Lezioni di musica a un bambino di due anni?
Potreste avere un genio in casa!
“PROFESSORE, crede che mio figlio sia abbastanza grande per prendere lezioni di piano?” Quante volte i maestri di musica han dovuto rispondere a questa domanda. Ma quante volte, purtroppo, hanno detto al padre o alla madre: “Me lo riporti quando avrà sei anni, e allora sarà pronto”.
In effetti il maestro vuol dire che allora lui sarà pronto, perché l’idea di dare lezioni a un bambino molto piccolo, diciamo di due anni, farebbe inorridire più di un maestro (di piano, violino o qualsiasi altro strumento). Ma le ricerche e le prove indicano che il tempo migliore per introdurre un bambino allo studio della musica sono i primi anni di vita. Masaru Ibuka, autorità famosa nel campo dell’educazione dell’infanzia, dice quanto segue nel suo interessante libro Kindergarten Is Too Late! (Quando va all’asilo è troppo tardi!):
“Alla fine, però, lo studio della fisiologia cerebrale da un lato e della psicologia infantile dall’altro ci ha permesso di mostrare che il segreto dello sviluppo dell’intelligenza sta nell’esperienza del bambino nei primi tre anni, vale a dire nel periodo dello sviluppo delle cellule cerebrali. Pertanto nessun bambino è un genio alla nascita, e nessuno è stupido. Tutto dipende dallo stimolo che le cellule cerebrali ricevono durante gli anni decisivi”.
“Ma certo un bambino così piccino non può capire nulla di musica”, obietteranno i genitori, il cui spirito negativo è dettato dalla tenera età del bambino. A simili genitori si potrebbe chiedere: “Quando comincia il bambino a imparare la lingua materna? A cinque o sei anni?” Neanche per sogno! Dal momento in cui viene al mondo, il bambino comincia a udire i suoni delle parole, e nel suo cervello avvengono cose meravigliose: le cellule si uniscono, si formano circuiti; e prima di compiere due anni la maggioranza dei bambini fanno cose che continuano a suscitare stupore: parlano la lingua materna.
Voi che siete adulti cosa pensate che sia più facile: imparare a suonare alcuni pezzi semplici al pianoforte o parlare correntemente una lingua straniera? Siatene certi, è molto più difficile la seconda cosa, come possono confermare le innumerevoli persone che hanno provato a imparare un’altra lingua, non solo a pronunciare alcune parole ma a parlare con una certa scorrevolezza. A tre anni la maggioranza dei bambini parlano con facilità. È vero, forse il loro vocabolario è limitato, ma parlano scorrevolmente. Se si può imparare una lingua, perché non la musica?
Bambini dai due ai quattro anni sono in grado di imparare a suonare uno strumento musicale con sorprendente bravura e questo è stato dimostrato innumerevoli volte dagli allievi del dott. Shinichi Suzuki, maestro di violino ed erudito di fama mondiale. I bambini cominciano a seguire le sue lezioni a due anni, e a quattro anni lasciano gli uditòri a bocca aperta per le stupende esecuzioni delle musiche di Bach e Vivaldi.
Non è dunque saggio sottovalutare le capacità di apprendimento di un bambino piccolo: A questo punto gli studiosi della Bibbia rammenteranno le parole che l’apostolo Paolo disse a Timoteo: “Dall’infanzia hai conosciuto gli scritti sacri”. — II Tim. 3:15.
Da dove incominciare
L’educazione musicale del bambino comincia non tanto con l’insegnargli qualcosa di particolare quanto col metterlo a contatto con la musica, specialmente con quella orecchiabile. Se la madre decide di far conoscere la musica al figlioletto o alla figlioletta cantandogli ogni giorno qualcosa, dev’essere certa che il timbro e l’intonazione siano corretti, poiché come il bambino imita ciò ch’è buono, così imita ciò ch’è cattivo. Anche se la madre è amante della musica, forse non è sempre il caso di suonare il pianoforte o di cantare qualcosa al bambino, se ha molte faccende da sbrigare in casa.
Che fare allora? Fategli ascoltare musica registrata, forse per mezzo di un registratore a cassetta. Sebbene non si ottengano sempre risultati positivi immediati, il piccolo allievo assorbirà e apprezzerà persino musica di notevole complessità. Nel libro citato in precedenza, Masaru Ibuka narra il seguente episodio:
“Questa coppia di genitori, essi stessi amanti della musica classica, subito dopo la nascita del bambino cominciarono a fargli ascoltare la Suite N. 2 di Bach per alcune ore al giorno. Nel giro di tre mesi, il bambino cominciò a muovere animatamente il corpo seguendo il ritmo. Man mano che il ritmo accelerava verso il culmine, i movimenti del bambino si facevano più rapidi e frenetici, e quando la musica cessava, egli manifestava il suo disappunto. Spesso, quando il bambino era di cattivo umore o piangeva, i genitori gli facevano ascoltare questa musica e immediatamente si calmava”.
Quindi un genitore non deve decidere affrettatamente ciò che un bambino può o non può assimilare e capire. Egli ha un’enorme capacità di afferrare cose assai complesse, come una lingua.
Addestramento più formale
Supponendo ora che un bambino abbia due anni e sia pronto per ricevere un’educazione musicale più formale, è proprio necessario portarlo da un competente maestro di musica o farne venire uno a casa? Sembra che questo dipenda moltissimo dallo strumento prescelto. Il violino è un ottimo strumento da insegnare a suonare ai piccoli, ma data la natura dello strumento stesso, il modo in cui produce il suono, come si usa l’archetto, la posizione dello strumento sotto il mento, ecc., è meglio avere sin dall’inizio un maestro di violino preparato.
In paragone il pianoforte è molto più semplice. Per suonare una qualsiasi nota, basta premere un tasto, e il tono sarà sempre corretto, supponendo che il piano sia stato bene accordato in anticipo, e in tal modo l’“orecchio” dell’allievo non corre rischi. Bisogna fare uno sforzo molto maggiore per ottenere lo stesso risultato con il violino, e se non c’è un maestro competente per correggere le note stridenti o piatte, l’orecchio musicale del bambino può rimanere notevolmente danneggiato.
Fra parentesi, è in questi primi anni che il bambino acquista la capacità di identificare immediatamente un suono musicale per nome, senza fare riferimento a una nota di intonazione diversa suonata in precedenza. Questa capacità, pur non essendo indispensabile, può essere utile più tardi al musicista.
Se quindi la madre prende alcune lezioni di pianoforte per fissare bene nella mente l’ordine delle note da “do” a “do” (do, re, mi, fa, sol, la, si, do), nonché per avere alcune indicazioni sulla corretta posizione delle mani sulla tastiera, non c’è ragione per cui non possa impartire amorevolmente alcune lezioni formali al suo bambino in questo stadio iniziale. Avviciniamoci dunque al piano a cui è seduta la madre con il bambino sulle ginocchia.
Notate che non ha lo spartito, e non l’avrà per qualche tempo. Avete imparato a parlare esaminando insieme a vostra madre le parti del discorso e la struttura delle frasi? Difficilmente. Avete imparato mediante l’imitazione, ed è così che il bambino imparerà a suonare il piano. La madre suona lentamente piccoli gruppi di note, cantando allo stesso tempo le sillabe (solo se è intonata): do-re-mi, do-mi-sol, do-do-fa, do-fa-mi, ecc. Lascia che il bambino la imiti meglio che può, battendo sulla tastiera coi pugni. La madre continua con pazienza, e presto i 10 minuti di lezione sono passati.
Ma mentre la madre forse è esausta, il bambino cercherà di camminare sulla tastiera! Non disperate. Nei giorni successivi ci saranno indubbiamente altre sorprese di natura positiva. Ma dovete continuare senza sosta ad addestrarlo.
Tenete vivo l’interesse
Di assoluta importanza in principio è stimolare l’interesse e l’attenzione del piccino. Pare che i bambini si sviluppino più in fretta e comincino prima a parlare quando ci sono altri bambini, che parlano molto e giocano. Così è con la musica. Se in famiglia altri bambini suonano il piano, il piccolo dovrebbe avere la possibilità d’essere presente alla lezione del fratello (maestro permettendo) finché non disturba la lezione. Dapprima può non mostrare nessun interesse, ma col tempo si riuscirà ad attirare la sua attenzione. È ovvio che quando vari familiari sono amanti della musica, forse si può formare una specie di orchestrina in cui alcuni cantino, altri suonino uno strumento, ecc.
Forse notate che il bambino — magari non in principio — cerca di imitare gli altri, aprendo la bocca nel tentativo di cantare. Si dovrebbe incoraggiare questa tendenza, perché cominciando così presto a far parte di un gruppo il bambino acquista uno spiccato senso del ritmo e impara a fondersi musicalmente con gli altri.
Che dire dei bambini più grandi?
Certo il fatto che un bambino ha più di tre anni non significa che sia troppo tardi per dargli un’educazione musicale, o in qualsiasi altro campo. Molti valenti musicisti non hanno ricevuto nessuna educazione musicale fino a tarda infanzia. E il defunto compositore armeno Aram Khachaturian cominciò a studiare musica a 19 anni.
Una cosa da ricordare con i bambini più grandi è la necessità d’essere semplici e di creare un’atmosfera divertente durante la lezione. Molti maestri troppo impazienti cercano disperatamente sin dalla prima lezione di far vedere ai bambini quali note sono sulle righe (del pentagramma) e quali negli spazi. Questo metodo dà in genere risultati disastrosi. È troppo accademico e non permette di cominciare subito a suonare; ma è proprio questo che il piccolo allievo desidera.
L’esperienza avuta alcuni anni fa da un maestro di pianoforte sembra confermarlo: Il maestro aveva dedicato quasi tutt’e 45 i minuti della lezione (troppi per la maggioranza dei bambini in tenera età) a cercar di imprimere sulla mente e sulla memoria del bambino che la nota “si” si trova sulla terza riga del pentagramma in chiave di violino, ma inutilmente. Infine, quando stava per perdere la pazienza e la longanimità, portò l’allievo in cucina e gli additò una scatola di biscotti sul terzo ripiano di una credenza a muro. Poi tornarono al piano a ripassare altre note, righe e spazi. Il bambino di sei anni non ricordava nulla. A bruciapelo il maestro chiese: “Dov’è la scatola dei biscotti nella credenza?” Senza esitare, il frugoletto rispose: “Sul terzo ripiano”. Finalmente il maestro aveva suscitato il suo interesse!
La maggioranza dei bambini non vogliono perdere tempo nei particolari. Vogliono parlare come parla la mamma, suonare il piano o cantare come suona e canta la mamma, o come il fratello o la sorella maggiore. E ricorderanno solo quello che gli interessa!
Pertanto le lezioni di musica devono essere tali da attirare e tener viva l’attenzione. L’insegnante deve mostrare amore, non aggressività. Ciò che sembra piacere di più ai bambini sono le canzoncine con due o tre note diverse e un ritmo orecchiabile. E durante la lezione tutti dovrebbero imitare il maestro. Scoprite ciò che piace suonare al bambino e lavorate su questo. Usate l’immaginazione, perché i bambini la usano. Non è pratico stabilire un metodo rigido con i bambini; esso non tiene conto del fatto che variano molto in quanto a temperamento e gusti.
Il maestro, sia che si tratti del genitore o di qualcun altro, deve imparare a conoscere la personalità del giovane allievo. Quando suona il piano, si interessa più del ritmo che della melodia? Tenta di suonare simultaneamente parecchie note, mostrando così che gli piace l’armonia? L’insegnante deve discernere tali inclinazioni se vuole riuscire con i bambini molto piccoli.
Una parola di avvertimento
Sebbene sia lodevole che un genitore voglia dedicare più tempo che sia possibile ad ammaestrare un figlio sin dalla prima infanzia, deve riconoscere che in quanto a educazione musicale ha delle limitazioni. Sebbene non sia difficile suonare i gruppi di note menzionati prima o dimostrare la corretta posizione delle dita sulla tastiera, prima di quanto pensiate il bambino sarà pronto per qualcosa di più complicato. Forse è tempo di trovare un buon maestro. Andare avanti e forse presentare in modo errato aspetti più tecnici potrebbe danneggiare in modo definitivo il principiante. Siate modesti, dunque, e ammettete le vostre limitazioni.
La musica, come tante altre cose che ci recano piacere, è un dono di Dio. Ha recato contentezza e gioia a innumerevoli persone. Fatela conoscere ai vostri figli. Quando? Sin dall’infanzia! — Da un collaboratore.