Tante religioni: Quali sono i loro frutti?
‘C’È del buono in tutte le religioni’. Questa idea trova oggi molti consensi. La gente crede che chiunque sia più bravo se è un tantino religioso.
È così che la pensate? Credete che la religione, nel complesso, abbia esercitato una buona influenza sull’umanità in generale? Pensate che le diverse religioni abbiano prodotto frutti positivi e buoni nella vita dei loro seguaci?
A queste domande, naturalmente, non si dovrebbe rispondere solo sulla base dei sentimenti personali né sulla base delle asserzioni fatte dalle organizzazioni religiose. Dobbiamo invece esaminare i fatti, nel modo più obiettivo possibile.
Esaminate i fatti
In questi giorni di rapide comunicazioni e mass-media non è difficile conoscere i fatti. Ma che genere di ricerca dovreste fare? Ebbene, secondo voi che tipo di frutto dovrebbe produrre la religione? Sotto questo aspetto, la maggioranza sarebbe del parere che la religione dovrebbe rendere i suoi seguaci più amorevoli, più onesti, più virtuosi, più pacifici, più spirituali, ecc. E su questo fatto non ci sono dubbi. Infatti quasi tutte le religioni hanno come dottrina fondamentale qualcosa di simile a questo insegnamento della Bibbia: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. — Matteo 22:39, versione della CEI.
Quasi tutte le religioni insegnano questo concetto, in teoria; ma che dire della pratica? Riscontriamo fra i loro seguaci una più elevata moralità? Sono più amorevoli, più pacifici, più onesti? In breve, che specie di frutto stanno producendo le varie religioni?
La religione e la morale
Preoccupati per l’ondata di divorzi, malattie veneree, gravidanze indesiderate, pornografia, omosessualità e permissività sessuale, molti chiedono aiuto alla religione. Il loro ragionamento forse è che se i governi e le scuole non danno la guida morale di cui hanno bisogno, allora deve dargliela la religione. Negli Stati Uniti questo fatto è indicato dalle pressioni per ripristinare nella scuola pubblica la preghiera e il ‘creazionismo scientifico’. Ma che tipo di guida offre la religione odierna? Considerate alcuni esempi.
● La Chiesa Unita del Canada (la confessione protestante più numerosa in quella nazione) ha inviato a tutte le congregazioni che ne fanno parte un rapporto intitolato In God’s Image . . . Male and Female (A immagine di Dio . . . maschio e femmina) come guida da seguire in materia di matrimonio e di sesso. Secondo la rivista Maclean’s, il rapporto “raccomanda di considerare la possibilità di ordinare omosessuali come ministri; dice che il sesso fuori del matrimonio può essere soddisfacente in certe circostanze e quando la relazione è ‘felice, premurosa, liberatrice, dà reciproco sostegno ed è socialmente responsabile’; e indica che la fedeltà coniugale non deve per forza includere l’esclusiva sessuale”. La decisione finale in merito a questa risoluzione è stata rinviata e sarà presa entro l’anno.
● In un articolo intitolato “I cristiani ‘rinati’ scoprono la rivoluzione sessuale”, Russell Chandler, redattore religioso del Los Angeles Times, riferisce: “Gruppi di esperti di alcune delle principali confessioni protestanti e della Chiesa Cattolica Romana sono pervenuti alla conclusione che . . . in certe circostanze . . . i rapporti sessuali fra persone non sposate possono non essere peccaminosi, l’omosessualità può essere uno stile di vita alternativo accettabile per i cristiani e la masturbazione o autoerotismo può essere una cosa normale e appropriata”.
● In un servizio sul tema “Gli omosessuali nelle chiese”, particolarmente quelli dell’arcidiocesi cattolica di San Francisco, la rivista Newsweek fa notare che “nello scorso decennio cricche omosessuali . . . sono sorte nelle confessioni protestanti tradizionali e da esse hanno tratto ispirazione simili organizzazioni fra mennoniti, pentecostali, mormoni, seguaci della Società della Scienza Cristiana, avventisti del settimo giorno ed ebrei. In molte città i gay hanno organizzato le proprie chiese, sinagoghe e perfino centri di buddismo zen”.
● Nel 1977 un’associazione clericale americana che si occupa del problema dell’alcolismo calcolò che almeno il 10 per cento delle suore e dei preti americani erano alcolisti, secondo un rapporto dell’Associated Press da Los Angeles. Ma un rapporto pubblicato separatamente dal Sun di Baltimora dice: “Sebbene i superiori degli ordini religiosi cattolici abbiano citato il problema dell’alcolismo fra il clero come un fenomeno di dimensioni mondiali, questo non è il problema più pressante. . . . Ciò che si poteva dire negli anni cinquanta e sessanta dell’alcolismo si può dire ora dell’omosessualità. Non c’è alcun dubbio che il problema che ora si profila all’orizzonte è quello dell’omosessualità”.
Con una guida e un esempio del genere, non sorprende che il clima morale esistente tra i fedeli non sia migliore, che sia addirittura peggiore, di quello esistente fra la popolazione in generale. Ecco solo alcuni esempi:
● Il Times di Londra riferisce: “Le statistiche ufficiali indicano che circa un quarto dei detenuti delle prigioni inglesi sono cattolici nominali, anche se solo un abitante su dieci lo è”. È stata indetta una conferenza per discutere “perché una percentuale così grande di drogati, alcolizzati, prostitute e criminali in prigione è rappresentata da cattolici”, dice l’articolo.
● Da un recente sondaggio Gallup effettuato negli Stati Uniti risulta che il 70 per cento della popolazione adulta dice di appartenere a una chiesa e il 40 per cento assiste effettivamente alle funzioni religiose in una data settimana. Eppure, secondo un annuario (1983 Britannica Book of the Year) nel 1981 ci fu un divorzio ogni due matrimoni, e “come conseguenza dell’accresciuto numero dei divorzi e dei figli nati da ragazze madri, . . . un bambino su cinque viveva in una famiglia con un solo genitore”.
● La rivista To the Point dice: “Quasi un terzo dei cattolici romani sposati dell’arcidiocesi di Lusaka (Zambia) hanno concubine sotto il proprio tetto, stando a un rapporto dell’arcivescovo Emanuel Milingo”. Su 10.903 famiglie cattoliche di quell’arcidiocesi, 3.225 hanno concubine, dice il rapporto.
È proprio come disse Gesù molto tempo fa: “L’albero buono non può fare frutti spregevoli, né l’albero marcio può produrre frutti eccellenti”. (Matteo 7:18) L’esteso decadimento morale che si vede nel mondo è un riflesso della condizione spirituale degli ‘alberi’ religiosi del mondo: sono malati e stanno morendo.
La religione e la guerra
Riconoscendo che “il mondo corre un grande pericolo, forse il suicidio della razza [umana] in una guerra nucleare”, Zakir Husain, ex presidente dell’India, invitò un gruppo formato dai capi di tutte le principali religioni del mondo ad “avere in futuro una parte più piena e più consapevole che in passato” nei lavori per la pace mondiale. Per conseguire questo fine, raccomandò Husain, “dovranno guardare oltre i dogmi, i riti e le pratiche che impediscono a diversi circoli religiosi di agire concretamente per giungere a un nuovo senso di armonia e collaborazione”.
Questo avveniva nel 1968, al Simposio interconfessionale per la pace tenuto a Nuova Delhi, in India, con la partecipazione di rappresentanti di varie religioni. Erano presenti, ed evidentemente d’accordo sulla proposta, esponenti di buddismo, cattolicesimo, induismo, islam, giainismo, giudaismo, protestantesimo, zoroastrismo e dei sikh. Che è successo da allora? È vero che sono stati rinnovati gli sforzi ai successivi simposi, dibattiti e conferenze. E a causa della crescente minaccia dell’annientamento nucleare sono stati fatti proclami e dichiarazioni, sono state mosse accuse e sono state scritte lettere contro governi e altri organismi. Ma le religioni del mondo hanno veramente operato per eliminare ‘i dogmi, i riti e le pratiche che impediscono l’armonia e la collaborazione’? Hanno prodotto i frutti dell’amore e della pace coi fatti e non soltanto con le parole?
Al contrario, negli anni trascorsi da allora il mondo ha visto più guerre e più conflitti, nei quali la religione, pur non essendo stata l’unica causa, ha avuto un ruolo significativo. In alcuni casi si tratta di guerre e conflitti tra seguaci di diverse religioni; in altri casi, tra seguaci di diverse sette della stessa religione.
Fra gli esempi più recenti si possono citare le violente sommosse scoppiate nello stato indiano dell’Assam, in cui gli indù hanno combattuto contro i musulmani; la guerra in corso fra Iran e Iraq, in cui i musulmani sciiti combattono contro i musulmani sunniti; l’ormai famoso conflitto dell’Irlanda del Nord, in cui protestanti uccidono cattolici e cattolici uccidono protestanti; la guerra e la carneficina del Libano, in cui sono coinvolti cristiani, ebrei e musulmani; e perfino la guerra delle Falkland, in cui “i cappellani militari hanno esortato i soldati di leva argentini a combattere fino alla morte perché è volontà di Dio”, secondo quanto riferiva il San Francisco Examiner.
Con questo elenco non si esauriscono certo tutte le guerre attualmente in corso in cui la religione ha una parte, né vi sono inclusi gli innumerevoli casi passati di conflitti fra nazioni e popoli che furono provocati dal fanatismo religioso.
Queste guerre possono scoppiare a causa di dispute politiche o territoriali. Ma prima o poi la religione finisce per avervi un impegno attivo. Ecclesiastici da ambo le parti supplicano ripetutamente lo stesso Dio di benedire i rispettivi eserciti, definendo i loro sforzi guerre ‘giuste’ o ‘sante’, e promettendo l’immediata ricompensa celeste a coloro che rimangono uccisi in battaglia.
Non vi spinge questo a chiedervi se nelle religioni del mondo non ci sia qualcosa di innato che incoraggia la natura violenta dei loro seguaci? In un saggio della rivista Time intitolato “Guerre religiose: uno zelo sanguinario”, lo scrittore Lance Morrow afferma: “Uomini che hanno combattuto in nome della religione e giornalisti che li hanno osservati scorgono una strana differenza rispetto alla guerra più convenzionale: una nota di retribuzione e di espiazione, un fanatismo che esula dal tempo e dalle immediate circostanze, un’implacabilità che ha origine dall’interno. . . . Il paradosso della religione-in-guerra continua a essere vergognoso”.
Questo “paradosso”, o contraddizione, è forse il maggior capo d’accusa contro la religione. Parlando del ruolo della cristianità nelle guerre passate e presenti, Reo Christenson, professore di scienze politiche, ha scritto in un recente numero di The Christian Century: “Forse nulla ha gettato più discredito sul cristianesimo che il fatto di assumere nei confronti della guerra una posizione praticamente non distinguibile da quella dei non cristiani. Che da un lato i cristiani abbraccino la fede del benevolo Salvatore mentre dall’altro appoggino calorosamente le guerre religiose o nazionalistiche è qualcosa che ha nuociuto molto alla fede e ha promosso nei confronti della religione quel tipo di cinismo che ha pervaso per secoli le persone riflessive”.
Che ne pensate?
Abbiamo esaminato i frutti prodotti dalle religioni del mondo in soli due campi — quello della morale e quello della guerra — e ciò che abbiamo visto è nient’altro che vergognoso e disgustoso. Sono state molto inferiori alle aspettative. Gli stessi orribili frutti si possono notare in molti altri campi: pregiudizio razziale, ingerenza nella politica, attività commerciali disoneste, superstizione che tiene schiavi, ecc. La religione ha veramente riempito la terra di frutti marci, a danno dell’umanità.
Forse è proprio a causa di queste cose che vi siete allontanati dalla religione. In tal caso, non siete i soli. Oggi molti hanno abbandonato la religione a motivo dei suoi cattivi frutti. Ma è la condotta saggia? È questa la condotta che recherà la massima soddisfazione e felicità? O c’è qualcosa di meglio? Vi invitiamo a considerare il prossimo articolo.
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Due esempi dei cattivi frutti prodotti dalla religione a livello mondiale: il fatto che accetta l’omosessualità e che si immischia nelle guerre