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    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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Ausiliario per capire la Bibbia
ad p. 460

Filippi

All’epoca del secondo viaggio missionario dell’apostolo Paolo era “la principale [o la prima] città del distretto della Macedonia”, ma evidentemente non la capitale di quella provincia. Si trovava nella parte orientale della regione, presso l’estremità N del Mar Egeo, non lontano dalla Tracia. Paolo, giunto per mare da Troas, approdò a Neapoli, porto di Filippi, e percorse per una quindicina di chilometri in direzione NO la Via Egnatia, grande strada commerciale e militare romana, valicando un passo alto quasi 500 m per scendere poi nella pianura di Filippi. — Atti 16:11, 12.

STORIA

Nel 146 a.E.V. tutta la Macedonia era diventata un’unica provincia romana. La battaglia in cui Ottaviano e Marc’Antonio sconfissero gli eserciti di Bruto e Cassio, assassini di Giulio Cesare, ebbe luogo nella pianura di Filippi (nel 42 a.E.V.). In seguito, a ricordo della grande vittoria riportata, Ottaviano eresse Filippi a “colonia” romana. (Atti 16:12) Quando qualche anno dopo fu insignito dal senato romano del titolo di Cesare Augusto, chiamò la città Colonia Augusta Julia Philippensis.

La designazione di colonia romana garantiva alla città l’esenzione dalle tasse e altri privilegi, fra i quali forse una forma secondaria di cittadinanza romana. Perciò i filippesi avevano un enorme attaccamento e devozione a Roma. Questo può spiegare perché i padroni della ragazza da cui l’apostolo Paolo aveva espulso un demonio di divinazione, nell’accusare Paolo e Sila dichiararono ai magistrati. “Siamo Romani”. (Atti 16:16-24) I cristiani di Filippi avrebbero capito bene cosa voleva dire Paolo quando scrisse loro esortandoli a ‘comportarsi quali cittadini’ degni della buona notizia del Cristo, e ricordando loro che “la nostra cittadinanza esiste nei cieli”, perché la cittadinanza romana era tenuta in gran conto a Filippi, era qualche cosa di cui vantarsi. — Filip. 1:27; 3:20, Int.

VISITA DI PAOLO

Filippi fu la prima città d’Europa in cui Paolo predicò la buona notizia, verso il 50 E.V., durante il suo secondo viaggio missionario. Egli vi andò ubbidendo a una visione avuta una notte a Troas, in Asia Minore, nella quale un macedone lo supplicò: “Passa in Macedonia e aiutaci”. (Atti 16:8-19) Paolo e i suoi compagni, fra cui evidentemente lo storico Luca, vi rimasero diversi giorni, e il sabato uscivano “fuori della porta presso il fiume”, dove, spiega Luca, “pensavamo che fosse un luogo di preghiera”. Alcuni ritengono che a Filippi non ci fosse una sinagoga, a motivo del carattere militare della città, e che agli ebrei fosse vietato radunarsi in città per l’adorazione. Ad ogni modo Paolo parlò alle donne ivi radunate e ne trovò una, di nome Lidia, adoratrice di Dio, il quale ‘le aprì il cuore perché prestasse attenzione alle cose che eran dette da Paolo’. Lidia fu battezzata con tutta la sua famiglia, e si mostrò così riconoscente e ospitale che insisté perché stessero in casa sua. — Atti 16:11-15.

Ma ora che aveva accettato l’invito a passare in Macedonia, Paolo dovette affrontare la persecuzione proprio in quella prima città, questa volta non da parte degli ebrei come era avvenuto in Galazia. I magistrati della città presero provvedimenti in base alle false accuse mosse dai proprietari della ragazza indemoniata, i quali avevano perso una fonte di grande guadagno dal momento che la ragazza non era più in grado di fare predizioni. Paolo e Sila furono percossi con le verghe, gettati in prigione e messi ai ceppi. — Atti 16:16-24.

Nel mezzo della notte, mentre pregavano e lodavano Dio con cantici, e gli altri prigionieri ascoltavano, avvenne un miracolo. Un terremoto spezzò le catene dei prigionieri e spalancò le porte. Il carceriere, sapendo che andava incontro alla pena di morte per la scomparsa dei prigionieri che gli erano stati affidati, stava per uccidersi quando Paolo gridò: “Non farti del male . . . siamo tutti qui!” Il carceriere e la sua famiglia prestarono ascolto a Paolo e Sila, medicarono loro le ferite delle vergate, credettero e furono battezzati. — Atti 16:25-34.

L’indomani mattina, forse informati dell’avvenimento miracoloso, i magistrati ordinarono al carceriere di rimettere in libertà Paolo. Ma Paolo pensava più a rivendicare, difendere e stabilire legalmente la buona notizia che all’immediata liberazione. Non era disposto a farsi liberare con qualche “sotterfugio” che permettesse ai magistrati di salvare la faccia. Dichiarò che era cittadino romano e che lui e Sila erano stati percossi pubblicamente senza esser stati condannati. Erano loro, e non i cristiani, che dovevano riconoscere apertamente di aver agito in modo illegale! Sentendo che Paolo e Sila erano romani i magistrati furono presi da timore, andarono personalmente a liberarli, e “li supplicarono” di lasciare la città. — Atti 16:35-40.

Ciò nonostante Paolo stabilì a Filippi un’ottima congregazione che fu sempre cara al suo cuore. L’amore che i cristiani di Filippi avevano per lui era manifesto dalla sollecitudine con cui provvedevano ai suoi bisogni, anche quando era lontano. (Filip. 4:16) Paolo tornò a visitarli durante il terzo viaggio missionario e, forse, anche una terza volta, dopo la sua liberazione dalla prima prigionia a Roma. — Atti 20:1, 2, 6; Filip. 1:19; 2:24.

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