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  • ‘Ora nostro figlio ha un bel colorito’

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  • ‘Ora nostro figlio ha un bel colorito’
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Svegliatevi! 1984
g84 22/2 pp. 24-26

‘Ora nostro figlio ha un bel colorito’

SIAMO genitori di due gemelli. Quando nacquero, Abigail, la femmina, era perfettamente sana, ma Jonathan, il maschio, aveva gravi disturbi: seri difetti cardiaci congeniti.

Il nostro medico disse che entro i due anni la condizione di Jonathan si sarebbe seriamente aggravata e che infine egli sarebbe morto. Forse con un’operazione i suoi disturbi potevano sparire, ma c’era anche la possibilità che non la superasse. E poiché sapeva che prendevamo sul serio il comando biblico di ‘astenersi dal sangue’, e che quindi non avremmo accettato trasfusioni di sangue, il medico ci disse che non saremmo riusciti a trovare un chirurgo disposto a fare l’operazione. — Atti 15:20.

Man mano che Jonathan cresceva spesso aveva il respiro corto. Il suo cuoricino batteva forte al minimo sforzo, e il colore violaceo delle sue guance e sotto le unghie delle mani e dei piedi ci diceva che aveva estremo bisogno dell’operazione; altrimenti forse non sarebbe vissuto a lungo. A suo tempo contattammo uno dei più eminenti chirurghi inglesi che, insieme alla sua équipe di specialisti, fu disposto a eseguire la necessaria operazione a cuore aperto senza usare sangue.

Arrivammo a Londra un giovedì, ma dovemmo aspettare più di una settimana prima che Jonathan fosse operato. Aveva appena compiuto quattro anni. Il mercoledì prima dell’operazione avemmo un colloquio con un ematologo. Circa un anno prima si era occupato del caso di un testimone di Geova il quale aveva subito un’operazione a cuore aperto eseguita senza trasfusioni di sangue. Per cui gli chiedemmo cosa ne pensava della nostra posizione riguardo al sangue.

Con nostra sorpresa non si mostrò contrario. Perché? Capiva quanto era importante per la nostra fede. Citò pure il fatto che ora è più difficile trovare sangue. La gente non è più disposta a darlo come un tempo, quindi costa. Inoltre, disse, a volte le trasfusioni di sangue causano l’epatite. Quindi alcuni chirurghi stanno imparando a operare avendo a disposizione meno sangue di una volta.

Gli chiedemmo quali probabilità aveva Jonathan di superare l’operazione ed egli rispose: “Siete fortunati perché il chirurgo è uno dei migliori che ci siano al mondo. E poi avete il vostro Dio, e sono sicuro che egli esaudirà le preghiere che direte per vostro figlio”. Per combinazione questo ematologo fu visitato a casa quella stessa settimana da un testimone di Geova impegnato nel ministero di predicazione. Il medico parlò di nostro figlio al Testimone e gli disse: “Desidero che vada a casa e preghi per il piccolo Jonathan”.

Mentre aspettavamo che arrivasse il momento dell’operazione ci furono commenti anche di un altro tipo. Per esempio la dottoressa dell’ospedale fece il giro della corsia per vedere i piccoli pazienti. Era accompagnata da una ventina di medici stranieri che partecipavano a una conferenza sulla cardiochirurgia tenuta quella settimana. Quando giunse al letto di Jonathan chiese agli altri medici se avrebbero accettato di operare un testimone di Geova senza sangue. Risposero tutti di no: non avrebbero operato. Era troppo difficile. Potete immaginare come ci sentimmo.

Il giovedì sera prima dell’operazione Jonathan fu visitato da un chirurgo australiano. Fu molto gentile e ci spiegò in modo benevolo quanto era grave l’operazione che Jonathan stava per subire. Disse: “Do a Jonathan il cinquanta per cento delle probabilità di farcela”.

Ci chiese anche se si poteva togliere un po’ di sangue a Jonathan e conservarlo per usarlo in caso di necessità. Poi lui stesso disse: “No, non si può, vero? Andrebbe contro la vostra coscienza”. Quando gli dicemmo: “Esatto”, egli proseguì: “E, dopo tutto, anche se lo facessimo non ci sarebbe nessuna garanzia che il sangue usato sarebbe quello di Jonathan!”

Prima dell’operazione venne fatto a Jonathan l’esame emocromocitometrico e il valore era di 15, ottimo in quelle circostanze. Ma non ci meravigliammo. Qualche tempo prima, quando si era saputo che sarebbe stato operato, avevamo notato nell’opuscolo Sangue, Medicina e la Legge di Dio il suggerimento di fortificare il sangue prima di un’operazione. Avevamo scritto al nostro medico generico il quale aveva ordinato a Jonathan un medicinale a base di ferro. Glielo avevamo somministrato nei due mesi e mezzo precedenti l’operazione.

Il giovedì sera, dopo aver dato a Jonathan il bacio della buona notte, andammo a letto, considerammo versetto per versetto il Salmo 116 e prima di cercare di addormentarci pregammo Geova con fervore. Perfettamente consapevoli del pericolo che Jonathan correva, non chiedevamo miracoli. Sapevamo che, se l’operazione andava male, Jonathan poteva morire, e se questo fosse accaduto, avevamo piena fede che lo avremmo rivisto nella risurrezione.

Nostro figlio doveva essere in sala operatoria venerdì mattina alle otto, per cui alle sette arrivammo all’ospedale e stemmo con lui finché non fu preparato per andare in sala operatoria.

All’una e mezzo del pomeriggio tornammo all’ospedale, ma Jonathan non era ancora uscito dalla sala operatoria. Alle due e mezzo chiedemmo di nuovo, ma era ancora dentro. Vennero le tre, le tre e mezzo e le quattro. Ancora nessuna notizia. Era dentro da otto ore. Infine, alle quattro e un quarto telefonammo all’infermiera che ci disse: “Attendete un minuto, devo chiamare la suora”. Ci sentimmo venir meno, certi che avremmo ricevuto una cattiva notizia. Poi la suora venne al telefono e disse: “Abbiamo buone notizie per voi. Jonathan ha superato l’operazione e adesso attendiamo che si svegli!”

Alle cinque potemmo vederlo. Era cosciente ma aveva un aspetto spaventoso con tutti quei tubi e quei fili attaccati. Ad ogni modo era vivo e con una vocina debole disse: “Voglio uscire di qui!” Dopo la breve visita ringraziammo Geova che il primo grosso ostacolo fosse stato superato.

Naturalmente non era del tutto fuori pericolo. Potevano sorgere complicazioni per il fatto che il chirurgo aveva inserito nel corpo di Jonathan dei cateteri per il drenaggio del liquido in eccesso, e bisognava toglierli. Sembra che quando si tolgono i cateteri ci sia qualche pericolo. Comunque ci dissero che quando vennero tolti a Jonathan i tubi di drenaggio non perse una goccia di sangue. Un’altra grossa difficoltà era stata sormontata.

Anche il personale dell’ospedale aveva mostrato interesse per il caso di Jonathan. Erano stati piuttosto ostili alla nostra decisione di non acconsentire all’uso del sangue. Due ragazze spagnole che erano testimoni di Geova e che lavoravano all’ospedale furono oggetto di molte pressioni. Le donne con cui lavoravano dicevano che eravamo molto crudeli a lasciar morire Jonathan! Ma quando Jonathan si riprese furono più amichevoli e soccorrevoli.

Le trasfusioni di sangue divennero un comune argomento di conversazione. La madre di un’altra piccola paziente disse: “Sapreste dirmi se hanno dato sangue alla mia bambina? Spero che sia stato come con Jonathan e che non gliene abbiano dato. Non vogliamo complicazioni”.

Quella settimana facemmo conoscenza anche con una giovane coppia di musulmani il cui bambino aveva gravi disturbi. Erano religiosissimi e ogni volta che un piccolo paziente veniva portato in sala operatoria, pregavano per lui. Volevano sapere perché Jonathan aveva un così ottimo aspetto dopo un’operazione tanto rischiosa.

Naturalmente non potemmo dir altro se non che eravamo immensamente grati all’intera équipe di medici per la loro bravura e specialmente per il fatto che avevano acconsentito a eseguire l’operazione senza ricorrere a trasfusioni di sangue. Mentre incominciavamo a spiegare: “Dato che siamo testimoni di Geova non accettiamo sangue . . .”, il marito ci interruppe chiedendo: “Perché non accettate sangue?” Gli facemmo vedere nella Bibbia il punto dov’è comandato ai cristiani di astenersi dal sangue e gli demmo qualche pubblicazione biblica. Chiese chi aveva operato Jonathan e glielo dicemmo. Replicò che poiché suo figlio doveva essere nuovamente operato avrebbe parlato con il chirurgo di Jonathan chiedendogli di fare lui l’operazione, se possibile.

Jonathan aveva altri problemi da superare. Ma il suo spirito, la bravura dei medici, le cure del personale ospedaliero, le preghiere dei nostri amici e specialmente la forza che dà Geova ci permisero di superare la prova. Tornammo a casa dopo sei settimane di permanenza a Londra.

È stata un’esperienza penosa. Per quattro anni avevamo visto Jonathan soffrire. Ora siamo grati di avere un figlio sano. Quando Jonathan corre su per le scale, se gli appoggiamo una mano sul petto non sentiamo nulla di strano nel suo battito cardiaco. Ogni giorno lo vediamo diventare più forte. È più piccolo di Abigail, ma sta crescendo! Il colore violaceo se ne è andato, anzi, adesso ha un bel colorito. — Narrato da Simon e Brenda Pitts.

[Testo in evidenza a pagina 24]

Entro i due anni la condizione di Jonathan si sarebbe seriamente aggravata e infine egli sarebbe morto

[Testo in evidenza a pagina 25]

“Do a Jonathan il cinquanta per cento delle probabilità di farcela”

[Testo in evidenza a pagina 26]

“Perché non accettate sangue?”

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