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  • Figlio
  • Ausiliario per capire la Bibbia
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  • AUTORITÀ DEI GENITORI
  • AMPIO USO DEL TERMINE
  • COME IDENTIFICAZIONE
  • USO DESCRITTIVO
  • Figlio
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
  • Nascere di nuovo
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
  • Figlio (figli) di Dio
    Ausiliario per capire la Bibbia
  • Ben
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
Altro
Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 453-454

Figlio

Nell’antichità le coppie di sposi desideravano ardentemente un discendente di sesso maschile. (Gen. 4:1, 25; 29:32-35) Così si espresse il salmista: “I figli sono un’eredità da Geova;. . . Felice è l’uomo robusto che ne ha riempito la sua faretra”. (Sal. 127:3-5) Con la nascita di figli maschi la discendenza era assicurata, il nome degli avi preservato fra i posteri e i possedimenti terrieri ereditari rimanevano nella famiglia. (Num. 27:8) Le donne israelite desideravano avere figli maschi, forse nella speranza che uno dei loro figli potesse rivelarsi il “seme” per mezzo del quale Dio avrebbe benedetto il genere umano, com’era stato promesso ad Abraamo. (Gen. 22:18; I Sam. 1:5-11) A suo tempo l’angelo Gabriele annunciò a Maria, ragazza vergine della tribù di Giuda, che era stata “altamente favorita” e aggiunse: “Concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e dovrai mettergli nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e Geova Dio gli darà il trono di Davide suo padre”. — Luca 1:28, 31, 32.

La Legge prescriveva di circoncidere il figlio l’ottavo giorno dopo la nascita. (Lev. 12:3; Luca 1:59; 2:21) Dopo aver partorito un maschio la madre rimaneva “impura” per sette giorni e poi doveva stare “nel sangue della purificazione per altri trentatré giorni”. Questo significava che durante quei quaranta giorni non poteva entrare nel luogo santo né toccare alcuna cosa santa. Il periodo di purificazione durava il doppio per la nascita di una figlia. (Lev. 12:2-8; Luca 2:22-24) Il figlio primogenito apparteneva a Geova e doveva essere redento mediante un prezzo di redenzione. — Num. 18:15, 16.

AUTORITÀ DEI GENITORI

Il padre era principalmente responsabile dell’educazione e istruzione dei figli, anche se la madre faceva la sua parte, specie mentre i bambini erano piccoli. (Gen. 18:19; Deut. 6:6-8; I Sam. 1:23; Prov. 1:8; Efes. 6:4) Finché stava nella casa paterna, il figlio era soggetto al padre. Sotto la Legge i figli che una volta cresciuti diventavano ubriaconi e ghiottoni e che erano ostinati e ribelli ai genitori si dovevano consegnare ai giudici per essere messi a morte. (Deut. 21:18-21) I genitori spesso combinavano il matrimonio dei figli. (Gen. 24:2-4; 28:1, 2; Giud. 14:2) Alla morte del padre i figli ereditavano la proprietà della famiglia; il primogenito riceveva una parte doppia e diventava il capofamiglia. — Deut. 21:17.

AMPIO USO DEL TERMINE

Sia il termine ebraico ben sia quello greco huiòs significano “figlio”, ma spesso sono usati in senso più ampio e non semplicemente per designare un immediato discendente di sesso maschile. “Figlio” può significare figlio adottivo o figlio di un padre adottivo (Eso. 2:10; Giov. 1:45), discendente (nipote, pronipote, ecc.) (Eso. 1:7; II Cron. 35:14; Ger. 35:16; Matt. 12:23), genero. — Confronta I Cronache 3:17 con Luca 3:27 (Sealtiel era evidentemente figlio di Ieconia e genero di Neri); Luca 3:23, “Giuseppe, figlio di Eli”, evidentemente genero (in questa frase il termine huiòs, “figlio”, non compare nel testo greco, ma è sottinteso).

COME IDENTIFICAZIONE

Spesso alcuni venivano identificati o riconosciuti dal nome del padre o da quello di un avo, come (Davide) “il figlio di Iesse”. (I Sam. 22:7, 9) Il termine ebraico ben e l’aramaico bar, “figlio’, erano spesso uniti come prefissi al nome paterno, quasi un patronimico del figlio, come Bar-Gesù (“figlio di Gesù”). (Atti 13:6) Alcune versioni non traducono il prefisso mentre altre lo traducono nella maggior parte dei casi; alcune indicano la traduzione in calce. Oppure il prefisso può essere unito al nome a motivo delle circostanze relative alla nascita del figlio, come Ben-Ammi che significa “figlio del mio popolo”, cioè figlio di miei parenti e non figlio di estranei; o Ben-Oni che significa “figlio del mio dolore”, nome dato in punto di morte da Rachele al figlio Beniamino. — Gen. 19:38; 35:18.

USO DESCRITTIVO

Il termine “figli” ha spesso una funzione descrittiva: Orientali (lett. “figli dell’est” [I Re 4:30; Giob. 1:3, NW, ed. 1957, nota in calce]); “unti” (lett. “figli dell’olio” [Zacc. 4:14, NW e 1960 nota in calce]); membri (“figli”) di classi professionali, come “figli dei profeti” (I Re 20:35) o “membro [“figlio”] dei mischiatori di unguento” (Nee. 3:8); esuli ritornati (“figli dell’Esilio”) (Esd. 10:7, 16, NW, ed. 1955, note in calce); uomini buoni a nulla, farabutti (“figli di Belial”). (Giud. 19:22; 20:13, NW, ed. 1953, note in calce) Coloro che seguono una certa linea di condotta o manifestano certe caratteristiche sono designati da espressioni come “figli dell’Altissimo”, “figli della luce e figli del giorno”, “figli del regno”, “figli del malvagio”, “figlio del Diavolo”, “figli di disubbidienza”. (Luca 6:35; I Tess. 5:5; Matt. 13:38; Atti 13:10; Efes. 2:2) Lo stesso vale per il giudizio o risultato corrispondente alla caratteristica, come “soggetto alla Geenna” (lett. “figlio della Geenna”); “figlio di distruzione”. (Matt. 23:15; Giov. 17:12; II Tess. 2:3) Isaia, nel profetizzare che Dio avrebbe punito Israele, chiamò la nazione “miei trebbiati e figlio della mia aia”. — Isa. 21:10; vedi FIGLIO (FIGLI) DI DIO.

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