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  • L’evoluzione è in rivoluzione

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  • L’evoluzione è in rivoluzione
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Svegliatevi! 1982
g82 22/2 pp. 10-11

L’evoluzione è in rivoluzione

CERCASI SOSTITUTO PER DARWIN

ALL’AFFANNOSA RICERCA DI NUOVE RISPOSTE

L’EVOLUZIONE “sta subendo la più grande e più profonda rivoluzione da quasi cinquant’anni a questa parte”. Così diceva la relazione su un convegno tenuto a Chicago nell’ottobre del 1980. Circa 150 esperti di evoluzione tennero una conferenza di quattro giorni sul soggetto della “Macroevoluzione”.

Science, il periodico ufficiale dell’Associazione Americana per il Progresso della Scienza, scriveva sull’atmosfera prevalente: “Conflitti di personalità e franchi tiratori hanno creato una tensione tangibile . . . le discussioni erano a volte turbolente e perfino acrimoniose”. Molti scienziati delusi si sono lamentati perché “gran parte di ciò che è stato detto aveva più che altro un carattere descrittivo e dogmatico anziché distinguersi per la presentazione di dati”. Ad ogni modo, non è forse da molto tempo che gli evoluzionisti usano la tattica di fare asserzioni anziché presentare dati?

Darwin diceva che la vita si è evoluta lentamente mediante piccoli cambiamenti, e che tutte le forme di vita sulla terra, incluso l’uomo, provengono da un organismo unicellulare. La documentazione fossile dovrebbe presentare queste forme di transizione, ma egli ammise che non esistevano. Centovent’anni fa egli disse che la documentazione fossile era incompleta, ma riteneva che col tempo sarebbero stati scoperti altri fossili per colmare le lacune.

“Il modello che ci fu detto di cercare negli scorsi centovent’anni non esiste”, ha dichiarato Niles Eldridge, paleontologo del Museo Americano di Storia Naturale di New York. Egli crede che le nuove specie sorgano non da cambiamenti graduali, ma da improvvise esplosioni evolutive. Le molte forme di transizione necessarie all’evoluzione darwiniana non sono mai esistite; nessun fossile colmerà mai le lacune.

Stephen Jay Gould della Harvard University è d’accordo con Eldridge. Al convegno di Chicago egli ha dichiarato: “Certo la documentazione lascia a desiderare, ma l’irregolarità che si osserva non è il frutto delle lacune, è la conseguenza del modo irregolare in cui avvengono i cambiamenti evolutivi”. Everett Olson, paleontologo, ha detto: “Sono piuttosto pessimista per quanto riguarda la documentazione fossile come fonte di dati”. Francisco Ayala, già ardente sostenitore dei lenti cambiamenti proposti da Darwin, ha aggiunto questo commento: “Da quello che dicono i paleontologi mi sono convinto che i piccoli cambiamenti non sono cumulativi”.

Science riassume la controversia in questo modo: “Il punto centrale della conferenza di Chicago era se i meccanismi che sono alla base della microevoluzione [piccoli cambiamenti entro la specie] possono essere estrapolati per spiegare il fenomeno della macroevoluzione [grandi balzi attraverso i confini tra le specie]. . . . si può rispondere chiaramente no”.

Questa concezione riveduta dell’evoluzione è detta “equilibrio punteggiato” (“punctuated equilibrium”), il che significa che una specie rimane per milioni d’anni nella documentazione fossile, all’improvviso scompare e altrettanto improvvisamente compare tra i fossili una nuova specie. Questa, però, non è a dire il vero un’idea nuova. Richard Goldschmidt la propose negli anni trenta e la chiamò ipotesi dei “mostri speranzosi” (“hopeful monsters” hypothesis), e a quell’epoca fu molto criticato per essa. “Equilibrio punteggiato” è una definizione che fa molto più effetto.

Questa teoria è una vera manna per gli evoluzionisti, poiché elimina la necessità di trovare forme di transizione. I cambiamenti avvengono troppo in fretta, affermano gli evoluzionisti, perché i fossili ne forniscano una prova, ma non abbastanza in fretta da vederli avvenire. Comunque c’è anche un lato negativo. Quando i creazionisti fecero notare le forme complicate presenti in natura che richiedono un progettista, gli evoluzionisti additarono la selezione naturale come progettista. Ora il ruolo della selezione naturale è stato eliminato, e al suo posto si è accomodato il caso; i creazionisti sostengono da molto tempo che gli evoluzionisti devono affidarsi al caso.

Gould riconosce che la selezione naturale ha perso terreno di fronte al caso: “Sostanziali quantità di cambiamenti genetici possono non essere soggetti alla selezione naturale e possono diffondersi tra le popolazioni a caso”.

David Raup, esperto di geologia, nel Field Museum of Natural History Bulletin di Chicago del gennaio 1979 scrive sul tema “Conflitti tra Darwin e la paleontologia”. Raup dice che la documentazione fossile rivela dei cambiamenti, ma non “come la conseguenza più ragionevole della selezione naturale. . . . continua a verificarsi in natura sebbene i buoni esempi siano sorprendentemente rari. . . . Un’alternativa alla selezione naturale, di importanza attuale, ha a che fare con gli effetti del puro caso. . . . Parliamo dunque della sopravvivenza del fortunato come pure della sopravvivenza del più adatto”. Egli pensa forse che “i mammiferi non erano migliori dei dinosauri ma solo più fortunati”, e conclude il suo articolo dicendo di Darwin: “Quello che gli era sfuggito era il semplice elemento del caso!”

Essendo stato affidato al caso il ruolo predominante di guida dell’evoluzione, si ripresenta la spinosa domanda circa la progettazione: Come può il caso spiegare le complesse e sbalorditive forme di vita che si vedono dappertutto? L’occhio, disse Darwin, lo faceva rabbrividire. Inoltre, questi miracoli di progettazione a opera del caso devono verificarsi non una volta, ma devono ripetersi tante tante volte in specie non imparentate.

Per esempio, il polpo non è imparentato con l’uomo, ma il suo occhio è sorprendentemente “umano”. Pesci e anguille, non imparentati, hanno organi capaci di lanciare scariche elettriche. Insetti, vermi, batteri e pesci, non imparentati, hanno organi luminosi che emettono luce fredda. Lamprede, zanzare e sanguisughe, non imparentate, hanno anticoagulanti per impedire che il sangue delle loro vittime si coaguli. Porcospini, echidne e ricci, non imparentati, avrebbero evoluto indipendentemente gli aculei. Delfini e pipistrelli, non imparentati, sono dotati di sistemi sonar. Pesci e insetti, non imparentati, hanno occhi bifocali per vedere sopra e sotto l’acqua. Molti animali non imparentati — crostacei, pesci, anguille, insetti, uccelli, mammiferi — sono dotati di sorprendenti capacità migratorie.

Oltre a tutto ciò, gli evoluzionisti vorrebbero farci credere che degli animali a sangue caldo si evolsero da rettili a sangue freddo in tre diverse occasioni; che la visione a colori si evolse indipendentemente in tre occasioni; che ali e volo si evolsero in pesci, insetti, pterodattili, uccelli e mammiferi in cinque occasioni.

Poteva il caso ripetere molte volte simili imprese? La matematica delle probabilità dice di no! La rivoluzione avvenuta in seno all’evoluzione può averla aiutata ad accettare una documentazione fossile lacunosa, ma ha assegnato al caso un ruolo che non è assolutamente in grado di svolgere.

[Testo in evidenza a pagina 11]

Perché sia possibile la sopravvivenza del più adatto, il caso deve far comparire il più adatto

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