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  • L’utilità delle foreste pluviali

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  • L’utilità delle foreste pluviali
  • Svegliatevi! 1998
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  • Una foresta che non ha uguali
  • Alimenti, aria pura e medicinali
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Svegliatevi! 1998
g98 8/5 pp. 6-11

L’utilità delle foreste pluviali

NEL 1844 il grecista Konstantin von Tischendorf trovò 129 fogli di un antico manoscritto in un cestino dei rifiuti in un monastero. Tischendorf portò con sé quei fogli di inestimabile valore e ora essi fanno parte del Codice Sinaitico, uno dei manoscritti biblici più famosi del mondo.

Quel tesoro fu salvato in tempo. Anche il vero valore delle foreste pluviali è spesso trascurato, ma di rado sono altrettanto fortunate. Ogni anno, durante la stagione asciutta, migliaia di incendi appiccati da allevatori e da coloni itineranti illuminano il cielo tropicale. Al Gore, attuale vicepresidente degli Stati Uniti, che fu testimone di qualcosa di simile in Amazzonia, disse: “La devastazione è semplicemente incredibile. È una delle più grandi tragedie della storia”.

Di rado bruciamo qualcosa se sappiamo che vale. La tragedia delle foreste pluviali è che vengono distrutte prima che ne comprendiamo il valore, prima che ne comprendiamo il funzionamento e anche prima che sappiamo cosa contengono. Incendiare una foresta pluviale è come bruciare una biblioteca per riscaldare la casa, senza controllare il contenuto dei libri.

Negli ultimi anni gli scienziati hanno cominciato a studiare questi “libri”, l’enorme quantità di informazioni racchiuse nelle foreste pluviali. Sono una “lettura” avvincente.

Una foresta che non ha uguali

“Gli alberi di queste Indie sono qualcosa che non si può spiegare, per la loro moltitudine”, esclamò lo storico spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo nel 1526. Cinque secoli dopo, il suo giudizio è ancora abbastanza esatto. “La foresta pluviale”, scrive Cynthia Russ Ramsay, è “l’ecosistema più vario, più complesso e meno compreso della terra”.

Il biologo Seymour Sohmer afferma: “Non dovremmo mai dimenticare che sappiamo poco o nulla della struttura della maggioranza delle foreste tropicali umide e del loro funzionamento, per non parlare delle specie che ci vivono”. Il gran numero di specie e la complessità delle interrelazioni esistenti fra loro rendono il compito del ricercatore una vera impresa.

In una foresta temperata può esserci solo un piccolo numero di specie di alberi per ettaro. Mezzo ettaro di foresta pluviale invece può contenere oltre 80 specie, anche se il numero totale di alberi per ettaro è in media di circa 700 soltanto. Dato che la classificazione di tale diversità è un lavoro snervante e che richiede molta precisione, sono stati analizzati solo pochi tratti di foresta pluviale più grandi di un ettaro. Ma quando è avvenuto, i risultati sono stati sorprendenti.

L’enorme varietà di alberi offre innumerevoli nicchie a un gran numero di abitanti della foresta, molti di più di quelli che chiunque avesse immaginato. L’Accademia Nazionale delle Scienze (degli Stati Uniti) dice che un’area di dieci chilometri quadrati di foresta pluviale incontaminata può ospitare fino a 125 diverse specie di mammiferi, 100 specie di rettili, 400 specie di uccelli e 150 specie di farfalle. Facendo un paragone, notiamo che in tutta l’America Settentrionale vivono o sono di passaggio meno di 1.000 specie di uccelli.

È vero che alcune delle miriadi di specie vegetali e animali si trovano su una vasta estensione di foresta pluviale, ma altre vivono solo su un’unica catena montuosa. Questo è ciò che le rende tanto vulnerabili. Alcuni anni fa, dopo che una cresta montuosa dell’Ecuador era stata completamente disboscata, erano scomparse 90 delle specie vegetali endemiche.

A motivo di tali tragedie un gruppo di esperti incaricato di studiare il problema delle foreste tropicali (United States Interagency Task Force on Tropical Forests) avverte: “La comunità internazionale deve affrontare subito e in modo coordinato il problema se non si vuole che queste risorse tanto sottovalutate e probabilmente insostituibili vengano letteralmente distrutte entro la prima parte del prossimo secolo”.

Ma possono sorgere domande come: Queste risorse naturali sono proprio così preziose? La perdita della foresta pluviale cambierebbe molto la nostra vita?

Alimenti, aria pura e medicinali

Cominciate la giornata con una tazza di corn-flakes, forse un uovo sodo e una tazza di caffè bollente? In tal caso traete indirettamente beneficio dalle foreste tropicali. Il granturco, i chicchi di caffè, la gallina che ha fatto l’uovo e anche la mucca che ha prodotto il latte provengono tutti dalla flora e dalla fauna della foresta tropicale. Il granturco viene dal Sudamerica, il caffè viene dall’Etiopia, le galline domestiche derivano, attraverso incroci, dal gallo dorato della giungla, originario dell’Asia, e le mucche da latte derivano dal banteng, una specie in pericolo dell’Asia sud-orientale. “Un buon 80 per cento di quello che mangiamo ha avuto origine nei tropici”, spiega il libro Tropical Rainforest.

L’uomo non può permettersi di dimenticare le origini dei suoi prodotti alimentari. Sia le colture che il bestiame possono indebolirsi con troppi inincroci. La foresta pluviale, con la sua immensa ricchezza di specie, può fornire la varietà genetica necessaria per fortificare queste piante o questi animali. Per esempio, il botanico messicano Rafael Guzmán ha scoperto una nuova specie di graminacea affine al granturco. La scoperta ha entusiasmato gli agricoltori perché questa graminacea (Zea diploperennis) è resistente a cinque delle sette principali malattie che devastano le colture di granturco. Gli scienziati sperano di usare questa nuova specie per produrre una varietà di granturco resistente alle malattie.

Nel 1987 il governo messicano protesse la catena montuosa dov’era stato trovato questo granturco selvatico. Ma con la distruzione di tanta foresta, specie di inestimabile valore come questa vanno sicuramente perdute ancor prima di essere scoperte. Nelle foreste dell’Asia sud-orientale ci sono varie specie di bovini selvatici che potrebbero rafforzare le varietà di bovini domestici. Ma tutte queste specie sono sull’orlo dell’estinzione a causa della distruzione del loro habitat.

L’aria pura è importante quanto il cibo che mangiamo. Come ha notato chiunque ami fare una tonificante passeggiata nella foresta, gli alberi svolgono un lavoro prezioso, quello di rifornire di ossigeno l’atmosfera. Ma quando vengono bruciati si libera carbonio sotto forma di anidride carbonica e monossido di carbonio. Entrambi i gas causano problemi.

Secondo alcune stime, l’attività dell’uomo ha già raddoppiato la quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera terrestre. Benché l’inquinamento industriale sia considerato il principale responsabile, si dice che gli incendi delle foreste causino oltre il 35 per cento di tutte le emissioni di anidride carbonica. Una volta nell’atmosfera, l’anidride carbonica crea il cosiddetto effetto serra, che secondo le previsioni di molti scienziati causerà un grave riscaldamento del globo.

Il monossido di carbonio è anche peggiore. È uno dei principali ingredienti letali presenti nello smog che rovina i sobborghi delle città. Ma il ricercatore James Greenberg rimase stupefatto scoprendo “sulle foreste pluviali amazzoniche la stessa quantità di monossido di carbonio che c’era sopra i sobborghi degli Stati Uniti”. Bruciando in modo sconsiderato le foreste amazzoniche, si era contaminata l’atmosfera che gli alberi avrebbero dovuto purificare!

Oltre a essere fonte di cibo e di aria pura, la foresta pluviale può essere anche una vera e propria farmacia. Un quarto di tutti i farmaci prescritti dai medici deriva da piante che crescono nelle foreste tropicali. Dalle foreste pluviali d’alta quota delle Ande viene il chinino, usato per combattere la malaria; dalla regione amazzonica il curaro, impiegato come miorilassante in chirurgia; dal Madagascar la pervinca rosea, da cui si estrae un alcaloide che accresce sensibilmente le probabilità di sopravvivenza di molti malati di leucemia. Nonostante risultati così sorprendenti, solo il 7 per cento circa delle piante tropicali è stato studiato per scoprirne eventuali proprietà medicinali. E il tempo sta finendo. L’istituto americano per la lotta contro i tumori avverte che “l’estesa eliminazione delle foreste tropicali umide potrebbe costituire una seria battuta d’arresto nella campagna anticancro”.

Le foreste pluviali svolgono altre funzioni vitali, sebbene la loro importanza sia di rado compresa finché esistono. Servono fra l’altro a regolare le precipitazioni e la temperatura e anche a proteggere il suolo dall’erosione. “L’abbondanza dei prodotti delle foreste tropicali supera di gran lunga la nostra attuale comprensione”, scrive un libro. “Ma sappiamo sin da ora che il loro valore è incalcolabile”. — The Emerald Realm: Earth’s Precious Rain Forests.

“Salveremo solo quello che amiamo”

Distruggere le risorse da cui possiamo ricavare tante cose è sicuramente il colmo della stupidità. Più di 3.000 anni fa Dio comandò agli israeliti di salvare gli alberi da frutto quando facevano guerra contro una città nemica. La ragione era semplice: “Potrete mangiare i loro frutti”. Inoltre, “gli alberi della campagna . . . non sono nemici da combattere!” (Deuteronomio 20:19, 20, Parola del Signore) Può dirsi la stessa cosa della foresta pluviale presa d’assedio.

Evidentemente le foreste pluviali, come gli alberi da frutto, valgono molto di più quando restano in piedi che quando sono abbattute. Ma in questo mondo moderno spesso i vantaggi a breve termine prevalgono su quelli a lungo termine. Educando le persone, però, gli atteggiamenti possono cambiare. L’ecologo senegalese Baba Dioum fa rilevare: “Alla fine salveremo solo quello che amiamo, ameremo solo quello che comprendiamo e comprenderemo solo quello che ci viene insegnato”.

Tischendorf rubò quei fogli antichi nel deserto del Sinai perché amava i manoscritti antichi e voleva preservarli. Ci saranno abbastanza persone che impareranno ad amare le foreste pluviali in tempo per salvarle?

[Testo in evidenza a pagina 11]

Incendiare una foresta pluviale è come bruciare una biblioteca per riscaldare la casa, senza controllare il contenuto dei libri

[Riquadro/Immagini alle pagine 8 e 9]

Salviamo gli abitatori delle foreste

JESÚS ELÁ ha dato la caccia ai gorilla e ad altri animali della foresta pluviale africana per una quindicina d’anni. Ma ha smesso. Ora fa la guida in una riserva naturale costituita per proteggere 750 gorilla di pianura nella Guinea Equatoriale.

“La foresta pluviale mi piace di più quando non vado a caccia”, spiega Jesús. “Per me la foresta è come il mio villaggio perché qui mi sento a casa mia e trovo tutto quello di cui ho bisogno. Dobbiamo fare tutto il possibile per salvare queste foreste per i nostri figli”.

Jesús, che è ansioso di trasmettere ad altri il suo amore per la foresta, è fortunato. Guadagna di più proteggendo i gorilla di quanto non guadagnasse con la caccia. Dato che i turisti sono felici di pagare per poter ammirare questi animali allo stato libero, i parchi possono essere fonte di guadagno per la gente del posto e offrire ai visitatori uno spettacolo indimenticabile: vedere innumerevoli creature. Ma la salvaguardia dell’affascinante “tessuto della vita”, spiega un libro, richiede “vaste riserve, che comprendono, idealmente, interi bacini idrografici”.a — Tropical Rainforest.

Perché i parchi devono essere così grandi per fornire sufficiente protezione? In un suo libro John Terborgh dice che una popolazione di giaguari (circa 300 adulti che si accoppiano) ha bisogno di un’area di circa 7.500 chilometri quadrati. “In base a questo criterio ci sono pochissimi parchi sulla terra che hanno abbastanza spazio per i giaguari”, conclude. (Diversity and the Tropical Rain Forest) Forse le tigri hanno bisogno di ancora più spazio. Un gruppo di tigri in grado di accoppiarsi (400 animali) può avere bisogno di un’estensione di ben 40.000 chilometri quadrati.

Riservando grandi spazi a predatori come questi, interi tratti di foresta pluviale possono similmente essere protetti. Un ulteriore vantaggio è che questi animali hanno un ruolo vitale nel mantenere sana, in linea di massima, la comunità animale.

[Nota in calce]

a Per bacino idrografico si intende tutta l’area che invia acque di varia origine a un fiume, una rete fluviale, un lago, ecc.

[Riquadro/Immagini alle pagine 8 e 9]

Creature grandi e piccole

1. Molte cavallette della foresta pluviale hanno colori vistosi. Altri insetti si camuffano così bene che è difficile individuarli

2. Le farfalle sono le creature più sorprendenti e delicate della foresta pluviale

3. Un gruppo di scimmie che saltano di ramo in ramo è uno degli spettacoli più divertenti della foresta

4. Sebbene il giaguaro sia il re indiscusso delle foreste pluviali americane, pochi naturalisti hanno occasione di vederne uno allo stato libero

5. Delicate orchidee crescono nelle foreste pluviali d’alta quota che rivestono i monti delle zone tropicali

6. Restano meno di 5.000 tigri allo stato libero

7. Lo scarabeo ercole, dell’America Meridionale, nonostante i corni che incutono timore, è del tutto innocuo

8. Benché i gorilla siano una specie protetta, nei mercati africani se ne può ancora trovare la carne. Questo ‘gigante buono’ è vegetariano e si sposta nella foresta con tutta la famiglia

9. Gli ocelot, cacciati per la splendida pelliccia, si sono quasi estinti

10. I pappagalli sono tra gli uccelli più rumorosi e più socievoli della foresta

11. Il galagone, come suggeriscono i suoi grandissimi occhi, ha abitudini notturne

[Fonte]

Foto: Zoo de Baños

Foto: Zoo de la Casa de Campo, Madrid

[Fonte]

Foto: Zoo de Baños

[Immagini a pagina 7]

Dalle foreste pluviali si ricava (1) cacao, (2) pervinca rosea, utile per la cura della leucemia, e (3) olio di palma. (4) La deforestazione provoca frane distruttive

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