RABSACHE
(Rabsàche) [da un termine accadico che probabilmente significa “capo coppiere”].
Titolo di un alto funzionario assiro. (2Re 18:17) In un’iscrizione di Tiglat-Pileser III re d’Assiria rinvenuta su un edificio si legge: “Ho inviato uno dei miei funzionari, il rabsaq, a Tiro”. E un’iscrizione del re Assurbanipal su una tavoletta conservata al British Museum dice: “Ho ordinato di aggiungere alle mie precedenti forze (militari in Egitto) il funzionario-rabsaq”. — Ancient Near Eastern Texts, a cura di J. B. Pritchard, 1974, pp. 282, 296.
Mentre assediava la fortezza giudea di Lachis, Sennacherib re d’Assiria mandò un forte contingente militare a Gerusalemme, affidandolo al comando del Tartan, comandante in capo, e di due alti funzionari, il Rabsaris e il Rabsache. (2Re 18:17; l’intero episodio è riportato anche in Isa capp. 36 e 37). Di questi tre ufficiali superiori assiri, Rabsache fu quello che prese l’iniziativa nel tentativo di costringere il re Ezechia alla resa. (2Re 18:19-25) I tre si fermarono presso la conduttura della piscina superiore. Questo Rabsache, il cui nome personale non è rivelato, parlava correntemente sia l’ebraico che il siriaco. Chiamò in ebraico il re Ezechia, ma tre funzionari di Ezechia gli uscirono incontro e gli chiesero di parlare con loro in siriaco anziché nella lingua degli ebrei dato che la gente sulle mura ascoltava. (2Re 18:26, 27) Ma questo era proprio lo scopo propagandistico che Rabsache si era prefisso. Egli voleva che il popolo ascoltasse, e si scoraggiasse. Con parole destinate a incutere terrore, con false promesse e menzogne, schernendo e vituperando Geova, Rabsache parlò ancora più forte in ebraico, esortando in sostanza la popolazione a tradire il re Ezechia e ad arrendersi all’esercito assiro. (2Re 18:28-35) Comunque la popolazione di Gerusalemme rimase fedele a Ezechia. — 2Re 18:36.
Le parole di scherno di Rabsache furono riferite a Geova in preghiera da Ezechia, e una delegazione fu inviata dal profeta Isaia per conoscere la risposta di Geova. (2Re 18:37; 19:1-7) Nel frattempo Rabsache fu richiamato all’improvviso dalla notizia che il re d’Assiria si era ritirato da Lachis e stava combattendo contro Libna. Continuando da lontano la sua campagna propagandistica contro Ezechia, Sennacherib inviò messaggeri a Gerusalemme con lettere di scherno e gravi minacce per costringere Ezechia alla resa. (2Re 19:8-13) Ezechia portò le lettere nel tempio di Gerusalemme e le spiegò dinanzi a Geova, pregandolo nel contempo di intervenire con urgenza in suo aiuto. (2Re 19:14-19) Riferendosi al re d’Assiria, Geova rispose tramite il profeta Isaia: “Non entrerà in questa città né vi tirerà una freccia né l’affronterà con uno scudo né eleverà contro di essa un bastione d’assedio. Tornerà per la via per la quale è venuto, e non entrerà in questa città, è l’espressione di Geova”. (2Re 19:32, 33) Quella notte l’angelo di Geova colpì a morte 185.000 soldati assiri. Questa batosta inaspettata spinse Sennacherib re d’Assiria a ritirarsi immediatamente e a tornare a Ninive, capitale dell’Assiria, dove qualche tempo dopo fu assassinato. (2Re 19:35-37) Le minacce di Rabsache, blasfemo schernitore dell’Iddio vivente, Geova, non ebbero nessun effetto.