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  • g83 8/1 pp. 16-19
  • Sono sempre gli stessi?

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  • Sono sempre gli stessi?
  • Svegliatevi! 1983
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  • Qual è l’effetto?
  • Senso di colpa e depressione
  • Rivivono le scene dei combattimenti
  • Sono più violenti?
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Svegliatevi! 1983
g83 8/1 pp. 16-19

Sono sempre gli stessi?

“MI PARE ancora d’essere sotto i bombardamenti”, scrisse John dall’ospedale. “Certo non ho perso la ragione. Ma sono vissuto come un selvaggio”. E aggiunse: “Le ferite da baionetta e da granata sono tutte guarite. La maggioranza di noi starà abbastanza bene entro sei mesi, ma ci vorranno anni per guarire completamente”. Queste sono le parole di un soldato sopravvissuto a quella che fu una delle battaglie più sanguinose della seconda guerra mondiale: Guadalcanal, nel Pacifico meridionale.

La condizione di John era molto simile a quella di milioni di altri soldati tornati dalle numerose guerre combattute nel nostro ventesimo secolo. Molti soffrivano del cosiddetto trauma psichico da bombardamento.a In pratica i combattimenti hanno lasciato profonde cicatrici nella mente.

Ci vogliono veramente anni perché tali cicatrici ‘guariscano completamente’? Queste persone soffriranno di disordini mentali per tutta la vita? O, peggio ancora, sono esse “bombe a orologeria ambulanti”, pronte a scatenare una furia incontrollata sugli ignari passanti?

Qual è l’effetto?

Dopo avere lavorato per oltre trentacinque anni con soldati che soffrivano di vari disturbi mentali connessi con la guerra, il dott. Lawrence Kolb, insigne psichiatra che lavora per l’Ente americano degli ex combattenti, in un’intervista rilasciata a un corrispondente di Svegliatevi! ha dichiarato: “Ho lavorato con uomini che erano rimasti molto scossi in seguito alla seconda guerra mondiale o in seguito alla guerra di Corea. Ho visto una stragrande varietà di soldati, perfino di soldati russi al ritorno dalla seconda guerra mondiale. Ora mi occupo specificamente di coloro che hanno visto i più accaniti combattimenti nel Vietnam. Ognuno di questi uomini ha certi sintomi che sono del tutto simili”.

“Sono tutti molto sensibili ai rumori, sempre in stato di all’erta e inquieti”, ha continuato il dott. Kolb. “Sognano ripetutamente i combattimenti e per molti è difficile dormire. Reagiscono in modo esagerato ai forti rumori che gli ricordano i combattimenti; molti di essi rivedono scene di guerra e addirittura le rivivono. Questo fenomeno è spesso accompagnato da acuti sentimenti di depressione uniti a senso di colpa. Si chiedono perché essi siano sopravvissuti mentre i loro commilitoni sono stati uccisi”.

Harley, un uomo che fu testimone di pesanti combattimenti durante la seconda guerra mondiale, ammise che per alcuni anni dopo la guerra soffrì di incubi. Spesso, nel sonno, gridava: “Attento! In guardia!” E si svegliava in un bagno di sudore. Disperato acquistò una radiolina e la mise sotto il cuscino nella speranza che gli impedisse di sognare! Johnny, un altro reduce della seconda guerra mondiale che ha combattuto in Europa, non solo sognava ma era spesso svegliato dalla moglie che dormiva nello stesso letto con lui e che si dibatteva mentre lui le stringeva la gola. Ma in entrambi i casi, col tempo, la frequenza e l’intensità dei sogni diminuirono.

Senso di colpa e depressione

Molti soldati pensavano che uccidere il nemico facesse parte del loro dovere. Erano ricompensati quando lo facevano bene, quindi dopo la guerra non si sentivano oppressi dalla colpa.

“Quando sei in combattimento il tuo unico pensiero è di salvare la pelle”, ha riferito Johnny. “Le facoltà della ragione sono sostituite da istinti animaleschi. Farai di tutto pur di restare in vita e tornare a casa”.

Ma poi ha aggiunto: “Uccidere da una certa distanza non era un grande problema. Ma attaccavamo di notte, e una volta che avevi visto negli occhi i nemici che poi uccidevi, ti rimaneva scolpito nella mente”. Tali incontri personali o la partecipazione a massacri inutili o ingiusti in molti casi hanno lasciato profondi segni negli uomini, creando in loro senso di colpa e depressione.b

Nel caso di altri soldati, però, il senso di colpa e la depressione che ne derivava non erano il frutto delle azioni compiute contro il nemico. Per esempio, un pilota di aerei da combattimento entrò in un convalescenziario dopo la sua venticinquesima missione. Era teso e profondamente depresso. Faceva fatica a parlare. Aveva inutilmente cercato di alleviare la propria ansietà dandosi al bere. Infine, durante un trattamento, rivelò che come comandante di una squadriglia si sentiva colpevole della morte di uno dei suoi piloti abbattuto durante una missione. “Oh, se solo avessi scelto un altro punto, un bersaglio meno pericoloso”, disse il giovane singhiozzando. “Se fossi andato in qualche altro posto non sarebbe stato colpito . . .. Non posso togliermelo dalla mente”.

Rivivono le scene dei combattimenti

David, un reduce del Vietnam, è stato testimone di azioni di indescrivibile brutalità. Scene di carneficine umane che pochi crederebbero possibili erano scolpite indelebilmente nella sua mente. Un giorno, poco dopo il suo ritorno, lui e la moglie viaggiavano su un’auto scoperta. Elaine, la moglie, spiega ciò che accadde. “Nell’altra corsia ci fu un forte scoppio per una macchina che aveva avuto un ritorno di fiamma. Senza pensare David, che era alla guida, cercò di saltar fuori dalla macchina. Era quasi fuori quando si rese conto di ciò che stava facendo e disse: ‘Ehi, non sono nel Vietnam. Nessuno mi spara’. Mi misi a urlare. ‘Che fai! Non puoi!’” Miracolosamente riuscirono a riprendere il controllo dell’auto e si allontanarono.

Spesso sentendo il suono di sirene o il rombo di aerei un ex combattente può pensare d’essere di nuovo al fronte. Perfino in casa propria andrà a cercare riparo sotto un mobile. Alcuni ex combattenti, se scossi nel sonno, saltano su come una molla e si mettono in posizione di combattimento come se fossero pronti a uccidere. A volte questo disturbo durerà per anni. Per molti che leggono sensazionali servizi giornalistici sull’argomento gli uomini che tornano dalla guerra sono “bombe a orologeria ambulanti”, consapevolmente o inconsapevolmente inclini alla violenza.

Sono più violenti?

In effetti, secondo uno studio condotto su varie centinaia di uomini che hanno combattuto nel Vietnam, solo “una significativa minoranza di reduci” aveva difficoltà a dominare le proprie violente emozioni. Il rapporto pubblicato da Archives of General Psychiatry diceva:

“Malgrado il fatto che sia stato scritto molto sul comportamento e sulle emozioni violente dei reduci, solo una minoranza relativamente piccola di soldati ha avuto serie difficoltà a controllare l’aggressività. Benché il 40% abbia dichiarato d’essere stato più irritabile e collerico al suo ritorno, per la maggioranza questo è stato un fenomeno temporaneo, che è scomparso entro i primi tre mesi”.

Molti la pensano come un reduce della seconda guerra mondiale che ha detto: “Che sollievo non dover più uccidere!”

Sebbene sia stato osservato che i reati violenti aumentano praticamente in ogni nazione dopo una guerra, non esistono dati statistici indicanti che a commetterli siano i soldati che tornano dalla guerra.c In Psychology Today i ricercatori Archer e Gartner hanno spiegato:

“Forse gli aumenti sono dovuti al fatto che uccidere diventa legittimo agli occhi dell’intera società. Le guerre forniscono una prova concreta che l’omicidio può essere ammesso. Essendo tolto il divieto di uccidere, forse diventa più facile per chiunque ricorrere all’omicidio come mezzo per appianare i contrasti nella vita di ogni giorno”.

Quindi, in realtà, la guerra ha ripercussioni mentali sull’intera società, non solo sugli ex combattenti. Le condizioni esistenti sulla terra dalla prima guerra mondiale, iniziata nel 1914, hanno chiaramente mostrato che viviamo in ciò che la Bibbia chiama “ultimi giorni”. Alcuni segni caratteristici elencati nella Bibbia sono che “gli uomini [in generale, non solo gli ex combattenti, sarebbero stati] . . . senza padronanza di sé, fieri . . . [e avrebbero progredito] di male in peggio”. — II Timoteo 3:1-5, 13.

In quanto ai reduci di guerra, il dott. Colb, ricercatore del Centro Medico dell’Ente degli ex combattenti con sede ad Albany (New York), il quale si è occupato degli uomini che hanno sofferto dei disturbi più acuti, ha rivelato: “Anche nel gruppo di cui mi occupo al presente, la stragrande maggioranza non è mai stata in ospedale. Molti hanno un lavoro. Parecchi di questi sono uomini scrupolosi, laboriosi e leali. Spesso la loro scala dei valori è migliore di quella del comune uomo della strada”.

Ad ogni modo, questi uomini avevano ancora bisogno dell’assistenza di specialisti per i loro disturbi mentali. Uno studio del 1981 indica che oltre un terzo degli uomini che erano stati testimoni di accaniti combattimenti nel Vietnam soffre di traumi psichici come conseguenza. Di solito l’aiuto offerto loro è la psicoterapia di gruppo. Il reduce può partecipare a sedute insieme ad altri reduci o a consulenti qualificati che cercano di correggere il suo modo di pensare. A volte vengono usati tranquillanti o sonniferi. Tuttavia vari ex combattenti che soffrivano di disordini mentali come conseguenza della guerra hanno trovato un altro rimedio. Uno di essi, menzionato prima, al ritorno dal Vietnam soffriva di gravi traumi psichici.

[Note in calce]

a L’edizione del 1980 di Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, pubblicazione ufficiale dell’Ordine degli Psichiatri Americani, definisce questo disturbo “post-traumatic stress disorder”.

b Un’équipe di medici americani ha calcolato l’incidenza della depressione in un campione di reduci dalla guerra del Vietnam che in media erano stati al fronte per oltre due anni. Nel corso di questo studio si è riscontrato che il 33 per cento di questi uomini erano clinicamente affetti da depressione. L’incidenza normale della depressione nella popolazione in generale è del 15 per cento.

c Gli studi compiuti dalla prima guerra mondiale a ora non sono stati regolari. Nel 1973 il Dipartimento delle Prigioni riscontrò che il 32 per cento dei detenuti erano ex combattenti. Ma secondo l’Ente degli ex combattenti, il 49 per cento degli uomini americani dai sedici ai sessantacinque anni hanno prestato servizio nelle forze armate. Inoltre, dal 1963 al 1973 il tasso degli omicidi aumentò sensibilmente per entrambi i sessi. Il tasso delle donne, che non erano certo ex combattenti, aumentò del 59 per cento.

[Immagine a pagina 17]

L’effetto della guerra sulla mente

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