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  • g98 8/1 pp. 19-23
  • Una corte europea corregge un’ingiustizia

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  • Una corte europea corregge un’ingiustizia
  • Svegliatevi! 1998
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  • Incarcerati illegalmente
  • Dentro e fuori dal carcere
  • Una vasta reazione
  • L’appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo
  • Riparata l’ingiustizia
  • Riaffermata la libertà di religione
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Svegliatevi! 1998
g98 8/1 pp. 19-23

Una corte europea corregge un’ingiustizia

DAL CORRISPONDENTE DI SVEGLIATEVI! IN GRECIA

IN GRECIA il servizio militare è obbligatorio. In qualsiasi momento, circa 300 testimoni di Geova sono in galera per essersi rifiutati di svolgere il servizio militare. Amnesty International li considera prigionieri di coscienza e più volte ha fatto pressione sui governi che si sono succeduti in Grecia affinché li liberassero e approvassero una legge che consenta loro di svolgere un servizio civile di natura non punitiva.

Nel 1988 fu varata una nuova legge sul servizio militare. Fra le altre cose, stabiliva che “sono esentate dal servizio militare le seguenti categorie di persone: . . . Le reclute che sono ministri religiosi, monaci o novizi di una religione riconosciuta, nel caso lo desiderino”. I ministri religiosi della Chiesa Ortodossa Greca ottengono sempre l’esenzione con la massima facilità, senza vedere lesi in nessun modo i propri fondamentali diritti umani. Si sarebbe potuto dire la stessa cosa dei ministri di una religione minoritaria? I fatti avrebbero ben presto fornito la risposta.

Incarcerati illegalmente

In armonia con questa legge, alla fine del 1989 e all’inizio del 1990 Dimitrios Tsirlis e Timotheos Kouloumbas, ministri religiosi nominati dalla Congregazione Centrale dei Cristiani Testimoni di Geova della Grecia, presentarono domanda di esenzione dal servizio militare presso i rispettivi uffici di reclutamento. Insieme alla domanda, presentarono documenti che attestavano la loro qualifica di ministri religiosi attivi. Come ci si aspettava, le loro domande furono respinte con la motivazione capziosa che i testimoni di Geova non appartengono a una “religione nota”.

I fratelli Tsirlis e Kouloumbas si presentarono ai rispettivi centri di addestramento delle reclute e furono arrestati con l’accusa di insubordinazione e messi in carcere. Nel frattempo, la Direzione Generale della Difesa Nazionale respinse il loro appello contro la decisione degli uffici di reclutamento. Le autorità militari giustificarono la loro decisione dicendo che il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Greca le aveva informate che la fede dei testimoni di Geova non è una religione riconosciuta! Questo contraddiceva le sentenze di vari tribunali civili che avevano affermato che i testimoni di Geova sono a tutti gli effetti una religione nota.

A loro volta i tribunali militari giudicarono Tsirlis e Kouloumbas colpevoli di insubordinazione e li condannarono a quattro anni di carcere. I due fratelli impugnarono queste sentenze presso il Tribunale Militare d’Appello, il quale, per vari motivi, rimandò per tre volte il processo d’appello. Tuttavia, ogni volta si rifiutò di concedere agli appellanti la libertà provvisoria, nonostante la legge greca riconosca questo diritto.

Nel frattempo, nel corso di un altro procedimento legale, la Corte Suprema Amministrativa annullò le decisioni della Direzione Generale della Difesa Nazionale, riconoscendo che i testimoni di Geova appartengono a tutti gli effetti a una religione nota.

Nei 15 mesi che Tsirlis e Kouloumbas passarono nel carcere militare di Avlona furono trattati, come gli altri Testimoni detenuti, in maniera particolarmente crudele e umiliante. Una notizia dell’epoca parlava delle “squallide condizioni carcerarie in cui vivono” i detenuti testimoni di Geova, e menzionava “la carne avariata e le code di topo, che spesso vengono servite insieme al cibo, la riduzione degli orari di visita a seconda dei capricci dell’Amministrazione, la mancanza di spazio dovuta al sovraffollamento delle celle e il trattamento molto più duro riservato ai detenuti che sono obiettori di coscienza”.

Alla fine il Tribunale Militare d’Appello assolse i fratelli Tsirlis e Kouloumbas, ma nello stesso tempo stabilì che lo Stato non era obbligato a risarcirli della detenzione in quanto “tale detenzione era dovuta a grave negligenza da parte degli appellanti”. Questo sollevò domande legittime negli ambienti giuridici: Chi era colpevole di grave negligenza? I Testimoni o i tribunali militari?

I fratelli furono immediatamente rimessi in libertà e alla fine furono congedati dalle forze armate in quanto ministri religiosi. Quando furono rimessi in libertà, Amnesty International annunciò che accoglieva con piacere la notizia della liberazione di Dimitrios Tsirlis e Timotheos Kouloumbas ed esprimeva la speranza che in futuro i ministri dei testimoni di Geova sarebbero stati esentati dal servizio militare in conformità con quanto disposto dalla legge greca. Ben presto, però, questa speranza sarebbe andata in fumo.

Dentro e fuori dal carcere

Un altro ministro religioso nominato dei testimoni di Geova ha dovuto affrontare una prova leggermente diversa per lo stesso motivo. L’11 settembre 1991 anche Anastasios Georgiadis presentò domanda di esenzione dal servizio militare. Sei giorni dopo l’ufficio di reclutamento gli comunicò che la sua domanda era stata respinta, anche in questo caso perché il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Greca non riconosce i testimoni di Geova come una religione nota. E questo nonostante le chiare sentenze emesse dalla Corte Suprema Amministrativa nel caso Tsirlis e nel caso Kouloumbas!

La risposta scritta della Direzione Generale della Difesa Nazionale diceva: “L’Amministrazione è giunta a una decisione negativa riguardo alla domanda [di Georgiadis], sulla base dell’opinione competente espressa dal Santo Sinodo della Chiesa di Grecia, il quale non considera i testimoni di Geova una religione nota”. — Il corsivo è nostro.

Il 20 gennaio Georgiadis si presentò al Campo di Addestramento di Nafplion e fu immediatamente messo in cella di rigore. In seguito fu trasferito nel carcere militare di Avlona.

Il 16 marzo 1992 il Tribunale Militare di Atene assolse Georgiadis. Era la prima volta che un tribunale militare greco riconosceva che i testimoni di Geova sono a tutti gli effetti una religione nota. Il direttore del carcere militare di Avlona lo rimise immediatamente in libertà, ma gli ordinò di presentarsi di nuovo il 4 aprile presso il centro di reclutamento di Nafplion. In quella data Georgiadis si rifiutò nuovamente di arruolarsi e fu nuovamente accusato di insubordinazione, messo in carcere per la seconda volta e rinviato a giudizio.

L’8 maggio 1992 il Tribunale Militare di Atene lo assolse dalla nuova imputazione, ma stabilì che non aveva diritto ad alcun risarcimento per la detenzione. Georgiadis fu immediatamente rilasciato dal carcere militare di Avlona, ma gli fu ordinato di presentarsi per la terza volta al centro di reclutamento di Nafplion il 22 maggio 1992! Di nuovo si rifiutò di arruolarsi e per la terza volta fu accusato di insubordinazione e incarcerato.

Il 7 luglio 1992 la Corte Suprema Amministrativa annullò la sentenza del settembre 1991, sostenendo che i testimoni di Geova appartengono a tutti gli effetti a una religione nota. Il 27 luglio 1992 Georgiadis fu finalmente liberato dal carcere militare di Salonicco. Il 10 settembre 1992 il Tribunale Militare di Salonicco lo assolse ma sostenne che non aveva diritto a un risarcimento perché anche in questo caso la sua detenzione sarebbe stata ‘dovuta a grave negligenza da parte sua’.

Una vasta reazione

Commentando il caso di Georgiadis, il Parlamento Europeo ha dichiarato: “Questa situazione è un caso di discriminazione ai danni dei ministri religiosi dei testimoni di Geova alla luce del principio di uguaglianza davanti alla legge e del diritto di ricevere un uguale trattamento”.

Nel febbraio 1992 Amnesty International affermò che “ritiene che [Anastasios Georgiadis] sia stato detenuto solo sulla base di un trattamento discriminatorio ai danni dei ministri testimoni di Geova da parte delle autorità militari e ne chiede l’immediato e incondizionato rilascio come prigioniero di coscienza”.

Persino la pubblica accusa del tribunale militare, in uno dei processi di Georgiadis, fu costretta ad affermare: “Il livello culturale di una società si nota da come affronta determinate situazioni in cui sono coinvolti i suoi cittadini. Se noi qui in Grecia desideriamo che il nostro livello culturale sia in armonia con gli standard europei, se vogliamo progredire, allora dobbiamo adeguarci alle norme internazionali e liberarci del pregiudizio. Un settore in cui questo è particolarmente evidente è il rispetto per i diritti personali dei cittadini. Tuttavia, gli episodi reali e le tattiche dell’amministrazione indicano chiaramente il pregiudizio e l’intolleranza religiosa prevalenti nei confronti delle minoranze religiose. Il caso in questione è vergognoso”.

Ian White, membro del Parlamento Europeo proveniente dalla città inglese di Bristol, ha scritto: “L’idea che i testimoni di Geova non siano ‘una religione nota’ farebbe sorridere molti in questa contea. Sicuramente, pur essendo relativamente pochi di numero, i Testimoni sono ben conosciuti in questo paese e visitano spesso le persone di porta in porta”. Con oltre 26.000 Testimoni che predicano in Grecia, difficilmente si possono definire una ‘religione sconosciuta’!

Dieci parlamentari europei hanno scritto una lettera in cui esprimono indignazione per il caso Georgiadis, dicendosi “estremamente sorpresi e addolorati” per tali violazioni dei diritti umani in Grecia.

L’appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo

Una volta assolte e scarcerate, tutte e tre le vittime di questa discriminazione religiosa si sentirono moralmente in dovere di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La motivazione del loro appello era la detenzione illegale, che di per se stessa si era rivelata ingiusta, e le torture psicologiche e fisiche che avevano subìto, come pure gli enormi danni morali e sociali derivanti dall’essere stati ripetutamente privati della libertà per un periodo di tempo così lungo. Per questi motivi chiesero un adeguato risarcimento.

La Commissione europea dei diritti dell’uomo giunse alla conclusione unanime che nei casi di Tsirlis e Kouloumbas c’era stata una violazione del diritto alla libertà e all’incolumità personale, che la loro detenzione era illegale, che avevano diritto a un risarcimento e che non avevano avuto un’udienza corretta in tribunale. La Commissione giunse a una conclusione simile nel caso di Georgiadis.

Riparata l’ingiustizia

L’udienza fu fissata per il 21 gennaio 1997. Quel giorno l’aula del tribunale era affollata: c’erano studenti della locale università, giornalisti e vari testimoni di Geova provenienti da Grecia, Germania, Belgio e Francia.

Panos Bitsaxis, l’avvocato dei Testimoni, parlò del “continuo, ostinato e pervicace rifiuto da parte delle autorità greche di riconoscere l’esistenza di una minoranza religiosa”, ovvero i testimoni di Geova. Denunciò la prassi delle autorità greche di basare la propria opinione ufficiale in merito ai Testimoni sul punto di vista dei loro principali oppositori: la Chiesa Ortodossa Greca! Proseguì dicendo: “Fino a che punto questo si può tollerare? . . . E fino a quando?” Menzionò il “rifiuto di riconoscere una data comunità religiosa, un rifiuto che appare assurdo se si nota che è direttamente, apertamente e irragionevolmente contrario alla legalità, contrario a decine di sentenze della Corte Suprema Amministrativa”.

Il rappresentante del governo greco confermò l’atteggiamento prevenuto delle autorità greche sostenendo: “Non bisogna dimenticare che praticamente tutta la popolazione della Grecia appartiene alla Chiesa Ortodossa da secoli. Una naturale conseguenza di ciò è che l’organizzazione di tale Chiesa e lo status dei suoi ministri e il loro ruolo nella Chiesa sono perfettamente chiari. . . . Lo status dei ministri della Chiesa dei Testimoni di Geova non è altrettanto chiaro”. Che flagrante ammissione dei pregiudizi che condizionano il trattamento riservato alle minoranze religiose in Grecia!

Riaffermata la libertà di religione

La sentenza fu pronunciata il 29 maggio. Il Presidente della Sezione, Rolv Ryssdal, lesse la sentenza. La Corte, composta di nove giudici, riteneva unanimemente che la Grecia aveva violato gli articoli 5 e 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Inoltre, stabiliva che ai richiedenti fosse corrisposta la somma di circa 130 milioni di lire a titolo di risarcimento e rimborso spese. Ciò che più conta, la sentenza includeva molti argomenti degni di nota a favore della libertà di religione.

La Corte riconosceva che “le autorità militari avevano ignorato sfacciatamente” il fatto che i testimoni di Geova, in base alle sentenze della Corte Suprema Amministrativa, sono riconosciuti in Grecia come “religione nota”. Essa osservava inoltre: “L’ostinazione delle autorità in questione nel non riconoscere i testimoni di Geova come ‘religione nota’ e il conseguente disprezzo per il diritto degli appellanti alla libertà sono stati di natura discriminatoria se paragonati con il modo in cui i ministri della Chiesa Ortodossa Greca ottengono l’esenzione”.

I mezzi di informazione greci hanno fatto grande pubblicità al caso. Athens News ha scritto: ‘Corte e[uropea] stronca la Grecia in un ricorso su Geova’. La sentenza del caso Tsirlis & Kouloumbas e Georgiadis contro la Grecia fa sperare che lo Stato greco adegui la propria legislazione alla sentenza della Corte europea, di modo che i testimoni di Geova in Grecia possano godere di libertà religiosa senza interferenze amministrative, militari o ecclesiastiche. Inoltre, questa sentenza va ad aggiungersi alle altre che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha pronunciato contro il sistema giudiziario greco in questioni relative alla libertà di religione.a

I testimoni di Geova apprezzano la libertà di cui godono, e si sforzano di usarla per servire Dio e aiutare il prossimo. I tre ministri Testimoni non hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per un guadagno materiale, ma solo per motivi morali ed etici. Pertanto, tutti e tre hanno deciso che il risarcimento concesso loro venga usato esclusivamente per promuovere l’opera educativa dei testimoni di Geova.

[Nota in calce]

a La prima sentenza risale al 1993 ed è quella relativa al caso Kokkinakis contro la Grecia; la seconda è del 1996 ed è relativa al caso Manoussakis e altri contro la Grecia. — Vedi La Torre di Guardia, 1º settembre 1993, pagine 27-31; Svegliatevi!, 22 marzo 1997, pagine 14-16.

[Immagine a pagina 20]

Esther e Dimitrios Tsirlis

[Immagine a pagina 21]

Timotheos e Nafsika Kouloumbas

[Immagine a pagina 22]

Anastasios e Koula Georgiadis

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