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  • g86 22/11 pp. 16-18
  • La furia micidiale di un ciclone

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  • La furia micidiale di un ciclone
  • Svegliatevi! 1986
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  • Vedi anche
  • ‘Non andate da quella parte!’
  • Panico nel C.D.C.
  • La mattina dopo
  • I Testimoni aiutano altri
  • Dopo l’uragano
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Svegliatevi! 1986
g86 22/11 pp. 16-18

La furia micidiale di un ciclone

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nelle Isole Salomone

DAPPRIMA avanzò lentamente, facendosi strada a poco a poco verso sud-ovest. All’improvviso puntò diritto verso Malaita, una delle Salomone, e lì cominciò a seminare morte sul suo cammino.

Venti a 185 chilometri orari investivano tutto quello che incontravano, abbattendo alberi, demolendo case e facendo roteare i tetti nell’aria. Piogge torrenziali sferzavano la terra. Agitato da venti impetuosi, il mare spazzò via moli e ponti. Fiumi tranquilli si trasformarono in torrenti in piena che allagarono strade e piantagioni.

Le Salomone erano state assalite da un violento ciclone tropicale chiamato Namu. Esso cominciò a investire le isole nel fine settimana del 17-18 maggio 1986, giorni in cui i testimoni di Geova tenevano un’assemblea di circoscrizione a Honiara, sull’isola di Guadalcanal. Sta di fatto che la data di quest’assemblea significò la salvezza per molti.

‘Non andate da quella parte!’

“Il sabato cominciò come qualsiasi altro giorno di pioggia nelle Isole Salomone”, rammenta Roland Cent, un ministro dei testimoni di Geova. “Attendevamo con impazienza l’assemblea di circoscrizione e il tempo non ci preoccupava”. (I presenti all’assemblea furono 491). Quando l’assemblea finì, fu chiaro che non si trattava di un normale temporale.

“Seppi che un ciclone ci era passato accanto e che stazionava all’altro capo di Guadalcanal”, dice Cent. I Testimoni di Tetere, situata una trentina di chilometri a est di Honiara, erano pertanto bloccati, poiché le strade si stavano già allagando. La maggioranza perciò passò la notte a Honiara, in una zona sicura detta Foxwood distante circa 15 chilometri dal luogo dell’assemblea.

Roland Cent abita nella zona di Foxwood. Perciò, dopo avere accompagnato a casa in macchina la famiglia, tornò al luogo dell’assemblea per aiutare un’altra famiglia a tornare a casa propria. Si rese subito conto, però, che ormai era impossibile viaggiare. “I fiumi erano tutti in piena”, rammenta. “Nel fiume Ngalibiu, i tronchi d’albero stavano già cozzando contro il ponte. Un automobilista che veniva dal lato opposto ci raccomandò di non andare da quella parte! Allora riportai quella famiglia a casa mia che è situata su un’altura”.

Panico nel C.D.C.

Il C.D.C. è un complesso residenziale che sorge sulle rive del fiume Ngalibiu. La domenica sera la maggioranza degli abitanti del C.D.C. andò a letto senza essere eccessivamente preoccupata per le forti piogge. Ad ogni modo due uomini la cui casa sorgeva proprio sulla sponda del fiume non dormirono. Con grande ansia osservarono il livello del fiume salire minacciosamente.

Alle 3 del mattino, però, le acque si erano ritirate. I due uomini andarono a dormire. Uno di essi fu svegliato alle 5 da una telefonata. Con orrore vide che il suo giardino era ora invaso dall’acqua! Lui e la moglie salirono precipitosamente sull’auto e raggiunsero un posto sicuro vicino a Foxwood.

Che accadde però all’altro uomo la cui casa era vicino all’argine? Si chiama James Sulimae ed è un testimone di Geova. Anche lui fu svegliato e corse ad avvertire i vicini. Stipò le famiglie atterrite sul suo camion e le condusse in salvo vicino a Foxwood. Tornò due volte sul posto per prendere altri.

La mattina dopo

“Il lunedì all’alba la pioggia continuava a cadere e soffiava un forte vento”, rammenta Roland Cent. “Venne chiesto di aiutare a evacuare il C.D.C. e riuscii a fare io stesso due viaggi per soccorrere gli abitanti. La gente saltava letteralmente nel retro del camion! Gli uomini piangevano, le donne e i bambini urlavano”. Non era difficile capire il perché. Il ponte sul fiume Ngalibiu si era trasformato in una possente diga e le acque minacciavano di travolgere tutti!

Non tutti, però, sgomberarono. Sonia Dixon, un’altra Testimone abitante nel C.D.C., ha detto: “Eravamo preparati per quel che pensavamo fosse qualche piccolo disagio, come ad esempio un giardino allagato. Ma quando famiglie che cercavano scampo cominciarono ad arrivare da noi che abitiamo in una casa a due piani, ci rendemmo conto che la situazione era grave. Alle 10 di mattina il nostro giardino era attraversato da un fiume!

“Mi diedi da fare per provvedere ai bisogni di 22 persone, inclusi tre bambini molto piccoli. Alcune raggiunsero il nostro portico a nuoto. Furono aiutate a entrare, ad asciugarsi e furono rifocillate con caffè caldo e cibo. Mio marito Peter, mentre mi dava una mano, teneva d’occhio preoccupato il livello dell’acqua, misurandolo con il palo della corda del bucato. Trascinati dal fiume impetuoso, enormi tronchi cominciarono a urtare contro la casa.

“Peter era pallido e io avevo lo stomaco chiuso per la paura. Peter prese da parte Elizabeth, la nostra bambina di otto anni, e pregò insieme a lei. Un’altra Testimone della congregazione ed io facemmo la stessa cosa. L’acqua continuava a salire. All’improvviso si aprì una via di scampo! I tronchi cominciarono ad arretrare verso una siepe di ibisco che circondava il nostro giardino. L’acqua aveva ora un nuovo sbocco e cominciò a scorrere davanti al portico anteriore della casa, a una quindicina di metri. Fu la nostra salvezza”.

I Testimoni aiutano altri

Poiché nel C.D.C. la sua opera di salvataggio non era più necessaria, Cent tornò a casa. Lì altre tre famiglie, fuggite davanti al ciclone, si erano sistemate insieme alla sua. Anche altre famiglie di Testimoni mostrarono ospitalità ai vicini. Una di esse accolse in casa ben 48 sfollati, provvedendo loro vitto e altre cose.

Alcuni Testimoni rischiarono la vita per i vicini. Tre Testimoni che stavano aiutando a trarre in salvo alcuni dal fiume furono all’improvviso trascinati dalla corrente. Comunque furono presi in un vortice che li riportò a terra!

“A questo punto il ciclone girò su se stesso”, dice Cent, “e ci investì con tutta la sua furia. Il tetto di una casa distante da noi meno di 200 metri fu portato via dal vento e trascinò con sé i fili della luce. Per una settimana rimanemmo senza elettricità. Vento e pioggia imperversarono per quasi tutta la notte di lunedì. Il martedì però la pioggia era cessata”.

Sonia rammenta che il terzo giorno le acque si erano ritirate un po’. “Chi ti vediamo comparire se non Elson Site, ministro a tempo pieno e anziano cristiano, insieme a tre giovani della congregazione! Ci portarono un grosso casco di banane e un sacco di patate. Quando si resero conto che eravamo rimasti senz’acqua scomparvero e tre ore più tardi tornarono con bottiglie e contenitori di plastica pieni di acqua potabile”. Il venerdì Sonia e la sua famiglia poterono finalmente mettere i piedi fuori di casa.

Dopo l’uragano

La furia micidiale di Namu si era acquietata. Gli abitanti delle isole potevano cominciare a sollevarsi dalle rovine, valutando i danni e contando i morti, che furono oltre cento. I senzatetto erano circa 90.000. Attività agricole tanto essenziali per l’economia erano paralizzate.

Fra coloro che persero case, viveri e giardini c’erano anche alcuni testimoni di Geova. Dieci loro Sale del Regno, dove si riuniscono per praticare l’adorazione, riportarono danni, ma nessun Testimone perse la vita. I Testimoni delle vicine Papua Nuova Guinea e Australia inviarono subito tonnellate di viveri. L’assemblea fu provvidenziale per i Testimoni di Tetere: sopravvissero all’uragano a Foxwood, relativamente al sicuro.

Fu pertanto un momento commovente per Sonia e la sua famiglia quando due giorni dopo si recarono alla Sala del Regno danneggiata. “Mi sentivo soffocare per l’emozione”, rammenta Sonia, “mentre cantavamo un cantico che dice: ‘D’aiutar i deboli Geova comandò, e il suo favore pur ci assicurò’”.

[Immagine a pagina 16]

Metà del ponte sul fiume Ngalibiu spazzato via dal ciclone Namu

[Immagine a pagina 17]

Il ciclone Namu spinse questa nave sulla spiaggia di Honiara

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