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  • g80 22/9 p. 26
  • Il canale della Manica e i problemi del traffico

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  • Il canale della Manica e i problemi del traffico
  • Svegliatevi! 1980
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  • Pericoli del traffico congestionato
  • Il progetto del tunnel
  • Un ponte sulla Manica?
  • La lotta per un tunnel
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Altro
Svegliatevi! 1980
g80 22/9 p. 26

Il canale della Manica e i problemi del traffico

DAL CORRISPONDENTE DI “SVEGLIATEVI!” IN GRAN BRETAGNA

NELLA nebbia del primo mattino una fila di automobili avanza lentamente verso la stazione dei traghetti di Dover. Si preparano ad attraversare con la nave lo stretto di Dover, nel Canale della Manica, per raggiungere la Francia.

È piacevole soffermarsi sul ponte a guardare le bianche scogliere di Dover che scompaiono in lontananza. Sul mare ci sono intermittenti banchi di nebbia, ma il mare sembra calmo e sgombro. All’improvviso da un banco di nebbia grande appena per nasconderla sbuca fuori una superpetroliera! Ovviamente la nostra non è l’unica nave nei paraggi, ma grazie ai rilevamenti radar, il capitano ha già provveduto a togliersi dalla sua rotta.

Pericoli del traffico congestionato

Ogni giorno 300 navi in media attraversano questa strettoia di 34 chilometri all’estremità orientale del Canale della Manica. Superpetroliere, navi mercantili e navi da guerra costituiscono il traffico pesante, e traghetti, pescherecci e imbarcazioni da diporto le incrociano di continuo.

Alcuni anni fa una stazione televisiva inglese raccolse i grafici del radar indicanti il traffico marittimo di una giornata nello stretto di Dover. Poi in un film che presentava i grafici in ordine di tempo venne rappresentato tutto il movimento del traffico in meno di un minuto. Come risultato sembrava di vedere uno sciame di api arrabbiate prese dal panico che correvano qua e là senza linee di traffico stabilite. Si ammette che da allora le cose sono migliorate. Il traffico delle petroliere dirette a sud viaggia ora dalla parte inglese e il traffico diretto a nord dalla parte francese. Nondimeno il pericolo rimane finché esiste una corsia centrale di traffico non regolato e finché continuano a esserci imbarcazioni che attraversano il canale.

Nella Manica si verificano gravi incidenti di navigazione, con massicce fuoriuscite di petrolio e il conseguente tragico inquinamento delle spiagge e della vita marina. Solo grazie all’abilità e alla vigilanza degli ufficiali delle navi sono spesso evitate collisioni.

Nel febbraio del 1979 però si ebbe un anticipo di quello che potrebbe essere un grave disastro con perdita di vite. Un traghetto si scontrò con una grossa petroliera. Il numero delle vittime fu considerato basso. Ma c’è ancora chi si chiede se la prossima collisione, in cui potrebbe essere coinvolto un traghetto affollato, non causerebbe un migliaio di vittime.

Si ammette che esiste un’alternativa relativamente sicura: la traversata della Manica in aereo. Il numero degli incidenti è eccezionalmente basso. Non tutti però possono permettersi di pagare tanto; e molti non volerebbero neppure gratis.

Il progetto del tunnel

Nel 1964 il governo inglese e quello francese decisero, dopo lunghe trattative, di costruire congiuntamente un tunnel. Nel 1973 la Prima Fase fu portata a termine con una spesa di 4.850.000 sterline (circa 9 miliardi e mezzo di lire). Ma con la Seconda Fase sorsero difficoltà. Nel 1974 il Channel Tunnel Bill presentato al Parlamento inglese cadde in prescrizione a causa di elezioni generali e l’anno successivo l’intero progetto fu abbandonato.

Fino al 1978 non accadde nulla di nuovo; fu allora che le ferrovie inglesi presentarono un’idea alternativa. Proposero di portare a termine il tunnel con l’appoggio delle imprese private, quindi di costruirvi una monorotaia per collegare Londra-Parigi-Bruxelles. Al governo l’idea piacque e l’accettò in linea di principio. Il denaro per realizzare il progetto sarebbe stato raccolto da istituti finanziari privati nei paesi del Mercato Comune.

Un ponte sulla Manica?

Ronald Taylor, un ingegnere, suggerisce di costruire un ponte di acciaio tubolare di quaranta chilometri che vada da Hythe sulla costa del Kent fino a Cap-Gris-Nez in Francia. Il ponte s’innalzerebbe a 76 metri sopra le rotte marittime, per cui le più grosse petroliere potrebbero passare facilmente fra le sue 24 campate. Consentirebbe il traffico stradale, ferroviario e anche pedonale, con possibilità di ristoro a intervalli.

Nella mente delle autorità, comunque, ci sono ancora alcuni dubbi. Esse si chiedono: Una galleria sarebbe del tutto esente dal rischio di incendi che potrebbero trasformarla in una bara lunga 51 chilometri? O se si desse la preferenza al ponte, il traffico sarebbe completamente al sicuro dai venti impetuosi che si levano all’improvviso da ambo i lati dello stretto di Dover? Sarebbe anche abbastanza robusto da sopportare l’urto diretto contro uno dei suoi piloni da parte di una superpetroliera nella nebbia fitta?

Può darsi che un giorno qualcuno accetti il rischio calcolato e si accinga all’impresa. Fino ad allora, bisogna stare molto attenti nella via d’acqua più congestionata del mondo.

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