte discussioni sulla morte e sulle prospettive di vita dopo la morte.

L’anima e l’amore di Dio

Come mio padre, gli altri parenti aderivano al credo indù che l’anima sia immortale, che l’‘io interiore’ o ‘vero io’ continui a esistere in un’altra forma dopo la morte. Ma mia cognata, che è medico, faceva in certo qual modo eccezione perché non accettava del tutto il pensiero indù. Quindi era molto bendisposta verso quello che dice la Bibbia.

Le spiegai che, secondo la Bibbia, l’anima umana siete VOI — tutta la persona — e che non c’è nessun’anima invisibile che continui a vivere dopo la morte. “L’anima che pecca, essa stessa morrà”, dice la Bibbia. La Bibbia insegna pure: “In quanto ai morti, non sono consci di nulla”. (Ezec. 18:4, 20; Eccl. 9:5) Questi erano pensieri nuovi per lei, ma corrispondevano di più a ciò che aveva visto, quindi sembrò accettarli.

Un giorno ebbi modo di chiedere a mio cognato, anch’egli medico: “Cos’è che determina se un’anima trasmigrerà a una vita migliore o a una vita peggiore? Dev’esserci qualche agente esterno”, feci notare, “responsabile di determinare se l’anima avrà un’esistenza superiore o inferiore”.

Rispose che potevamo pensare a Dio come se avesse un gigantesco cervello elettronico, spiegando: “Egli tiene la registrazione del karma, o azioni, di una persona. Se le sue azioni buone superano quelle cattive, avrà una rinascita in condizioni favorevoli. Ma se le azioni cattive superano quelle buone, avrà una rinascita in condizioni sfavorevoli”.

Pertanto, secondo la spiegazione data, le opere che una persona fa durante tutta la sua vita determinano se avrà una rinascita favorevole o sfavorevole. Chiesi: “Come possiamo sapere, allora, se mio padre avrà una rinascita favorevole o sfavorevole?”

Disse che non potevamo saperlo, perché non avevamo conosciuto mio padre per tutta la sua vita. Allora feci notare l’insegnamento della Bibbia dicendo: “Geova Dio non è un Dio che tiene conto di tutta la nostra vita. Possiamo aver fatto molte cose cattive, ma se ci pentiamo e ci emendiamo, la nostra condotta passata è dimenticata; è perdonata. Ed è ciò che facciamo da quel momento in poi che conta presso Geova Dio”.

Spiegando come Geova tratta il suo popolo, la Bibbia dice: “Quanto il levante dista dal ponente, tanto distanti da noi egli ha posto le nostre trasgressioni. Come il padre mostra misericordia ai suoi figli, Geova ha mostrato misericordia a quelli che lo temono”. (Sal. 103:12, 13) Questo modo amorevole di trattare l’umanità piacque molto a mio cognato, poiché egli non aveva mai pensato a Dio in questo modo.

Mia cognata era specialmente curiosa di conoscere l’insegnamento della Bibbia. Voleva sapere qual è il proposito di Dio riguardo alla terra e all’umanità. Le mostrai che Geova promette di stabilire una “nuova terra”, che sarà formata da coloro che fanno la volontà di Dio. (2 Piet. 3:13) Infatti, la Bibbia dice: “I mansueti stessi possederanno la terra, e in realtà proveranno squisito diletto nell’abbondanza della pace”. — Sal. 37:11.

Allora ci saranno sulla terra condizioni interamente diverse, notai, leggendole Rivelazione 21:3, 4: “Dio stesso sarà con loro. Ed egli asciugherà ogni lagrima dai loro occhi, e la morte non sarà più, né vi sarà più cordoglio né grido né pena. Le cose precedenti sono passate”. Tali promesse contenute nella Bibbia la stupirono. Mostrò vero interesse e volle saperne di più.

Le usanze sono cambiate

Dopo pochi giorni che ero a casa fu ben evidente che le usanze erano cambiate. Mia cognata, per esempio, trattava le persone in modo molto simile alle donne occidentali. Parlava a papà e a me guardandoci in faccia. Poiché io sono un cognato più vecchio, se fosse stato vent’anni addietro probabilmente avrebbe girato la testa nel parlarmi o nascosto la testa nel sari. E probabilmente non sarebbe mai rimasta sola con me in una stanza.

Ora è ovvio che giovani uomini e donne non sposati si parlano, poiché non è raro che scelgano personalmente il proprio coniuge. Anzi, appresi che gli studenti vanno a fare picnic insieme, qualcosa di inaudito quando io andavo a scuola. D’altra parte, osservai che mia madre e altre donne anziane seguivano ancora le usanze di un tempo.

La morte di papà

Nel frattempo, le condizioni di papà si aggravarono rapidamente ed egli fu portato a casa a morire. Nelle prime ore di domenica 7 marzo la fine sembrò vicina. Mentre la famiglia era raccolta attorno al suo letto, papà emise un profondo respiro, l’ultimo.

Mio cognato mi chiese di passargli lo stetoscopio. Lo appoggiò al petto di papà e, con espressione triste, gli coprì la testa con il lenzuolo. Erano le 3,30. Papà era morto, a soli cinquantotto anni. La mamma scoppiò immediatamente a piangere, come le altre donne presenti.

In quello che seguì, si poteva vedere la profonda influenza del credo religioso. Ancor prima d’essersi asciugata le lagrime, mia cognata uscì e ritornò con sterco di mucca fresco, tracciando con esso una riga diritta sul pavimento, lunga un po’ più di un metro e mezzo. Poi spruzzò per terra un po’ d’acqua presa dal fiume Gange. Quindi stesero un lenzuolo bianco in questo punto e vi deposero il corpo di papà.

Tutto ciò che proviene dalla mucca è considerato sacro, incluso il letame. Anche il fiume Gange è reputato sacro. Quindi si supponeva che questa parte del pavimento fosse purificata spargendovi letame e acqua. Di fronte al corpo venne bruciato incenso profumato. Si pensa che serva a purificare l’atmosfera, invitando nelle vicinanze gli spiriti puri.

Quasi immediatamente cominciarono a cantare una preghiera indù, sotto la guida di mio cognato, mentre gli altri si univano a lui a piacere. Era continuamente ripetuta la frase “Shri Rama Jay Rama Jay Jay Rama”, con una melodia caratteristica. Rama è il nome di un dio indù, e il canto significa “Rama sia vittorioso”. Questo canto dovrebbe calmare coloro che fanno cordoglio e aiutarli a concentrarsi in Dio. Come minimo, pareva servisse a sostituire il pianto.

Mentre si faceva tutto questo, una coppia di messaggeri uscirono per informare della morte amici e parenti. Un amico diede la notizia per telefono. Il corteo funebre fu predisposto per le 7,30, solo quattro ore dopo la morte di papà.

Preparazione del corpo

Il mio fratello maggiore stese sulla fronte di papà un miscuglio di legno di sandalo macinato e acqua. Poi gli cosparse tutta la fronte di una polverina rossa detta kanku e gli spruzzò sul viso acqua del Gange. Quindi girò cinque volte attorno al corpo di papà, un’usanza detta prudikchana. Infine, gridò tre volte nell’orecchio di papà: “Hari ohm Tatsat”, che, essendo Hari un altro dio indù, significa “Lodate Dio”. Questa frase fa pensare che l’anima deve lasciare il corpo e continuare a lodare Dio. Altri presenti fecero la stessa cosa.

Dopo di che tutti uscirono dalla stanza, eccetto alcuni di noi. Il corpo fu spogliato e lavato e interamente cosparso di kanku. Intanto, certuni continuavano a recitare dei mantra (preghiere) in sanscrito. Fu detta una preghiera anche nella mia lingua materna, il gujarati, preghiera che significa: “O Signore! Prendi l’anima di quest’uomo e possa la sua anima riposare in pace”. Poi l’intero corpo, eccetto il viso, fu coperto con un panno bianco e un tessuto di seta color rosso fuoco. Dopo di che venne adagiato su un letto di bambù.

Il letto venne allestito proprio lì nella stanza. Due uomini, che fanno regolarmente questo lavoro, lo finirono in mezz’ora. Il letto era fatto di due pali di bambù lunghi circa tre metri, con forse una dozzina di pezzi trasversali di bambù, tutti fissati insieme con una corda. Il corpo fu posto sul letto e vi fu legato con una cordicella. Poi misero tanti fiori attorno al collo di papà.

Il corteo funebre

I miei due fratelli, uno dei miei cugini e io portammo fuori di casa il corpo di papà ornato di fiori. Contemporaneamente si levò dalle donne un alto grido. Questa era l’ultima volta che ne vedevano il corpo, poiché le donne non partecipano al corteo funebre.

Gli uomini vestiti di bianco o di chiaro aspettavano fuori di casa con un asciugamano attorno al collo. Mentre il corpo veniva portato lungo le strade, essi seguivano con ordine. Poiché mio padre era stato un importante uomo d’affari, ci saranno stati circa 500 uomini al corteo, tra cui medici, avvocati, ingegneri, uomini d’affari, agricoltori e filosofi.

Dopo una camminata di tre quarti d’ora, il corteo giunse all’ingresso dello Smashan (luogo della cremazione), dove si arrestò. Fino a questo punto il corpo di mio padre era stato trasportato con la testa in avanti, per dare l’idea che guardasse indietro a tutto ciò che aveva fatto in questo mondo. Ora, mentre entravamo nello Smashan, venne portato coi piedi in avanti, per dare l’idea che adesso doveva guardare a ciò che lo attendeva.

Cremazione

Nello Smashan c’è un’area di due metri e mezzo per tre dove avviene l’effettiva cremazione. Mentre il corpo veniva portato qui, quattro uomini si accinsero a preparare il fuoco. Prima fecero uno strato di letame di mucca secco, largo poco più di un metro, lungo quasi due metri e alto dieci centimetri. (Oltre a essere considerato sacro, il letame di mucca è molto infiammabile). Su di esso posero uno strato dopo l’altro di tronchi, e infine il corpo di mio padre in cima.

Gli tolsero quindi tutti gli abiti e i fiori, strofinando sul suo corpo il ghee, una sostanza grassa e burrosa estratta dal latte. Il ghee è considerato sacro ed è anche molto infiammabile. Poi misero dei tronchi in cima e ai lati del corpo. Infine accesero il fuoco.

Per la prima ora, mentre stavamo tutti a guardare, vennero continuamente ripetuti dei mantra in sanscrito. Alla fine di ognuno di esso, gli uomini che pronunciavano i mantra dicevano “Swaha”, che vuol dire “Così sia”. Pure a mo’ di conferma, a ogni “Swaha” il mio fratello minore versava nel fuoco dell’altro ghee, e il mio fratello maggiore versava un po’ di samagri, un miscuglio profumato e infiammabile. Questi mantra, si suppone, facevano del bene all’anima. Per esempio, uno dice: “L’anima che non muore mai continui i suoi sforzi di accostarsi a Dio”.

In due ore il corpo fu consumato. Parte delle ceneri fu messa in una giara di terracotta che in seguito mio fratello avrebbe depositato nel Gange. Quindi tutti i presenti fecero il bagno nelle apposite vasche dello Smashan.

Motivo di vero conforto e speranza

Nello Smashan ci sono molte statue raffiguranti vari insegnamenti della religione indù. Per esempio, notai in particolare il monumento chiamato “Cerchi della vita”. È un enorme monumento di forma circolare con sette scene. La prima raffigura la nascita di un bambino. La seconda, un bambino che va a scuola. La terza, una coppia che si sposa. La quarta, una scena di vita familiare. La quinta, malattia e vecchiaia. La sesta, la morte della persona. E la settima, il trasporto della persona al luogo dove il corpo sarà cremato.

Questo cerchio della vita è descritto come una cosa normale nella religione indù, il modo in cui devono andare le cose. Malattia e morte, secondo questo ciclo, esisteranno sempre. Ma tale insegnamento dà vero conforto e speranza a quelli che fanno cordoglio?

Dopo il bagno, tornammo a casa. Quella sera mentre tutti erano impegnati a fare qualche cosa, notai mia cognata in disparte che piangeva sommessamente. Così le domandai: “Che cos’hai?” Rispose che avrebbe sentito la mancanza di mio padre, anzi, che la sentiva già.

Così parlammo nuovamente di Geova Dio e le chiesi: “Le cose che hai imparate riguardo a Geova ti hanno resa felice?” Ella disse: “Sì; se tutte queste cose si avverano, sono senz’altro motivo di allegrezza”.

Fino a quel momento non avevamo parlato della risurrezione, così le domandai: “Come ti sentiresti se potessi rivedere mio padre con la stessa personalità di quando lo conoscevi? Ti piacerebbe?” Naturalmente, la risposta fu “Sì!”

A ciò aprii la Bibbia e leggemmo Atti 24:15, dove dice: “Ho in Dio la speranza, che questi uomini pure nutrono, che vi sarà una risurrezione sia dei giusti che degli ingiusti”. Questa parola “risurrezione” le era nuova; era un pensiero nuovo. Le spiegai che la risurrezione non è una rinascita o una reincarnazione, ma l’effettivo ritorno alla vita di qualcuno che è stato completamente inconscio nella morte. La maggioranza di quelli che sono vissuti, le dissi, saranno riportati in vita sulla terra quando vi saranno condizioni migliori.

Ella comprese questo insegnamento della Bibbia, poiché desiderava veramente conoscere la Bibbia. E poté paragonarlo con l’idea indù della reincarnazione. Anche secondo l’insegnamento indù l’individuo torna alla vita sulla terra, ma con una personalità diversa, poiché si suppone che l’anima entri in un seno per rinascere come un’altra persona. Di conseguenza, non avrebbe mai potuto riconoscere mio padre nella sua rinascita. Quindi l’insegnamento biblico della risurrezione le piacque perché sentiva la mancanza di mio padre e desiderava rivederlo come lo aveva conosciuto.

Spiegai pure che, secondo la reincarnazione, si ritorna in questo sistema, in queste condizioni dove ci si ammala e si muore. Ma la risurrezione avrà luogo dopo che Geova Dio, per mezzo del governo del suo Regno, avrà posto fine a questo sistema corrotto. (Matt. 6:9, 10; Dan. 2:44) Allora, nel nuovo sistema di cose che Dio stabilirà, ci saranno le condizioni descritte in Rivelazione 21:3, 4, che avevamo già letto. Malattie, cordoglio e perfino la morte saranno cose del passato!

Bisogno d’aiuto

A questo punto mia cognata si era asciugata le lagrime e si sentiva molto meglio. Ma nel giro di pochi giorni sarei partito ed ella si chiedeva preoccupata: ‘Chi mi ammaestrerà? Come farò a imparare gli insegnamenti della Bibbia?’

Le diedi una Bibbia e varie pubblicazioni di studio biblico. Le feci particolarmente notare l’opuscolo La vita offre molto di più! E le mostrai come usarlo per studiare la Bibbia. Nelle nostre recenti lettere ci siamo basati su questo opuscolo per considerare soggetti biblici.

Non ci sono Testimoni di Geova né a Jamnagar né in quella parte dell’India. Ma durante la mia visita ho avuto la gioia di vedere che specialmente i giovani fanno domande e che, se ricevono l’aiuto necessario, può darsi benissimo che accettino le verità della Parola di Dio. Spero che, se sarà volontà di Dio, possa essere uno strumento per aiutare alcuni di loro a conoscere la verità intorno al vivente Dio Geova, verità che conduce alla vita eterna. (Giov. 17:3) — Da un collaboratore.

[Testo in evidenza a pagina 19]

“Chiesi: ‘Come possiamo sapere, allora, se mio padre avrà una rinascita favorevole o sfavorevole?’”

[Testo in evidenza a pagina 21]

“In due ore il corpo fu consumato”.

[Testo in evidenza a pagina 23]

“L’insegnamento biblico della risurrezione le piacque”.

[Immagine a pagina 17]

Mia sorella e mia cognata

[Immagine a pagina 20]

“Tutto ciò che proviene dalla mucca è considerato sacro, incluso il letame”

[Immagine a pagina 22]

Il monumento chiamato “Cerchi della vita”

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