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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 93-94

Arca del Patto

Sacra cassa collocata nel Santissimo del tabernacolo; fatta per comando di Geova e secondo il suo disegno. La parola ebraica ʼaròhn si riferisce a quest’arca del patto, e altrove è tradotta “cassa da morto” (Gen. 50:26) e “cassa”. (II Re 12:10) Un’altra parola ebraica, tevàh, definisce l’arca di Noè e l’arca di canne in cui Mosè rimase a galla sul Nilo. (Gen. 6:14; Eso. 2:3) Ma nelle Scritture Greche il termine kibotòs corrisponde a entrambi i termini ebraici. — Ebr. 9:4; 11:7.

Gli scrittori biblici definiscono l’arca del patto in più di venti modi diversi. Le più comuni di queste espressioni, “l’arca del patto” (Gios. 3:6; Ebr. 9:4) e “l’arca della testimonianza” (Eso. 25:22), non sono peculiari di un certo scrittore e sono usate scambievolmente.

FORMA E MISURE

La prima cosa che Geova spiegò a Mosè, nel dargli le istruzioni per costruire il tabernacolo, furono la forma e le misure dell’Arca, perché infatti era l’oggetto centrale e più importante del tabernacolo e dell’intero campo d’Israele. La cassa stessa era lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo, e alta un cubito e mezzo (cm 111 x 67 x 67 ca.). Era di legno d’acacia, rivestita dentro e fuori d’oro puro. Un artistico “bordo d’oro” serviva da ghirlanda di rifinitura “all’intorno”. La seconda parte dell’Arca, il coperchio, era d’oro massiccio, non semplicemente rivestito d’oro, ed era lungo e largo esattamente come la cassa. Due cherubini d’oro lavorati a sbalzo erano fissati su questo coperchio, uno di fronte all’altro alle due estremità del coperchio, con il capo chino e le ali protese in alto a coprire l’Arca. (Eso. 25:10, 11, 17-22; 37:6-9) Questo coperchio era detto anche “trono di misericordia” o “propiziatorio”. — Eso. 25:17; Ebr. 9:5.

Lunghe stanghe servivano a trasportare l’Arca. Anch’esse erano di legno d’acacia ricoperto d’oro ed erano inserite in due anelli d’oro ai due lati della cassa. Queste stanghe non dovevano esser tolte dagli anelli; perciò non c’era mai la necessità che i portatori toccassero l’Arca. Non si sa con certezza dove gli anelli fossero fissati ai due lati dell’Arca. C’erano quattro piedi, “piedi che camminano, piedi piegati come per camminare” (Keil & Delitzsch, Biblical Commentary on the Old Testament, Il Pentateuco, Vol. II, p. 167), posti agli angoli per tenere l’Arca sollevata da terra, di quanto non è rivelato. Sembra che gli anelli fossero fissati immediatamente sopra i piedi, se non ai piedi stessi; infatti più in basso erano collocati gli anelli, più in alto sarebbe stata l’Arca quando veniva portata a spalle dai leviti. — Eso. 25:12-16; Num. 4:5, 15; I Re 8:8; I Cron. 15:15.

USO DELL’ARCA

L’Arca serviva come archivio santo per conservare la testimonianza o sacri rammemoratori, principalmente le due tavolette della testimonianza o Dieci Comandamenti. (Eso. 25:16) Una “giara d’oro contenente la manna e la verga d’Aaronne che germogliò”, messe in seguito nell’Arca, furono tolte qualche tempo prima dell’erezione del tempio di Salomone. (Ebr. 9:4; Eso. 16:32-34; Num. 17:10; I Re 8:9; II Cron. 5:10) Poco prima di morire Mosè consegnò una copia del “libro della legge” ai sacerdoti leviti con l’istruzione di conservarlo non dentro, ma “a fianco dell’arca del patto di Geova vostro Dio, . . . quale testimone contro di te”. — Deut. 31:24-26.

Simbolo della presenza di Dio

L’Arca rappresentò sempre la presenza di Dio. Geova aveva promesso: “Lì per certo mi presenterò a te e ti parlerò di sopra il coperchio, di fra i due cherubini che sono sull’arca della testimonianza”. “Apparirò in una nuvola sopra il coperchio”. (Eso. 25:22; Lev. 16:2) Samuele scrisse che Geova “siede sui cherubini” (I Sam. 4:4); perciò i cherubini servivano come “la rappresentazione del carro” di Geova. (I Cron. 28:18) Quindi “ogni qualvolta Mosè entrava nella tenda di adunanza per parlare con [Geova], udiva la voce che conversava con lui di sopra il coperchio che era sull’arca della testimonianza, di fra i due cherubini; ed egli parlava a lui”. (Num. 7:89) In seguito, anche Giosuè e il sommo sacerdote Fineas interrogarono Geova davanti all’Arca. (Gios. 7:6-10; Giud. 20:27, 28) Comunque, solo il sommo sacerdote entrava effettivamente nel Santissimo e vedeva l’Arca, una volta all’anno, non per comunicare con Geova, ma per compiere la cerimonia del Giorno di Espiazione. — Lev. 16:2, 3, 13, 15, 17; Ebr. 9:7.

Non era un talismano

L’Arca non era un talismano. La sua presenza di per sé non garantiva il successo; la benedizione di Geova dipendeva dalla spiritualità e dalla fedele ubbidienza di coloro che erano in possesso dell’Arca. Perciò gli israeliti al comando di Giosuè furono sconfitti ad Ai per la loro infedeltà, nonostante la presenza dell’Arca nel campo. (Gios. 7:1-6) Similmente, la presenza dell’Arca in mezzo agli stessi combattenti non impedì ai filistei di uccidere 30.000 israeliti e catturare l’Arca, contrariamente a quanto avevano sperato gli israeliti. (I Sam. 4:11) La restituzione dell’Arca da parte dei filistei fu occasione di rallegrarsi grandemente, offrire sacrifici e rendere grazie, eppure Geova colpì “il popolo con un grande massacro”. Perché? “Perché avevano guardato l’arca di Geova” violando il suo comando. (I Sam. 6:11-21; Num. 4:6, 20) Non si sa esattamente quanti morissero in quell’occasione. Il testo masoretico dice: “Abbatté dunque fra il popolo settanta uomini — cinquantamila uomini”. Questa costruzione ambigua fa pensare a un errore del copista: “cinquantamila uomini” potrebbe essere un’interpolazione. Il testo siriaco e quello arabo dicono che furono abbattuti “cinquemila e settanta uomini”. Nel Targum di Gionatan si legge: “Ed egli abbatté settanta uomini fra gli anziani del popolo, e cinquantamila fra la congregazione”. La Settanta dice che furono abbattuti “settanta uomini fra loro, e cinquantamila degli uomini”. Giuseppe Flavio menziona l’uccisione di soli settanta uomini. — Antichità giudaiche, Libro VI, cap. I, 4.

COLLOCAZIONI DELL’ARCA

L’Arca non ebbe una sede permanente fino all’erezione del tempio di Salomone. Dopo la conquista di gran parte del paese (1467 a.E.V. ca.), fu trasferita a Silo, dove evidentemente rimase (fatta eccezione per il tempo in cui era a Betel) finché fu catturata dai filistei. (Gios. 18:1; I Sam. 3:3; 6:1) Tornata in territorio israelita fu sistemata successivamente a Bet-Semes e poi a Chiriat-Iearim, dove rimase per circa settant’anni. (I Sam. 6:11-14; 7:1, 2) Infine l’Arca fu portata a Gerusalemme, trasportata dovutamente dai leviti (I Cron. 15:2, 15), e vi rimase in una tenda per il resto del regno di Davide. — II Sam. 6:12-19; 11:11.

Non c’è menzione che l’Arca sia stata portata a Babilonia, infatti l’Arca non è inclusa nell’elenco degli arredi del tempio portati via. Similmente non c’è menzione che sia stata restituita e collocata nel ricostruito tempio di Zorobabele, e neppure che sia stata sostituita. Non si sa quando e in quali circostanze l’Arca sia scomparsa. — II Re 25:13-17; II Cron. 36:18; Esd. 1:7-11; 7:12-19.

Geremia predisse un tempo in cui non ci sarebbe più stata l’arca del patto, ma gli adoratori di Geova non ne avrebbero sentito la mancanza e non si sarebbero trovati in difficoltà non avendola. Anzi ‘Gerusalemme stessa sarebbe stata chiamata il trono di Geova’. (Ger. 3:16, 17) Nel libro di Rivelazione, pieno di simboli, Giovanni dice che “l’arca del suo patto fu vista nel suo santuario del tempio” in cielo, e quest’arca probabilmente rappresenta l’arca del nuovo patto. — Riv. 11:19.

[Figura a pagina 93]

Probabile ricostruzione dell’arca del patto

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