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  • g94 8/7 pp. 20-23
  • Un treno con i “denti”

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  • Un treno con i “denti”
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Svegliatevi! 1994
g94 8/7 pp. 20-23

Un treno con i “denti”

Dal corrispondente di Svegliatevi! in Grecia

IMMAGINATE di trovarvi in mezzo a una gola stretta e disabitata, piena di alberi lussureggianti, dominata da enormi e minacciosi spuntoni di roccia, in fondo alla quale scorre impetuoso un fiume. Proprio quando pensate di essere completamente isolati dal mondo, improvvisamente sentite in lontananza un rumore stridente, come di ferraglia. L’ultima cosa che vi aspettereste di vedere in questo luogo solitario, che sembra così inaccessibile e incontaminato, è un moderno mezzo di trasporto. Ma il rumore è inconfondibile: sta arrivando un treno!

Mentre il rumore si avvicina, notate fra gli alti alberi un trenino, con due sole carrozze e una motrice diesel in mezzo, che si inerpica lentamente sulla ripida salita. Ecco a voi la ferrovia a cremagliera Diakoptón-Kalávryta! Si trova in Grecia, nel Peloponneso, ed è una delle più interessanti e spettacolari d’Europa. In greco questa ferrovia è chiamata odontotòs, che letteralmente significa “dentata”: come vedrete, è un nome molto appropriato.

Perché era necessaria?

La città di Kalávryta, nel Peloponneso settentrionale, è il centro economico e amministrativo della zona. È anche un luogo di interesse religioso e storico a motivo di alcuni famosi monasteri che si trovano nelle vicinanze. Annidata com’è in una valle montana, la città è famosa anche per la sua bellezza naturale, per i boschi che la circondano, per le molte sorgenti e per il clima salubre.

Nel momento più glorioso della sua storia, verso la metà del secolo scorso, la città contava 6.000 abitanti, ma un aspro terreno montuoso la isolava dalle città e dai villaggi costieri. Non c’erano strade selciate o altri mezzi di trasporto, e per raggiungere la città o uscirne bisognava affrontare un viaggio di molte ore in condizioni disagiate, su carri trainati da cavalli o da asini. Il modo più pratico per arrivare alla costa era quello di attraversare una profonda gola in fondo a cui scorre il fiume Vouraikós, che sfocia presso il paese di Diakoptón.

Prima della fine del secolo si decise che di lì sarebbe dovuta passare un’utile e bella ferrovia, un collegamento essenziale con le città costiere. I sopralluoghi, però, rivelarono che il tragitto lungo il quale doveva passare la ferrovia includeva alcune salite molto ripide. Quello che serviva, dunque, era una ferrovia a cremagliera.

Che cos’è una ferrovia a cremagliera? È una ferrovia progettata per percorsi con salite o discese molto ripide; tra le rotaie normali c’è una rotaia dentata, d’acciaio, su cui può ingranare una ruota dentata motrice. Questo impedisce al treno di scivolare indietro quando sale, o in avanti quando scende.

Nel caso della ferrovia a cremagliera Diakoptón-Kalávryta, la massima pendenza è di 1 a 7 (un metro di dislivello ogni sette metri percorsi in orizzontale), e si riscontra in tre diversi punti del tragitto. Perciò, in corrispondenza di questi tre punti, il macchinista deve fermare il treno, ingranare la ruota dentata sulla cremagliera, e continuare a una velocità bassa e controllata.

Superate difficoltà tecniche

Visto il percorso accidentato, la costruzione della ferrovia fu una vera e propria impresa ingegneristica. Il compito venne affidato a una ditta italiana, che iniziò i lavori nel 1891. Per semplificare la costruzione, si optò per una linea a scartamento ridotto (75 centimetri).

Cinque anni dopo, nel 1896, tonnellate e tonnellate di roccia erano state eliminate. Erano state scavate nove gallerie nella roccia ed erano stati costruiti sei ponti. All’inizio tutti i ponti erano in muratura, ad archi, ma anni dopo alcuni furono sostituiti con ponti d’acciaio. Una linea ferroviaria nuova di zecca che si inerpicava per 23 chilometri fino ad un’altezza di 720 metri era pronta. Ora che ne conoscete la storia, vi piacerebbe salire sul treno e godervi il bel tragitto?

Un percorso mozzafiato

Prendiamo il treno del mattino, il n. 1328, che parte dal centro costiero di Diakoptón. La corsa comincia dolcemente e lentamente man mano che attraversiamo il paese. Mentre noi siamo eccitati, la gente del posto, che evidentemente ha fatto questo tragitto molte volte, non si volta nemmeno a guardare il treno che passa. Ma noi proseguiamo con immutata emozione.

Dopo qualche minuto notiamo che si entra in una gola impressionante. È uno spettacolo che mozza il fiato. Alla nostra sinistra il fiume scorre, e sopra di noi incombono enormi massi, su cui crescono dei pini abbarbicati non si sa come. Il fiume sinuoso si è scavato la strada tra le rocce.

La vegetazione è fitta e rigogliosa. Sembra che il nostro treno avanzi strisciando tra boschi di grandi platani e faggi, i cui rami a momenti sfiorano la nostra carrozza. Anche se ormai è quasi un secolo che questa ferrovia è in funzione, alcune parti della gola sono praticamente irraggiungibili, e la loro bellezza si può ammirare solo da lontano.

Arriviamo alla prima fermata, Niámata, dove alcuni contadini del posto scendono e si dirigono a piedi verso i loro campi. Mentre proseguiamo, la salita si fa ancora più ripida. All’improvviso il treno si ferma. Tutto è sotto controllo, naturalmente; è solo che ora il macchinista deve usare la cremagliera e proseguire con cautela. Sentiamo che la ruota dentata collegata al motore ingrana sulla cremagliera, imprimendo alla carrozza un moto più costante. Il passeggero che sta a fianco a noi e che ha già fatto molte volte questo tragitto ci rassicura che tutto sta andando bene, tuttavia ci sentiamo un po’ tesi mentre osserviamo la salita ripidissima che ci attende.

Lungo le pareti della gola, nelle zone più aperte, vediamo grandi grotte che la gente del posto usa come ovili per le pecore. Sul lato sinistro ci sono grotte più piccole con spettacolari stalattiti e stalagmiti. Grandi cascate scendono da ogni parte, e il loro fragore, rinforzato dall’eco, viene amplificato dalla forma della gola. Qui, sulla sinistra, alcune frane hanno improvvisato qualche cascata, che finirà per essere spazzata via dalle veloci acque del fiume. Superiamo alcuni energici viandanti che hanno deciso di camminare anziché prendere il treno.

La gola e il fiume si fanno più profondi, e noi passiamo su un ponte alto. A un certo punto la gola diventa strettissima — tra una parete e l’altra ci saranno a malapena due metri — e il treno deve passare in una galleria che corre parallela allo strapiombo.

Dopo altre gallerie e altri ponti, la gola un po’ alla volta si apre e alla fine diventa una valle stretta, e dopo non molto raggiungiamo la seconda fermata, il paesino di Káto Zakhloroú. Nella stazioncina c’è un cartello che indica che siamo a 601 metri sul livello del mare. Le poche case di questo paesino sorgono su entrambi i lati della valle, nascoste fra enormi platani e noci. Nell’aria c’è molta umidità, e se lo chiedete loro, gli abitanti vi confermeranno che in questa valle buia non hanno visto molto il sole nel corso della loro vita. Per come è fatta la valle e per quanto sono fitti gli alberi, il sole si può vedere solo poche ore al giorno, e d’inverno anche meno.

Dopo Káto Zakhloroú il treno segue un percorso serpeggiante ma più normale, fra salici ed eucalipti, a fianco del letto ora piatto del fiume Vouraikós. Dopo un viaggio spettacolare di 65 minuti, scorgiamo nella foschia mattutina gli edifici di Kalávryta. Pur avendo solo 3.000 abitanti circa, questa città attira molti turisti in ogni stagione dell’anno. Alcuni vengono per i vicini impianti sciistici, altri per il suo bel clima e l’ottima cucina locale.

‘Molto più sicuri che in casa propria’

Scesi dal treno, chiacchieriamo con Ioanní, il macchinista che ci ha portati quassù in maniera così dolce e sicura. “Questo tragitto mi piace sempre”, dice con malcelata soddisfazione. Poi alza gli occhi al cielo, come per ricordare qualcosa, e dice: “Ma d’inverno è dura. Vedete, non sempre il treno è pieno, e ci si sente molto soli in mezzo a questa gola spaventosa. Poi ci sono le frane, la neve, il freddo, e la nebbia implacabile. Tuttavia non cambierei questo tragitto con nessun altro di quelli ‘normali’”.

Quando gli chiediamo quanto è sicura questa ferrovia, Ioanní è categorico: “Si è molto più sicuri su questo treno che in casa propria!” Ed è un dato di fatto che in tutta la storia quasi centenaria di questa ferrovia c’è stato un unico piccolo incidente, senza gravi conseguenze.

Negli anni ’40 e ’50 questo treno singolare fu il mezzo usato per portare “la buona notizia” del Regno di Geova agli abitanti della remota città di Kalávryta e ai paesi vicini, difficili da raggiungere. (Marco 13:10) Come risultato, oggi a Kalávryta c’è una piccola ma zelante congregazione di testimoni di Geova.

Perciò, se pensate di venire in Grecia, perché non includete nel vostro itinerario l’Odontotós Diakoptón-Kalávryta, il treno con i “denti”? Sarà senz’altro una bella esperienza, da ricordare a lungo!

[Riquadro a pagina 21]

“L’aula del tribunale”

Questo è il nome che la gente del posto ha dato a una delle più grandi grotte che si trovano lungo il tragitto della ferrovia. Come mai? Ebbene, la forma delle stalattiti e delle stalagmiti che si trovano in questa grotta ricorda in maniera impressionante l’aula di un tribunale. In fondo si vedono i “giudici”, seduti: figure imponenti costituite da tozze stalagmiti. Da entrambi i lati altre stalagmiti, i “testimoni” e gli “avvocati”, assistono al processo. Infine, all’imboccatura della grotta, si vedono gli “imputati” senza vita, già condannati e impiccati, che pendono dal soffitto della grotta sotto forma di due lunghe stalattiti.

[Cartine a pagina 22]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Il tragitto del treno con i “denti”

GRECIA

Diakoptón → Káto Zakhloroú → Kalávryta

[Immagini a pagina 23]

Nel riquadro in alto: La stazione ferroviaria di Mega Spileon

Sotto: Il treno con i “denti” mentre si inerpica su uno stretto crinale

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