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  • Tragedia in mare
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  • Investiti da un vento terrificante
  • Uno raggiunge la riva
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Svegliatevi! 1978
g78 22/6 pp. 23-26

Tragedia in mare

Narrato al corrispondente di “Svegliatevi!” in Papua Nuova Guinea

PARTIMMO da Gasmata, in Nuova Britannia, verso le 11 di mercoledì 9 marzo. Il tempo era splendido. Una dolce brezza gonfiava la vela della nostra canoa spingendoci avanti fermamente. Per andare più in fretta, remavamo.

Alla nostra sinistra, per buona parte del viaggio, la costa era orlata di mangrovie dal color verde cupo. Il paesaggio era interrotto ogni tanto da villaggi rivieraschi e piccole spiagge. Le onde lambivano le sabbie bianche a cui facevano da sfondo palme del cocco.

A cinque-otto chilometri dalla costa, i monti coperti di giungle in questa parte dell’isola della Nuova Britannia, lunga quasi 500 chilometri, s’innalzavano ripidamente fino a superare i 1.500 metri di altezza. Come apparivano maestosi!

Ogni tanto, la canoa passava sopra coloriti banchi di corallo dove si potevano scorgere pesci tropicali. Procedevamo abbastanza vicino alla costa. Il mare era calmo. Ogni tanto si vedevano in mare aperto piccole scogliere contrassegnate da righe bianche increspate: i frangenti che a rapidi intervalli si sollevavano e lasciavano cadere la schiuma. Seduti nella canoa a osservare questo spettacolo di pace e grandiosità provavamo un profondo senso di soddisfazione. Una vista davvero magnifica!

Non sapevamo che nel giro di qualche ora questo spettacolo di serenità sarebbe cambiato. Ci saremmo trovati in un mare in burrasca con onde gigantesche sollevate da un vento ciclonico!

Scopo del viaggio

Lo scopo del viaggio era di assistere a un’assemblea dei testimoni di Geova tenuta a Umisa, una cinquantina di chilometri più su, lungo la costa. Eravamo in cinque, due ministri in servizio continuo speciale, Jack Nelulu e William Nahilo, un uomo anziano di nome Deia, sua moglie Kurkur e la loro figlia adottiva di sei anni. Alcuni testimoni di Geova della piccola congregazione di Umisa avevano in consegna i figli di Deia, una femmina di 12 anni e un maschio di 10 anni. Quindi Deia e Kurkur avevano una ragione in più per andarci, cioè quella di rivedere i loro figli.

I viaggi come questo sono una cosa comune per noi che abitiamo sulle coste della Nuova Britannia. Non facevamo nulla di straordinario risalendo la costa su una canoa. Tutti noi viaggiamo in questo modo. E che spettacolo offrono le canoe con le vele bianche distese mentre solcano le onde! Nella nostra zona abbondano i pesci e altre creature marine. Durante la navigazione era affascinante osservare i vari tipi di vita marina. I movimenti dei delfini che seguivano le canoe rendevano più divertente e vario il nostro viaggio.

Investiti da un vento terrificante

Nel tardo pomeriggio, giungemmo alla fine della scogliera a lato della quale avevano navigato. Davanti a noi, non lontano dall’isola della Nuova Britannia, si vedeva l’isoletta di Atui. Decidemmo di raggiungerla. Soffiava solo un leggero vento.

All’improvviso, verso le 18, quando eravamo circa a metà di questo tratto di mare aperto, a poco più di un chilometro e mezzo da Atui, fummo investiti da un vento terrificante. Il mare fu subito in ebollizione. L’acqua entrava nella canoa e noi tentammo freneticamente di sgottare. L’albero e la vela avrebbero resistito al vento sferzante? Se avessero resistito, saremmo senz’altro riusciti a raggiungere l’isoletta sani e salvi. Ma non sarebbe stato così.

Il vento era troppo forte. Soffiava con grande impeto dai monti. Sotto la pressione, l’albero si ruppe, lasciandoci alla mercé del vento. Remammo con più lena. Come facevamo forza su quei remi! Ma era impossibile dirigere la canoa verso Atui. Fummo spinti al largo, oltre l’isola. Anche allora pensavamo che se la canoa avesse resistito, una volta che il vento si fosse calmato saremmo riusciti a trovare la via del ritorno.

Fummo spinti sempre più al largo. Il mare si faceva sempre più agitato. Ora ci chiedevamo: Resisterà la canoa? Ogni tavola era sottoposta a crescente tensione. Poi, verso le diciannove, la canoa si spezzò, non potendo più resistere agli urti. Si spaccò da prua a poppa, e il vento soffiò via la metà più leggera. Ci rendemmo conto che era inutile cercare di salvare qualcosa della canoa, sebbene William tenesse ancora stretta la sua borsa.

Senza perdere un attimo, Jack strappò il resto della canoa, gettando tavole a William, Deia e sua moglie, mentre urlava freneticamente: “Ora possiamo nuotare. Il primo che raggiunge la riva dica ai fratelli della congregazione cos’è accaduto ed essi verranno a cercarci”.

Uno raggiunge la riva

A questo punto William fu separato dal gruppo e al buio non riuscì più a vederli. Si mise a nuotare verso l’isola di Atui, sperando di andare nella direzione giusta. Nel frattempo, Deia, Kurkur e Jack, con la ragazzina aggrappata alle spalle, decisero che forse era meglio nuotare verso la scogliera, nella speranza di potervi rimanere fino all’arrivo dei soccorsi.

“Mentre nuotavo pensavo a Geova Dio e non avevo paura”, disse più tardi William. Non sentiva crampi né alle braccia né alle gambe e non pensò di annegare. Continuò a nuotare, ma non c’era terra in vista. Poi rammenta: “Verso le nove spuntò la luna. Vidi le luci di Fullerborn [una piantagione] e dell’isola, e nuotai verso di essa. Raggiunsi l’isola verso le 11. A quel punto avevo il corpo intirizzito e non riuscivo a sentire nulla”. William rimase steso sulla spiaggia finché riacquistò le forze e la vista gli tornò normale. Il mare e il vento gli avevano offuscato la vista così che non ci vedeva bene.

Quando si sentì tornare le forze, si alzò e prese la borsa che aveva tenuta stretta per tutto il tempo ch’era rimasto in acqua. Si avviò verso un villaggio dell’isola. Quando lo raggiunse, c’erano poche persone in casa. (Gli altri abitanti, spaventati dai forti venti, avevano raggiunto in barca un villaggio più grande sulla vicina Nuova Britannia). Gli abitanti fecero entrare in casa William e gli diedero abiti asciutti e da mangiare. Quindi egli si addormentò. All’alba lo condussero a un villaggio più grande. Si procurò una canoa e remò fino a Umisa. Lì disse ai suoi amici quello che era accaduto, che il vento aveva distrutto la canoa e che Jack, la coppia e la bambina non avevano ancora raggiunto la riva. Temeva fossero morti.

Erano tutti molto tristi. William disse loro che Jack non aveva una tavola come gli altri. Aveva anche la bambina sulla schiena. Conclusero che doveva essere annegato, non potendosi aggrappare a nulla. Pensarono che anche i due sposi dovevano essere morti. Erano tutti sconvolti. Ma si confortavano l’un l’altro al pensiero che se erano morti, Geova si sarebbe ricordato di loro e li avrebbe risuscitati. — Giov. 6:40.

Arriva il secondo superstite

Per tutto giovedì, alcuni dei Testimoni presenti per l’assemblea cercarono i corpi lungo la spiaggia, in tutte le direzioni. Altri rimasero a parlare dell’accaduto. Poi verso le 19,30 arrivò Jack! Sentì piangere mentre si avvicinava a una casa. “Non piangete, sono qui”, disse, dopo di che cadde addormentato. Pensando che avesse bisogno di nutrirsi, schiacciarono della papaia e gliene misero un po’ in bocca. All’alba di venerdì, William e un’altra persona si recarono in una piantagione vicina dove c’era un ricetrasmettitore. Fu comunicato alle imbarcazioni di cercare i corpi degli altri tre. Tuttavia il mare era ancora troppo grosso e i capitani avevano paura a prendere il largo.

Jack racconta il suo incubo

Più tardi, Jack si svegliò e raccontò quanto gli era accaduto. Perso di vista William, lui, Deia e la moglie di Deia si chiamarono l’un l’altro. Pensavano che la canoa si fosse spezzata in qualche punto vicino alla scogliera, quindi tentarono di raggiungerla. Sia Deia che sua moglie avevano una tavola della canoa. In quanto a Jack, egli rammenta: ‘Non avevo niente a cui aggrapparmi per stare a galla. Nuotai, con la bambina avvinghiata alle mie spalle’.

Le onde erano alte come montagne e li investivano con grande violenza. Furono sballottati su e giù nell’acqua schiumosa. Il vento accresceva l’incubo spruzzando la pungente acqua salata sul viso e negli occhi. Quando venivano improvvisamente sommersi dalle onde, non potevano fare a meno di inghiottire un po’ d’acqua salata.

Jack fu ben presto separato da Deia e da sua moglie. Essendo buio, non potevano vedersi. “Gridai i loro nomi” disse, “ma non risposero”. Quindi si rese conto che non sarebbe riuscito a trovare la scogliera. Così, con la bambina sempre sulla schiena, fece dietro front e tentò di nuotare verso l’isola vista in precedenza. Continuò a nuotare. Verso le 10 il vento si fece eccezionalmente forte e le onde li sommergevano. Jack nuotò per un’altra mezz’ora, e quando fece per tastare la bambina, non c’era più! Uno di quei cavalloni doveva averla trascinata via, e poiché aveva la schiena intirizzita, non se n’era accorto.

Jack prosegue: “Quando mi accorsi che non l’avevo più sulla schiena, tentai di trovarla”. Cercò per circa mezz’ora ma invano. Così continuò a nuotare, senza sapere dove andava. Nuotò fino all’alba. Nelle vicinanze c’era l’isola di Atui. Dovevano essere le otto quando raggiunse barcollando la riva e crollò esausto. A insaputa di William, questo avveniva dal lato opposto dell’isola.

Jack era rimasto in acqua circa tredici ore, per la maggior parte del tempo con la ragazzina sul dorso. Uno sforzo immane! Com’era grato d’essere vivo! Il suo corpo rimase immobile sulla riva per tutta la mattina. Ogni tanto vomitava un po’ d’acqua salata. Verso mezzogiorno si sentiva molto debole. Non riusciva a far altro che restarsene sdraiato lì. Quindi si addormentò svegliandosi solo alle sei di sera.

Quando si alzò in piedi, proseguì lungo la spiaggia finché trovò una piccola canoa. Normalmente è piacevole fare una passeggiata lì. Atui non è un’isola molto grande, essendo lunga poco meno di trecento metri e larga la metà, ma è molto bella, ed è tutta circondata da una spiaggia di sabbie bianche. Vi crescono alberi del cocco e altre varietà in abbondanza, ciò che ne accresce la bellezza. Nondimeno, questo vento ciclonico aveva letteralmente fatto il finimondo in questa piccola isola. Alcuni dicono di non avere mai sentito venti così violenti.

Trovata la canoa, Jack vogò lentamente raggiungendo il punto dove si trovavano i suoi amici, a una distanza di oltre tre chilometri. Non è strano se al suo arrivo crollò di nuovo!

Non tutto è perduto

Jack e William si ripresero. Ci fu un’udienza in tribunale e il giudice decise che era stato un incidente. Nondimeno, i parenti dei defunti erano molto adirati. Su quest’isola, come in altre parti di Papua Nuova Guinea, c’è l’usanza di vendicarsi. Alcuni hanno minacciato la vita di questi due ministri in servizio continuo, sebbene fosse loro impossibile salvare gli altri tre.

Per questo non è prudente per il momento predicare la buona notizia del Regno nella zona di Gasmata, luogo di provenienza di Deia, in particolare nel suo villaggio, Lukuklukuk. Purtroppo, seguaci di altre religioni hanno approfittato di questo incidente per tentar di fermare l’opera dei testimoni di Geova. Ma Jack e William sono sicuri che le persone del luogo interessate alla Bibbia vogliono ancora conoscerne le verità. Si spera che, col tempo, sarà possibile rivisitare questi villaggi.

I testimoni di Geova riconoscono la veracità delle parole bibliche in merito all’uomo: “Il tempo e l’avvenimento imprevisto capitano a tutti loro”. (Eccl. 9:11) Questo incidente sarebbe potuto capitare a chiunque si trovasse in mare quando scoppiò la tempesta.

William, comprendendo questo fatto, fece notare che gli occupanti della canoa sapevano che agli apostoli erano capitate cose simili. Paolo fece naufragio quattro volte. In un’occasione trascorse un’intera notte e un giorno nel profondo. (Atti 27:39-44; 2 Cor. 11:25) Così, quando si verificò questo incidente, pensarono tutti agli apostoli, e questo li rafforzò. Jack e William ringraziarono Dio d’essere sopravvissuti. Tuttavia erano molto tristi per quanto era avvenuto a Deia, a Kurkur e alla loro bambina.

Se siete parenti di Deia, abitanti di questa zona o forse soltanto persone interessate al racconto, siate certi che non tutto è perduto. La morte di quelle tre persone fu senz’altro un colpo. Nessun uomo può riportare in vita i morti, come mostra il caso del figlio del re Davide. (2 Sam. 12:23) Ma, come disse Jack: “Sappiamo che Geova Dio risusciterà i morti”. (Atti 24:15) Egli sa che sono soltanto addormentati nella morte e che Dio si ricorderà di loro e li sveglierà dal sonno. — Giov. 11:11-13.

Auguriamo a tutti i parenti di queste care persone, Deia e Kurkur e la loro figlia, insieme a tutti gli altri che hanno subito perdite simili, di trarre conforto dalle parole dell’apostolo Giovanni riportate in Rivelazione 20:13. Lì egli descrive ciò che vide avvenire nella visione della risurrezione: “E il mare diede i morti ch’erano in esso, e la morte e l’Ades diedero i morti ch’erano in essi”. Pensate cosa significa questo! Il fatto che siano morti in mare non crea nessuna difficoltà all’Onnipotente. Invece di disperarci come fanno alcuni in momenti tragici o per la perdita di una persona cara, traiamo dalle promesse delle Scritture la fiduciosa speranza che potremo riunirci con i nostri cari se eserciteremo fede nel provvedimento salvifico di Dio. Questo è ciò che Jack e William attendono quando pensano ai loro cari amici perduti in questa tragedia.

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