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  • g83 22/11 pp. 24-27
  • Non sono più una prostituta!

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  • Non sono più una prostituta!
  • Svegliatevi! 1983
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  • Venduta!
  • Ipocrisia religiosa
  • In prigione
  • Una svolta decisiva
  • Le mie domande ricevono una risposta
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    La pura adorazione di Geova: finalmente ristabilita!
Altro
Svegliatevi! 1983
g83 22/11 pp. 24-27

Non sono più una prostituta!

COMINCIAVA un altro giorno. Ero a letto, madida di sudore. Cercai di mettermi a sedere, ma presa da vertigini ricaddi giù. Sapevo d’essere malata. Ma all’improvviso ci fu un forte colpo alla porta e una donna di mezza età si fece avanti: era una delle mie datrici di lavoro.

“Che c’è, ragazza? Non ti sei ancora alzata?”

“Signora, mi sento molto male”, dissi con tono supplichevole. “Non potrei riposare oggi? Le assicuro che domani starò bene”.

“Ascolta. Conosco bene questo trucco di fingere di star male. Su, alzati, sembra che questa sera faremo buoni affari”.

Avete appena intravisto com’era la mia vita nelle camere interne di un bordello. Sì, ero una prostituta, non certo un mestiere di cui esser fiere. Per nove lunghi anni ostentai sorrisi falsi e vuoti e feci affari vergognosi. Nei rari momenti di solitudine versai molte lacrime di rimorso, sentendomi inutile. Desideravo disperatamente fuggire, ma era come se fossi strettamente legata senza alcuna possibilità di liberarmi. Forse vi chiedete come avevo fatto a diventare una prostituta.

Sono nata ventinove anni fa in un piccolo villaggio di montagna situato nella parte mediana della catena dell’Himalaya. Mio padre morì quando io avevo appena tre anni. Subito dopo mia madre andò a vivere con un altro uomo, e la mia sorella maggiore e suo marito mi accolsero in casa loro e si presero cura di me.

Avevo quattordici anni quando mi combinarono un matrimonio con un uomo di venticinque anni più vecchio di me. In casa di mio marito, dov’ero andata ad abitare, i suoi genitori mi trattavano con disprezzo perché non avevo portato loro la dote, ma solo me stessa e la mia povertà. Questa fase della mia vita durò poco — solo due anni — ma durò abbastanza per far nascere nella mia mente domande e dubbi che mi avrebbero tormentata per lungo tempo.

Mio marito aveva iniziato una relazione con un’altra donna che abitava nel vicinato. Ma nonostante la sua cattiva condotta frequentava ogni settimana i santuari religiosi e, dietro suo invito, i sacerdoti bramini venivano a farci visita a casa. Ma mai una parola di rimprovero!

Venduta!

Poi una sera l’uomo che viveva con mia madre venne a trovarmi e mi fece una proposta. Disse che a suo avviso la mia vita stava diventando insopportabile e che voleva aiutarmi. Poteva procurarmi un’ottima occupazione che comportava pochissimo lavoro ed era molto redditizia. Solo che io, insieme ad altre “bellezze” del villaggio, dovevamo recarci con lui in una lontana città. Non c’erano né legami sentimentali né attrazioni di carattere materiale che mi trattenessero a casa, per cui acconsentii a partire. Nel giro di qualche giorno ebbe quindi inizio il viaggio verso una città di cui non avevo mai sentito parlare e verso una vita che non mi sarei mai, mai sognata di fare.

Giunti a Bombay ci portò in una casa piena di ragazze come noi, solo vestite molto meglio e con un pesante trucco. Dentro fummo presentate a due donne che ci squadrarono da capo a piedi con occhi avidi. Poi l’uomo che ci aveva accompagnate se ne andò promettendo di tornare prima di sera.

Eravamo state vendute! Ci aveva vendute per 500 rupie (circa 80.000 lire) ciascuna! Se n’era appena andato quando fummo informate che avremmo dovuto restituire quello che lui aveva preso, no, non 500 rupie, bensì 5.000!

“Perché?”, chiedemmo.

“È la regola!”, dissero con tono che non ammetteva repliche.

Quindi ci minacciarono, dicendoci di non provare neppure a scappare. Ma non potevo fuggire. Non avevo nessun posto dove andare! Così accettai quell’iniziale debito di 5.000 rupie, a cui subito si aggiunsero gli interessi. C’era solo un modo per liberarsene, fare il “lavoro” che mi offrivano, la prostituta!

Ipocrisia religiosa

Ma, cosa sorprendente, furono quei nove anni durante i quali feci la prostituta a permettermi di vedere chiaramente e da vicino i frutti della religione che mi era stata inculcata dalla nascita. Immoralità e ipocrisia andavano a braccetto! Per esempio, una delle mie datrici di lavoro era una devota musulmana, e osservava ogni anno il lungo digiuno del Ramadan. Faceva pie elemosine ai mendicanti nella moschea. I suoi correligionari la frequentavano liberamente, e nonostante le sue pratiche assolutamente corrotte era accettata nella comunità religiosa.

E il suo caso non era diverso da quello delle altre mie datrici di lavoro. Una frequentava il tempio indù, mentre un’altra frequentava una chiesa della cristianità. I loro rispettivi capi religiosi e amici non erano all’oscuro della loro vita privata, ma esse erano ugualmente rispettate nella comunità religiosa a cui appartenevano. In breve avevano tutte il tacito consenso per praticare ciò che la loro religione condannava apertamente: la prostituzione. Non è ipocrisia questa?

Non mi ci volle molto per essere contagiata da tale ipocrisia. Così ogni sabato mattina facevo il bagno e insieme alle mie amiche mi recavo al tempio della dea Mahalaxmi a offrire dolci e denaro e poi tornavo al bordello con la coscienza placata! Dietro nostra richiesta, i sacerdoti bramini venivano a farci visita e a celebrare riti religiosi, e poi accettavano qualsiasi cosa offrissimo loro, quindi sparivano. Mai un consiglio per sollevarci dal nostro stato di degradazione né quel paterno rimprovero che tanto avremmo desiderato.

In prigione

All’inizio del mio nono anno nel bordello, le mie datrici di lavoro litigarono. Una di esse denunciò astutamente la cosa alla polizia che fece irruzione nel bordello. Fummo tutte portate al commissariato, tutte, cioè, tranne le nostre datrici di lavoro, che erano al sicuro nelle loro grandi e “rispettabili” case.

Nelle due settimane successive il freddo pavimento della prigione fu il nostro giaciglio, mentre il nostro cibo, che era proprio immangiabile, consisté di pane secco e mezzo crudo accompagnato ogni tanto da verdure.

Le uniche visite che ricevemmo furono quelle di un gruppo di donne bene intenzionate che volevano aiutarci insegnandoci gli inni indù. Ma il loro patetico tentativo fallì! Quello di cui avevamo veramente bisogno era conoscere la verità sullo scopo della vita e la verità in merito a Dio, se c’è o no un Creatore. E se c’è, chiedevamo, si interessa di noi? In tal caso, perché lasciava che venissero praticate cose impure come le nostre? Ma quelle donne, per quanto bene intenzionate, non sapevano risponderci.

Le quattordici notti passate in prigione lasciarono il segno su di me e mi ammalai gravemente. Fui portata all’ospedale dove rimasi diciassette giorni. Avevo perso metà del mio peso! Quando uscii dall’ospedale le mie datrici di lavoro mi concessero un po’ di tempo perché mi rimettessi in salute. Così decisi di tornare a casa, stare un po’ coi miei, riprendere le forze con l’aria di montagna e tornare infine nel posto a cui pensavo di appartenere: il bordello!

Una svolta decisiva

Tornata al villaggio notai che poco era cambiato, salvo che l’amante di mio marito era ora sua moglie e la madre dei suoi figli. Le mie sorelle, come al solito, lavoravano nei campi dall’alba al tramonto. Trascorsi i primi giorni a fare visite agli amici e a distribuire i piccoli doni che avevo portato. Ma svanita ben presto la novità dei primi giorni, tornai a farmi domande. Cosa volevo veramente dalla vita? Quale genere di vita preferivo, quello che la mia gente conduceva al villaggio o la vita di città? Erano due modi di vivere diversi, eppure erano entrambi privi di significato e di un vero scopo.

Verso quell’epoca due donne si fermarono alla nostra porta. Le invitammo a sedersi e offrimmo loro un po’ di tabacco (secondo la nostra usanza). Ma esse rifiutarono il tabacco, e gliene chiedemmo il perché. Dissero di essere appena tornate dalla città dopo avere sentito qualcosa di meraviglioso. Così mia sorella ed io chiedemmo loro di che si trattava.

Dissero che gli dèi che adoravamo erano completamente diversi dal vero Dio, il nostro Creatore. Il suo nome è Geova e ci ama tutti. Presto Geova eliminerà ogni forma di malvagità, spiegarono, e stabilirà un nuovo ordine di giustizia, pace e sicurezza proprio qui su questa terra. Ci dissero pure che l’invito di vivere in quel nuovo ordine è offerto a tutti. Ma per accettare quell’invito era necessario fare ora alcuni cambiamenti nella propria vita.

“Come facciamo a sapere che quello che dite è la verità?”, dicemmo interrompendole. “E quali sono i cambiamenti che dobbiamo fare?”

“Dovete studiare la Bibbia, che è l’unico libro di verità che viene da Dio”, continuarono. “Dalle sue pagine apprenderete tutto quello che avete bisogno di sapere. In quanto ai cambiamenti, eccone uno che noi abbiamo già fatto: smettere di fumare!”

“Ma cosa c’entra il fumo con Dio?”, domandai.

“Nella Bibbia”, risposero immediatamente, “ci è detto: ‘Devi amare il tuo prossimo come te stesso’. E come possiamo dire di amare noi stessi se ci riempiamo i polmoni del nocivo fumo del tabacco? È una cosa impura e Geova vuole che siamo puri”. — Matteo 22:39; II Corinti 7:1.

Fui colta alla sprovvista! Da qualche remoto angolo del mio animo infelice stava venendo a galla un indefinibile sentimento di gioia. Gettai via le sigarette e non ne ho più toccata una da allora. Un cambiamento degno di nota, visto che fumavo venti sigarette al giorno, tutti i giorni!

Le mie domande ricevono una risposta

Immediatamente le mie sorelle ed io cominciammo a organizzarci per andare in città e imparare qualcosa di più su questo Dio, Geova, e sui suoi propositi. E fummo presentate a una famiglia di testimoni di Geova. Non avevo mai sentito parlare dei testimoni di Geova. Decisi allora di lavorare e vivere in quella città per studiare la Bibbia con quella famiglia, che fu lieta di accogliermi in casa. Ogni mattina facevamo una conversazione biblica per almeno un’ora. A poco a poco, le domande e i dubbi sorti durante la mia breve vita coniugale e gli anni di schiavitù nel bordello, e che mi avevano assillato per tanto tempo, cominciarono a essere chiariti.

Per la prima volta appresi che la vita ha uno scopo. Scoprii che la Bibbia insegna che l’uomo fu creato da Dio perché vivesse per sempre sulla terra nella pace e nella felicità durature; e che la morte non faceva parte del proposito che Dio aveva in origine per l’uomo. Invece la meravigliosa prospettiva posta dinanzi ai nostri primogenitori e alla loro futura progenie era quella di riempire le loro giornate acquistando conoscenza del loro Grande Creatore e di godere l’opera delle loro mani. — Genesi 1:28; 2:16, 17; Salmo 37:29.

Appresi anche perché Dio ha permesso finora la malvagità e le pratiche impure. I nostri primogenitori scelsero di ribellarsi a Dio e di farsi invece guidare dal suo avversario, Satana il Diavolo. (Genesi capitolo 3) Così Geova, il Grande Giudice, lasciò che il passare del tempo dimostrasse al di là di ogni dubbio che il dominio dell’uomo indipendente dal dominio di Dio non può riuscire. La mia gioia non ebbe più limiti quando appresi che il tempo concesso da Dio al dominio dell’uomo sotto il dominio di Satana sta rapidamente per scadere. Ma che dire di me, un’ex prostituta?

Raccontai tutto il mio passato alla famiglia con la quale studiavo, e mi spiegarono con la Bibbia quali meravigliosi benefici ci offre il sacrificio di riscatto di Gesù Cristo. Mentre ascoltavo lacrime di gioia mi rigavano il viso. Il mio passato poteva essere perdonato e cancellato! Potevo abbracciare la speranza di vivere per sempre in condizioni giuste. E finché quella meravigliosa speranza non si fosse realizzata, potevo vivere in mezzo a gente pura e onesta, che fa del suo meglio per mettere in pratica quello che insegna la Bibbia, gente che non tollera la corruzione nelle sue file.

I mesi dello studio biblico volarono e senza perdere tempo nel 1979 simboleggiai la mia dedicazione a Geova Dio con il battesimo in acqua. Da allora ho il privilegio di compiere l’opera cristiana di predicazione, di far conoscere ad altri le confortanti verità che ho appreso dalle Scritture.

Provo una sconfinata gratitudine verso il nostro Padre celeste, Geova, e verso suo Figlio, Cristo Gesù. È grazie a loro, infatti, che non sono più una prostituta! — Da una collaboratrice.

[Testo in evidenza a pagina 24]

Eravamo state vendute! Ci aveva vendute per 500 rupie ciascuna!

[Testo in evidenza a pagina 25]

Non potevo fuggire. Non avevo nessun posto dove andare!

[Testo in evidenza a pagina 26]

Nei rari momenti di solitudine versai molte lacrime di rimorso, sentendomi inutile

[Testo in evidenza a pagina 27]

Lacrime di gioia mi rigarono il viso quando appresi che il mio passato poteva essere perdonato!

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