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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 1019-1020

Prigione

Luogo di reclusione per chi è in attesa di processo o risulta colpevole di aver violato la legge. Presso vari popoli dell’antichità, fra cui egiziani, filistei, assiri, babilonesi e persiani, la detenzione era una forma di punizione prevista dalla legge. (Gen. 39:20; Giud. 16:25; II Re 17:4; Esd. 7:26; Ger. 52:31-33) I prigionieri a volte venivano messi ai ceppi o costretti a svolgere lavori pesanti, come quello di macinare. (Giud. 16:21; II Re 17:4; Sal. 105:17, 18; Ger. 52:11) In Egitto, un prigioniero fidato (come Giuseppe) poteva essere incaricato di sorvegliare gli altri detenuti e di servire quelli che avevano avuto posizioni di rilievo prima di essere reclusi. — Gen. 39:21—40:4.

Prigioni esistevano già nel XVIII secolo a.E.V.; infatti in quell’epoca Giuseppe fu ingiustamente rinchiuso nella prigione annessa alla “casa del capo della guardia del corpo”. (Gen. 39:20; 40:3; 41:10) In questo carcere egiziano c’era evidentemente una segreta o prigione sotterranea, cioè una buca simile a una cisterna, dove a volte venivano rinchiusi alcuni prigionieri. — Gen. 40:15; 41:14; confronta Isaia 24:22.

La legge mosaica non prevedeva la detenzione come forma di punizione. Poiché si doveva far subito giustizia (Gios. 7:20, 22-25), solo nei casi che richiedevano una chiarificazione da parte di Dio si legge nel Pentateuco di individui tenuti sotto custodia. (Lev. 24:12; Num. 15:34) In seguito però anche gli israeliti cominciarono a usare prigioni. Il profeta Geremia, per esempio, venne rinchiuso nella “casa dei ceppi, nella casa di Ieonatan”. Questo luogo di detenzione aveva ‘stanze a volta’, forse celle sotterranee. Ivi le condizioni erano così cattive che Geremia temette per la sua vita. (Ger. 37:15-20) Poi fu trasferito nel “Cortile della Guardia”, dove gli veniva data una razione giornaliera di pane, poteva ricevere visite e compiere operazioni finanziarie. — Ger. 32:2, 8, 12; 37:21; vedi anche I Re 22:27; II Cronache 16:10; Ebrei 11:36.

Nel I secolo E.V., secondo l’usanza romana, i carcerieri o le guardie dovevano rispondere di persona dei prigionieri. (Atti 12:19) Perciò il carceriere di Filippi, ritenendo che i prigionieri fossero fuggiti, stava per suicidarsi. (Atti 16:27) Per ragioni di sicurezza alle porte della prigione venivano messe delle guardie, e i prigionieri avevano a volte i piedi stretti nei ceppi o le mani incatenate a quelle dei guardiani. (Atti 5:23; 12:6-10; 16:22-24) Alcuni prigionieri potevano ricevere visite. — Matt. 25:36; Atti 23:35; 24:23, 27; 28:16-31; vedi CARCERIERE; LEGAME.

Come predetto da Cristo Gesù, molti suoi seguaci sono stati imprigionati. (Luca 21:12; Atti 26:10; Rom. 16:7; Col. 4:10; Ebr. 10:34; 13:3) L’apostolo Giovanni, lui stesso prigioniero nell’isola di Patmos, scrisse che a motivo della persecuzione i cristiani avrebbero continuato a essere gettati nelle prigioni. — Riv. 2:10.

USO FIGURATIVO

In senso figurativo, col termine “prigione” si può intendere un paese di esilio (come Babilonia) o una condizione di schiavitù o prigionia spirituale. (Isa. 42:6, 7; 48:20; 49:5, 8, 9; 61:1; Matt. 12:15-21; Luca 4:17-21; II Cor. 6:1, 2) Benché le creature spirituali che furono disubbidienti ai giorni di Noè non abbiano corpi fisici che possano essere privati materialmente della libertà, la loro attività è stata limitata e si trovano in una condizione di fitta oscurità rispetto a Geova Dio, come se fossero in prigione. (I Piet. 3:19; Giuda 6; vedi TARTARO). Anche l’abisso in cui Satana sarà rinchiuso per mille anni è una “prigione”, un luogo di reclusione e inattività simile alla morte. — Riv. 20:1-3, 7.

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