Andiamo a far compere in un bazar turco
Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Turchia
ISTANBUL, una città senza pari a cavallo fra due continenti. Benché piena di esotico mistero orientale, l’influenza occidentale le dà un certo sapore di cui non si trova l’uguale in nessuna parte del mondo. E in nessun altro luogo della città questo è più evidente che nello straordinario bazar o mercato coperto. Se c’è qualcosa che è tipico di Istanbul, questo è il mercato, che tanto ricorda i giorni passati quando Istanbul era Costantinopoli ed era governata dagli Ottomani. Dobbiamo proprio visitarlo!
Il bazar di Istanbul, unico nel suo genere
Entrati nel bazar, siamo subito affascinati da uno dei più pittoreschi e rumorosi spettacoli che si possano vedere. Aperto tutti i giorni, tranne la domenica, dalla mattina presto al tramonto, è forse il più grande mercato che si trovi in qualsiasi paese europeo o mediterraneo.
Le viuzze acciottolate sono così tortuose che dopo poco non riusciamo più a orizzontarci. A ogni curva ci si presenta un’altra splendida caratteristica del mercato. Mentre ci deliziamo gli occhi in quest’orgia di colori e di attività, i nostri orecchi sono assaliti da ogni parte da suoni inimmaginabili e, a quanto pare, in ogni lingua possibile.
Qui nelle stradine e nei passaggi del mercato, quasi interamente coperto e sempre brulicante di una massa di persone in fermento che parlano, gridano, ridono e mercanteggiano con quanta voce hanno in gola, entriamo in un mondo apparentemente scomparso. Gli hamals, o facchini, si aprono un varco in mezzo alla folla, trasportando enormi carichi trattenuti sulla schiena da finimenti di cuoio. La confusione delle voci è punteggiata dalle loro rauche grida di “Fate largo!” Ogni tanto un furgone o una macchina, che appare stranamente fuori posto, cerca di arrivare fino a una bottega o una bancarella, suonando inutilmente il clacson per avere via libera.
Molto più drammatico è il passaggio di un carro tirato da cavalli. Sovraccarico, coi cavalli che battono gli zoccoli e scivolano sui ciottoli, il carro procede barcollando, mancando di poco le bancarelle sull’orlo del marciapiede, finché accade l’inevitabile, e arance, fazzoletti o altre cose sono sparpagliati per tutta la strada mentre il proprietario della bancarella e il conducente del carro disputano ad alta voce. A questo segnale la folla si raccoglie tutto intorno offrendo varie versioni dell’incidente. Il nuovo eccitante avvenimento fa dimenticare qualsiasi pensiero di comprare o vendere.
Come vedete, qualche volta i venditori lungo le strade superano il numero dei compratori. Questa gente intraprendente annuncia la propria mercanzia gridando parole in almeno quattro lingue. Molti di questi venditori sono semplici ragazzini, che vendono qualsiasi cosa dal buzlu su (acqua ghiacciata) ai sacchetti di plastica in cui mettere gli acquisti. Sebbene questi ragazzi siano privi di un’istruzione formale, sono abili negli affari quanto i loro colleghi adulti, e parlano le varie lingue abbastanza da vendere qualcosa ai turisti di passaggio.
I piedi ci dicono ben presto che il bazar non è di piccole dimensioni. Secondo un calcolo ci sono 4.000 botteghe, a parte i 2.000 piccoli laboratori dove si fabbricano molti degli articoli venduti qui. Strade e vicoli sono fiancheggiati da innumerevoli bancarelle e carrettini, e sparsi in tutto il mercato ci sono dodici magazzini, alcuni dei quali sono collegati alle vaste e antiche Hans o Case di Commercio ottomane. Vi sono circa dodici fontane, sebbene siano semplici resti del passato. Ora vi sono ristoranti e sale da tè, in cui possiamo rifugiarci per qualche istante di riposo da quella baraonda. Per i musulmani, ci sono diverse moschee. Vi sono pure due banche, un indispensabile servizio pubblico, e un centro di informazioni utile soprattutto ai turisti che si perdono. E, per qualche ragione, c’è anche una scuola elementare, veramente un modo affascinante di cominciare la vita per i bambini che la frequentano.
La storia del bazar, in breve
Il bazar fu stabilito nel suo sito attuale (e copriva quasi la stessa superficie) dal sultano Maometto II. Questo avvenne nel 1461, poco dopo la conquista di Costantinopoli (Istanbul). Allora il bazar era una semplice costruzione di legno, ma è stato ricostruito e ingrandito varie volte e ora include parte delle scuderie di Maometto il Conquistatore e parecchi altri interessanti edifici in pietra dell’epoca.
Nel corso degli anni, parti del mercato sono state distrutte da incendi, l’ultimo di una certa entità scoppiato nel 1954. Nondimeno, il mercato e i dintorni sono ancora pressappoco com’erano anni fa.
Non è facile orizzontarvisi
Entrati nel mercato da uno dei cinque ingressi, ci si presenta il problema di orizzontarci nel tumultuoso labirinto di oltre sessanta strade e vicoli. Un fatto interessante è che certe “vie” tendono a specializzarsi in particolari mercanzie. Eccone qui una che si chiama “Via dei Fabbricanti di Turbanti”! E ce n’è un’altra che si chiama “Via delle Piume dell’Aga”. Sotto un altro bel colonnato antico si trovano tutte le botteghe che vendono tappeti turchi, damaschi e broccati. Nelle stradette vicine, possiamo frugare in grandi mucchi di tappeti di pel di capra, o ammirare tappeti fatti a mano, tutto in un’atmosfera di amichevole rivalità, perché i negozianti fanno a gara per richiamare la nostra attenzione.
Da ogni parte si possono fare buoni affari, in ogni sorta di curiosi negozietti nascosti in viuzze polverose. L’unico problema è di ricordare come ritrovare il negozio. Poiché certi articoli si trovano solo in posti specifici, ci vuole una buona memoria per far compere nel bazar di Istanbul.
Sia che abbiate una buona memoria o no, vi piacerà senz’altro girovagare in questo dedalo di viuzze. Ma fate conto che vi perderete. Anche quello è un piacere, e un’avventura, in quella che si può solo descrivere come una delle più insolite attrattive della Turchia.
Il “mercato vecchio”
Questa particolare sezione del bazar è proprio al centro e si chiama Bedesten. Qui si trovano i pezzi d’antiquariato più preziosi e gli articoli più strani. Osservate tutti questi oggetti di rame, ottone e vetro, e anche alcuni cimeli bizantini. Alcuni di questi oggetti sono autentici, ma, attenzione, molti sono prodotti moderni e fatti a macchina, piuttosto scadenti, che tendono a dissipare l’ancora incantevole atmosfera orientale del mercato.
Nelle parti più “moderne” del mercato, troviamo i venditori di gioielli e d’oro. Qui si vedono alcuni stupendi, benché costosi, esemplari di gioielli fatti a mano. C’è un esteso traffico d’oro, e i prezzi fluttuano giornalmente.
Essenziale mercanteggiare
Siete un po’ preoccupati per tutto il mercanteggiare che si fa qui? Be’, per immedesimarsi proprio nello spirito del mercato, bisogna mercanteggiare e discutere sul prezzo. Tutto questo avviene in un’atmosfera di “amichevole furto”, in quanto sia il compratore che il venditore cercano di trarre vantaggio e ognuno dichiara un “irriducibile” ultimo prezzo che cambia di continuo. Qualche volta, secondo il valore dell’oggetto, questo tipo di discussione va avanti quasi per ore, mentre i partecipanti sorseggiano tè e caffè turco offerto gratuitamente dal negoziante finché non si giunge a un accordo.
‘Ma c’è tanto su cui mercanteggiare!’ direte. Sì, ma a parte i souvenir prodotti in serie e i comuni oggetti casalinghi, probabilmente le cose più interessanti da comprare rientrano in poche categorie: articoli di ottone e di rame, tappeti, gioielli, ceramiche e altri articoli fatti a mano di legno, onice e sepiolite. Anche capi di vestiario ricamati a mano e oggetti di cuoio sono sempre popolari fra i visitatori.
Notate che nel mercato sembra tutto un po’ irreale? In effetti, il mondo esterno sembra molto remoto. Senza preoccuparsi dei vari problemi del mondo, qui ogni sorta di persone fanno i loro affari con accortezza ma con cortesia.
Stiamo per uscire dal Bedesten passando per la porta degli orafi. Ma, vedete l’aquila bizantina sopra la porta? È antichissima e uno storico famoso, Evliya Celebi, disse di quel simbolo: “Guadagno e commercio sono come un uccello selvatico, che, nel mercato, si può addomesticare con la cortesia e la gentilezza”. Quindi, sotto certi aspetti forse il bazar non è cambiato molto dopo tutto.
Il nostro giro di compere è terminato. “Indimenticabile”, dite? Forse sì, poiché una cosa è certa: Molto tempo dopo che i souvenir comprati qui saranno stati dimenticati o perduti, il ricordo del bazar di Istanbul sarà ancora vivo.