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Ausiliario per capire la Bibbia
ad p. 252

Claudio Lisia

Comandante militare della guarnigione romana di Gerusalemme durante l’ultima visita dell’apostolo Paolo, verso il 56 E.V. Avendo il grado di chiliarca, Claudio Lisia aveva mille uomini al suo comando. Il nome greco “Lisia” suggerisce che fosse greco di nascita. Probabilmente aveva acquistato la cittadinanza romana per una grossa somma di denaro durante l’impero di Claudio, quindi, come era usanza di coloro che ottenevano la cittadinanza, aveva adottato il nome dell’imperatore, “Claudio”. (Atti 22:28; 23:26) Secondo lo storico romano Dione Cassio Cocceiano (ca. 150–235 E.V.), all’inizio dell’impero di Claudio la cittadinanza romana era spesso venduta per grosse somme di denaro.

Claudio Lisia compare nella narrazione di Atti per i suoi rapporti con l’apostolo Paolo. Egli, con alcuni soldati e ufficiali dell’esercito, aveva salvato Paolo dalla morte per mano della folla tumultuante. Afferrato Paolo, Claudio Lisia ordinò che l’apostolo venisse legato e, non potendo a causa del tumulto accertare la natura dell’accusa contro di lui, comandò che fosse condotto nella caserma che si trovava nella fortezza Antonia. — Atti 21:30-34.

Claudio Lisia concluse erroneamente che Paolo fosse l’egiziano che aveva fomentato una rivolta e condotto 4.000 sicari, “uomini armati di pugnale [sica]”, nel deserto. Ma saputo che le cose non stavano così, accolse la richiesta dell’apostolo di parlare alla folla dai gradini, probabilmente quelli della fortezza. Quando si riaccese il tumulto non appena Paolo ebbe menzionato il suo incarico di andare alle nazioni, Claudio Lisia ordinò che fosse portato nella caserma e interrogato ricorrendo alla flagellazione. — Atti 21:35-40; 22:21-24.

Informato che Paolo era romano e avendoglielo chiesto personalmente, Claudio Lisia ebbe paura perché facendolo legare aveva violato i diritti di un cittadino romano. (Atti 22:25-29) Il fatto che prese in parola l’apostolo Paolo che si dichiarava cittadino romano si può meglio capire riflettendo che era poco probabile che uno vantasse falsamente i diritti della cittadinanza romana, poiché una cosa del genere era punibile con la pena di morte. Nella sua opera Le vite di dodici Cesari, nel capitolo su Claudio (V, 25, traduzione di Guido Vitali), lo storico Svetonio dice: “Alle persone straniere vietò di far uso di nomi romani e, comunque, gentilizii. A chi usurpava la cittadinanza romana fece mozzare il capo di scure nel campo Esquilino”.

Volendo però stabilire la verità circa le accuse contro Paolo, Claudio Lisia ordinò la convocazione del Sinedrio. In quell’occasione l’argomento della risurrezione introdotto da Paolo provocò tali dissensi fra i componenti del Sinedrio che Claudio Lisia, temendo che Paolo fosse fatto a pezzi, ordinò ai soldati di portar via l’apostolo. — Atti 22:30; 23:6-10.

Poi, saputo dallo stesso nipote di Paolo che gli ebrei complottavano di uccidere l’apostolo, Claudio Lisia chiamò due dei suoi centurioni e comandò loro di prepararsi a partire per Cesarea verso le 21 con duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per portare Paolo dal governatore Felice. (Atti 23:16-24) In ottemperanza alla legge romana, mandò al governatore Felice anche un dettagliato rapporto del caso. Questa lettera però non era veramente obiettiva. Pur riconoscendo l’innocenza di Paolo, Claudio Lisia faceva capire di aver salvato Paolo perché aveva saputo che l’apostolo era romano, mentre in realtà aveva violato i diritti di cittadinanza di Paolo facendolo legare e per di più ordinando che fosse interrogato ricorrendo alla flagellazione. — Atti 23:26-30.

Il fatto stesso che Claudio Lisia si sia messo nella luce più favorevole atteggiandosi a protettore di un cittadino romano è una prova dell’autenticità della lettera. In quanto alla conoscenza del contenuto della lettera da parte di Luca, può darsi che la lettera stessa sia stata letta durante l’udienza di Paolo, e che l’apostolo ne abbia persino ricevuto una copia dopo essersi appellato a Cesare.

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