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  • g83 8/5 pp. 25-27
  • Chiese che chiudono in Italia

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  • Chiese che chiudono in Italia
  • Svegliatevi! 1983
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  • Diminuzione dei seminari
  • Diminuzione dei fedeli
  • Diminuzione del clero
  • Altre cause
  • Un contrasto che fa riflettere
  • Perché si chiudono le chiese
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1971
  • Che cosa sta accadendo alla religione?
    Svegliatevi! 1974
  • Le chiese tedesche sono in difficoltà
    Svegliatevi! 1971
  • Milioni hanno abbandonato le chiese: Dovreste abbandonarle voi?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1975
Altro
Svegliatevi! 1983
g83 8/5 pp. 25-27

Chiese che chiudono in Italia

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Italia

“CHIUSO: rivolgersi al parroco vicino”. Questo era il titolo di un articolo pubblicato nella rivista cattolica Jesus del novembre 1980 sul fenomeno della chiusura delle chiese, che si sta estendendo in Italia e allarma le autorità ecclesiastiche.

Non esiste una precisa statistica sul numero delle chiese che sono state chiuse in questi ultimi decenni. Si ammette comunque che sono centinaia, e su molte altre incombe il pericolo d’essere abbandonate.

Fra le chiese che sono state chiuse ci sono diverse grandi cattedrali che nel passato furono erette per accogliere centinaia, se non migliaia di fedeli. “A Torino, il duomo”, ha scritto la rivista Jesus, “è ormai solo un’attrattiva per i turisti e gli stranieri” che vogliono vedere la “Sindone”. “Per far fronte ai problemi del duomo di Milano”, una delle più famose cattedrali del mondo, l’arciprete “ha promosso una serie di attività collaterali” i cui proventi serviranno a sostenere le spese.

Cosa dire di altri luoghi di culto? “Per moltissime chiese, alcune delle quali veri monumenti d’arte, ci si è dovuti arrendere chiudendole al culto o, in casi più fortunati, destinandole ad altri usi”, dice la rivista Jesus.

Il fenomeno abbraccia l’intera penisola, le città, le zone rurali e quelle di montagna. Un tipico esempio è il paese di Rogliano, in provincia di Cosenza, che ha circa 7.000 abitanti. Nell’ultimo decennio a Rogliano sono state chiuse definitivamente o destinate ad altri usi tre delle otto chiese e un convento di frati. La chiesa di S. Ippolito è attualmente usata come officina per riparazione di auto. Un’altra chiesa, quella della Madonna di Costantinopoli, è da anni adibita a fienile. Delle altre cinque chiese, quella di S. Giorgio funziona solo saltuariamente. E a Rogliano ci sono solo due parroci fissi. L’ampio convento è invece sede di uffici pubblici e negozi.

Nelle grandi città come Roma e altrove non è raro imbattersi in chiese e conventi abbandonati o utilizzati come alberghi, magazzini, pizzerie, palestre, ospedali o musei; oppure col cartello “Chiuso per restauri” affisso da anni sul portone, senza che i lavori siano mai iniziati.

Diminuzione dei seminari

I seminari, dove gli allievi studiano per farsi sacerdoti, secondo una statistica ufficiale sono scesi da 375 nel 1970 a 259 nel 1979, una diminuzione di 116 in meno di dieci anni. Molti altri sono utilizzati soltanto parzialmente.

Il Gazzettino di Venezia del 31 gennaio 1981 a questo proposito ha commentato: “Gli anni delle vacche grasse, quando le nuove reclute dei seminari arrivavano a schiere sempre più folte, sono dunque un ricordo ormai lontano. . . . Queste enormi costruzioni semivuote sono il segno più evidente e malinconico di tanti sogni irreparabilmente infranti”. Quanto ai santuari, luoghi dove si trovano immagini religiose oggetto di particolare venerazione, “non meno di trecento dei 1.500 eretti in Italia sarebbero quelli chiusi”, ha precisato il periodico Jesus.

Diminuzione dei fedeli

In Italia in questi ultimi anni si è parlato tanto di “ripresa della religione” fra i giovani. Tuttavia i risultati di un sondaggio effettuato da una équipe di ricercatori cattolici su 5.000 giovani dai 18 ai 25 anni hanno deluso le attese delle autorità ecclesiastiche.

Il Corriere della Sera del 23 settembre 1981 ha riportato un’intervista con Giancarlo Milanesi, il sacerdote cattolico che ha diretto l’indagine. “La ricerca”, ha detto il sacerdote, “dimostra innanzi tutto che il processo di secolarizzazione, che è in corso da anni nelle giovani generazioni, non ha subito affatto una battuta d’arresto, come lasciavano intendere le ricorrenti ipotesi su un presunto ‘ritorno al sacro’, su una ‘ripresa della religione’. La nostra ricerca prova invece che questo ritorno al sacro, almeno in termini quantitativi, non c’è, è una favola. . . . Infatti, solo il 9,1 per cento dei giovani ‘aggregati’ (cioè iscritti a circoli o ad associazioni, laiche o cattoliche) e lo 0,4 per cento dei ‘non aggregati’ . . . ammette di avere un ‘bisogno religioso’”.

Perché questo “processo di secolarizzazione” continua fra i giovani? Perché non sentono il bisogno di approfondire i valori spirituali? Cosa li induce a disertare le chiese? Settimana, un periodico di informazione per i preti, nei numeri del 24 giugno e del 14 ottobre 1980, riconosce: “Le nostre assemblee festive sono per lo più anonime. Ci si riempie la bocca con la parola ‘comunità’, ma di fatto se uno entra in un negozio di frutta e verdura trova più accoglienza che non in chiesa”. “Letture del vangelo buttate comunque sull’assemblea e omelie che travisano la Scrittura o che addirittura non ne tengono neppur conto”.

Diminuzione del clero

Un’altra ragione che ha determinato la chiusura di molte chiese in Italia è la scarsità di sacerdoti, che a sua volta è una conseguenza della cosiddetta crisi delle vocazioni.

A proposito di tale crisi, Vita Pastorale (dicembre 1981), un mensile destinato ai sacerdoti, ha ammesso: “La Chiesa nella sua storia bimillenaria ha conosciuto e superato molteplici crisi sorte nel suo interno o piovutele addosso all’esterno pur soffrendo lacerazioni e regressi alcuni dei quali durano ancora. Non ha però mai conosciuto una simile carenza di vocazioni che è, a sua volta, causa ed effetto di altre crisi non meno fatali. Non pochi si domandano, e con ragione, come sarà la Chiesa tra dieci anni con preti, religiosi e religiose ridotti alla metà o invecchiati”.

Nella vicina Francia, quando una parrocchia rimane senza sacerdote un’équipe di laici svolge, al posto della messa, delle celebrazioni. Anche in Italia si vorrebbero adottare iniziative del genere, ha riferito Settimana del 1º marzo 1981. Il periodico ha tuttavia rilevato la difficoltà di realizzare questa proposta “stante la diffusa carenza di coscienza ministeriale”. In altri termini, ai fedeli manca il desiderio di impegnarsi in qualche ministero.

La Gazzetta del Sud del 20 maggio 1979 scriveva che nelle sole diocesi di Reggio Calabria e provincia erano “già 15 le parrocchie che non hanno un sacerdote”. Secondo La Stampa del 29 agosto 1979, nella diocesi di Torino 12 parrocchie “stanno per restare senza pastore”. Alcune di queste chiese aprono i battenti solo una volta all’anno in occasione di speciali festività cattoliche.

Altre cause

Oltre a quanto detto sopra, il fenomeno della chiusura delle chiese è dovuto, a detta delle autorità ecclesiastiche, ad altre ragioni. Una è lo spopolamento dei centri storici e delle zone di montagna.

La mancanza di fondi e l’aumento delle spese di manutenzione, certamente notevoli per degli edifici molto spesso colossali, sono un’altra minaccia per la sopravvivenza delle chiese. “Una chiesa come quelle del centro circondata da palazzi adibiti esclusivamente ad uffici e comunque frequentata da un numero esiguo di fedeli come può sostenersi? Che introiti dovrebbe avere?” ha chiesto la rivista Jesus, aggiungendo: “Dobbiamo rassegnarci: purtroppo, la chiusura al culto, per molte chiese, è una sorte inevitabile”.

Crescente disinteresse per i valori spirituali, diminuzione di sacerdoti, spopolamento di certe zone del paese e aumento dei costi sono dunque le principali cause della chiusura delle chiese. Tutto questo è indice della grave crisi che sta affliggendo la Chiesa Cattolica anche in Italia.

Un contrasto che fa riflettere

Passando in rassegna le religioni esistenti nella penisola molti hanno tuttavia notato il contrasto fra la generale crisi religiosa e il crescente successo di un gruppo di cristiani. Il Corriere della Sera del 2 ottobre 1981, in un articolo intitolato “Perché tanta fortuna per i testimoni di Geova”, ha ammesso che essi sono divenuti la religione “acattolica più rilevante in Italia” ed ha parlato delle “motivazioni che spingono i giovani ad aderire così numerosi al movimento”.

Volete scoprire personalmente i motivi di questo contrasto? Vi invitiamo a farlo rivolgendovi agli editori della rivista Svegliatevi!

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