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  • w53 15/6 pp. 179-183
  • In unione con la luce

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  • In unione con la luce
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1953
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  • In unione con l’amore
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1953
  • “Continuate a camminare come figli di luce”
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
  • Seguite la luce del mondo
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1993
  • “La luce è venuta nel mondo”
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1991
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1953
w53 15/6 pp. 179-183

In unione con la luce

“Dio è luce e in unione con lui non c’è nessuna oscurità. . . . Dio è amore, e chi rimane nell’amore rimane in unione con Dio e Dio rimane in unione con lui”. — 1 Giov. 1:5; 4:16, NW.

1. In che modo l’apostolo Giovanni fu specialmente benedetto da Geova, e perché?

GEOVA si servì di un uomo ben qualificato per mezzo del quale rivelò alcune delle verità più preziose, profonde e vitali, verità che recano le più ricche benedizioni quando sono apprezzate e comprese, ma che recano anche con sé le più serie e minuziose responsabilità. Quest’uomo ben qualificato fu Giovanni, un favorito servitore di Geova. Egli fu uno dei “dodici apostoli dell’Agnello”, uno dei tre privilegiati scelti da Gesù fra gli altri discepoli in speciali occasioni, e colui che ebbe una particolare e stretta relazione con Gesù più di qualsiasi altro che lo conobbe quando fu sulla terra. Che cosa specialmente fece impiegare Giovanni nel modo che abbiamo appena menzionato? Leggiamo il racconto e vediamo.

2. (a) Come fu ben qualificato Giovanni per essere impiegato così? (b) Quale specie di relazione si stabilì fra Gesù e Giovanni, e a causa di che cosa?

2 Giovanni fu uno dei primi quattro che Gesù chiamò perché lo seguissero. Questo significa che egli ebbe il vantaggio d’essere nel più stretto contatto possibile con Gesù durante tutto il suo ministero, ascoltando tutti i suoi insegnamenti, ricevendo dirette istruzioni per il ministero, oltre a vedere come si comportava con tutti i diversi tipi di persone che incontrava e in tutte le varie situazioni nelle quali egli si trovò. Ma è evidente che in molti riguardi Giovanni ebbe una più profonda comprensione della mente e del cuore di Gesù rispetto ai suoi compagni, non solo, ma ebbe anche un più pieno e libero accesso nella fiducia e nell’amore del Signore. Questa stretta ed intima amicizia non fu certo suscitata da motivi sentimentali da entrambe le parti; ma, come è chiaramente rivelato dagli scritti di Giovanni, fu causata dal suo profondo apprezzamento e dalla sua sincera considerazione di ciò che era maggiormente notevole nella persona di Gesù: un intenso amore per la giustizia, verso Dio e tutte le persone di retta disposizione, e un odio ugualmente intenso contro il male e tutte le sue manifestazioni. Lo stesso motivo causò la straordinaria stretta amicizia di altri due uomini, Davide e Gionathan. Da parte sua, Gesù fece presto a discernere la vera disposizione del suo discepolo Giovanni e non esitò a mostrare, non favoritismo, ma una giustificata preferenza con amore e affezione a questo discepolo che ne era degno. Vi fu quindi una strettissima relazione e associazione fra questi due. Giovanni fu veramente “in unione” col suo diletto Maestro.

3. È lo stile degli scritti di Giovanni insolito in qualche modo, e facilita questo lo studio?

3 Non è nostra intenzione fare ora un particolareggiato studio del diletto apostolo, ma rammentiamo ai nostri lettori che questo fu il soggetto di un articolo della nostra edizione del 15 febb. 1953. Ad ogni modo, c’è un altro interessante fatto che vogliamo menzionare nella nostra principale discussione, e questo è l’insolito stile o composizione degli scritti di Giovanni. Esso suscita una difficoltà nella nostra ricerca di una concisa e completa comprensione d’uno qualsiasi dei vari soggetti che tratta. Pare che egli non si limiti a un dato schema, o a un argomento progressivo, dicendo tutto quello che deve dire su un argomento alla volta, con titoli e sottotitoli, per così dire. No; egli comincia con un pensiero, poi passa ad un altro, poi ad un altro ancora, quindi ritorna frequentemente a ciò che ha già detto e aggiunge su un certo soggetto, come un commerciante di diamanti che esamina una pietra preziosa, girandola e rigirandola, facendo riflettere la luce dalle sue molte faccette. Questa è una ragione per cui noi non facciamo uno studio di versetto per versetto di ciò che Giovanni scrisse.

4. Può qualche parte della Bibbia essere accusata di contraddirsi? Come si possono spiegare le apparenti contraddizioni?

4 Qualcuno potrebbe aver la tentazione di dire che egli faccia ripetizioni e contradizioni; ma, come avviene alcune volte a quelli che sono in tal modo accusati, Giovanni non dice effettivamente la stessa cosa due volte, bensì guarda il soggetto da diversi punti di vista; come, per esempio, rispetto al peccato. “Se facciamo la dichiarazione: ‘Noi non abbiamo nessun peccato,’ inganniamo noi stessi e la verità non è in noi”. Ma dopo alcuni versetti Giovanni scrive: “Figlioletti miei, io vi sto scrivendo queste cose affinché non commettiate un peccato. Eppure, se alcuno commette un peccato, abbiamo tutta via un soccorritore presso il Padre, Gesù Cristo, un giusto”. (1 Giov. 1:8; 2:1, NW) Prima egli ci mostra che noi peccheremo, poi scrive come se potessimo evitar di peccare; ma continua mostrando che noi peccheremo a causa delle imperfezioni, per la cui ragione ci è provveduto un soccorritore. Perciò dobbiamo considerare queste affermazioni col loro contesto. Mentre queste apparenti contradizioni, o paradossi, si trovano una volta ogni tanto nella Parola di Dio, un attento esame del contesto o degli avvenimenti relativi ne risolverà i problemi.

5. (a) Che cosa si deve ricordare riguardo agli scritti di Giovanni? (b) Come si riassumono i due suoi temi principali?

5 La ragione per cui Giovanni scrisse in tal modo potrebbe essere in parte il fatto che egli sapeva, quando scrisse il suo Vangelo e le lettere verso la fine della sua lunga vita di ministero, che i suoi lettori conoscevano già gli argomenti che egli si dilettava a trattare. Comunque, dobbiamo ricordare che scrisse sotto la guida dello spirito santo. I suoi scritti son parte della Parola di Dio. Ora desideriamo intraprendere uno studio di questa parte della Parola di Dio, particolarmente dei due temi principali che sono svolti dagli scritti di Giovanni, (1) che “Dio è luce” e (2) che “Dio è amore”, trattati in ispecie nella sua prima lettera. Questo dobbiamo farlo, però, in relazione con l’Evangelo di Giovanni, poiché entrambi sono strettamente intrecciati.

6 Perché noi non dobbiamo tenerci lontani dall’aspirazione ad una stretta unione personale col Signore?

6 Forse a questo punto sentiamo qualcuno che dice: ‘Oh sì, un tale studio potrebbe essere molto profittevole, ma nessuno può avere con Gesù la stessa relazione personale ed intima che ebbe il diletto Giovanni!’ Ma non facciamo una conclusione troppo affrettata. Ammettiamo di non poter venire a contatto fisico col Signore, o di appoggiarci a lui, come fece Giovanni. Ma questa fu una semplice espressione esteriore, temporanea, della vera armonia interiore che esisteva fra di loro. Ad ogni modo, qualsiasi ombra d’invidia o dispiacere che potremmo avere su questo argomento scompare quando notiamo che la prima ragione indicata come la causa per cui fu scritta la prima lettera di Giovanni inerente a “questa nostra associazione” è che “la nostra gioia [la sua e la vostra] sia completa”. Noi possiamo partecipare della medesima gioia che ebbe Giovanni. E non parlò in modo simile Gesù quando disse: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia resa completa”? (1 Giov. 1:3, 4; Giov. 15:11, NW) Gesù senza dubbio “preferì” Giovanni, come leggiamo parecchie volte (Giov. 13:23; 21:7, 20, margine, NW); ma questo non significa una esclusiva amicizia con Giovanni nel comune senso egoistico della parola. Noi non dobbiamo tenerci lontani. Anzi, da quello che è stato detto si comprende che siamo incoraggiati a credere che anche noi possiamo similmente essere “in unione” col nostro diletto Maestro, e l’intimità e l’intensità di tale unione dipende da ciascuno di noi individualmente. Come può aver luogo questo? Questa, a sua volta, suscita un’altra importante domanda. Essa è la seguente:

DI CHI SIETE FIGLI?

7. (a) Come fu ricevuto Gesù quando venne nel mondo? (b) Su quale fondamento alcuni furono autorizzati a divenire figli di Dio?

7 Sì, è una domanda che si riferisce alla parentela. Nella sua lettera Giovanni non parla di questa parentela fino al terzo capitolo, ma nel suo Vangelo della parentela si fa subito menzione al capitolo primo, nella sua considerazione logica. Egli fa rilevare che “la Parola”, l’unico agente creativo della vita, fu anche stabilita da Dio come “la luce degli uomini”. Venne in un mondo di tenebre, “ma il mondo non le ha prestato attenzione”. Perché no? Perché, come Giovanni spiega alla fine della sua prima lettera, “tutto il mondo giace nel potere del malvagio”. Essa “è venuta a casa sua”, da quelli che avrebbero dovuto accoglierla, ma essi non sono stati ‘a casa’ con lei. Il suo popolo, gli Ebrei, non vollero essere in unione con lei. Ci furono delle eccezioni, però, ed è riguardo a queste che Giovanni scrive: “A tutti quelli che l’han ricevuta ha dato autorità di divenire figli di Dio”. Questo su quale fondamento? Prima di tutto, “perché hanno esercitato fede nel suo nome”. Questo mette in risalto l’importanza della fede per divenire figli di Dio. Assicuriamoci di capirne l’importanza secondo un corretto punto di vista, conforme alle Scritture. — Giov. 1:4, 10-12; 1 Giov. 5:19, NW.

8. Come è messa in risalto l’importanza della fede nella Scrittura?

8 Tutti quelli che conoscono la Bibbia sanno quanto spesso Giovanni si riferisce al comandamento che i figli di Dio devono amarsi reciprocamente, e riporta le parole di Gesù sul soggetto; ma non tutti capiscono che la fede, in particolare la fede nel nome di Gesù, è menzionata come un comandamento superiore. Giovanni scrive: “Infatti, questo è il suo comandamento, che abbiamo fede nel nome del suo Figlio Gesù Cristo e che ci amiamo l’un l’altro”. (1 Giov. 3:23, NW) Se qualche cosa viene comandata da Dio deve essere importante: un’esigenza giusta, un incarico che ci viene affidato, che noi non possiamo permetterci di considerare con leggerezza. Essa è qualche cosa di più di un invito o di un’esortazione. Non c’è alternativa riguardo a un comando di Dio. Deve essere adempiuto.

9. Dove e come la Bibbia spiega il corretto punto di vista circa la fede in relazione con le opere e l’ubbidienza?

9 Gli Ebrei riconobbero l’importanza dell’ubbidienza ai comandi di Dio contenuti nella Legge; ma considerarono l’ubbidienza da un errato punto di vista. Essi basavano la loro fede sui loro propri sforzi per giungere alla giustizia mediante l’osservanza delle opere della Legge; ma quando in un’occasione chiesero a Gesù: “Che faremo per compiere le opere di Dio?” Gesù riassunse tutta la risposta con una frase: “Questa è l’opera di Dio, che voi esercitiate fede in colui che Egli ha mandato”. Paolo discusse sullo stesso argomento coi Galati, interrogando: “Avete ricevuto lo spirito a causa di opere della legge o a causa dell’ubbidiente osservanza per fede?” Quindi continua mostrando “che coloro che aderiscono alla fede . . . son figli d’Abrahamo” e sono “benedetti insieme al fedele [credente] Abrahamo”. Infine, proprio sulla questione della parentela, Paolo dice: “Infatti, voi siete tutti figli di Dio mediante la vostra fede in Cristo Gesù. . . . poiché siete tutti uno in unione con Cristo Gesù”. La fede è necessaria per divenire figli. È ammesso che queste scritture si applicano strettamente a quelli che sono chiamati al regno celeste con Cristo Gesù, il “piccolo gregge”, ma la stessa dimostrazione di fede è richiesta dalle “altre pecore”, che possono pure pregare il “Padre nostro”, con la speranza di guadagnare la vita eterna sulla terra. — Giov. 6:28, 29; Gal. 3:2, 7-9, 26-28, NW.

10. È la fede un dono per alcuni, ma negato ad altri, oppure può essere ottenuto da tutti?

10 Un altro particolare concernente la fede che ci è ordinata è questo. Iddio non dà mai un comando che la creatura non possa osservare. Ci sono ampie prove per confidare nella possibilità di dimostrare fede. Non c’è scusa. Dipende dalla disposizione del cuore, la ‘giusta specie di terreno’. La persona ha il compito di ‘rivolgere la sua fede’ verso il Figlio di Dio. Se è necessario a tal uopo, come spesso avviene, si può avere un mutamento del cuore, come l’ebbero i dieci fratellastri di Giuseppe, o come l’ebbe il figlio minore, il figlio prodigo, che “tornò in sé”. — Rom. 1:20; Mar. 4:8; 1 Giov. 5:10, NW; Gen. 44:18-34; Luca 15:17, NW.

11. Come si viene identificati quali figli o di Dio o del Diavolo?

11 Si capisce, dunque, che la questione della vostra parentela non è affatto determinata dalla nascita carnale o da semplici professioni. Né questo significa che prima che voi rivolgeste la vostra fede al Figlio di Dio eravate un figlio del Diavolo. Una persona non è identificata né come figlio di Dio né come figlio del Diavolo finché non si mostri che essa sia in unione con l’uno o con l’altro in un tempo di giudizio nazionale o mondiale; dimostrando con i propri frutti di essere o un “albero buono” o un “albero cattivo”; o praticando la giustizia e amando i propri fratelli, o odiandoli e minacciando la loro vita, come Caino. — Matt. 7:15-23; 1 Giov. 3:10-12, NW.

12, 13. In che modo gli Ebrei, e anche la Cristianità, inciampano su Cristo, e mostrano il bisogno di che cosa?

12 Vediamo quindi che si può essere in unione con Dio solo divenendo suoi figli, per mezzo della fede nel suo Figlio. Ma essa dev’essere una fede illuminata fondata sulla verità, in ispecie la verità inerente a Cristo Gesù. Egli è il punto basilare, come mette in rilievo ripetutamente Giovanni. Non inciampiamo su Gesù, come fecero gli Ebrei alla sua apparizione come un olocausto, benché contassero di accoglierlo come re; o come la Cristianità, che inciampa su Cristo come presente re governante, benché conti di accettarlo come suo redentore. La loro non è una fede illuminata.

13 Questa necessità di una fede illuminata ci porta a una considerazione della parola principale del presente tema di studio: “LUCE”. Che rallegrante parola è questa!

14. In quale maniera la luce è usata come un simbolo nella Scrittura?

14 “Dio è luce,” dice l’apostolo; e in queste tre brevi parole sentiamo che dev’essere molto significato. (1 Giov. 1:5, NW) È una delle definizioni, non di chi è Dio, ma di ciò che egli è. Come è adoperata la parola “luce” nelle Scritture? In questo caso è evidentemente adoperata come un simbolo, che significa in primo luogo divina verità e l’illuminamento relativo, ma che comprende anche cose in stretta relazione, cioè, il favore e la benedizione di Dio, in ispecie la coronante benedizione della vita eterna. Poiché in te è la fonte della vita, e per la tua luce noi vediamo la luce”. Perciò noi invochiamo Dio: “Manda la tua luce e la tua verità; mi guidino esse, mi conducano al monte della tua santità, nei tuoi tabernacoli”. Sì, veramente, la luce che s’irradia dal volto di Geova significa un interminabile fluire di benedizioni, come fu comandato a Mosè di dire ad Israele: “L’Eterno [Geova] ti benedica e . . . faccia risplendere il suo volto su te”. Queste benedizioni si possono ottenere solo esercitando una fede illuminata, provando allegrezza al primo fascio di luce, la fondamentale verità dell’esistenza di Dio, e trovando poi che egli “diviene il rimuneratore di quelli che sinceramente lo cercano”. Egli è davvero il “Padre delle luci celestiali”, da cui vengono “ogni donazione buona e ogni regalo perfetto”. — Sal. 36:9; 43:3; Num. 6:24, 25; Ebr. 11:6; Giac. 1:17, NW.

15. Quale prova scritturale si trova per collegare la vittoria con l’Iddio della luce?

15 Quale immisurabile vantaggio ha l’Iddio della luce, che si chiama “la gloria d’Israele”! (1 Sam. 15:29) Pensateci! Non c’è cosa o persona, né circostanza o cospirazione, concepita nei più interni recessi della mente o subitamente messa in atto, che possa sfuggire o nascondersi a quel potentissimo, penetrantissimo raggio. “Gli occhi dell’Eterno sono in ogni luogo, osservando i cattivi ed i buoni”. “Colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà,” e “non c’è creazione che non sia manifesta alla sua vista, ma tutte le cose son nude e apertamente esposte agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto”. Egli non è mai sorpreso; non può esser preso all’improvviso, poiché conosce e ‘annunzia la fine sin dal principio’. Con lui, la vittoria finale contro tutti i suoi nemici è assolutamente assicurata, e in ogni tempo egli è del tutto senza paura. — Prov. 15:3; Sal. 121:4; Isa. 46:10; Ebr. 4:13, NW.

16. Su quale contesa sorse per la prima volta conflitto, come dice Gesù?

16 La vittoria è uno dei temi ispirati e ispiratori della Bibbia. Ci fu un tempo in cui non vi fu bisogno di questa parola, poiché vittoria significa sconfiggere un nemico in battaglia; o in conflitto, per qualche contesa che è sorta. In quel tempo non c’era nessun nemico, nessun Satana, nessun governante delle tenebre. In questo tempo, invece, c’è la contesa della luce contro le tenebre. In contrasto con la luce, le tenebre sono come un simbolo innanzi tutto dell’errore e della falsità e dei relativi ottenebranti effetti, cioè, astuzia e corruzione, che conducono alla morte. Giovanni cita la testimonianza di Gesù circa la ragione per cui sorse la contesa. Gesù disse del Diavolo: “Costui è stato omicida fin da quando cominciò, e non si è tenuto saldo nella verità, . . . è un bugiardo e il padre della menzogna.’ — Giov. 8:44, NW; si veda anche 2 Corinzi 11:3.

17. Come Giovanni mette in stretta connessione vita, luce e vittoria?

17 A questo punto è interessante notare come Giovanni, presentando il suo racconto della buona notizia con l’abile uso di brevi e profonde dichiarazioni, collega strettamente i tre precedenti soggetti: vita, luce e vittoria. Giovanni ci dice che Gesù affermò: “Io sono la via e la verità [la luce] e la vita”. Prima, Giovanni ci rammenta che tutta la vita deve la sua esistenza alla “Parola”. Poi ci dichiara che Gesù, “la vita,” è “la luce degli uomini”. Questo significa che la sola via che l’uomo può seguire per guadagnare la vita è quella di venire alla luce e rimanere per sempre in unione con essa. Infine, Giovanni fa risuonare la nota della vittoria, dicendo: “E la luce risplende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno sopraffatta”. Una vittoria per la luce! — Giov. 1:1-5; 14:6, NW.

18, 19. Quale primo passo ci porta nella scena, che conduce a ulteriori cose.

18 Prima di discutere ulteriormente come le tenebre fecero tutto quello che poterono per sopraffare la luce nel caso di Gesù, ma fallirono completamente, vediamo come noi pure veniamo a trovarci nel quadro, esaminandolo sotto il titolo:

INCARICO E RESPONSABILITÀ

19 Come è stato già notato (§ 7), noi diveniamo figli di Dio esercitando fede nel nome di Gesù. In altre parole, come disse Gesù: “Esercitate fede nella luce [che significa verità], affinché diveniate figli di luce”. (Giov. 12:36, NW) La fede è il primo passo che ci porta nella scena. Poi che succede? Il nostro divenire “figli di luce” ci reca le più ricche benedizioni e i più grandi privilegi, ma essi comportano particolari responsabilità. Per apprezzarli e possederli, dobbiamo prima comprendere l’incarico e la responsabilità di Cristo come preminente portatore della luce di Dio.

20. Come predisse Dio l’incarico di Gesù, e come fu esso adempiuto?

20 Le parole che esprimono l’incarico di Dio conferito a Gesù quale Suo Servitore, scritte molto tempo in anticipo, dicono: “Io, l’Eterno [Geova], t’ho chiamato . . . e farò di te . . . la luce delle nazioni, per aprire gli occhi dei ciechi, per trarre dal carcere i prigioni, e dalle segrete quei che giacciono nelle tenebre”. (Isa. 42:1, 6, 7; si veda anche 49:6, 9) Apprezzò Gesù l’incarico che gli era stato affidato? Ascoltate la risposta: “Io sono la luce del mondo”. E adempì egli fedelmente la sua responsabilità? Sì. Siccome Gesù andò in Galilea a predicare, il suo apostolo Matteo cita e applica a Gesù la profezia d’Isaia, che “il popolo [di Zabulon e Neftali] che sedeva nelle tenebre vide una gran luce”. Quindi dice: “Da quel tempo in poi Gesù cominciò a predicare e dire: ‘Ravvedetevi, perché il regno dei cieli si è avvicinato.’” (Matt. 4:15-17, NW) Ma con molto maggior vigore viene la testimonianza di Gesù stesso verso la fine della sua vita terrena. Infatti, nessuna espressione uscì mai dalle sue labbra con forza maggiore circa la sua missione salvo la dichiarazione che fece a Pilato: “Per questo scopo io son nato e per questo scopo sono venuto nel mondo, perché recassi testimonianza alla verità”. — Giov. 8:12; 18:37, NW.

21, 22. Come “figli di luce”, è il nostro incarico similmente indicato con chiarezza?

21 Partecipano i seguaci di Cristo, i “figli di luce”, a quello stesso incarico con la sua relativa responsabilità? Risolutamente. Le profezie d’Isaia inerenti al “servitore” spesso comprendono questi membri del corpo del Cristo nel loro adempimento maggiore. (Si veda Isaia 43:10, per esempio.) Abbiamo, inoltre, le appropriate parole rivolte dal Signore ai suoi discepoli: “Voi siete la luce del mondo, . . . risplenda la vostra luce dinanzi al genere umano, affinché vedano le vostre giuste opere e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. (Matt. 5:14-16, NW) Ed ora vogliate osservare le parole di Paolo, che mostrano sia la benedizione che la responsabilità della nostra posizione in unione con la luce e il modo in cui noi siamo portati proprio nella scena. Prima, egli menziona “questo ministero”, che è “la buona notizia che noi dichiariamo”. Poi spiega perché “è velata fra quelli che periscono, fra i quali l’iddio di questo sistema di cose ha accecato le menti degl’increduli, affinché l’illuminazione della gloriosa buona notizia riguardo al Cristo, che è l’immagine di Dio [la sorgente d’ogni luce], non risplenda loro”. Indi Paolo mostra un’inaspettata connessione con quel primo, grande comandamento che determinò: “Sia la luce!” (Gen. 1:3) Quel comandamento sembrò che si riferisse solo alla luce letterale, ma Paolo ora dà un ulteriore significato simbolico. Egli dice: “Poiché Dio è colui che disse: ‘Risplenda la luce fra le tenebre,’ ed egli è rifulso nei nostri cuori per illuminarli con la gloriosa conoscenza di Dio mediante il volto di Cristo”. — 2 Cor. 4:1-6, NW.

22 Sì, essa è la verità, la gloriosa conoscenza di Dio, cioè la luce, perfettamente e pienamente riflettuta “mediante il volto di Cristo”, ed è il nostro incarico affinché ‘tutti noi, con viso scoperto, riflettiamo come specchi la gloria di Geova; o, come si esprime Pietro, “affinché dichiariate ovunque l’eccellenza di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce”. — 2 Cor. 3:18; 1 Piet. 2:9, NW.

23, 24. (a) Quale aspetto della nostra responsabilità è messo in rilievo? (b) Come Giovanni pone in risalto questo aspetto?

23 È la comprensione dell’incarico che abbiamo ricevuto da Dio che fa capire la pratica responsabilità d’essere in unione con la luce. Certo non significa la nostra semplice approvazione mentale rispetto a ciò che è la verità, una placida accettazione della luce, come una superficie appannata, oscura, che assorbe tutti i raggi di luce senza riflettere nulla in cambio. No. Significa essere come una pietra preziosa che riflette la luce a un tal grado che sembri d’irradiarla da se stessa.

24 Pensando all’aspetto pratico della nostra responsabilità siamo riportati alla prima lettera di Giovanni. Alcuni potrebbero pensare che, fra tutti gli scrittori della Bibbia, Giacomo mettesse maggiormente in risalto il lato pratico; e che, in contrasto, Giovanni fosse l’apostolo dell’amore. Nulla potrebbe esser più lontano dalla verità. Ogni volta che Giovanni enuncia una verità ne mostra subito sia l’applicazione pratica che i terribili risultati derivanti dalla sua inadempienza. Osservate, per esempio, le riflessioni di Giovanni sulla sua dichiarazione “Dio è luce”. che mostrano che noi dobbiamo non soltanto credere e amare la verità, ma dobbiamo ‘praticare la verità’. (1 Giov. 1:5, 6, NW) Nessuno può essere né più riprovatore né più soccorritore di Giovanni quando mostra come possiamo identificare quelli che appartengono all’“anticristo”, “che tentano di fuorviarvi”. (1 Giov. 2:18-26, NW) E nella sua terza lettera non esita a menzionare per nome un certo malefico chiacchierone, Diotrefe, con qualche chiaro consiglio. Non varrebbe la pena cercar di nascondere qualche cosa allo sguardo penetrante di Giovanni. — 3 Giov. 9-11.

25. Perché la condotta consistente è tanto essenziale?

25 Si potrebbe dire molto ancora, naturalmente, intorno alla nostra responsabilità di “figli di luce” sia rispetto alla mente, al cuore, alla condotta, che rispetto al nostro ministero. Ma, soprattutto, noi dobbiamo agire in modo consistente ‘praticando la verità’ allo scopo di essere sempre in unione col Dio della luce, presso il quale non vi è “variazione di mutamento d’ombra”. — Giac. 1:17, NW. Si vedano anche Luca 11:33-36; Efesini 5:6-14.

26. Si trova una stretta relazione fra l’illuminamento e l’amore?

26 In termini poetici, noi pensiamo al sorriso di approvazione del nostro Padre celeste come paragonato al caldo splendore solare. (Num. 6:25, Mo; AS; Knox) E questo è vero. Luce e amore vanno l’una accanto all’altro, conducendoci verso la luminosa vittoria e rendendoci intrepidi nel servizio di Dio. Se siamo stati aiutati a pervenire ad una più stretta unione con Dio e col suo Figlio con la nostra meditazione sul tema “Dio è luce”, c’è ogni motivo per credere che trarremo ulteriore profitto dalla considerazione dell’altra definizione di ciò che è Dio, cioè, “Dio è amore”. — 1 Giov. 4:16, NW.

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