L’incubo del licenziamento
“Fu come se mi fosse crollato il mondo addosso. Ero in stato di shock”. Responsabile dei sistemi di comunicazione di un’azienda, 44 anni.
“È un duro colpo alla fiducia in se stessi. Ci si sente una nullità”. Direttore contabile, 38 anni.
“A che serve aver creato un tipo di economia che sacrifica le persone nel fiore degli anni?” Dirigente nel campo dell’abbigliamento, 47 anni.
QUALE esperienza accomunava queste persone? La traumatizzante esperienza d’essere state licenziate.
Osservate di nuovo l’età di questi lavoratori. Non erano principianti, per cui pensavano probabilmente di avere un lavoro sicuro. Ed erano nell’età in cui molti arrivano a guadagnare il massimo. Ma la fine del loro impiego giunse rapida quanto inaspettata. “Mi hanno detto di liberare la scrivania e di impacchettare le mie cose”, spiega la donna menzionata sopra. “Mi hanno liquidato, così, in quattro e quattr’otto”.
Cos’è successo
L’incertezza economica non è nulla di nuovo. In molti paesi ci sono sempre stati periodi di relativa prosperità seguiti da recessione o crisi. E le recenti tendenze economiche al ribasso registrate in tutto il mondo, anche prima della guerra del Golfo, hanno mostrato quanto possono essere fragili le economie perfino dopo anni di relativa prosperità. Molti, alcuni per la prima volta, si sono resi conto di non poter prendere il lavoro e il guadagno per scontati.
Il rallentamento dell’attività economica ha avuto un effetto incredibile sulla forza lavorativa. Le aziende sono state costrette a ridurre drasticamente le spese, e ne sono conseguiti spesso licenziamenti in massa. Nelle nazioni industrializzate più ricche che fanno parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economici, c’è stato un momento in cui c’erano complessivamente circa 25 milioni di persone senza lavoro.
“Quasi ogni giorno ricevo telefonate da amici che lavoravano per grandi società e che sono stati licenziati”, ha detto un’arredatrice. “Il volume d’affari di tante ditte con le quali lavoro è calato della metà rispetto a un anno fa”.
Nella vita degli operai lo spettro del licenziamento è sempre stato presente. Ma nella recente recessione anche parecchi impiegati hanno perso il lavoro. “Si tratta dei lavori più apprezzati”, ha detto Dan Lacey, direttore del bollettino d’informazioni Workplace Trends, “i lavori che ci hanno permesso di comprarci la casa in un bel quartiere e di avere due auto”.
Molti di questi impieghi sono sfumati negli ultimissimi anni. E coloro che sono stati licenziati, come diceva Newsweek, si sono trovati “a dover affrontare mutui, figli piccoli, debiti grandi e un futuro sempre più incerto”.
Quali sono gli effetti?
La conseguenza di tutto questo è duplice: Chi è licenziato viene colpito sia sul piano finanziario che su quello emotivo. Il problema finanziario è ovvio. Con un reddito inferiore, bisogna modificare il proprio tenore di vita. Ma la disoccupazione ha pure un effetto emotivo.
Per esempio, la mentalità dei giovani riguardo al lavoro cambia. Diventa normale lavorare solo ogni tanto. Il Wall Street Journal faceva notare che molti giovani inglesi, periodicamente disoccupati, sono divenuti degli “adolescenti perenni”.
Le conseguenze emotive sono molte profonde quando si è licenziati da un’azienda dove si lavorava da anni. “Quando si è licenziati”, ha detto Neil P. Lewis, psicologo di dirigenti, “non si perde solo lo stipendio, ma anche un po’ di fiducia in se stessi”.
Gli psicologi, infatti, hanno notato che il trauma di un licenziamento è simile a quello che accompagna la morte di una persona cara e un divorzio. Lo shock iniziale cede il posto all’ira, poi al dolore e quindi alla rassegnazione. “Alcuni passano attraverso tutte queste fasi in due giorni”, dice Lewis. “Altri ci impiegano settimane e mesi”.
Lo strascico emotivo è evidente anche dal fatto che chi viene licenziato è più facilmente vittima dell’alcool e della droga. La disperazione può anche provocare violenze domestiche o separazioni. “Questi sentimenti devono manifestarsi”, ha dichiarato Stephen Pilster-Pearson, che si occupa di assistenza ai dipendenti presso l’Università del Wisconsin (USA), “e a volte, naturalmente, è la casa il luogo dove si manifestano”.
Reagendo ancora più tragicamente, dopo essere rimasto disoccupato per cinque anni un laureato di Hong Kong decise di porre fine alla sua vita e si gettò sotto un treno.
Perciò quando qualcuno perde il lavoro non è solo il suo portafoglio a soffrirne. Pertanto è urgente guardare oltre l’aspetto finanziario del problema. Sono coinvolti i sentimenti e le famiglie devono cooperare e trovare insieme delle soluzioni.
[Riquadro a pagina 5]
L’espansione economica sta per finire?
L’anno scorso è stato espresso in tutto il mondo il timore di grandi sconvolgimenti nel mondo della finanza. Considerate vari esempi:
Brasile: Una recessione negli Stati Uniti verrebbe “inevitabilmente trasmessa e sentita negli altri paesi industrializzati e, come risultato, porrebbe un ulteriore freno all’aumento delle esportazioni delle nazioni meno sviluppate”. — Fôlha de S. Paulo, San Paolo.
Canada: “È diminuito di molto sia il numero dei datori di lavoro che il numero dei posti di lavoro”. — The Toronto Star.
Francia: “Il mondo sta pervenendo alla fine del più lungo periodo di espansione economica che abbia mai conosciuto. . . . Se i paesi europei non hanno molto da temere a breve termine, grazie alla spinta fornita dalla riunificazione tedesca, non possono aspettarsi di scamparla del tutto. . . . I mercati hanno visto profilarsi il pericolo”. — Le Monde, Parigi.
Germania: “Sono già visibili indicazioni simili a quelle del 1973, quando i prezzi del petrolio salirono di colpo, . . . come [sono visibili anche] i segni della recessione”. — Neues Deutschland, Berlino.
Giappone: “Il valore dei terreni è ora come una sensibilissima bomba piazzata al centro dell’economia mondiale. Se si lasciasse scoppiare la bomba e i prezzi dei terreni scendessero, le banche giapponesi cederebbero mentre [i prestiti] garantiti dai terreni giapponesi perderebbero praticamente qualsiasi valore. Questo, a sua volta, scatenerebbe una recessione mondiale”. — Australian Financial Review, Sydney.
Gran Bretagna: “Anche l’economia britannica, con la sua inflazione dalle radici profonde, gli alti tassi di interesse e la crescita lenta, appare tutt’altro che florida”. — Financial Times, Londra.
Tuttavia la fine della guerra del Golfo al principio del 1991 ha fatto rinascere la speranza di una ripresa dell’attività economica in tutto il mondo. Comunque è evidente che le economie nazionali sono veramente fragili, specie se si considera l’enorme debito di cui sono già oberati molti paesi.