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  • “Uomini illetterati e comuni”
  • Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
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  • Non “grazie a poteri nostri” (Atti 3:11-26)
  • “Non possiamo smettere di parlare” (Atti 4:1-22)
  • “Alzarono [...] le loro voci a Dio” (Atti 4:23-31)
  • Si deve rendere conto ‘non agli uomini, ma a Dio’ (Atti 4:32–5:11)
  • Pietro
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  • Pietro, caratteristico apostolo che prese l’iniziativa
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1968
  • L’apostolo Pietro: Perché così amato da molti
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1978
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Rendiamo “completa testimonianza in merito al Regno di Dio”
bt cap. 4 pp. 28-35

CAPITOLO 4

“Uomini illetterati e comuni”

Gli apostoli agiscono con coraggio e Geova li benedice

Basato su Atti 3:1–5:11

1, 2. Quale miracolo compiono Pietro e Giovanni presso la porta del tempio?

SOTTO il sole pomeridiano le vie brulicano di gente. Ebrei devoti e discepoli di Cristo stanno affluendo nell’area del tempio. Presto sarà “l’ora della preghiera” (Atti 2:46; 3:1).a Nella calca, Pietro e Giovanni si dirigono verso la porta del tempio chiamata Bella. Sovrastando il rumore delle voci e il calpestio dei piedi, un mendicante di mezza età, zoppo dalla nascita, chiede l’elemosina (Atti 3:2; 4:22).

2 All’avvicinarsi di Pietro e Giovanni, il mendicante ripete la solita frase per chiedere l’elemosina. Gli apostoli si fermano richiamando l’attenzione dell’uomo, che spera di ricevere qualcosa. Pietro dice: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina!” Pensate allo stupore della folla quando lo zoppo viene preso per mano da Pietro e, per la prima volta nella sua vita, riesce a stare in piedi! (Atti 3:6, 7). Provate a immaginare quell’uomo mentre si guarda le gambe guarite e muove i primi passi. Non sorprende che inizi a saltare e a lodare Dio a gran voce.

3. Quale dono impareggiabile viene offerto allo zoppo guarito e alla folla?

3 La folla estasiata accorre presso il portico di Salomone da Pietro e Giovanni. Qui, proprio dove aveva insegnato Gesù, Pietro spiega ai presenti il vero significato di quanto è appena accaduto (Giov. 10:23). Offre alla folla e allo zoppo guarito un dono di maggior valore dell’argento e dell’oro, un dono molto più prezioso della guarigione fisica: l’opportunità di pentirsi, ricevere il perdono dei peccati e diventare seguaci di Gesù Cristo, “colui che conduce alla vita” (Atti 3:15).

4. (a) A quale confronto avrebbe portato la guarigione miracolosa? (b) A quali due domande risponderemo?

4 Che giornata memorabile fu quella! Un uomo era stato guarito fisicamente e ora poteva camminare. E a migliaia di persone era stata data l’opportunità di essere guarite spiritualmente perché potessero camminare in modo degno di Dio (Col. 1:9, 10). Inoltre gli eventi di quel giorno avrebbero portato a un confronto tra i leali seguaci di Gesù Cristo e le autorità, decise a impedire loro di ubbidire al comando di predicare il messaggio del Regno (Atti 1:8). Cosa possiamo imparare dai metodi e dall’atteggiamento che avevano Pietro e Giovanni, “uomini illetterati e comuni”, nel predicare? (Atti 4:13).b E come possiamo imitare il modo in cui loro e gli altri discepoli affrontarono l’opposizione?

Non “grazie a poteri nostri” (Atti 3:11-26)

5. Cosa impariamo dal modo in cui Pietro si rivolse alla folla?

5 Pietro e Giovanni stavano di fronte alla folla. Sapevano che tra i presenti potevano esserci alcuni che poco tempo prima avevano chiesto a gran voce che Gesù fosse messo al palo (Mar. 15:8-15; Atti 3:13-15). Pensate quindi al coraggio che Pietro mostrò dichiarando che lo zoppo era stato guarito nel nome di Gesù. Pietro non annacquò la verità. Condannò senza mezzi termini la complicità della folla nell’uccisione di Cristo. Ma non covava rancore, perché sapeva che quegli uomini avevano “agito per ignoranza” (Atti 3:17). Si rivolse loro chiamandoli “fratelli” e diresse l’attenzione sugli aspetti positivi del messaggio del Regno. Se si fossero pentiti e avessero riposto fede in Cristo, sarebbero venuti per loro “tempi di ristoro” da Geova (Atti 3:19). Anche noi dobbiamo essere coraggiosi e schietti quando dichiariamo il futuro giudizio di Dio. Al tempo stesso non dovremmo mai essere arroganti o sgarbati, né giudicare coloro a cui predichiamo. Dovremmo piuttosto vederli come potenziali fratelli e, come Pietro, richiamare l’attenzione specialmente sugli aspetti positivi del messaggio del Regno.

6. In che modo Pietro e Giovanni dimostrarono umiltà e modestia?

6 Gli apostoli erano uomini modesti. Non si attribuirono il merito del miracolo che avevano compiuto. Pietro disse ai presenti: “Perché ci fissate come se lo avessimo fatto camminare grazie a poteri nostri o alla nostra devozione a Dio?” (Atti 3:12). Lui e gli altri apostoli erano consapevoli che il bene che facevano nel ministero era dovuto al potere di Dio, non al loro. Perciò attribuivano modestamente a Geova e a Gesù il merito di quello che riuscivano a fare.

7, 8. (a) Quale dono possiamo offrire alle persone? (b) Come si adempie oggi la promessa del “ristabilimento di tutte le cose”?

7 Quando ci impegniamo nell’opera di predicazione del Regno, dobbiamo mostrare la stessa modestia. Anche se oggi lo spirito di Dio non dà ai cristiani il potere di compiere guarigioni miracolose, possiamo aiutare altri a riporre fede in Dio e in Cristo e ad accettare lo stesso dono offerto da Pietro: l’opportunità di ricevere il perdono dei peccati e di essere ristorati da Geova. Ogni anno centinaia di migliaia di persone accettano questo dono e si battezzano diventando discepoli di Cristo.

8 Viviamo davvero nel tempo del “ristabilimento di tutte le cose” di cui parlò Pietro. In adempimento delle parole che Dio aveva pronunciato “per bocca dei suoi santi profeti dell’antichità”, il Regno fu istituito in cielo nel 1914 (Atti 3:21; Sal. 110:1-3; Dan. 4:16, 17). Di lì a poco Cristo iniziò a soprintendere a un’opera di ristabilimento spirituale sulla terra. Come risultato, milioni di persone sono state radunate in un paradiso spirituale, diventando sudditi del Regno di Dio. Si sono svestite della personalità vecchia e corrotta e si sono rivestite della “nuova personalità che è stata creata secondo la volontà di Dio” (Efes. 4:22-24). Come nel caso della guarigione del mendicante zoppo, quest’opera straordinaria viene compiuta non tramite sforzi umani, ma grazie allo spirito di Dio. A imitazione di Pietro, nell’insegnare dobbiamo usare la Parola di Dio con coraggio ed efficacia. Qualsiasi risultato possiamo ottenere aiutando altri a diventare discepoli di Cristo è da attribuirsi al potere di Dio, non al nostro.

“Non possiamo smettere di parlare” (Atti 4:1-22)

9-11. (a) Come reagirono le autorità giudaiche al messaggio proclamato da Pietro e Giovanni? (b) Cosa erano determinati a fare gli apostoli?

9 Il discorso di Pietro e l’esultanza dello zoppo guarito destarono un gran clamore. Pertanto il capitano del tempio, responsabile della sicurezza nell’area del tempio, e i capi sacerdoti accorsero per investigare. Si trattava probabilmente di sadducei, un gruppo ricco e politicamente influente che si adoperava per mantenere relazioni pacifiche con i romani, rigettava la legge orale tanto cara ai farisei e derideva l’idea della risurrezione.c Che rabbia devono aver provato trovando Pietro e Giovanni nel tempio a insegnare con coraggio che Gesù era stato risuscitato!

10 Gli oppositori infuriati gettarono Pietro e Giovanni in prigione e il giorno seguente li trascinarono davanti alla suprema corte giudaica. Secondo quei personaggi altezzosi, Pietro e Giovanni erano “uomini illetterati e comuni” che non avevano il diritto di insegnare nel tempio. Non avevano studiato in nessuna delle prestigiose scuole religiose. Eppure la franchezza e la convinzione con cui parlavano meravigliarono la corte. Perché Pietro e Giovanni erano così efficaci? Un motivo è che “erano stati con Gesù” (Atti 4:13). Il loro Signore, a differenza degli scribi, aveva insegnato con vera autorità (Matt. 7:28, 29).

11 La corte ingiunse agli apostoli di smettere di predicare. In quella società gli ordini del Sinedrio avevano un certo peso. Poche settimane prima, quando Gesù era comparso davanti a quella stessa corte, i suoi membri avevano dichiarato: “Merita di morire” (Matt. 26:59-66). Tuttavia Pietro e Giovanni non si lasciarono intimidire. Davanti a quegli uomini ricchi, istruiti e influenti, dissero coraggiosamente ma con rispetto: “Se è giusto davanti a Dio ubbidire a voi anziché a Dio, giudicatelo voi. Quanto a noi, non possiamo smettere di parlare delle cose che abbiamo visto e sentito” (Atti 4:19, 20).

IL SOMMO SACERDOTE E I CAPI SACERDOTI

Il sommo sacerdote rappresentava il popolo davanti a Dio. Nel I secolo E.V. era anche capo del Sinedrio. Tra i personaggi autorevoli della società ebraica c’erano anche i capi sacerdoti. Questi includevano chi era stato sommo sacerdote, come Anna, e altri uomini delle poche famiglie (forse solo quattro o cinque) fra cui veniva scelto il sommo sacerdote. Secondo lo studioso Emil Schürer, “il semplice fatto di appartenere a una di queste famiglie privilegiate doveva conferire una particolare distinzione” fra i sacerdoti.e

Le Scritture indicano che il sommo sacerdote prestava servizio per tutta la vita (Num. 35:25). Tuttavia, durante il periodo a cui si riferisce il libro degli Atti, i governatori romani e i re che regnavano col beneplacito di Roma nominarono e deposero a loro piacimento diversi sommi sacerdoti. Sembra comunque che quei governanti pagani scegliessero i sommi sacerdoti tra i discendenti di Aronne.

e Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a.C.–135 d.C.), trad. di V. Gatti, Paideia, Brescia, 1987, vol. II, p. 291.

12. Cosa può rafforzare il nostro coraggio e la nostra convinzione?

12 Siete altrettanto coraggiosi? Come vi sentite quando dovete dare testimonianza a persone ricche, istruite o influenti della vostra comunità? E se familiari, compagni di scuola o colleghi deridono quello in cui credete, vi lasciate intimidire? Sentimenti del genere si possono vincere. Quando era sulla terra, Gesù insegnò agli apostoli a difendere le loro credenze con convinzione e rispetto (Matt. 10:11-18). Dopo essere risorto, promise ai discepoli che sarebbe stato con loro “tutti i giorni fino alla conclusione del sistema di cose” (Matt. 28:20). Sotto la guida di Gesù, “lo schiavo fedele e saggio” ci insegna a difendere le nostre convinzioni (Matt. 24:45-47; 1 Piet. 3:15). Lo fa tramite l’istruzione che viene impartita alle adunanze, come Vita cristiana e ministero, e con l’aiuto di pubblicazioni basate sulla Bibbia, come gli articoli della sezione “Bibbia: domande e risposte” sul sito jw.org. Ve ne state avvalendo pienamente? Questo rafforzerà il vostro coraggio e la vostra convinzione. E, come nel caso degli apostoli, nulla vi tratterrà dal parlare delle meravigliose verità spirituali che avete imparato.

Una sorella dà testimonianza a una collega durante la pausa caffè.

Non trattenetevi dal parlare delle meravigliose verità spirituali che avete imparato

“Alzarono [...] le loro voci a Dio” (Atti 4:23-31)

13, 14. Cosa dovremmo fare se incontriamo opposizione, e perché?

13 Subito dopo essere stati rilasciati, Pietro e Giovanni si unirono al resto della congregazione. “Alzarono unitamente le loro voci a Dio” e chiesero in preghiera il coraggio di continuare a predicare (Atti 4:24). Pietro sapeva fin troppo bene quanto è insensato contare sulle proprie forze quando si cerca di fare la volontà di Dio. Solo qualche settimana prima, sicuro di sé, aveva detto a Gesù: “Anche se la fede di tutti gli altri vacillerà a motivo di quello che ti succederà, la mia non vacillerà mai!” Eppure, come predetto da Gesù, Pietro aveva presto ceduto al timore dell’uomo rinnegando il suo amico e maestro. Ma aveva imparato dal suo errore (Matt. 26:33, 34, 69-75).

14 Per adempiere il proprio incarico quali testimoni di Cristo, non basta essere determinati. Quando gli oppositori tentano di indebolire la vostra fede o di impedirvi di predicare, seguite l’esempio di Pietro e Giovanni. Pregate Geova di darvi forza. Chiedete aiuto alla congregazione. Parlate agli anziani e ad altri cristiani maturi delle difficoltà che incontrate. Le preghiere altrui possono essere un aiuto potente (Efes. 6:18; Giac. 5:16).

15. Perché coloro che per qualche tempo hanno smesso di predicare possono farsi coraggio?

15 Se in passato avete ceduto alle pressioni e per qualche tempo avete smesso di predicare, fatevi coraggio. Ricordate che per un po’, dopo la morte di Gesù, tutti gli apostoli smisero di predicare, ma presto ripresero a farlo (Matt. 26:56; 28:10, 16-20). Anziché avvilirvi per gli errori passati, potete imparare una lezione da questa esperienza e avvalervene per incoraggiare altri?

16, 17. Cosa possiamo imparare dalla preghiera pronunciata dai discepoli a Gerusalemme?

16 Per cosa dovremmo pregare quando le autorità ci ostacolano? Notate che i discepoli non chiesero di essere risparmiati dalle prove. Ricordavano bene queste parole di Gesù: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Giov. 15:20). Piuttosto quei leali discepoli, riferendosi agli oppositori, dissero a Geova: “Osserva come ci minacciano” (Atti 4:29). Avevano un quadro completo della situazione e riconoscevano che la persecuzione che stavano affrontando adempiva in realtà le profezie. Sapevano che, indipendentemente da ciò che potevano dire semplici autorità terrene, la volontà di Dio ‘sarebbe stata compiuta sulla terra’, proprio come Gesù aveva insegnato loro a pregare (Matt. 6:9, 10).

17 Per poter fare la volontà di Dio, i discepoli chiesero in preghiera: “Concedi ai tuoi schiavi di continuare ad annunciare la tua parola con grande coraggio”. Quale fu la risposta immediata di Geova? “Il luogo in cui erano radunati tremò, e furono tutti pieni di spirito santo e si misero ad annunciare la parola di Dio con coraggio” (Atti 4:29-31). Nulla può impedire che si compia la volontà di Dio (Isa. 55:11). Per quanto la situazione sia sfavorevole o per quanto potenti siano gli oppositori, se ci rivolgiamo a Dio in preghiera possiamo star certi che egli ci darà la forza di continuare ad annunciare la sua parola con coraggio.

Si deve rendere conto ‘non agli uomini, ma a Dio’ (Atti 4:32–5:11)

18. Come si aiutavano l’un l’altro i componenti della congregazione di Gerusalemme?

18 La neonata congregazione di Gerusalemme arrivò presto a contare 5.000 componenti.d Sebbene fossero di diversa estrazione, i discepoli avevano “un solo cuore e una sola anima”. Erano “uniti nello stesso pensiero e nello stesso modo di ragionare” (Atti 4:32; 1 Cor. 1:10). Non si limitavano a pregare che Geova benedicesse i loro sforzi, ma si sostenevano l’un l’altro spiritualmente e, se necessario, materialmente (1 Giov. 3:16-18). Per esempio Giuseppe, discepolo soprannominato Barnaba dagli apostoli, vendette un terreno di sua proprietà e donò altruisticamente tutto il ricavato per permettere a coloro che venivano da lontano di restare a Gerusalemme più a lungo e continuare a imparare riguardo alla loro nuova fede.

19. Perché Geova punì con la morte Anania e Saffira?

19 Anche Anania e sua moglie Saffira vendettero una proprietà e fecero una donazione. Finsero di donare l’intera somma, ma in realtà “[trattennero] segretamente parte del ricavato” (Atti 5:2). Geova li punì con la morte, non perché non avessero dato abbastanza, ma perché i loro motivi erano sbagliati ed erano ricorsi all’inganno. ‘Non avevano mentito agli uomini, ma a Dio’ (Atti 5:4). Proprio come gli ipocriti condannati da Gesù, Anania e Saffira ci tenevano di più a essere onorati dagli uomini che da Dio (Matt. 6:1-3).

20. Nel dare a Geova, cosa vogliamo tenere presente?

20 Manifestando una generosità simile a quella dei fedeli discepoli della Gerusalemme del I secolo, oggi milioni di Testimoni sostengono l’opera mondiale di predicazione mediante contribuzioni volontarie. Nessuno è costretto a dare il proprio tempo o il proprio denaro a favore di quest’opera. Geova infatti non vuole che lo serviamo di malavoglia o per forza (2 Cor. 9:7). A lui interessa non quanto diamo, ma le ragioni che ci spingono a farlo (Mar. 12:41-44). Non vorremmo mai assomigliare ad Anania e Saffira, rendendo a Dio un servizio motivato da egoismo o ambizione. Vogliamo piuttosto imitare Pietro, Giovanni e Barnaba, rendendo a Geova un servizio che sia sempre mosso da genuino amore per lui e per il prossimo (Matt. 22:37-40).

PIETRO: DA PESCATORE AD APOSTOLO DINAMICO

Nelle Scritture Pietro è chiamato in cinque modi diversi: Simeone, che era il suo nome ebraico, e Simone, l’equivalente greco, nonché Pietro e il suo equivalente semitico Cefa, mentre altre volte viene chiamato Simon Pietro (Matt. 10:2; 16:16; Giov. 1:42; Atti 15:14).

L’apostolo Pietro ha in mano un cesto con dei pesci.

Pietro era sposato e abitava nella stessa casa con il fratello e la suocera (Mar. 1:29-31). Era un pescatore di Betsaida, località sulla riva settentrionale del Mar di Galilea (Giov. 1:44). Successivamente andò ad abitare nei pressi di Capernaum (Luca 4:31, 38). Fu nella barca di Pietro che Gesù si sedette per parlare a una folla che si era radunata sulle rive del Mar di Galilea. Subito dopo, al comando di Gesù, Pietro calò le reti e fece una pesca miracolosa. Intimorito, si gettò ai piedi di Gesù, ma lui gli disse: “Smetti di aver timore. D’ora in poi prenderai uomini vivi” (Luca 5:1-11). Pietro svolgeva il mestiere di pescatore con suo fratello Andrea, e con Giacomo e Giovanni. Tutti e quattro abbandonarono le reti e accettarono l’invito di Gesù a seguirlo (Matt. 4:18-22; Mar. 1:16-18). Circa un anno dopo troviamo Pietro tra i Dodici che Gesù scelse come “apostoli”, termine che significa “inviati” (Mar. 3:13-16).

In speciali occasioni Gesù volle al suo fianco Pietro, Giacomo e Giovanni, i quali assisterono alla sua trasfigurazione, lo videro risuscitare la figlia di Iairo e condivisero il suo dolore nel giardino di Getsemani (Matt. 17:1, 2; 26:36-46; Mar. 5:22-24, 35-42; Luca 22:39-46). Furono questi stessi tre apostoli, insieme ad Andrea, a interrogare Gesù riguardo al segno della sua presenza (Mar. 13:1-4).

Pietro era schietto, dinamico e a volte impulsivo. A quanto pare, di frequente si ritrovava a parlare prima degli altri. Nei Vangeli le sue parole sono riportate più spesso di quelle degli altri 11 apostoli messi insieme. Pietro faceva domande mentre gli altri restavano in silenzio (Matt. 15:15; 18:21; 19:27-29; Luca 12:41; Giov. 13:36-38). Fu l’apostolo che obiettò quando Gesù voleva lavargli i piedi e poi, al suo rimprovero, gli chiese di lavargli anche le mani e la testa (Giov. 13:5-10).

Mosso dai suoi sentimenti, Pietro cercò di convincere Gesù che non avrebbe dovuto soffrire ed essere ucciso, e per quella mancanza di discernimento fu da lui corretto con severità (Matt. 16:21-23). L’ultima notte che Gesù trascorse sulla terra, Pietro dichiarò che non l’avrebbe mai abbandonato, nemmeno se l’avessero fatto tutti gli altri apostoli. Quando Gesù fu arrestato dai suoi nemici, Pietro coraggiosamente lo difese con la spada e poi lo seguì fino al cortile del sommo sacerdote. Eppure, poco dopo, rinnegò il suo Signore tre volte. Poi, quando si rese conto di quello che aveva fatto, pianse amaramente (Matt. 26:31-35, 51, 52, 69-75).

Poco prima che Gesù risorto apparisse per la prima volta agli apostoli in Galilea, Pietro disse che andava a pescare e alcuni di questi lo accompagnarono. Riconosciuto Gesù, Pietro si tuffò subito nell’acqua e nuotò fino a riva per raggiungerlo. Gesù, mentre gli apostoli facevano colazione col pesce che aveva cucinato per loro, chiese a Pietro se lo amava più di “questi”, cioè dei pesci che avevano davanti. Gesù stava spronando Pietro a seguirlo di continuo anziché dedicarsi al lavoro secolare, nel suo caso l’attività di pescatore (Giov. 21:1-22).

Verso il 62-64 E.V. Pietro predicò la buona notizia a Babilonia (nell’odierno Iraq) dove c’era una grossa comunità ebraica (1 Piet. 5:13). Lì scrisse la prima e forse la seconda delle due lettere ispirate che portano il suo nome. Gesù “[diede] a Pietro la facoltà di agire come apostolo dei circoncisi” (Gal. 2:8, 9). Pietro assolse il suo incarico con compassione e vigore.

GIOVANNI: IL DISCEPOLO A CUI GESÙ VOLEVA PARTICOLARMENTE BENE

L’apostolo Giovanni era figlio di Zebedeo e fratello dell’apostolo Giacomo. Pare che sua madre si chiamasse Salome e che fosse sorella di Maria, la madre di Gesù (Matt. 10:2; 27:55, 56; Mar. 15:40; Luca 5:9, 10). Se è così, Giovanni era parente di Gesù. Sembra che la sua fosse una famiglia agiata. Zebedeo aveva un’attività di pesca ben avviata; infatti aveva degli uomini alle sue dipendenze (Mar. 1:20). Salome accompagnò Gesù, lo servì quando era in Galilea e procurò gli aromi per prepararne il corpo per la sepoltura (Mar. 16:1; Giov. 19:40). Probabilmente Giovanni aveva una casa propria (Giov. 19:26, 27).

L’apostolo Giovanni ha in mano un rotolo.

A quanto pare Giovanni era quel discepolo di Giovanni Battista che, insieme ad Andrea, lo sentì esclamare alla vista di Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio!” (Giov. 1:35, 36, 40). Dopo questo primo incontro, Giovanni figlio di Zebedeo evidentemente accompagnò Gesù a Cana e fu testimone del suo primo miracolo (Giov. 2:1-11). Dalla descrizione vivace e dettagliata che Giovanni fa nel suo Vangelo della successiva attività di Gesù a Gerusalemme, in Samaria e in Galilea si presume che abbia assistito di persona a quegli eventi. La prontezza con cui Giovanni — come Giacomo, Pietro e Andrea — abbandonò le reti da pesca, la barca e la propria attività quando Gesù lo invitò a seguirlo testimonia la sua fede (Matt. 4:18-22).

Nei Vangeli il personaggio di Giovanni non spicca come quello di Pietro. Comunque anche Giovanni aveva una forte personalità, a giudicare dal soprannome che Gesù diede a lui e a suo fratello Giacomo, cioè Boanerghes, che significa “figli del tuono” (Mar. 3:17). Inizialmente Giovanni ricercava la preminenza; infatti lui e suo fratello mandarono la madre a chiedere a Gesù posizioni di prestigio per loro nel Regno. Per quanto si trattasse di un desiderio egoistico, rivelava anche la loro fede nella realtà del Regno. L’ambizione dei due fratelli offrì a Gesù lo spunto per ribadire agli apostoli l’importanza dell’umiltà (Matt. 20:20-28).

Giovanni rivelò di avere un carattere forte quando cercò di impedire a un uomo che non seguiva Gesù di espellere demòni usando il suo nome. In un’altra occasione era pronto a invocare fuoco dal cielo perché annientasse gli abitanti di un villaggio samaritano che non avevano voluto saperne quando Gesù aveva inviato dei messaggeri a fare dei preparativi per lui. Per queste sue reazioni Giovanni fu rimproverato da Gesù. A quanto pare col tempo acquistò l’equilibrio e la compassione di cui una volta sembrava carente (Luca 9:49-56). Nonostante i suoi difetti, però, Giovanni era “il discepolo a cui [Gesù] voleva particolarmente bene”. Pertanto Gesù, quando stava per morire, gli affidò sua madre, Maria (Giov. 19:26, 27; 21:7, 20, 24).

Giovanni visse più a lungo degli altri apostoli, proprio come Gesù aveva predetto (Giov. 21:20-22). Servì fedelmente Geova per circa 70 anni. Nell’ultimo periodo della sua vita, durante il regno dell’imperatore Domiziano, fu esiliato sull’isola di Patmos “per aver parlato di Dio e aver reso testimonianza riguardo a Gesù”. Lì, verso il 96 E.V., ricevette le visioni che mise per iscritto nel libro di Rivelazione (Riv. 1:1, 2, 9). Secondo la tradizione, dopo essere stato liberato, Giovanni andò a Efeso, dove scrisse il suo Vangelo e le tre lettere che portano il suo nome, e dove morì intorno all’anno 100.

a Nel tempio venivano pronunciate preghiere in concomitanza con i sacrifici del mattino e della sera. Il sacrificio della sera era presentato alla “nona ora”, cioè verso le tre del pomeriggio.

b Vedi i riquadri “Pietro: da pescatore ad apostolo dinamico”, e “Giovanni: il discepolo a cui Gesù voleva particolarmente bene”.

c Vedi il riquadro “Il sommo sacerdote e i capi sacerdoti”.

d Nella Gerusalemme del 33 E.V. forse c’erano solo 6.000 farisei e ancor meno sadducei, il che contribuirebbe a spiegare perché questi due gruppi si sentivano sempre più minacciati dagli insegnamenti di Gesù.

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