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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 611-612

Giuramento

Nelle Scritture Ebraiche due termini sono usati col significato che viene comunemente attribuito a un giuramento. Shevu‘àh, “giuramento”, si pensa derivi dalla parola shèva‘, “sette” (da una radice che significa “giurare”), numero usato nella Bibbia per indicare completezza; questo confermerebbe che ciò che si giura è sicuro e sacro. Nel concludere un patto presso il pozzo di Beer-Seba, che significa “pozzo del giuramento”, Abraamo e Abimelec giurarono su sette agnelle. (Gen. 21:27-32; vedi anche Genesi 26:28-33). Shevu‘àh si riferisce a una dichiarazione giurata da parte di qualcuno che si impegna a fare o a non fare una certa cosa. La parola stessa non dà affatto l’idea che una maledizione ricada su chi giura se non mantiene il giuramento. Perciò questo è il termine usato a proposito della dichiarazione giurata o giuramento fatto ad Abraamo da Geova, che non manca mai di parola e su cui non può ricadere alcuna maledizione. — Gen. 26:3.

L’altro termine ebraico è ʼalàh, “giuramento, esecrazione, imprecazione, maledizione”. Si può tradurre anche “giuramento di obbligo”. (Gen. 26:28) Il lessico ebraico e aramaico di Koehler e Baumgartner (p. 49) definisce questo termine “maledizione (minaccia di calamità in caso di trasgressione), imposta a qualcuno da se stesso o da altri”. Nell’antichità per gli ebrei fare un giuramento era una cosa molto seria. Si doveva mantenere un giuramento, anche a danno di chi l’aveva fatto. (Sal. 15:4; Matt. 5:33) Chi parlava sconsideratamente in una dichiarazione giurata era ritenuto colpevole di fronte a Geova. (Lev. 5:4) La violazione di un giuramento comportava la più severa punizione da parte di Dio. Presso le nazioni più antiche e particolarmente presso gli ebrei il giuramento era in un certo senso un atto religioso, che riguardava Dio. L’uso che facevano gli ebrei del termine ʼalàh rendeva implicitamente Dio parte in causa nel giuramento ed equivaleva a dichiararsi pronti a incorrere in qualsiasi giudizio egli si compiacesse di infliggere in caso di spergiuro. Questo termine non è mai usato da Dio in riferimento ai suoi giuramenti.

Spesso il giuramento era fatto per Dio o in nome di Dio. (Gen. 14:22; 31:53; Deut. 6:13; Giud. 21:7; Ger. 12:16) Geova giurava per se stesso o per la sua stessa vita. (Gen. 22:16; Ezec. 17:16; Sof. 2:9) A volte gli uomini usavano espressioni di carattere formale come “Geova mi [o, ti] faccia così e vi aggiunga se . . .” non farò [o, non farai] come giurato. (Rut 1:17; I Sam. 13:17; II Sam. 19:13) La dichiarazione poteva essere resa più enfatica pronunciando il proprio nome. — I Sam. 20:13; 25:22; II Sam. 3:9.

Sembra che il gesto usato più spesso per accompagnare un giuramento fosse quello di alzare la mano destra verso il cielo. Simbolicamente Geova stesso è menzionato nell’atto di giurare in questo modo. (Gen. 14:22; Eso. 6:8; Deut. 32:40; Isa. 62:8; Ezec. 20:5) L’angelo della visione di Daniele alzò ai cieli entrambe le mani nel pronunciare un giuramento. (Dan. 12:7) Degli spergiuri è detto che la loro “destra è una destra di falsità”. — Sal. 144:8.

Chi chiedeva a un altro di fare un giuramento poteva invitarlo a mettere la mano sotto la sua coscia o il suo fianco. Quando mandò il suo servitore a cercar moglie per Isacco, Abraamo gli disse: “Metti la tua mano, ti prego, sotto la mia coscia”, dopo di che il servitore giurò che avrebbe cercato la ragazza fra i parenti di Abraamo. (Gen. 24:2-4, 9) Nello stesso modo Giacobbe fece giurare a Giuseppe di non seppellirlo in Egitto. (Gen. 47:29-31) A proposito del significato di questa consuetudine, vedi ATTEGGIAMENTI E GESTI, pp. 127, 128.

SOTTO LA LEGGE

I casi nei quali la legge mosaica richiedeva un giuramento riguardavano: la moglie in un processo per gelosia (Num. 5:21, 22); chi aveva ricevuto qualche cosa in custodia quando la proprietà affidatagli veniva perduta (Eso. 22:10, 11); gli anziani di una città nei casi di omicidio non risolti. (Deut. 21:1-9) Erano consentiti giuramenti volontari di astinenza. (Num. 30:3, 4, 10, 11) A volte qualcuno in autorità richiedeva che servitori di Dio giurassero, ed essi dicevano la verità. Similmente il cristiano sotto giuramento non mente ma dice tutta la verità, oppure può rifiutarsi di rispondere se ciò mette in pericolo i giusti interessi di Dio o di altri cristiani, nel qual caso dev’essere pronto a subire le conseguenze del suo rifiuto di testimoniare. — I Re 22:15-18; Matt. 26:63, 64; 27:11-14.

I voti in Israele avevano valore di giuramento, erano sacri e si dovevano adempiere anche se ne risultava un danno per chi aveva fatto il voto. Era come se Dio osservasse per vedere che i voti fossero adempiuti, e punisse l’inadempiente. (Num. 30:2; Deut. 23:21-23; Giud. 11:30, 31, 35, 36, 39; Eccl. 5:4-6) I voti della moglie o delle figlie non sposate potevano essere confermati o annullati dal marito o dal padre, mentre i voti delle vedove e delle donne divorziate erano vincolanti. — Num. 30:3-15.

Nel Sermone del Monte Gesù Cristo rimproverò agli ebrei la consuetudine di fare giuramenti alla leggera, per qualunque cosa e indiscriminatamente. Era diventata una cosa comune fra loro giurare per il cielo, per la terra, per Gerusalemme e anche per la propria testa. Ma Gesù disse: “La vostra parola Sì significhi Sì, il vostro No, No; poiché il di più è dal malvagio”. — Matt. 5:33-37.

Con ciò Gesù Cristo non proibiva ogni giuramento, poiché egli stesso era sotto la Legge di Mosè, che in certi casi richiedeva che si giurasse. Infatti quando Gesù venne processato il sommo sacerdote gli chiese di giurare, ed egli non fece alcuna obiezione a ciò, ma diede risposta. (Matt. 26:63, 64) Gesù piuttosto voleva indicare che non si devono avere due misure. Mantenere la parola data deve essere considerato un sacro dovere e si deve adempiere come un giuramento; la persona deve essere sincera in ciò che dice. Gesù spiegò ulteriormente il senso delle sue parole quando smascherò l’ipocrisia degli scribi e dei farisei dicendo loro: “Guai a voi, guide cieche, che dite: ‘Se uno giura per il tempio, non è nulla; ma se uno giura per l’oro del tempio, è obbligato’. Stolti e ciechi! Infatti, che cosa è più grande, l’oro o il tempio che santifica l’oro?” Poi aggiunse: “Chi giura per il cielo giura per il trono di Dio e per colui che vi siede sopra”. — Matt. 23:16-22.

Con falsi ragionamenti e cercando il pelo nell’uovo, gli scribi e i farisei, come fece notare Gesù, si giustificavano di non mantenere certi giuramenti, ma questa era una falsità nei confronti di Dio e in effetti recava biasimo al suo nome (poiché gli ebrei erano un popolo dedicato a Geova). Geova dice espressamente che odia il giuramento falso. — Zacc. 8:17.

Giacomo conferma le parole di Gesù. (Giac. 5:12) Ma queste dichiarazioni da parte di Gesù e di Giacomo contro tali usanze indiscriminate non si devono intendere come divieti che impediscano al cristiano di giurare quando è necessario assicurare altri della serietà delle sue intenzioni o della veracità di ciò che dice. Per esempio, com’è illustrato dal comportamento di Gesù davanti al sommo sacerdote ebreo, un cristiano non avrebbe obiezione a giurare in tribunale, poiché dirà la verità sia che giuri o no. — Matt. 26:63, 64.

Anche l’apostolo Paolo, per dare maggior vigore alla sua testimonianza, in II Corinti 1:23 e Galati 1:20 fa un vero e proprio giuramento. Inoltre si riferisce a un giuramento come al modo giusto e consueto per porre fine a una disputa e richiama l’attenzione sul fatto che Dio, “proponendosi di dimostrare più abbondantemente agli eredi della promessa l’immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento”, giurando per se stesso, dato che non poteva giurare per qualcuno più grande. Questo aggiunse alla sua promessa una garanzia legale e diede una duplice assicurazione mediante “due cose immutabili nelle quali è impossibile che Dio menta”, cioè la sua promessa e il suo giuramento. (Ebr. 6:13-18) Per di più Paolo fa notare che Cristo è stato fatto Sommo Sacerdote mediante il giuramento di Geova ed è divenuto garante di un patto migliore. (Ebr. 7:21, 22) Nelle Scritture troviamo una cinquantina di casi in cui Geova stesso giura.

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