Il vostro diritto di valutare i rischi e i benefìci
IL VOSTRO corpo e la vostra vita appartengono a voi. Questa può sembrare una cosa ovvia. Ma da essa discende un vostro diritto fondamentale che ha diretta relazione con i trattamenti medici. Si tratta del diritto di scegliere a quale trattamento sottoporvi. Molti esercitano questo diritto consultando più medici e poi prendendo una decisione. Altri rifiutano qualche particolare terapia; un’indagine condotta nel 1983 dal dottor Loren H. Roth ha rivelato che ‘il 20% dei ricoverati in ospedale rifiutano il trattamento’.
Ma nel caso foste malati o feriti, come potreste prendere una decisione? Se non siete medici, come fate a sapere qual è la terapia migliore? Di solito ci si rivolge a degli esperti, a medici che hanno una speciale istruzione ed esperienza in quel campo e che sono dediti ad aiutare il prossimo. Sia medico che paziente dovrebbero tener conto del “rapporto rischi/benefìci”. Di che si tratta?
Supponiamo che vi faccia male un ginocchio. Un medico raccomanda l’intervento. Ma quali rischi comportano l’anestesia e l’intervento e quali rischi ci sono per il funzionamento dell’arto in seguito? D’altro canto, quali sono i possibili benefìci e quali le probabilità di conseguirli nel vostro caso? Una volta che il quadro dei rischi e dei benefìci è chiaro, avete il diritto di decidere, cioè di dare il vostro consenso informato.
Applichiamo il “rapporto rischi/benefìci” a un caso veramente accaduto, quello di Giuseppe e Consiglia Oneda, menzionato in precedenza.
La loro figlia Isabella era molto malata e i medici raccomandavano (anzi, esigevano) che venisse sottoposta a periodiche trasfusioni di sangue. Gli amorevoli genitori erano contrari soprattutto perché erano a conoscenza della legge biblica. Ma cosa c’entra in tutto questo il “rapporto rischi/benefìci”?
Oggigiorno, parlando dell’impiego di sangue in medicina, la maggioranza delle persone pensa alla trasfusione, terapia ritenuta innocua ed efficace. Ma non dimentichiamo che nel XVII secolo una pratica medica estremamente popolare era quella del salasso, a cui venivano sottoposti sia i vecchi che i giovani, spesso con conseguenze letali. Cosa sarebbe accaduto in quei giorni se un genitore si fosse rifiutato di far salassare il proprio bambino?
L’era dei salassi è tramontata. Ma ora la scienza medica ha adottato le trasfusioni di sangue. Sebbene i medici abbiano fatto molto, devono ammettere che le trasfusioni sono rischiose. Il dottor Joseph Bove (presidente del comitato per le malattie trasmesse con le trasfusioni, istituito presso l’Associazione americana delle banche del sangue) ha detto recentemente che fu nel 1943 che si cominciò a parlare per la prima volta di epatite contratta dal sangue. Quindi ha aggiunto:
“Ora che sono passati circa quarant’anni, la trasmissione dell’epatite attraverso almeno quattro diversi virus trasportati dal sangue è un rischio riconosciuto della trasfusione, e sono elencati molteplici altri agenti infettivi trasmissibili per mezzo del sangue e dei suoi derivati”. — The New England Journal of Medicine, 12 gennaio 1984.
Dovendo valutare questioni relative alla salute e alla vita, vostra e dei vostri familiari, quanti rischi comportano queste malattie? Neppure i medici possono dirlo, poiché queste malattie possono provocare la morte molto tempo dopo che la trasfusione è stata somministrata. Si prenda ad esempio solo un tipo di epatite (B) che non sempre le analisi riescono a rivelare. Una notizia del 10 gennaio 1984 diceva:
“Nel 1982 circa 200.000 americani hanno contratto l’epatite B, secondo il Centro per il Controllo delle Malattie (CDC) di Atlanta; 15.000 persone sono state ricoverate in ospedale per la fase acuta della malattia, e 112 sono morte. Altre 4.000 persone sono morte per complicazioni attribuite a questa malattia”.
Quanti altri sono morti in Italia, Germania, Giappone e altrove, per epatite trasmessa dal sangue? In effetti, i decessi provocati dalle trasfusioni sono un grave rischio da soppesare.
C’è poi da tener presente il fatto che, per quanto riguarda il “rapporto rischi/benefìci” delle trasfusioni, il rischio va aumentando. “Con il progredire delle nostre conoscenze”, ha affermato nel maggio 1982 il professor Giorgio Veneroni (di Milano), “si rivelano sempre più numerosi i rischi della trasfusione omologa”. Una scoperta che ha messo in allarme i medici riguarda l’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita), un’affezione con un’elevatissima percentuale di decessi. Il dottor Joseph Bove ha inoltre detto:
“Oltre ai benefìci previsti, i medici devono soppesare i rischi che la trasfusione comporta per chi la riceve. Questo concetto non è nuovo, ma è diventato più pressante, dato che non si può più assicurare a un paziente preoccupato che se accetta una trasfusione non contrarrà l’AIDS”. — The New England Journal of Medicine, 12 gennaio 1984.
Nel 1978 i medici non parlarono agli Oneda di questo rischio; allora non era noto. Ma ora lo è. La conoscenza degli accresciuti rischi delle trasfusioni sanguigne non dovrebbe rendere meno soggetta a critiche la decisione degli Oneda?
I genitori devono soppesare rischi e benefìci
Come persone adulte avete diritto di soppesare i rischi e i benefìci sia delle trasfusioni sanguigne che di qualsiasi altra terapia. “Ogni adulto capace d’agire è considerato padrone del proprio corpo. Può trattarlo saggiamente o stoltamente. Può anche rifiutare un trattamento atto a salvargli la vita, e nessuno ha diritto di interferire. Non certo lo stato”. (Dottor Willard Gaylin, presidente dell’Hastings Center) Ma chi valuterà i rischi e i benefìci per conto di un bambino?
I genitori amorevoli, è la risposta dettata dall’esperienza. Ad esempio, se vostro figlio avesse disturbi alle tonsille e vi fosse suggerito di sottoporlo a un intervento, non vorreste sapere quali sono i vantaggi e i rischi di una tonsillectomia? Potreste poi confrontarli con i rischi e i benefìci della terapia antibiotica. Dopo di che voi stessi potreste giungere a una conclusione basata sui fatti, come hanno fatto tanti altri genitori.
Consideriamo comunque una situazione più grave. I medici danno ai genitori la triste notizia che il loro figlio diletto è affetto da una forma di cancro praticamente incurabile. Dicono che si potrebbe tentare con la chemioterapia, ma i farmaci procurerebbero molte sofferenze al bambino e le probabilità di arrestare il male in questo stadio sarebbero quasi zero. Non avrebbero i genitori il diritto di prendere la decisione finale?
‘Sì’, è la conclusione che si trarrebbe da un articolo scritto dal dottor Terrence F. Ackerman.a Egli ammette che sono state ottenute molte ordinanze dai tribunali, col pretesto che lo stato deve proteggere i minori. Tuttavia, in molteplici casi un famoso istituto per la cura dei tumori (Anderson Hospital and Tumor Institute) ha seguito ‘la norma di non chiedere al tribunale autorizzazioni a effettuare trasfusioni’. Perché? In parte perché “ognuno di questi bambini era affetto da una malattia potenzialmente letale, e non eravamo in grado di prevedere un esito fausto”. (Non era questo anche il caso di Isabella Oneda?).
Ackerman ha ribadito l’importanza di “rispettare l’autorità dei genitori di allevare i figli nel modo che ritengono più opportuno”. Il suo ragionamento è questo: “Un assioma della pratica pediatrica è che il medico ha il dovere morale di sostenere i genitori e la famiglia. Quando viene diagnosticata a un bambino una malattia potenzialmente letale, i genitori vengono a trovarsi sotto enorme stress. Se devono anche opporsi a quella che considerano una trasgressione della legge di Dio, la loro capacità di assolvere i loro compiti è ulteriormente compromessa. Inoltre, il benessere della famiglia influisce direttamente sul benessere del bambino malato”.
Metodiche alternative
Per evitare i molteplici rischi della trasfusione, i ricercatori hanno escogitato tecniche chirurgiche idonee a limitare il ricorso alle trasfusioni. Anzi, la presa di posizione dei Testimoni riguardo al sangue ha incoraggiato le ricerche in tal senso. La Gazzetta del Sud del 16 novembre 1983 parla di un rapporto presentato a un congresso dell’Associazione americana per il cuore: Un centinaio di bambini di età compresa fra i tre mesi e gli otto anni sono stati operati al cuore senza trasfusioni di sangue. Si è utilizzata una tecnica consistente nell’abbassare la temperatura corporea del paziente e nel diluire il sangue con acqua contenente minerali e sostanze nutritive. Ma non è stato somministrato sangue! Inizialmente questa tecnica è stata impiegata solo su figli di testimoni di Geova. Ma osservando che i bambini Testimoni uscivano da questi interventi in condizioni nettamente migliori rispetto a quelli operati in modo convenzionale, i chirurghi hanno deciso di estendere la metodica a tutti i loro pazienti.
A una riunione presieduta dal ministro italiano della Sanità e tenuta a Roma presso l’Istituto superiore di sanità sono stati evidenziati il ricorso eccessivo alle trasfusioni di sangue negli ospedali e la necessità di “informare anestesisti e chirurghi che la trasfusione di sangue omologo può trasmettere molteplici malattie. . . . In chirurgia infatti l’ideale non è dare sangue al malato, ma al contrario produrgli una lieve anemia che riduce il rischio di determinate complicazioni postoperatorie”. — Giornale di Sicilia, 2 dicembre 1983.
È vero che esistono casi in cui i medici ritengono indispensabili le trasfusioni. Si può comunque sostenere obiettivamente che: primo, perfino molti medici ammettono che i casi in cui ritengono che la trasfusione sia indispensabile sono molto rari; secondo, c’è la radicata (dannosa) abitudine di praticarla nonostante non ve ne sia la necessità; terzo, i notevoli rischi delle trasfusioni non consentono di essere dogmatici circa il relativo “rapporto rischi/benefìci”. Pertanto alcuni ospedali riferiscono che anche molti che non sono testimoni di Geova chiedono di non somministrare loro trasfusioni di sangue.
L’aspetto giuridico
È inoltre doveroso approfondire un altro aspetto della questione. È mai capitato in Italia che un magistrato ordinasse a un medico di somministrare una trasfusione di sangue non necessaria? Sì, è successo molte volte, ed è qualcosa che ha causato tante sofferenze.
Dai magistrati non si richiede una specifica competenza in campo sanitario. Per cui quando un medico si rivolge loro per chiedere l’autorizzazione a trasfondere, essi, quasi automaticamente, sono portati a rilasciare l’autorizzazione richiesta, invocando quello che la legge penale italiana (art. 54) definisce “stato di necessità”. Con quale risultato?
Ecco un esempio rappresentativo: Rosario e Rita Piarullo, di Foggia, avevano una bambina di tre anni, Sara, affetta da favismo, una anemia emolitica provocata dall’ingestione di fave. Quando i genitori portarono la piccola all’ospedale del posto, i medici prescrissero immediatamente una trasfusione di sangue. Ma non volendo che la loro bambina fosse sottoposta a tale terapia, i genitori la fecero dimettere dall’ospedale e l’affidarono immediatamente alle cure di un ematologo della zona. La bimba stava già bene quando un magistrato presso il tribunale di Foggia, a cui si erano rivolti i sanitari dell’ospedale, spiccò un mandato di cattura a seguito del quale i due genitori Testimoni venivano arrestati e portati in carcere. L’accusa era nientemeno che quella di tentato omicidio! La madre fu posta quasi subito in libertà provvisoria, ma il padre rimase in prigione per circa due mesi.
Intanto la bimba veniva ricoverata a seguito dell’ingiunzione giudiziaria e, poiché per i medici il sangue era indispensabile, veniva sottoposta a trasfusione. Ma, come vedremo, ciò non era assolutamente necessario!
I Piarullo vennero assolti in istruttoria. Perché? La sentenza istruttoria dichiara che “la bambina non versava in concreto ed immediato pericolo di vita”, e che “il presidio terapeutico della trasfusione sanguigna, se è quello più diffusamente praticato, non è l’unico”.
È evidente che la vita della piccola Sara non era mai stata in pericolo e che non c’era stato nessun conflitto fra due diritti che giustificasse l’intervento del tribunale. Dalla sentenza del tribunale si rileva comunque la soppressione di una delle più alte forme di libertà, quella di coscienza, garantita dalla Costituzione.
Altrettanto può dirsi del caso Oneda, e cioè che questo conflitto di diritti non esisteva e non è stato provato. Il professor Mauro Barni, medico legale di fama mondiale e presidente della Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni, ha dichiarato: “Ho accolto la sentenza della Cassazione con profonda soddisfazione, perché sul piano strettamente medico-legale esistono a mio avviso dei forti dubbi sull’esistenza del nesso di causalità tra la morte di Isabella e le mancate trasfusioni”. — Corriere della Sera, 15 dicembre 1983.
Speranza per il futuro
È positivo il fatto che venga dato sempre più risalto ai diritti e alla dignità dell’individuo. Gli stati illuminati, come quello italiano, operano per assicurare la più ampia libertà possibile, inclusa la libertà di prendere, con cognizione di causa, decisioni relative alla salute. A questo proposito il dottor Baldini, specialista in medicina legale e delle assicurazioni, ha scritto su Rassegna clinicoscientifica (N. 53, 1977): “Il chirurgo quindi che ritiene necessario un intervento e trova irremovibile opposizione nel paziente o nei congiunti non ha il diritto di intervenire arbitrariamente anche se ciò rappresenta un reale vantaggio per il malato poiché nel diritto attuale non esiste alcuna norma che legittimi l’intervento arbitrario del medico”.
Questo vale anche per i minori. Se siete genitori dovreste interessarvi attivamente delle decisioni che riguardano la salute dei vostri figli. Un consiglio di giudici degli Stati Uniti ha scritto in “Indicazioni per il giudice nelle ordinanze mediche relative ai fanciulli”:
“Se c’è la possibilità di scelta — qualora, per esempio, il medico raccomandi un indirizzo che offre 80 probabilità di successo su cento, ma che i genitori disapprovano, e i genitori non obiettino a un indirizzo che offre solo 40 probabilità di successo su cento — il medico deve seguire la cura più rischiosa dal punto di vista medico ma ineccepibile per i genitori”.
Consigli di questo genere possono essere molto significativi se riconoscete il vostro diritto — anzi, il vostro dovere — di chiedere e ricevere accurate informazioni nelle questioni mediche. Spesso è opportuno consultare un altro medico. Chiedete quali sono i vari modi per curare un certo disturbo, e i potenziali rischi e benefìci di ciascuna terapia. Quindi, conoscendo il “rapporto rischi/benefìci”, potete prendere una decisione con cognizione di causa. La legge stabilisce che avete questo diritto. Dio e la vostra coscienza dicono che avete questo obbligo.
I casi come quelli menzionati in questa serie di articoli diverranno meno frequenti se si prenderà coscienza di un fatto, cioè che l’obiezione religiosa dei Testimoni alle trasfusioni di sangue, lungi dall’essere priva di fondamento scientifico, si dimostra sempre più in armonia con la nuova cultura medica che tende a sostituire le emoterapie, in vista della loro pericolosità, con altre metodiche.
La Costituzione italiana (art. 32, 2º comma) garantisce a ogni individuo il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari indesiderati. Per quanto riguarda i minorenni, il Codice Civile (art. 336) prevede già che il Tribunale minorile, prima di sottrarre il figlio ai genitori, li consulti e assuma informazioni. Allora, perché non interpellare in questi casi anche i medici di fiducia dei genitori per accertare l’effettiva necessità delle trasfusioni?
Gli argomenti trattati non riguardano esclusivamente i testimoni di Geova. Sono in gioco alcuni fondamentali diritti di ogni cittadino, quali il rispetto della dignità della persona umana e la libertà di coscienza. Questi diritti non sempre sono garantiti. Ne sono una prova le varie iniziative in corso in diversi paesi per tutelare i diritti dei pazienti.
I testimoni di Geova sperano che una maggiore comprensione di questo problema si rifletta vantaggiosamente nei confronti di tutti.
[Nota in calce]
a “The Limits of Beneficence: Jehovah’s Witnesses & Childhood Cancer”, Hastings Center Report, agosto 1980.
[Riquadro a pagina 16]
Fa paura a un pediatra
Il professor James Oleske ha ammesso di recente:
“Quello che mi spaventa come pediatra e immunologo . . . è che siamo ancora nell’allarmante periodo in cui sono state somministrate a bambini prematuri un gran numero di trasfusioni sanguigne prima che venissimo a conoscenza dell’AIDS . . . Se alla fine degli anni settanta e al principio degli ottanta le nostre scorte di sangue erano effettivamente contaminate dall’agente dell’AIDS, allora un considerevole numero di bambini prematuri potrebbero essere stati esposti [al contagio] . . . Il guaio è che non esiste un semplice mezzo di indagine per scoprire l’AIDS, e senza questo esame diagnostico non c’è veramente nessun modo per sapere chi forse ce l’ha in incubazione ma si sente bene e può donare sangue”. — Data Centrum, gennaio 1984.
[Riquadro a pagina 19]
La Costituzione italiana tutela la libertà del paziente
L’art. 32, 2º comma, della Costituzione italiana sancisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Quale significato ha la suddetta norma in riferimento alle emotrasfusioni? Il professor Vezio Crisafulli, eminente giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale, ha scritto: “In mancanza di una legge che lo renda obbligatorio, un trattamento sanitario (nella specie, emotrasfusionale) non può, dunque, essere praticato, se non con il consenso del paziente. . . . La norma costituzionale vieta — senza il consenso del paziente — qualsiasi intervento sanitario, anche se dal punto di vista fisico non possa prevedibilmente derivarne pregiudizio alcuno. . . . Nessun atto atipico ed estemporaneo di una qualsiasi autorità giudiziaria o amministrativa sarebbe idonea a tener luogo della assenza di imposizione legislativa o di valido consenso”. — Dalla rivista Diritto e Società, n. 3, 1982.