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  • g99 22/1 pp. 20-23
  • Una luce che salva la vita

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  • Una luce che salva la vita
  • Svegliatevi! 1999
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  • I primi fari
  • Dal fuoco al lampeggiatore a xeno
  • Fari galleggianti
  • Quando nebbia e pioggia nascondono le luci
  • La fine di un’era
  • Se i fari potessero parlare
    Svegliatevi! 1971
  • Il guardiano del faro: Un mestiere che va scomparendo
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Svegliatevi! 1999
g99 22/1 pp. 20-23

Una luce che salva la vita

ERA la fine del XIX secolo. Dopo una difficile traversata dell’Atlantico durata cinque settimane, i passeggeri si aspettavano di vedere la terra da un momento all’altro. Poi apparve una luce, una stella solitaria all’orizzonte. Ma non era una stella, era un faro. “Alla vista della luce cademmo in ginocchio e ringraziammo Dio”, disse in seguito un passeggero. La luce li guidò sani e salvi a destinazione. Ma un tempo non tutti i viaggi finivano così bene.

Il 22 dicembre 1839 era una bella giornata di sole sulla costa del New England, nell’America Settentrionale. Il guardiano del faro della Plum Island, nel Massachusetts, pensò che poteva lasciare senza pericolo l’isola con la sua piccola barca a remi, portare la moglie a fare spese ed essere di ritorno prima dell’imbrunire. Ma mentre erano via si alzò il vento. Era in arrivo una burrasca. Presto cielo e mare si fusero in una spaventosa massa grigia di pioggia, schiuma e spruzzi. Il guardiano cercò disperatamente di tornare sull’isola, ma invano. Quella notte il faro rimase spento.

Verso mezzanotte la nave Pocahontas, che tentava disperatamente di trovare il fiume e l’entrata del porto segnalata normalmente dal faro, cercò invano. La nave si imbatté invece in una secca. La chiglia si spezzò e la nave affondò con tutto l’equipaggio. Poco prima dell’alba anche la Richmond Packer, diretta allo stesso porto, fece naufragio, ma ci fu solo una vittima, la moglie del capitano.

La storia marittima è piena di disastri che si sarebbero potuti evitare grazie alla luce di un faro. “Un tempo molte navi attraversavano sane e salve l’oceano solo per affondare mentre cercavano di entrare in porto”, dice il libro America’s Maritime Heritage. “La parte più pericolosa di un viaggio oceanico erano le ultime miglia, quando la nave si avvicinava alla terraferma e finalmente la avvistava”.

Secondo D. Alan Stevenson, che ha scritto una storia dei fari, tra il 1793 e il 1833 il numero medio delle navi che ogni anno facevano naufragio sulle coste inglesi salì da 550 a 800. Ci volevano più fari e luci migliori.

In alcuni paesi, fra cui Inghilterra e Stati Uniti, la navigazione era resa ancora più pericolosa da banditi che installavano falsi fari per attirare le navi sugli scogli, solo per saccheggiarle. I superstiti spesso venivano uccisi: questi predoni non volevano testimoni. Al chiaro di luna, però, la loro manovra falliva: per questo motivo venivano chiamati “moon cussers” (letteralmente, “bestemmiatori della luna”). Con il tempo, fari più numerosi e meglio attrezzati contribuirono a far chiudere bottega a questi ladri e assassini.

I primi fari

La prima menzione dei fari si trova nell’Iliade di Omero, dove si legge: “Da un’isola lontana . . . sul cader del sole un presso l’altro brillano fuochi”.a Il libro Keepers of the Lights (Guardiani dei fari) dice che “in origine i fari non erano altro che enormi fuochi di legna, spesso tenuti accesi fra mucchi di pietre, e più tardi in grosse gabbie di ferro, che spesso potevano spegnersi, con risultati tragici”.

Poi, verso il 300 a.E.V., sull’isolotto di Faro, all’entrata del porto di Alessandria d’Egitto, sorse il primo vero faro, il faro di Alessandria. Splendida costruzione in muratura alta 100-120 metri (circa come una casa di 40 piani), era il faro più alto mai costruito. Il faro di Alessandria era una delle sette meraviglie del mondo, e durò circa 1.600 anni finché crollò, probabilmente a causa di un terremoto.

I romani eressero almeno 30 fari, dal Mar Nero all’Atlantico. Ma con la caduta dell’impero, il commercio rallentò e i fari si spensero e andarono in rovina. Si iniziò a costruirli di nuovo verso il 1100. Un celebre faro di questo nuovo periodo è la Lanterna di Genova, il cui guardiano nel 1449 era Antonio Colombo, zio di Cristoforo Colombo.

Il primo faro eretto in mare aperto fu quello di legno costruito da Henry Winstanley nel 1699 sugli infidi Eddystone Rocks al largo di Plymouth, in Inghilterra. Winstanley ne era fiero. Secondo il documentario su videocassetta Guardians of the Night (Guardiani della notte), quando pescava dal faro era solito dire: “Sali, mare. Vieni e metti alla prova la mia opera”. Un giorno del 1703 il mare ubbidì. Winstanley e il suo faro sparirono senza lasciare traccia.

La Statua della Libertà alta 93 metri, eretta nel porto di New York a testimonianza dell’amicizia tra il popolo degli Stati Uniti e quello francese, funse per qualche tempo anche da ausilio per la navigazione. Per 16 anni tre guardiani si alternarono per tenere accesa la fiamma della sua torcia, spiega lo stesso documentario. “Dalla sua mano tesa rifulge una luce per dare il benvenuto al mondo intero”, dice la poesia scolpita alla base della statua.

Dal fuoco al lampeggiatore a xeno

Carbone, candele — persino candelabri — e olio col tempo sostituirono la legna come sorgente luminosa dei fari. Ci furono tentativi di utilizzare specchi per concentrare la luce in un’unica direzione, ma il fumo e la fuliggine del fuoco tendevano ad annerirli. Nel 1782, però, lo scienziato svizzero Aimé Argand inventò una lampada a olio in cui, grazie a uno stoppino cilindrico e a un camino di vetro, l’aria veniva convogliata in alto e usciva dalla lampada. Ora che gli specchi potevano rimanere puliti, nei fari si adottarono specchi parabolici (simili a quelli utilizzati nei proiettori delle automobili). Un buono specchio aumentava l’intensità della luce di circa 350 volte.

Un altro grosso passo avanti si fece nel 1815 quando il fisico francese Augustin-Jean Fresnel inventò le lenti più efficienti che sarebbero mai state usate nei fari. Prima dell’invenzione di Fresnel, i migliori sistemi di specchi — che utilizzavano lampade Argand, usate comunemente per oltre 100 anni — producevano un’intensità luminosa pari a circa 20.000 candele. Le lenti di Fresnel la portarono a 80.000 candele — più o meno la stessa di un moderno faro d’automobile — e questo bruciando un solo stoppino! Nel 1901 vennero inventati bruciatori a olio pressurizzati e non passò molto tempo prima che le unità Fresnel raggiungessero un’intensità luminosa di un milione di candele. Più o meno in quel periodo si cominciò a usare l’acetilene, che influì profondamente sulla tecnologia e l’automazione dei fari, in gran parte grazie all’opera dello svedese Nils Gustaf Dalén. Quest’ultimo inventò la valvola solare — un dispositivo che in base alla quantità di luce diurna accende e spegne automaticamente i fari regolando il flusso del gas — che nel 1912 gli valse il Premio Nobel per la fisica. Negli anni ’20 si adottarono le lampade elettriche a incandescenza, che sono tuttora il principale mezzo d’illuminazione. Unita a una lente di Fresnel, una lampada da soli 250 watt può produrre un’intensità luminosa di diverse centinaia di migliaia di candele. Oggi il faro più potente del mondo, in Francia, può squarciare il cielo notturno con un potente fascio di luce da 500 milioni di candele.

Un’innovazione recente è il lampeggiatore a xeno. Emette un lampo della durata di qualche milionesimo di secondo. Poiché l’emissione luminosa è così breve e intensa, si distingue dalle altre luci.

Fari galleggianti

I fari galleggianti, o navi faro, venivano utilizzati dove non era pratico costruire una torre. Come le torri, però, anche le navi faro hanno una lunga storia. La prima fu una galea romana ordinata all’epoca di Giulio Cesare. In cima all’albero un braciere di ferro pieno di carboni ardenti illuminava il cielo notturno, e lasciava cadere braci sui corpi sudati degli schiavi incatenati ai remi di sotto.

La prima nave faro moderna entrò in funzione nel 1732 nell’estuario del Tamigi, vicino a Londra. Dopo di allora il numero delle navi faro aumentò. Per molti anni i bastimenti che entravano e uscivano dal porto di New York furono guidati dalla nave faro Ambrose. In anni recenti, però, le navi faro hanno ceduto il passo a boe luminose e fari automatici, strutture metalliche simili a piattaforme petrolifere.

Quando nebbia e pioggia nascondono le luci

Anche la luce più potente è offuscata quando piove e c’è nebbia fitta, cioè proprio quando i fari sono più necessari! Una soluzione, per quanto imperfetta, è il suono: un suono molto forte e regolare. Per questa ragione molti fari sono muniti di potenti strumenti acustici come campane, sirene e talvolta persino di cannoni! In effetti alcuni fari hanno utilizzato cannoni fino agli anni ’70.

Le onde sonore risentono però dei capricci dell’atmosfera. Sbalzi di temperatura e umidità negli strati d’aria al di sopra dell’acqua possono giocare degli scherzi, deflettendo le onde sonore a volte in alto e a volte in basso. Inoltre, proprio come si può far rimbalzare un sasso sull’acqua, così il suono può rimbalzare e passare sopra una nave senza essere neanche udito! Ad ogni modo, a parte questi problemi, i segnali acustici di solito si possono sentire a chilometri di distanza.

La fine di un’era

Con l’automazione dei fari i guardiani diventarono in soprannumero. Non solo: radar, radio, sonar e sistemi di rilevamento satellitari hanno ormai preso il posto dei fari stessi, al punto che oggi molti fari sono fuori servizio. Ma a quanto pare i fari non sono destinati a scomparire del tutto. Per molti sono simbolo di luce e speranza in un mondo tenebroso, e continuano a ispirare fotografi, artisti e poeti. Nel tentativo di preservare questi antichi e begli edifici sono sorte in tutto il mondo società per la tutela dei fari.

Alcuni fari attualmente offrono sistemazioni singolari a visitatori ansiosi di provare la vita di un guardiano del faro, sebbene con qualche comodità in più. Altri visitatori amano semplicemente la solitudine: sentire nient’altro che i gridi solitari dei gabbiani e il mormorio delle onde. In alcune parti del mondo i fari costituiscono anche un ottimo belvedere da cui osservare cetacei, uccelli e foche. I guardiani del faro di Alessandria e lo zio di Cristoforo Colombo a Genova probabilmente trascorsero i loro momenti d’ozio facendo la stessa cosa.

[Nota in calce]

a Trad. di G. Vitali, Paravia, Torino, 1956, XVIII, 294-9.

[Riquadro a pagina 21]

Due donne coraggiose

La storia dei fari include episodi di notevole coraggio e dedizione, spesso da parte di donne. Grace Darling (1815-42) rischiò la vita per salvare nove superstiti di un naufragio vicino al faro di suo padre nelle Farne Islands, al largo della costa nord-orientale dell’Inghilterra. Grazie alla sua insistenza, lei e il padre remarono in un mare burrascoso fino al relitto, misero i superstiti nella barca, tornarono a forza di remi sino al faro e si presero cura di loro finché arrivarono i soccorsi. In sua memoria è stato eretto un monumento.

Abigail Burgess era la figlia diciassettenne del guardiano del faro di Matinicus Rock, al largo della costa del Maine nel Nordamerica. Un giorno, nel gennaio 1857, il padre dovette lasciare il faro, ma a motivo del cattivo tempo per quattro settimane non poté tornare. Abbie, come la chiamavano, si occupò del faro. Si prese pure cura della madre ammalata e badò ai tre fratellini, che erano troppo piccoli per dare una mano nei lavori del faro. Abbie scrisse: “Per quanto a volte fossi stremata dalla fatica [tenere acceso un faro prima dell’invenzione dell’elettricità era un lavoro duro], neanche una volta il faro si è spento. Con l’aiuto di Dio sono riuscita ad assolvere tutti i miei doveri abituali e anche quelli di mio padre”. L’inverno successivo Abbie dovette nuovamente occuparsi del faro. Questa volta lei e i suoi dovettero accontentarsi di una razione giornaliera di un uovo e una fetta di polenta. Ma il faro non si spense mai.

[Riquadro/Immagine a pagina 23]

La lente di Fresnel

La lente di Fresnel in effetti è una lente composta, cioè un gruppo di lenti, con una lente centrale circondata da prismi di vetro a sezione curva. Si possono unire insieme gruppi di lenti di Fresnel formando un cilindro di vetro che circonda completamente la fonte luminosa. Ciascun gruppo di lenti concentra la luce in un fascio orizzontale. Più gruppi significano più fasci di luce che si irradiano, come raggi dal mozzo di una ruota. Via via che le lenti ruotano intorno alla fonte luminosa, i fasci di luce fanno il giro dell’orizzonte. Il numero dei fasci di luce, l’intervallo di tempo fra un fascio e l’altro e persino il loro colore sono solo alcuni dei fattori che costituiscono la cosiddetta “caratteristica luminosa”, la “firma” particolare di ciascun faro. Le navi hanno un elenco delle caratteristiche luminose, così i marinai possono identificare ciascun faro che incontrano.

[Fonte]

South Street Seaport Museum

[Immagine a pagina 23]

Peggy’s Cove (Nuova Scozia, Canada)

[Immagine a pagina 23]

Statua della Libertà a New York

[Immagine a pagina 23]

Fiume Weser (Germania)

[Immagine a pagina 23]

Stato di Washington (USA)

[Fonte dell’immagine a pagina 20]

The Complete Encyclopedia of Illustration/J. G. Heck

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