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  • g80 8/6 pp. 25-27
  • Il mio sogno di servire Dio si è avverato

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  • Il mio sogno di servire Dio si è avverato
  • Svegliatevi! 1980
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • La vita in convento
  • Delusione inattesa
  • L’influenza di una cugina
  • La mia prima Bibbia
  • Sagge decisioni
  • Abbandonata dai genitori, amata da Dio
    Svegliatevi! 2001
  • La verità biblica libera una suora in Bolivia
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1992
  • Ero una suora cattolica
    Svegliatevi! 1973
  • La mia sete spirituale è stata appagata
    Svegliatevi! 2003
Altro
Svegliatevi! 1980
g80 8/6 pp. 25-27

Il mio sogno di servire Dio si è avverato

IL 14 novembre 1962 si avverò un sogno che mi stava molto a cuore. Entrai nel convento del Terzo Ordine delle Francescane di Calais, a Santo Tirso, in Portogallo, per farmi suora. In pratica avevo dedicato tutta la vita a prepararmi per questo momento. Ero ferma sui gradini del convento e dicevo addio a mio padre: la sua e la mia felicità erano molto evidenti.

Venivo da una devota famiglia cattolica. Papà andava a lavorare nei campi, col rosario in tasca, recitando le preghiere. Ogni sera tutta la famiglia diceva insieme il rosario.

Ci si aspettava che tutte le buone famiglie cattoliche dessero un figlio alla Chiesa. Nella nostra famiglia fui scelta io. Era considerato un grande privilegio. Studiai con diligenza il catechismo. Fui interpellata dal vescovo di Vila Real. Molti miei intimi amici e parenti erano già suore e preti.

La vita in convento

Con mia sorpresa non mi fu facile adattarmi alla vita in convento. Il problema non era l’alloggio. Il dormitorio era diviso in scompartimenti, ciascuno con un letto, un tavolino e una sedia. La mia vera lotta era con i lunghi periodi di silenzio. Dopo tutto, ero abituata al chiacchiericcio quotidiano e all’atmosfera viva della vita familiare, con tre fratelli e tre sorelle.

Ci alzavamo tutti i giorni alle 6,30, dedicando la prima mezz’ora a dire le preghiere nella cappella. In effetti dedicavamo solo un’ora la settimana allo studio religioso, usando le pubblicazioni della Chiesa. Facevamo colazione, e tutti gli altri pasti, in completo silenzio. Poi andavamo a lavorare in varie parti.

Dopo il pasto di mezzogiorno avevamo un’ora di ricreazione quotidiana, durante la quale potevamo parlarci. Non si poteva fare però nessun diretto riferimento al nome della nostra città d’origine. Dovevamo dire qualcosa di vago, come: “In un certo luogo . . .” La posta in arrivo e in partenza era censurata.

Dopo un mese mi abituai a quel tran tran e cominciai a provare gioia nella vita monastica. Quando desideravo chiacchierare, parlavo con Dio. Consideravo un privilegio ogni giorno mettere il velo nero, il lungo abito nero e il crocifisso. Seguivo scrupolosamente una vita devota secondo i riti della Chiesa.

Delusione inattesa

Al termine del periodo preliminare di sei mesi, mi attendevo di ricevere l’anello. Avrebbe significato che ero “fidanzata”, per così dire, con Gesù Cristo. Poi, diversi anni dopo, avrei completato l’addestramento e preso i voti perpetui come suora.

Un giorno mentre lavoravo nella lavanderia, mi fu fatto segno di andare dalla madre superiora. Gentilmente ma francamente, spiegò che non avrei potuto restare in convento per ragioni di salute. Avevo preso la bronchite, e potevano tenere solo quelle che erano in buona salute. Non è possibile descrivere il mio sgomento. Il sogno di tutta una vita andava in frantumi. Insistei che doveva esserci il modo di restare. Ma le sue parole erano definitive: dovevo andarmene.

Dopo molte lacrime appresi che mio padre mi aspettava fuori per condurmi a casa. Volendo incoraggiarmi, la madre superiora disse che avrei potuto compiere molta opera umanitaria. Promise di farmi lavorare nell’Ospedale di Santa Maria di Porto. Papà era sconvolto: “Se mia figlia non può fare la suora”, disse, “non andrà in nessun ospedale. Tornerà a casa e vivrà di nuovo con noi”.

Tornata a casa continuai a essere zelante per le tradizioni della Chiesa. Mi consideravo sempre una “sposa” di Cristo e seguivo tutti i riti: osservavo le feste religiose, i digiuni e recitavo preghiere. Ogni sera, prima di andare a letto, baciavo il crocifisso. Se non ero a casa mia e la croce era su un muro della stanza, salivo su una sedia o mi arrampicavo in cima a un comò per baciarla. Il supremo desiderio della mia vita era quello di servire Dio.

L’influenza di una cugina

Infine andai a lavorare a Lisbona, la città più grande del Portogallo. Durante le feste di Natale del 1973 andai a trovare una cugina abitante nei dintorni della città. Aveva tre figli a cui volevo molto bene e portai loro dei regali. In quell’occasione mi diede gentilmente la notizia che stava studiando la Bibbia con i testimoni di Geova. Avevo progettato di passare le mie vacanze con lei il maggio successivo, ma ora dissi che non avrei mai più messo piede in casa sua. Da quanto avevo sentito, i testimoni di Geova erano la “peggiore religione che ci fosse”.

In seguito, però, ci ripensai e decisi di andarvi come avevo progettato. Ma avevo in mente una cosa precisa: aiutare mia cugina ad essere di nuovo una buona cattolica praticante. Mia cugina, comunque, era decisa quanto me. Dato che non volevo considerare assolutamente nessuna pubblicazione dei Testimoni, tentò di mostrarmi vari passi in una traduzione cattolica della Bibbia. Io dubitavo sempre che fosse una Bibbia “autentica”. Allora mi incoraggiò a prenderne una che reputassi “vera”. Capivo che desiderava moltissimo che esaminassi personalmente la Bibbia.

Un giorno, durante l’ultima settimana di vacanza, mia cugina disse che avrei dovuto cenare senza di lei perché avrebbe assistito a un’adunanza della congregazione. Sebbene avessi sempre dissentito da lei su ogni soggetto religioso discusso, mi venne un’enorme curiosità di assistere a questa adunanza. Sorprendentemente, l’accompagnai allo studio Torre di Guardia e trovai il programma molto interessante. Mi resi subito conto che conoscevo parecchi Testimoni, poiché durante la mia vacanza erano venuti spesso a casa di mia cugina. Notai che erano persone amichevoli e sentii che regnava uno spirito “familiare” tra loro.

La mia prima Bibbia

Terminata la vacanza cercai in molte librerie di Lisbona una Bibbia cattolica, senza trovarla. Infine ne acquistai una tramite un ordine religioso. Andai subito a casa e cominciai a cercare le scritture che mia cugina mi aveva annotato, e fui completamente assorta in questo fino alle quattro del mattino. Rimasi sbalordita notando ciò che la Bibbia insegnava sulle immagini, sulla condizione dei morti e su chi è Dio. Mi domandai: “Perché in convento non studiavamo la Bibbia? Perché la Chiesa non segue gli insegnamenti delle Sacre Scritture? Perché non hanno rimesso il nome di Dio, Geova, al posto che gli spetta?”

Smisi immediatamente di usare le immagini nell’adorazione. Dopo aver esaminato Ebrei 10:10, non feci più la Comunione. Dal luglio al dicembre del 1974, studiai la Bibbia da sola, sebbene ora leggessi volentieri le pubblicazioni dei Testimoni.

Un mio cugino era un noto sacerdote e preside della facoltà di teologia dell’Università Cattolica di Lisbona; così decisi di parlare con lui di quello che avevo imparato dalla Bibbia. Con mio stupore ammise che l’uso delle immagini nell’adorazione non era scritturale. Tuttavia ne giustificò l’uso dicendo: “Gli uomini sono deboli e hanno bisogno di qualcosa di visibile, altrimenti dimenticherebbero Dio”. Ammise subito che Geova è il nome personale di Dio, ma sostenne debolmente che l’uso del termine “Dio” è meno offensivo per la maggioranza. Fatto degno di nota, non mi dissuase dallo studiare con i testimoni di Geova. Tuttavia tentò di sminuire la Bibbia dicendo che si contraddiceva in molti punti. Ovviamente la sua fede non era molto forte.

Sagge decisioni

Nel dicembre del 1974 presi una decisione: chiesi ai Testimoni uno studio biblico a domicilio. Alcuni giorni dopo, il 22 dicembre, ero tra i 39.000 presenti a uno speciale raduno tenuto a Lisbona in occasione della visita di N. H. Knorr ed F. W. Franz, membri del Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova. Quell’adunanza ebbe un effetto enorme su di me. Eccomi in mezzo a tante persone, che studiavano tutte le Sacre Scritture e ne conoscevano gli insegnamenti. Questa, pensai, è veramente la forma di adorazione che piace a Dio, ‘adorazione con spirito e verità’. — Giov. 4:24.

Cominciai ad assistere regolarmente a tutte le adunanze di congregazione. Nel febbraio del 1975 cominciai ad andare di porta in porta, per parlare ad altri della buona notizia del regno di Dio in ubbidienza a Matteo 24:14. Ora dedicai veramente la mia vita al servizio di Geova Dio, in base all’accurata conoscenza della Bibbia. Per simboleggiare la mia dedicazione, all’Assemblea di Distretto “Sovranità Divina” di quell’estate fui battezzata.

In novembre iniziai il servizio di pioniera, compiendo l’opera a tempo pieno come testimone di Geova. Dissi agli anziani: “Eccomi pronta a servire Geova. Così potete mandarmi ovunque vogliate. Posso fare la pioniera regolare, la pioniera speciale o la missionaria. Ditemi solo ciò che pensate sia meglio”.

Nel novembre del 1977 mi sposai. Ora, insieme a mio marito, sono felice di predicare la “buona notizia” qui in Portogallo. Come altri sono stati pazienti e soccorrevoli con me, così io mi sforzo vivamente di aprire gli occhi spirituali di molti che sono ancora schiavi delle tradizioni della falsa religione.

Anziché seguire “una vita di contemplazione e mortificazione”, ho riscontrato che la cosa migliore sono le parole e l’esempio di Gesù, cioè: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. (Atti 20:35) — Da una collaboratrice.

[Immagini a pagina 25]

IL SOGNO NON REALIZZATO

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