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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 1220-1221

Stroncamento

[dall’ebr. karàth].

In Israele, quando si riferiva alla punizione per una violazione della Legge, significava stroncamento nella morte. Alcuni dotti rabbini, nonostante le opinioni contrastanti, ritengono che costituisse semplicemente l’espulsione dalla congregazione di Israele. The Pentateuch and Haftorahs (a cura di J. H. Hertz, p. 493) dice: “Per quasi tutti i reati menzionati, era prescritta la pena di morte. Per gli altri i colpevoli venivano espulsi dalla Comunità e presumibilmente dalla nazione, dal momento che la loro presenza contaminava il paese”. Il Chumash (a cura di A. Cohen, ed. Soncino) commenta Levitico 23:29, 30, che dice: “Ogni anima che non si sia afflitta in questo giorno dev’essere stroncata dal suo popolo. In quanto a ogni anima che farà qualsiasi sorta di lavoro in questo stesso giorno, io devo distruggere quell’anima di fra il suo popolo”. E riporta l’opinione del rabbino Abraham ibn ‘Ezra: “C’è una differenza fra questa [ultima] punizione e lo ‘stroncamento’, ma non sono in grado di spiegarla”. Viene riportata anche l’opinione del rabbino Rashi: “È implicito che per ‘stroncamento’ s’intende ‘perduto’ (ma ricuperabile)”.

Esaminando i brani scritturali in cui sono menzionati i reati per i quali è prescritta questa punizione si può appurare che si riferisce alla pena di morte, eseguita dalle autorità di Israele o da Dio stesso. I reati per i quali è prescritto lo stroncamento sono quelli di natura più grave. (Eso. 31:14; Lev. 7:27; 18:6, 22, 23, 29; 20:3-6; 22:3, 4, 9; 23:28-30; Num. 4:15, 18, 20; 15:30, 31; vedi anche Esodo 30:31-33, 38). Evidentemente lo scrittore della lettera agli ebrei aveva in mente le parole di Numeri 15:30: “L’anima che fa qualche cosa deliberatamente . . . quell’anima dev’essere stroncata di fra il suo popolo”. Infatti disse: “Chi ha trascurato la legge di Mosè muore senza compassione, sulla testimonianza di due o tre”. (Ebr. 10:28) Gesù usò questa espressione nell’indicare la punizione riservata ai simbolici “capri”: “Questi andranno allo stroncamento [gr. kòlasis] eterno, ma i giusti alla vita eterna”. (Matt. 25:46) Qui sono contrapposte la vita e la morte. Se Matteo scrisse il suo Vangelo prima in ebraico, come si ritiene, probabilmente in questo brano usò una forma del termine ebraico karàth.

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