Una vittoria a favore di una minoranza in un paese conformista
DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN GIAPPONE
SETTE telecamere e decine di cronisti attendevano che il giovane querelante facesse la sua comparsa nel Circolo della Stampa dell’Alta Corte di Osaka quando il diciannovenne Kunihito Kobayashi e i suoi genitori entrarono con un largo sorriso sul volto. Mentre essi rispondevano alle domande dei cronisti i flash dei fotografi lampeggiarono ripetutamente.
“Sono molto felice che nel mio caso sia stato emesso un giudizio imparziale”, disse Kunihito. “Vorrei vivere in un mondo in cui tutti potessero essere ammessi in qualsiasi scuola superiore, essere promossi e diplomarsi indipendentemente dalla loro fede religiosa”.
L’Alta Corte di Osaka aveva annullato la decisione della corte inferiore, la Corte Distrettuale di Kobe, e concesso a Kunihito quello che chiedeva: il diritto di ricevere un’istruzione indipendentemente dalla sua fede religiosa.
Il problema
In questo processo era in discussione l’espulsione di Kunihito dall’Istituto Tecnico Industriale Municipale di Kobe (abbreviato Kobe Tech) per non avere partecipato alle esercitazioni di kendo (la scherma tradizionale giapponese) per motivi religiosi. Dopo la decisione della corte di Osaka che revocava i provvedimenti della scuola con cui gli era stata negata la promozione e poi era stato espulso, Kunihito espresse il desiderio di riprendere lo studio dell’elettrotecnica.
Il Kobe Tech aveva insistito perché Kunihito partecipasse alle esercitazioni di kendo nel corso di educazione fisica. Tuttavia, essendo egli testimone di Geova, la sua coscienza educata secondo la Bibbia non gli permetteva di esercitarsi nelle arti marziali. Per il beneficio dei giornalisti presenti alla conferenza stampa, Kunihito aprì la Bibbia e spiegò la sua posizione: “Dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Nazione non alzerà la spada contro nazione, né impareranno più la guerra”. — Isaia 2:4.
Come mai un giovane studente era dovuto ricorrere alla legge per garantirsi la libertà di religione e il diritto di farsi un’istruzione? Il prof. Koji Tonami dell’Università Tsukuba osservò: “A causa dell’apatia e della mancanza di comprensione possono essere imposte restrizioni inaspettate alla fede dei credenti”. Anche se il governo o la comunità non opprimono deliberatamente una religione, possono esserci casi in cui la religione viene soppressa involontariamente.
Perché furono imposte queste “restrizioni inaspettate” al diritto di una minoranza? “Perché la società giapponese tiene in gran conto un sistema sociale che costringe le minoranze a conformarsi alla maggioranza”, risponde il prof. Hitoshi Serizawa dell’Università Aoyama Gakuin. In Giappone le pressioni esercitate sull’individuo perché si conformi alla società sono davvero forti.
Non è facile per i giovani vivere in un sistema scolastico che non accetta quelli che sono diversi. Questo, però, non dovrebbe preoccupare solo una minoranza religiosa. Seguiamo il caso dall’inizio e vediamo cos’era in discussione e in che modo la decisione presa influisce sul pubblico in generale.
Affermato il diritto di una minoranza
Fino al 1990 gli studenti del Kobe Tech non erano tenuti a imparare le arti marziali. Ma dopo la costruzione di una palestra con una sala per le esercitazioni di arti marziali, la scuola cominciò a esigere che gli studenti si esercitassero nel kendo. Nel 1990 gli insegnanti di educazione fisica della scuola assunsero un atteggiamento duro nei confronti dei testimoni di Geova che entravano al Kobe Tech a 16 anni. Quando questi ultimi chiesero di essere esonerati dalle esercitazioni di kendo, un insegnante disse: “Se non potete fare quello che la scuola vi dice di fare, lasciate la scuola!”
Per i giovani Testimoni che si attennero fermamente alla loro fede c’erano scarse probabilità d’essere promossi. Un altro insegnante disse: “Non riceverete la sufficienza neppure se vi impegnate duramente in altri esercizi [di educazione fisica]”. Cinque studenti si attennero alla loro fede nell’insegnamento biblico non impugnando la spada neppure se era fatta di bambù. Tre di loro erano testimoni di Geova battezzati e due non erano battezzati, ma tutti affermavano di credere nella Bibbia. Erano disposti ad accettare qualsiasi attività fisica alternativa gli insegnanti richiedessero.
A motivo del loro atteggiamento, fu loro negata la promozione. Quando nel 1991 ebbe inizio il successivo anno scolastico, gli insegnanti di educazione fisica riunirono i cinque studenti che si erano rifiutati di partecipare alle esercitazioni di kendo e nove studenti del primo anno che avevano la stessa fede e dissero: “Dovrete prendere voti incredibilmente alti se volete essere promossi. È difficile che qualcuno di voi ci riesca”. Gli insegnanti inoltre dissero loro: “Questa non è la scuola dell’obbligo. [In Giappone la scuola dell’obbligo va dalla prima alla nona classe]. Possiamo cacciarvi via”.
I cinque studenti intentarono presso la Corte Distrettuale di Kobe un’azione giudiziaria contro la scuola asserendo che il provvedimento adottato dalla scuola aveva violato il loro diritto costituzionale alla libertà di culto e all’istruzione. Nello stesso tempo i cinque studenti chiesero alla Corte Distrettuale di Kobe e poi all’Alta Corte di Osaka di sospendere il provvedimento che negava loro la promozione affinché potessero seguire le lezioni mentre veniva dibattuta la causa. Tuttavia entrambe le corti respinsero la richiesta.
A due dei cinque studenti fu negata ancora una volta la sufficienza in educazione fisica per il nuovo anno scolastico, e i due furono minacciati di espulsione. Come risultato uno di essi fu convinto dalla scuola a ritirarsi. L’altro si rifiutò di accettare il suggerimento della scuola di ritirarsi e venne espulso: si trattava di Kunihito Kobayashi.
Il regolamento scolastico dice che lo studente che viene bocciato due volte nella stessa classe è soggetto all’espulsione immediata essendo considerato “carente nell’apprendimento senza alcuna prospettiva di conseguire il diploma”. Ma Kunihito poteva definirsi “carente nell’apprendimento”? Anche includendo l’educazione fisica, in cui a causa del problema del kendo non aveva ottenuto la sufficienza ma 48 centesimi, la sua media in tutte le materie era di 90,2 centesimi. Era il primo di una classe di 42 studenti! Aveva una buona condotta e voleva imparare.
Fu chiesto alla Corte Distrettuale di Kobe prima e all’Alta Corte di Osaka poi di sospendere il provvedimento di espulsione, ma entrambe le corti respinsero la richiesta.
La decisione della Corte Distrettuale
Il 22 febbraio 1993, quasi due anni dopo che i cinque studenti avevano intentato causa, la Corte Distrettuale di Kobe emise una sentenza favorevole alla scuola. “Non si può negare che la libertà di culto dei querelanti è stata alquanto limitata dal fatto che la scuola imponeva loro di partecipare alle esercitazioni di kendo”, ammise il presidente della corte, il giudice Tadao Tsuji. Egli concluse però che “i provvedimenti adottati dalla scuola non violavano la costituzione”.
Gli studenti presentarono subito ricorso contro questa sentenza all’Alta Corte di Osaka. La decisione della corte distrettuale, comunque, aveva allarmato molte persone riflessive. Un uomo espresse il suo parere nella rubrica riservata ai lettori del Mainichi Shimbun e disse: “Questa volta la sentenza era incentrata sul giudizio secondo cui ‘tollerare che non si partecipi alle lezioni di kendo per motivi religiosi è contrario alla neutralità religiosa’. Tuttavia neutralità vuol dire non schierarsi né da una parte né dall’altra in una questione. E quando si tratta di neutralità religiosa, si tratta di salvaguardare la fede della minoranza dagli interessi della maggioranza. Perciò questa sentenza nega in pratica la libertà di religione e la corte stessa ha interferito nella neutralità religiosa”.
Molti si allarmarono e si sentirono spinti a dire la loro. Takeshi Kobayashi, professore di diritto costituzionale dell’Università Nanzan, inviò la sua opinione su questo caso all’Alta Corte di Osaka e disse: “Il caso in questione esige che le corti del nostro paese chiariscano come intendono affrontare la sfida di proteggere i diritti delle minoranze. . . . La scuola, dietro la maschera della separazione tra religione e Stato e della posizione neutrale della pubblica istruzione, si è rigidamente rifiutata di tollerare la posizione religiosa di una minoranza sulla base del pensiero condiviso dalla maggioranza. La decisione della corte inferiore ha avallato tali provvedimenti ritenendoli legittimi e costituzionali. Tuttavia, anche se le credenze di una minoranza possono non essere comprese in base a ciò che viene comunemente ritenuto religioso, se tali credenze sono sincere, vanno rispettate. Il tribunale ha lo speciale obbligo di giudicare con la consapevolezza d’essere il supremo difensore della minoranza”.
Un altro giurista, il prof. Tetsuo Shimomura dell’Università Tsukuba, disse: “Ciò che desta preoccupazione in questo caso sono le tendenze dispotiche della scuola, ancora profondamente radicate”. In un’intervista alla televisione disse che espellere uno studente senza offrirgli provvedimenti alternativi rivela carenze negli educatori e mancanza di considerazione per il benessere degli studenti.
Il 22 febbraio 1994 l’Associazione degli Avvocati iscritti all’Albo di Kobe fece una raccomandazione ufficiale al preside del Kobe Tech affinché riammettesse Kunihito. Dichiarò che il provvedimento della scuola di negare la promozione a Kunihito e di espellerlo era una violazione della sua libertà di culto e del suo diritto all’istruzione.
Giudizio imparziale
Mentre si tenevano le udienze del processo di appello quattro dei querelanti, tutti eccetto Kunihito, decisero di ritirare le accuse. Questo perché tre erano già stati promossi alla classe successiva e uno era stato costretto a ritirarsi dalla scuola. Come risultato il punto in discussione era il modo in cui la scuola aveva trattato Kunihito.
I quattro ex compagni di Kunihito, però, lo sostennero moralmente sforzandosi di essere sempre presenti alle udienze. Risparmiando i magri guadagni che ricavava dal suo lavoro a mezza giornata, lo studente che era stato costretto a ritirarsi dalla scuola donò a Kunihito 100.000 yen perché continuasse la sua battaglia legale.
Il 22 dicembre 1994 Kunihito e gli altri studenti attendevano la sentenza del giudice Reisuke Shimada, presidente dell’Alta Corte di Osaka.
“La sentenza originale è revocata”, decretò il giudice Shimada.
Il giudice Shimada, nella sua memorabile sentenza, decretò che la ragione per cui Kunihito aveva rifiutato di partecipare alle esercitazioni di kendo era sincera. Disse che il Kobe Tech, essendo un istituto scolastico pubblico, ha l’obbligo di interessarsi dell’istruzione dei suoi studenti. Dichiarò pure che le conseguenze sfavorevoli che Kunihito aveva dovuto sopportare per essersi rifiutato di partecipare alle esercitazioni di kendo erano enormi e che il provvedimento di espulsione lo privava in effetti di ogni opportunità di ricevere un’istruzione.
Il giudice Shimada sentenziò che la scuola doveva provvedere delle alternative. Fornendo tali alternative, disse, non si promuove o non si favorisce in alcun modo la religione dell’appellante né si opprimono altri studenti. “Non c’è nessuna prova che l’Appellato [la scuola] abbia attentamente valutato le misure alternative”, dichiarò il giudice. “Anzi, . . . l’Appellato ha continuato ostinatamente a non tollerare il rifiuto di partecipare alle esercitazioni di kendo e non ha neppure preso in considerazione le possibili alternative”.
In che modo questa decisione riguarda anche voi
Perché questa vittoria di un giovane appartenente a una minoranza dovrebbe interessarvi? In un suo libro Archibald Cox, già pubblico ministero straordinario nel caso Watergate, fece una domanda simile riguardo alla posizione dei testimoni di Geova verso il saluto alla bandiera negli Stati Uniti: “Perché preoccuparsi della libertà spirituale di questa piccola minoranza?” — The Court and the Constitution.
Rispondendo a questa domanda Cox disse: “La risposta si può trovare in parte nella premessa della dignità individuale su cui poggia la nostra società, una dignità che spetta sia agli ortodossi che ai non conformisti. In parte si può trovare nella consapevolezza che se lo Stato può mettere a tacere i testimoni di Geova . . . , i prossimi a esser messi a tacere potremmo essere noi”.
Il prof. Takeshi Hirano dell’Università Ryukoku, condividendo il pensiero di Cox, disse riguardo a questo caso del kendo: “Le persone riflessive ritengono di dovere ai testimoni di Geova, che hanno combattuto per i loro diritti in molti processi, la libertà di culto di cui si gode ora negli Stati Uniti. Si spera che anche nel nostro paese [Giappone] la libertà di culto sarà affermata e confermata mediante cause come questa”.
I testimoni di Geova hanno fatto di tutto per difendere legalmente le proprie credenze e hanno contribuito in notevole misura ad affermare i fondamentali diritti umani nel XX secolo. In molti paesi i testimoni di Geova sono stati in prima linea nelle battaglie legali combattute in difesa del diritto dei pazienti a una scelta informata delle cure mediche, del diritto delle persone di decidere come mostrare rispetto per la bandiera nazionale e del diritto dell’individuo di parlare ad altri delle proprie credenze. La vittoria presso l’Alta Corte di Osaka aggiunge un altro capitolo alla storia del contributo dato dai testimoni di Geova all’affermazione dei diritti delle minoranze.
Rispettiamo altri che hanno valori diversi
Oltre al vantaggio di promuovere i diritti dell’uomo, il fatto di tollerare le credenze delle minoranze influisce sulla vostra vita in un altro modo. Il prof. Kaname Saruya dell’Università Femminile Komazawa riferendosi a questo caso ha detto: “La libertà di religione che è riconosciuta dalla costituzione è stata ignorata solo perché lo studente era diverso. In Giappone è molto comune escludere ciò che è diverso”.
Nella società odierna la pressione esercitata al fine di eliminare ciò che è diverso, o ciò che si distacca dalla norma, è molto forte. Le prepotenze, così comuni nelle scuole giapponesi come pure in altri paesi, sono un esempio di questa tendenza a isolare ciò che è diverso dalla comunità. Commentando il problema delle prepotenze a scuola, Hiroshi Yoshino, sovrintendente generale della Polizia Metropolitana di Tokyo, ha detto che in base a un’indagine effettuata dall’Istituto Nazionale delle Ricerche di Scienza della Polizia le giustificazioni che gli studenti prepotenti adducevano per spiegare il loro comportamento riguardavano quasi sempre la personalità e le azioni degli studenti angariati, che erano diversi. Ha concluso dicendo: “Penso che un elemento morboso nascosto in profondità nella società giapponese stia ora affiorando: il rifiuto delle idiosincrasie o di ciò che è fisicamente e mentalmente diverso”.
La tendenza a escludere dalla società ciò che è diverso è evidente ovunque, non solo in Giappone. Eppure la capacità di tollerare valori diversi è il segreto di una coesistenza pacifica. A questo riguardo un editoriale dell’Asahi Shimbun diceva che le decisioni della Corte Distrettuale di Kobe e dell’Alta Corte di Osaka “erano in netto contrasto”. “Le due decisioni”, diceva il giornale, “sembrano rappresentare due modi di pensare”: da una parte la tirannide della classe dirigente, dall’altra la tolleranza verso valori diversi.
Siete pronti a tollerare valori diversi? Siete disposti a investigare la validità della posizione assunta da altri? È interessante che Archibald Cox, menzionato prima, aggiunse un altro motivo per cui dovremmo interessarci delle minoranze: “Parte [della risposta] si trova nella consapevolezza che qualche strana minoranza potrebbe scoprire la verità, una verità rimandata o persa per sempre se viene soppressa”.
Evidentemente il Kobe Tech non è interessato alla verità che potrebbe aver soppresso, né si è mostrato tollerante. Anzi, ha presentato ricorso contro la sentenza alla Corte Suprema del Giappone. Cosa sentenzierà la Corte Suprema? Aspettiamo e vedremo.
[Immagine a pagina 14]
Kunihito (al centro) e gli altri quattro querelanti originali