L’Iditarod: Dieci secoli per affermarsi
DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN ALASKA
ALLUNGANDO il collo guardiamo lungo la strada principale della cittadina. C’è una folla di persone, insieme alle telecamere e ad altre attrezzature dei giornalisti. Guardiamo tutti in fondo alla strada. Attendiamo che il vincitore dell’“Iditarod, l’ultima grande corsa”, tagli il traguardo qui a Nome, in Alaska.
La più famosa corsa di cani da slitta del mondo, che copre un tragitto di circa 1.800 chilometri, è durata effettivamente più di dieci giorni. L’anno scorso durò nove giorni e alcune ore. Dato che quest’anno le prime 24 ore della corsa, che comprendono la cerimonia d’inizio, non sono incluse nel tempo ufficiale, i tempi non si possono paragonare. Si sono iscritti decine di guidatori di vari paesi, inclusi veterani di altre corse.
Immaginate di passare dieci giorni o più, quasi sempre da soli, in una regione inospitale. Dovete superare valichi di montagna, gole ghiacciate, tratti di tundra, ampi fiumi gelati usati a volte come strade e blocchi irregolari di ghiaccio galleggianti, oltre a resistere a temperature polari mentre procedete costantemente verso la vostra destinazione qui a Nome.
Notiamo l’eccitazione prodotta da questa manifestazione di coraggio e di cooperazione fra uomo e cane e ci chiediamo: ‘Dov’è cominciato tutto questo?’
Gli inizi
È vero che le corse con i cani da slitta sono un hobby relativamente nuovo, ma i cani da slitta vengono usati da almeno mille anni. In origine i cani e le slitte erano usati principalmente per trasportare merci sopra le nude distese innevate delle regioni artiche. La prima menzione scritta di cani usati per trainare slitte si trova in letteratura araba che risale al X secolo. Alcuni esperti ritengono che siano stati i ciukci, popolazione siberiana, a far uso per primi del cane e della slitta.
Fu l’oro a preparare il terreno per l’originaria Pista di Iditarod. Nel 1908 fu scoperto l’oro in una regione dove gli athabasca, una popolazione amerindia, cacciavano i caribù. Essi chiamarono la zona Haiditarod, che significa “il luogo lontano”, poi anglicizzato in Iditarod. Come risultato fu creata una pista di 1.800 chilometri che arrivava fino a Nome, passando per la cittadina di Iditarod. Col tempo prese il nome di Pista di Iditarod.
Al tempo della febbre dell’oro in Alaska e Canada, le slitte trainate dai cani trasportavano attrezzature, posta e oro attraverso le immense distese. Secondo una notizia, alla fine del 1911 quattro mute di cani trasportarono 1.200 chili di oro in un’unica spedizione lungo la Pista di Iditarod, arrivando a Knik (Alaska) il 10 gennaio 1912.
Nascono le moderne corse di cani da slitta
All’epoca della febbre dell’oro, quando venivano utilizzate tante mute di cani, era normale che i guidatori credessero che la loro muta o il loro cane di testa fossero i migliori in quanto a forza, velocità o intelligenza. Perciò le gare erano frequenti. Poi nel 1908 si tenne a Nome la prima corsa di cani da slitta organizzata, la All-Alaska Sweepstakes. Questa antenata delle moderne corse di cani da slitta preparò i guidatori per un’altra corsa, in cui la posta in palio non era un premio in oro ma la salvezza di vite umane.
La corsa del 1925 per portare il siero a Nome
Questa storica corsa vide impegnati dei cani da slitta contro la morte. Nel gennaio 1925 a Nome si era diffusa la difterite. Essendoci la minaccia di un’epidemia, si doveva far giungere rapidamente a Nome una scorta di siero. Venne organizzata una corsa a staffetta con 20 guidatori e le loro mute. La prima muta partì da Nenana con una temperatura di 46°C sotto zero, dando così inizio a una staffetta tra villaggi distanti in genere 50-80 chilometri l’uno dall’altro. La maggior parte della corsa si svolse al buio, perché in quel periodo dell’anno il giorno artico dura solo tre o quattro ore.
Gli oltre mille chilometri del viaggio fino a Nome furono percorsi in cinque giorni e otto ore, un viaggio che normalmente richiedeva 25 giorni. I guidatori procedevano in mezzo a furiose bufere di neve con una temperatura che, tenuto conto del vento, equivaleva a 57°C sotto zero o anche più. Fu un’impresa così straordinaria che il presidente americano Calvin Coolidge consegnò una medaglia e un attestato a ciascun partecipante.
Cani di testa
Il cane di testa di una muta è molto importante. Pochissimi cani possono essere utilizzati come cani di testa. Bisogna ricordare che, secondo il numero dei cani di una muta, il cane di testa può trovarsi 15-20 metri più avanti del guidatore, o anche più avanti. Nel buio o nel bianco accecante della neve, o nelle curve, il cane di testa può essere del tutto fuori della vista del guidatore. Perciò è compito di questo cane fiutare la pista e seguirla, scegliere la strada più sicura e prendere altre decisioni man mano che ne sorge il bisogno, indipendentemente dal padrone.
L’anno scorso l’alaskana DeeDee Jonrowe, che l’anno prima era giunta seconda nella corsa, ha dovuto rinunciare a Barkley, il suo cane di testa più fidato. È stata una grave perdita per la muta. Due anni fa Lavon Barve, un guidatore che aveva partecipato dieci volte all’Iditarod, ha dovuto abbandonare la corsa a 369 chilometri da Nome, essendo diventato rauco a forza di urlare comandi ai due cani di testa inesperti.
Questo non vuol dire che i meriti siano tutti del cane di testa e che il guidatore faccia poco per guidare la muta. Ne ha invece il controllo e la guida gridando ordini, come “gee” (destra), “haw” (sinistra) o “whoa” (alt). Il comando francese “marche” che si usava un tempo, e che poi era stato anglicizzato in “mush”, è stato in genere sostituito da “hike”, un termine comune nel football americano, o dal semplice “let’s go” (andiamo). Questi comandi o altri simili permettono di far partire e di dirigere la muta. Grazie ad essi e con l’aiuto di un uncino da neve, una specie di ancora che viene piantata nella neve per impedire ai cani troppo impazienti di partire prima del tempo, di solito si riesce a tenere la muta sotto controllo.
Diciamo “di solito” perché Mark Nordman, un guidatore del Minnesota, avrebbe qualcosa da dire sulla fidatezza dei cani di testa e sulla prontezza della muta a rispondere ai comandi. In una recente corsa, poco prima di arrivare a un posto di controllo, fermò la muta per districare alcune corde che si erano aggrovigliate. Mentre lavorava, i cani si attorcigliarono nei finimenti, sganciando il cavo metallico che rimorchia la slitta e a cui è attaccato ciascun cane, e si misero a correre. Mentre la muta si allontanava dalla slitta, Mark si tuffò per afferrare il cavo, riuscendo ad acchiapparlo proprio dietro gli ultimi cani. (Perdere la muta in una distesa desolata può essere molto pericoloso). Per il successivo mezzo chilometro si ritrovò a fare lo spazzaneve e lo sci acquatico mentre la muta lo trascinava in mezzo a cumuli di neve e nei canali di straripamento dei fiumi. Aggrappato al cavo, con la giacca a vento piena d’acqua e un mucchio di ghiaccio sotto il mento, continuava a urlare ai cani di fermarsi. Alla fine i cani ubbidirono e lui poté tornare indietro a ricuperare la slitta abbandonata. Alla faccia dell’ubbidienza dei cani di testa!
Certe volte, però, la fidatezza dei cani di testa dà risultati migliori. Durante l’Iditarod è difficile riuscire a dormire. Quando la pista è diritta e pianeggiante, talvolta il guidatore può affidare la muta al cane di testa e fare un pisolino nella slitta. Mentre lui dorme i cani continuano di buona andatura verso la loro destinazione, Nome.
A volte, su una buona pista, una muta può facilmente raggiungere i 18-19 chilometri orari o anche i 30 chilometri orari per tratti più brevi. La velocità media è molto inferiore, ma spesso questi cani percorrono 160 chilometri al giorno. Una muta che ha vinto la corsa ha tenuto una media di circa 7 chilometri all’ora per tutt’e dieci i giorni della corsa.
Il cane da slitta alaskano
Alcuni si chiedono se i cani da slitta non vengano maltrattati, essendo sfruttati dall’uomo. Visti gli abusi che a volte gli animali hanno subìto per colpa dell’uomo, questa è una preoccupazione ragionevole.
I cani da slitta sembrano assolvere il loro compito con entusiasmo: la linea di partenza risuona dei latrati con cui ogni cane esprime il desiderio di lanciarsi sulla pista. Alcuni cani sono davvero impazienti: una muta di dieci cani tirò con tanto vigore i finimenti da trascinare il camioncino a cui era legata, e il camioncino aveva la marcia inserita e il freno a mano tirato!
I guidatori si preoccupano molto del benessere dei loro cani. Alle fermate, buona parte del tempo la dedicano a preparare loro da mangiare, a stendere la paglia per isolarli dalla neve mentre dormono, a controllare gli stivaletti che proteggono loro le zampe, e a curare eventuali ferite. Per i guidatori che partecipano all’Iditarod il riposo si riduce a sonnellini di un’ora e mezzo o due, anche se c’è una fermata obbligatoria di 24 ore in cui i guidatori possono concedersi sei o sette ore di riposo. I cani, fortunatamente, si riposano di più.
Una regola empirica è che un cane non deve trainare un peso superiore al suo. Il peso di una slitta usata nell’Iditarod, incluso quello del guidatore, oscilla fra i 140 e i 230 chili. Se un guidatore ha una muta di 15 cani, ciascuno traina circa 15 chili o meno, molto meno del peso medio di un cane, che è di 25 chili. Inoltre per gran parte del tempo il guidatore non viaggia sulla slitta ma le corre dietro e la spinge, magari dando una mano in salita o in un tratto dove il terreno è accidentato.
Tuttavia, nonostante le cure che i guidatori prestano ai loro cani, c’è chi dice che le corse danneggiano alcuni animali. Una lettera scritta al New York Times faceva notare che secondo la Humane Society (un ente per la protezione degli animali) degli Stati Uniti alcuni cani non riescono a portare a termine la corsa e altri addirittura muoiono perché vengono sfruttati troppo. È stato detto che questo è dovuto in buona parte al fatto che le società che sponsorizzano la corsa offrono premi altissimi.
Quattro tipi di cani
Che tipo di cane è quello che riesce a reggere il ritmo e, a quanto pare, con piacere? Qualsiasi cane addestrato al traino può essere un cane da slitta. Ma il cane da slitta usato per le corse in Alaska appartiene di solito a uno di quattro tipi principali: l’alaskan malamut, il siberian husky, l’alaskan husky o il cane dei villaggi o cane indiano, secondo la classificazione che ne fa la scrittrice Lorna Coppinger nel suo libro The World of Sled Dogs (Il mondo dei cani da slitta).
1) L’alaskan malamut è una razza distinta originaria delle regioni artiche. Gli esploratori russi trovarono il malamut presso gli inuit, una popolazione nativa dello stretto di Kotzebue chiamata allora mahlemut o malemiut. Questo cane ha una grossa corporatura ed è molto forte. Si dimostrò ottimo per il trasporto di carichi pesanti al tempo della febbre dell’oro. La sua minore velocità è compensata dalla sua straordinaria forza e resistenza.
2) Anche il siberian husky, che spesso ha gelidi occhi azzurri, è una razza riconosciuta. È piccolo, intelligente e veloce e ha macchie molto caratteristiche. Fu introdotto in Alaska per la prima volta nel 1909 da un mercante di pellicce russo che iscrisse la sua muta di dieci siberian husky alla seconda edizione della All-Alaska Sweepstakes.
3) L’alaskan husky non viene considerato una razza ma è riconosciuto come una varietà a parte, avendo parecchi tratti caratteristici. È un miscuglio di cani del nord e trae il suo nome da un termine locale per eschimese, husky o huski, che significa “mangiatore di carne cruda”. Il nome non è fuori luogo, perché in passato i guidatori del nord spesso sfamavano le loro mute con pesce essiccato.
4) Il cane indiano, o cane dei villaggi, il più comune cane da slitta usato oggi nelle corse in Alaska, spesso non si può classificare. È il frutto di anni di incroci che sfruttano il pool genetico presente nell’area di un determinato villaggio. Questo cane può percorrere un chilometro in due minuti circa e portare a termine una corsa di 30 chilometri a più di 27 chilometri orari e avere ancora bastante energia per aspettare con impazienza la corsa dell’indomani. Sebbene questo cane ad alcuni non piaccia molto, se ha la giusta andatura, il guidatore lo trova bellissimo.
Il traguardo
L’arrivo del vincitore non pone fine all’Iditarod. Possono passare altri otto-dieci giorni prima che la corsa sia ufficialmente conclusa e che il Red Lantern Award (premio “lanterna rossa”) sia consegnato all’ultimo concorrente che taglia il traguardo. Il simbolo della lanterna rossa risale ai giorni della ferrovia quando all’ultimo vagone del treno veniva appesa una lanterna rossa.
Riflettendo sull’Iditarod, rimaniamo affascinati dall’efficiente collaborazione fra l’uomo e il cane che permette di percorrere oltre 1.800 chilometri su terreno estremamente difficile con un tempo inclemente. Eppure alcuni coprono il tragitto in circa dieci giorni e mezzo. Siamo inoltre colpiti dalle meravigliose capacità fisiche e mentali di cui il Creatore ha dotato l’uomo e l’animale, capacità che consentono di compiere una simile impresa.
[Fonte dell’immagine a pagina 17]
Foto: © Jeff Schultz/ Alaska Stock Images