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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 396-397

Emmanuele

(Emmanuèle) [ebr. ‘Immànu’el, con noi è Dio].

Nome menzionato la prima volta dal profeta Isaia (7:14; 8:8) durante il regno di Acaz (761–745 a.E.V.). In Matteo 1:23, l’unica altra volta che ricorre, Emmanuele è un nome o titolo attribuito a Cristo il Messia.

Date le circostanze in cui fu pronunciata la profezia, i commentatori biblici hanno cercato un “Emmanuele” ai giorni di Isaia, che servisse allora come segno che ‘Dio era con loro’. Nell’VIII secolo a.E.V. Peca e Rezin, rispettivamente re d’Israele e di Siria, intendevano abbattere Acaz re di Giuda, per dare il suo trono al figlio di Tabeel. (Isa. 7:1-6) Geova si ricordava però del patto del regno fatto con Davide, antenato di Acaz, e mandò il suo profeta con questo rassicurante messaggio:

“Ascoltate, o casa di David. . . . Il Signore [Geova, NM; NW, e nota in calce] stesso darà a voi un segno: ecco la giovane concepirà e partorirà un figlio e lo chiamerà Immanuel. Crema e miele mangerà, finché avrà discernimento da aborrire il male e scegliere il bene. Prima che sappia il ragazzo aborrire il male e scegliere il bene sarà abbandonata la terra che tu disprezzi a causa dei suoi due re”. — Isa. 7:13-16, ATE.

Dopo aver parlato della nascita del secondo figlio di Isaia, la profezia descrive come sarebbe stata eliminata ogni minaccia contro Giuda. Simili a un’incontenibile inondazione gli assiri avrebbero travolto completamente la Siria e il regno settentrionale d’Israele, senza fermarsi finché non si fossero pericolosamente estesi sul paese di Giuda, fino ‘a riempire il tuo paese, o Emmanuele!’ Poi, con grandiosità poetica, il profeta Isaia avverte tutti coloro che si oppongono a Geova: Anche se vi cingete per la guerra, anche se fate piani, se pronunciate una parola qualsiasi contro Geova, “non avrà effetto, poiché Dio è con noi [‘Immànu’el]!” — Isa. 8:5-10.

La piena e completa identità di Emmanuele si trova nell’incarico e nella persona del Signore Gesù Cristo. L’uso perciò del termine ebraico ‘almàh nella profezia si adatterebbe sia al tipo (se si trattava della giovane moglie di Acaz o di Isaia) che all’antitipo (la promessa sposa e ancora vergine Maria). Nel caso di Maria non c’era dubbio che fosse vergine quando rimase “incinta per opera dello spirito santo”, dato che sia Matteo che Luca riportano questo come un fatto storico. (Matt. 1:18-25; Luca 1:30-35) “Tutto questo effettivamente accadde, affinché si adempisse ciò che era stato dichiarato da Geova per mezzo del suo profeta”, osserva Matteo. Era un segno che identificava il tanto atteso Messia. Quindi in stretta attinenza con la realtà dei fatti, nel Vangelo di Matteo (dove si cita Isaia 7:14) troviamo il termine greco parthènos, nel senso di “vergine”, che traduce ‘almàh: “Ecco, la vergine [parthènos] sarà incinta e partorirà un figlio, e gli sarà posto nome Emmanuele!” (Matt. 1:22, 23) Non si trattava affatto di prendersi delle libertà o di alterare il testo. Più di un secolo prima anche i traduttori ebrei della Settanta greca avevano usato parthènos nel tradurre Isaia 7:14.

Tale identità di Gesù Cristo quale Emmanuele non significa che fosse l’incarnazione di Dio, come i fautori della dottrina trinitaria sostengono sia implicito nel significato di Emmanuele, cioè: “Con noi è Dio”. Presso gli ebrei era consuetudine comune incorporare il termine Dio, o anche Geova, nei nomi propri ebraici. Tuttora molti si chiamano Emmanuele, ma nessuno è un’incarnazione di Dio.

Se sembra esserci una contraddizione fra le istruzioni dell’angelo a Maria (“dovrai mettergli nome Gesù”) e la profezia di Isaia (“per certo gli metterà nome Emmanuele”), si ricordi che il Messia doveva avere anche altri nomi. (Luca 1:31; Isa. 7:14) Per esempio, Isaia 9:6 diceva di lui: “Si chiamerà Consigliere meraviglioso, Dio possente, Padre eterno, Principe della pace”. Eppure nessuno di questi nomi venne dato come nome proprio al primogenito di Maria, né quando era piccolo né dopo che intraprese il suo ministero. Erano tutti nomi o titoli profetici con cui sarebbe stato identificato il Messia. La vita di Gesù fu sotto ogni aspetto all’altezza del significato di quei nomi, e in quel senso gli furono dati profeticamente, per indicare le qualità e le mansioni che avrebbe svolto a favore di tutti coloro che l’avrebbero riconosciuto come Messia. Lo stesso dicasi del titolo Emmanuele. Ne fu all’altezza e ne adempì il significato.

Gli adoratori di Geova hanno sempre desiderato che Dio fosse con loro, al loro fianco per sostenerli nelle loro imprese, e spesso egli li rassicura che è effettivamente al loro fianco, a volte dandone segni visibili. (Gen. 28:10-20; Eso. 3:12; Gios. 1:5, 9; 5:13–6:2; Sal. 46:5-7; Ger. 1:19) Se l’identità personale dell’Emmanuele dei giorni di Acaz rimane tuttora incerta, può darsi che Geova abbia disposto così per non distrarre l’attenzione di successive generazioni dal più grande Emmanuele, quando fece la sua comparsa come segno dal cielo. Con la venuta del suo diletto Figlio sulla terra come promesso “seme” messianico (Gen. 3:15) e legittimo erede al trono di Davide, Geova diede il più grande segno che non aveva dimenticato il genere umano né il patto del Regno. Il nome o titolo Emmanuele era dunque particolarmente adatto a Cristo, poiché la sua presenza fu senz’altro un segno dal cielo. Ed essendo il massimo rappresentante di Dio presente in mezzo agli uomini, Matteo, ispirato, poté veracemente dire: “Con noi è Dio”.

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