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  • g90 22/5 pp. 24-27
  • Gli haida: Lo straordinario popolo delle “isole della nebbia”

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  • Gli haida: Lo straordinario popolo delle “isole della nebbia”
  • Svegliatevi! 1990
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  • Chi sono gli haida?
  • Pali totemici: il loro significato
  • I vichinghi del Pacifico nordoccidentale
  • Cos’ha in serbo il futuro?
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Altro
Svegliatevi! 1990
g90 22/5 pp. 24-27

Gli haida: Lo straordinario popolo delle “isole della nebbia”

Dal corrispondente di Svegliatevi! in Canada

CIRCA duecento anni fa, esploratori e mercanti europei rimasero piacevolmente sorpresi quando incontrarono per le prime volte gli haida, gli straordinari abitanti di un gruppo di isole scoperto da poco al largo della costa occidentale del Canada.

Questi primi contatti furono solenni e cordiali a un tempo. Slanciate canoe scavate a mano in tronchi di conifere (Thuja plicata) cariche di uomini e donne, talora vestiti coi loro più begli abiti di pelle di foca, uscivano incontro a ogni mercantile per dare il benvenuto. In un’occasione gli occupanti di una canoa si misero a cantare, e con gesto amichevole un uomo si alzò in piedi per spargere piume sull’acqua. (Il piumino d’aquila era simbolo di amicizia e benvenuto). In un’altra occasione un capotribù si avvicinò e diede il benvenuto cantando, accompagnato da un coro di duecento voci sulla spiaggia.

Haida Gwaii, cioè la terra degli haida, consiste di un arcipelago di 150 isole a forma di scimitarra, situato a un centinaio di chilometri a ovest della costa della Columbia Britannica. Questo gruppo di isole avvolte nella nebbia si chiama ora Isole della Regina Carlotta. La calda corrente oceanica proveniente dal Giappone, la corrente di Curoscivo, mitiga il clima delle isole. Tuttavia, nonostante le temperature miti, le isole possono essere investite da forti venti e tempeste.

Chi sono gli haida?

Si sa poco circa l’origine degli haida o il loro arrivo su queste isole, poiché non è mai stato tenuto nessun documento scritto intorno alla loro storia o alla loro cultura. Come le isole stesse sono avvolte nella nebbia, così il loro passato è avvolto nelle nebbie del tempo. Alcuni pensano che gli haida siano arrivati dall’Asia attraverso lo stretto di Bering, mentre secondo altri arrivarono in canoa sulla corrente di Curoscivo. Comunque, tutto ciò che abbiamo è un insieme di tradizioni orali dove realtà e fantasia si confondono. Secondo una leggenda, gli haida uscirono da una grande conchiglia, aperta da un corvo, a Rose Point, sulla punta nordorientale dell’isola di Graham, la più estesa dell’arcipelago.

Tutti questi miti e leggende fanno poca o nessuna luce sull’origine degli haida, ma è degno di nota il fatto che varie storie parlano di un grande diluvio che sommerse le vette più alte, e solo costruendo una grossa zattera di tronchi e caricandola di provviste alcuni sopravvissero. Un anziano haida di Skidegate lo ha confermato: “Molti fra noi conoscono questa storia del Diluvio, poiché è la verità. È realmente accaduto, tantissimi anni fa”.

Gli haida, gente sicura di sé, piena di iniziativa e ricca di inventiva, avevano stabilito un ordinamento sociale piuttosto complesso molto tempo prima del 1774, quando arrivarono gli europei. La nazione si divideva sostanzialmente in due parti: il clan dell’Aquila e quello del Corvo, stabiliti alla nascita attraverso la linea di discendenza della madre. In questa società matrilineare i figli appartenevano sempre al clan della madre. I coniugi dovevano essere scelti solo nell’altro clan, e il fidanzamento era spesso combinato dalla madre quando il figlio o la figlia erano ancora piccoli.

Pali totemici: il loro significato

Le insegne delle famiglie o dei clan, che avevano come simboli creature reali o mitiche, erano un mezzo di identificazione personale di cui gli haida andavano molto fieri. Le insegne del clan dell’Aquila erano contrassegnate da aquile, cormorani, castori o pescicani mirabilmente scolpiti o dipinti, mentre le insegne del clan del Corvo includevano capre delle nevi, orche, grizzly e arcobaleni. Queste insegne non avevano solo una funzione decorativa ma servivano a rappresentare la linea di discendenza, la ricchezza e la posizione sociale della famiglia, oltre che i privilegi, i canti e le leggende del clan.

Mentre i pali totemici scolpiti non erano oggetto di culto, alcune figure delle insegne avevano un significato mitico o spirituale, rappresentando creature soprannaturali, antenati dotati di poteri magici che permettevano loro di trasformarsi in animali e viceversa. Per meno di cent’anni, a partire dal 1840 circa, si fece un gran lavoro per scolpire ed erigere pali totemici. Ora questi grandi pali di conifere, che gli agenti atmosferici hanno scolorito fino a farli diventare color grigio argento, stanno lentamente deteriorandosi e cadendo. Alcuni pali erano alti 18 metri e larghi un metro e mezzo.

Dalla primavera all’autunno gli haida erano impegnati a raccogliere e mettere da parte provviste. Dal mare ricavavano pesci, molluschi, uova d’aringa e alghe in quantità. Cacciavano foche per ottenerne il grasso, che barattavano col grasso del pesce candela, non presente nelle loro acque. Il grasso del pesce candela è apprezzato ancor oggi, essendo usato per insaporire ogni sorta di piatti. Uova d’uccelli, bacche selvatiche, tuberi e selvaggina rendevano più varia l’alimentazione.

Gli haida non erano grandi agricoltori, anche se quando vennero introdotte le patate dal continente impararono a coltivarle e le usarono come mezzo di scambio con le nazioni della terraferma. Nei mesi invernali c’erano i potlac, allegre riunioni in cui le famiglie indossavano spesso i costumi tradizionali fatti di belle pelli di foca. I potlac erano occasioni per scambiarsi doni, un mezzo per distribuire la ricchezza o farsi una posizione nella comunità. Erano giorni per far festa, ballare, cantare e raccontare storie.

I resti dei villaggi haida, sparsi su tutte le isole, indicano che un tempo la popolazione dell’arcipelago era molto numerosa. Al principio dell’Ottocento gli abitanti delle isole erano circa 7.000. Ma quando arrivarono i bianchi portarono con sé le loro malattie e l’alcool, il che portò a un esteso abuso di alcool. Quando scoppiò un’epidemia di vaiolo gli haida, per non essere decimati, abbandonarono i villaggi. Nel 1885 erano scesi ad appena 800 persone.

I vichinghi del Pacifico nordoccidentale

Vivendo in una terra circondata dall’acqua, gli haida si sono sempre trovati a loro agio sul mare, specie nelle loro stupende canoe. Alcune di esse erano così grandi da superare in lunghezza perfino i velieri dei primi esploratori europei! C’erano canoe lunghe fino a 23 metri — capaci di trasportare 40 persone e due tonnellate di carico — mentre quelle usate quotidianamente vicino alla costa erano lunghe 8 metri circa. Con le canoe più grandi gli haida proseguirono incontrastati per secoli le loro scorrerie e i loro traffici, dall’Alaska nel nord fino al Puget Sound nel sud. Incutevano timore e rispetto nei popoli originari del continente e sono stati soprannominati i vichinghi del Pacifico nordoccidentale.

Sebbene ora gli haida abbiano moderne imbarcazioni d’alto mare ben attrezzate, le originali canoe di Thuja plicata non sono state dimenticate. Ne vengono ancora costruite alcune per occasioni speciali, come l’Expo ’86, l’Esposizione Universale tenuta a Vancouver, nella Columbia Britannica. Il legno tenero dei grandi alberi di Thuja plicata era l’ideale per costruire canoe. È un legno a grana diritta, facile da lavorare e non facilmente deteriorabile.

Cos’ha in serbo il futuro?

Gli haida sono ora raggruppati in due villaggi soltanto, Old Masset e Skidegate, e molti si interrogano circa il loro futuro nonché su quello della loro cultura e delle belle “isole della nebbia”. L’abuso di alcool e le malattie hanno senz’altro lasciato un tragico segno. Il fascino della vita cittadina ha causato l’esodo dei giovani che si sono riversati sul continente, nelle città di Prince Rupert e Vancouver. L’abbattimento degli alberi per scopi industriali, anche se ha creato molti posti di lavoro sulle isole, ha destato dubbi e preoccupazioni fra coloro che vedono in questo un pericolo per le loro belle isole.

Le religioni della cristianità hanno esercitato un’altra influenza negativa sul modo di vivere degli haida. I missionari della cristianità, nello zelo di convertire e dominare, non si preoccuparono molto dell’antichissima cultura che vi trovarono. “Non hanno mai cercato di capire gli haida, i loro modi di esprimersi, il loro modo di ragionare, i loro valori”, afferma uno studioso di storia. Uno dopo l’altro, potlac, balli, pali totemici e sciamani (stregoni) furono messi al bando dai missionari. Al tempo del battesimo veniva imposto il cambiamento del nome. Nomi tenuti molto cari, pieni di significato, vennero completamente ignorati e sostituiti da cognomi anglosassoni come Smith, Jones e Gladstone. I nuovi nomi seguirono un sistema patrilineare anziché quello matrilineare usato dagli haida. I missionari cancellarono i loro vecchi valori, ma non li sostituirono con valori basati sulla Bibbia.

In anni più recenti, tuttavia, gli haida sono stati benedetti dall’arrivo sulla loro terra di missionari ben diversi, quelli dei testimoni di Geova. Il loro messaggio ha fatto leva sulle buone qualità degli haida, e dà loro una vera speranza per il futuro. Mentre continuano ad andare di casa in casa in tutte le isole, servendosi a volte di pescherecci e di piccoli aerei privati per raggiungere remoti insediamenti da Cape St. James all’isola di Langara, questi missionari cristiani sono conquistati dalla bellezza relativamente intatta delle Isole della Regina Carlotta nonché dal calore e dalla cortesia degli abitanti.

Come gli esploratori di duecento anni fa, i testimoni di Geova hanno trovato dei veri compagni fra gli haida, mentre portavano diligentemente la buona notizia del Regno di Dio a ogni casa sulle isole. E molte famiglie haida l’hanno accettata, riconoscendo l’accento della verità contenuta nella Parola di Dio, la Bibbia. Studiando la Bibbia coi testimoni di Geova, hanno compreso qual è la vera relazione fra l’uomo e Dio, fra l’uomo e i suoi simili e fra l’uomo e gli animali.

Hanno appreso che il nome dell’“essere supremo” è Geova Dio e non semplicemente la “Potenza dei cieli scintillanti”. Hanno imparato ad apprezzare la fratellanza umana, che tutti gli uomini sono uguali davanti a Geova mediante Cristo Gesù. (Atti 10:34, 35) Inoltre hanno appreso che gli animali, gli uccelli e i pesci sono tutti anime, come l’uomo è un’anima. Non possiedono anime immortali né i poteri soprannaturali attribuiti loro dagli antichi narratori di storie degli haida. — Levitico 24:17, 18; Ecclesiaste 3:18-21; Ezechiele 18:4, 20.

In queste acque ricche di plancton si nutrono dieci diverse specie di cetacei. Sui promontori rocciosi abbondano le otarie di Steller. Le ripide scogliere sono popolate da mezzo milione di uccelli marini, fra cui i rari falchi pellegrini, aquile di mare e corvi imperiali. Pesci di ogni sorta brulicano nelle acque costiere, nei corsi d’acqua e nei laghi. I baribal, un tipo di orso che per grandezza non ha uguale nel mondo, scorrazzano nelle foreste coperte di muschio dove si trovano alberi millenari, tra cui abeti giganteschi (Picea sitchensis) e altre conifere.

I fautori della conservazione della natura temono che questa immacolata bellezza e il ricco habitat delle Isole della Regina Carlotta scompaiano come è accaduto in altre zone che a causa della cattiva amministrazione dell’uomo sono diventate distese spoglie. Tuttavia gli haida che hanno accettato le promesse del Supremo, Geova Dio, guardano con fiducia al futuro, poiché le sue promesse non vengono mai meno. (Giosuè 23:14) Il nostro grande Creatore promette che l’intera terra diverrà un paradiso sotto la giusta amministrazione del Regno di Dio. Allora l’incantevole bellezza delle “isole della nebbia” non sarà mai più minacciata. — 2 Pietro 3:13.

[Immagini a pagina 25]

A fianco: Le pittoresche isole della nebbia

A destra: Pali totemici del villaggio di Ninstints, sulla Anthony Island

Sotto: Otarie di Steller a Cape St. James

[Immagini a pagina 26]

A sinistra: Sala del Regno a Queen Charlotte City

In alto: Ginestre in fiore

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