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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 43-44

Alfabeto

Sistema di segni grafici usati per scrivere i suoni fonetici di una lingua. Il nome “alfabeto” deriva dalle prime due lettere greche alfa e beta, che vengono a loro volta dalle lettere ebraiche ’àleph e behth.

ORIGINE

Ci sono molte teorie sull’origine dell’alfabeto: il cuneiforme sumero e babilonese, i geroglifici “ittiti” e la scrittura egiziana sono tutti considerati fra le possibili fonti. Tuttavia un noto studioso, il dottor David Deringer, nel suo libro The Story of the Aleph Beth (1958, p. 31) afferma: “Si è ora generalmente d’accordo che tutti gli alfabeti esistenti, e quelli non più in uso, siano derivati da un unico alfabeto originale”. A pagina 39 egli cita le parole di G. R. Driver: “E stato uno, e solo uno, dei doni dei semiti all’umanità”. Quindi prosegue: “Questo alfabeto è l’antenato di tutte le scritture alfabetiche che il mondo ha conosciute”.

In quanto alle scoperte archeologiche, fra gli esempi di alfabeto più antichi, secondo i metodi di datazione seguiti dagli archeologi, sono le iscrizioni scoperte a Serabit el-Khadem nella penisola sinaitica, ritenute del XIX e XVIII secolo a.E.V., le tavolette ugaritiche di argilla trovate a Ras Sharma in Siria, in alfabeto cuneiforme e attribuite al XV e XIV secolo a.E.V., e le iscrizioni di Biblo in Fenicia, che si pensa risalgano al 1100 a.E.V. circa. Le lettere fenicie sono quasi identiche a quelle dell’alfabeto ebraico antico, mentre quelle del Sinai presentano notevoli diversità. Le più antiche iscrizioni ebraiche pervenuteci includono il frammento di un’iscrizione di Lachis del XII o XI secolo a.E.V., il cosiddetto “Calendario di Ghezer” (vedi CALENDARIO) ritenuto dell’XI o X secolo a.E.V., le belle iscrizioni in corsivo degli ostraca samaritani attribuite al regno di Geroboamo II (844–803 a.E.V.), e l’iscrizione della galleria di Siloe che evidentemente risale al regno del re Ezechia (745–716 a.E.V.). La maggior parte degli antichi scritti ebraici risale solo al III secolo a.E.V.

In base a queste scoperte c’è la tendenza a considerare gli alfabeti fenicio e sinaitico anteriori a quello ebraico. Ma certo le cose non stanno necessariamente così, e nella pubblicazione già menzionata Diringer chiede: “È possibile che gli antichi ebrei, che hanno donato al mondo la Bibbia e il monoteismo, ci abbiano dato anche l’alfabeto? La possibilità certo esiste”. (The Story of the Aleph Beth, p. 37) La relativa scarsità di antiche iscrizioni ebraiche non prova certo il contrario, visto che gli ebrei non si preoccupavano di erigere monumenti o scrivere lapidi per ricordare le gesta di re ed eroi, come gli altri popoli antichi. Inoltre il clima e il terreno della Palestina, a differenza di quelli dell’Egitto, non contribuiscono alla preservazione di scritti papiracei.

L’ordine delle lettere dell’alfabeto ebraico è chiaramente indicato negli scritti acrostici dei Salmi (34, 111, 112, 119 e altri), di Proverbi 31:10-31, e Lamentazioni capitoli 1-4 (anche se le lettere ʽàyin e pe’ sono invertite nei capitoli 2-4). In questi scritti le lettere dell’alfabeto compaiono in ordine consecutivo come lettere iniziali di ciascun successivo versetto, sezione o strofa. L’alfabeto ebraico, allora come oggi, consisteva di ventidue lettere, tutte consonanti, e probabilmente rappresentava circa ventotto suoni. Pare che solo verso il VI secolo E.V. sia stato introdotto un sistema di segni per indicare i suoni vocalici. Gli studiosi ebrei detti masoreti, per rappresentare in ebraico i suoni vocalici, impiegavano circa sette diversi “punti vocalici”, separati o combinati fra loro.

TEORIA DELLA SCRITTURA PITTOGRAFICA

È teoria comune che l’alfabeto ebraico sia derivato da una scrittura pittografica. Questa teoria cerca sostegno nel fatto che i nomi delle lettere ebraiche spesso sono uguali o simili ai nomi ebraici di certe cose: ’àleph vuol dire “toro”, behth “casa”, gìmel, simile all’ebraico gamàl, “cammello”, e così via. Tuttavia le difficoltà sorgono quando si cerca di continuare con tutte le altre lettere, e per stabilire la presunta somiglianza fra la forma delle lettere e il suggerito significato del nome spesso ci vuole notevole immaginazione. Infatti, mentre alcuni credono che la lettera gìmel originalmente rappresentasse un cammello (o il collo di un cammello), altri suggeriscono che originalmente raffigurasse un “bastone da lanciare”; alcuni che dàleth rappresentasse una porta, altri invece un pesce; zàyin un’arma o forse un ulivo; tehth un serpente oppure un cesto, e così via. È perciò interessante la dichiarazione di Diringer (The Story of the Aleph Beth, p. 40) in cui, dopo aver spiegato che il valore fonetico di ciascuna lettera ebraica corrisponde al suono iniziale del suo nome, fa notare: “Sarebbe erroneo concludere che [questo] indichi necessariamente l’uso di rappresentazioni figurative delle cose che avevano lo stesso nome delle lettere: in altre parole, non c’è alcuna prova che i simboli fossero in origine pittografici”. Infatti, insegnando l’alfabeto italiano, l’insegnante potrebbe dire che A sta per “asino”, B sta per “barca”, C sta per “casa”, indicando semplicemente che il suono della lettera è rappresentato dall’iniziale della parola seguente, non che la forma della lettera assomigli in alcun modo alla cosa identificata da tale parola o a qualche sua caratteristica.

La teoria che l’alfabeto sia il risultato di una graduale evoluzione attraverso scritture pittografiche, ideografiche o sillabiche, non ha alcun fondamento solido. Anche se gli antichi egiziani finirono per usare alcuni segni fonetici per rappresentare certe consonanti, non li isolarono mai come un alfabeto distinto, e continuarono a usare i loro ideogrammi e fonogrammi sillabici fino all’inizio dell’era volgare. Poi adottarono l’alfabeto greco. Non ci sono nella storia esempi di alcuna scrittura pittografica che si sia sviluppata da sé in un alfabeto. Oltre agli egiziani, altri popoli, come i maya, usarono evidentemente per millenni una scrittura pittografica, che però non si evolse in un alfabeto. Anche i cinesi non hanno finora tratto un alfabeto dalla loro scrittura originalmente pittografica.

SVILUPPI PIÙ RECENTI

A proposito dell’unico alfabeto originale, Diringer spiega che altri popoli o civiltà apportarono poi le proprie varianti a tale scrittura alfabetica fondamentale, varianti che, col passar del tempo, finirono per essere quasi irriconoscibili rispetto ad altre della stessa famiglia (ed anche alla scrittura originale). Egli aggiunge: “Infatti la scrittura brahmi, il grande sistema di scrittura dell’India, l’alfabeto coreano, i caratteri mongoli, derivano dalla stessa fonte degli alfabeti greco, latino, runico, ebraico, arabo e russo, anche se è praticamente impossibile per il profano vedere una vera somiglianza fra loro”. — The Story of the Aleph Beth, p. 39.

Dopo l’esilio in Babilonia gli ebrei adottarono caratteri aramaici da cui deriva la forma quadrata delle lettere caratteristica dell’alfabeto ebraico moderno. Comunque l’evidenza indica che anche dopo l’esilio si continuò a usare l’antica scrittura ebraica.

L’alfabeto greco deriva dall’alfabeto semitico. Ai greci si deve un importante contributo in quanto presero le lettere in più per le quali non avevano consonanti corrispondenti (’àleph, he’, hhehth, ʽàyin, waw e yohdh) e se ne servirono per rappresentare i suoni vocalici a, e (breve), e (lunga), o, y, i. Dei due modi di scrivere il greco, orientale e occidentale, quest’ultimo diede origine all’alfabeto latino e quindi al nostro alfabeto.

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