BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • w55 15/3 pp. 164-168
  • Celebrazione del pasto serale del Signore

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • Celebrazione del pasto serale del Signore
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1955
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • SIGNIFICATO DEGLI EMBLEMI
  • NESSUNA TRANSUSTANZIAZIONE
  • PARTECIPANTI E PRESENTI
  • Il pasto serale del Signore
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1958
  • Pasto serale del Signore
    Ausiliario per capire la Bibbia
  • Pasto Serale del Signore
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 2
  • “Il pasto serale del Signore”
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1951
Altro
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1955
w55 15/3 pp. 164-168

Celebrazione del pasto serale del Signore

NEL calendario dei testimoni di Geova per il 1955 una sola data appare segnata in rosso, ed è quella del 7 aprile. In quel giorno, mentre il sole tramonta all’orizzonte ad occidente, ogni testimone di Geova che ne abbia la possibilità si raduna con altri testimoni nel luogo di adunanza della congregazione locale. Quest’anno è da attendersi che più di mezzo milione di testimoni unitamente a parecchie centinaia di migliaia di persone di buona volontà si radunino in tal modo.

Perché tutti i testimoni di Geova devono riunirsi il 7 aprile? Perché questo giorno è anche il 14 Nisan. Il 14 Nisan? Sì, secondo il calendario dato da Geova Dio alla nazione d’Israele, il primo mese dell’anno era Nisan o Abib e cominciava col novilunio più vicino all’equinozio di primavera, cioè il primo giorno di primavera. — Eso. 12:1, 2.

Perché è così rimarchevole il 14 Nisan, chiedete? Quel giorno divenne importante nel 1513 a.C., quando Geova fece conoscere il suo nome spezzando il giogo degli Egiziani sul suo popolo, e liberandolo. Quella notte gl’Israeliti mangiarono una “cena” consistente in un agnello o capretto arrostito, pane azzimo ed erbe amare; e questa fu definita “cena pasquale”, perché l’angelo della morte mandato da Dio risparmiò, ossia “passò oltre”, i loro primogeniti, mentre distrusse tutti i primogeniti d’Egitto; vale a dire, li risparmiò purché avessero adempiute tutte le istruzioni ricevute, compresa quella di spruzzare sangue di agnello sugli stipiti e sull’architrave della porta della casa dove si mangiava la cena, e fossero restati nell’interno. — Eso. 12:3-13.

Affinché non dimenticassero mai quel giorno memorabile, in cui Geova rivendicò la sua supremazia, umiliò l’orgoglio di Faraone e liberò il suo popolo dalla dura schiavitù d’Egitto, Iddio comandò che questa cena pasquale fosse celebrata annualmente il 14 Nisan, e più tardi che fosse celebrata nella città su cui egli aveva posto il suo nome, Gerusalemme. Quindi circa quindici secoli dopo, il 14 Nisan dell’anno 33 d.C., troviamo tredici Israeliti radunati in una camera superiore nella città di Gerusalemme, mentre celebrano la pasqua. Chi erano questi tredici? Cristo Gesù ed i suoi dodici apostoli.

Peraltro non è per celebrare la pasqua giudaica che i testimoni di Geova si riuniscono quest’anno il 14 Nisan, ma piuttosto per celebrare gli avvenimenti rimarchevoli che dovevano verificarsi in quel 14 Nisan dell’anno 33 d.C., avvenimenti che dovevano sorpassare di gran lunga in importanza perfino quelli che si erano verificati 1545 anni prima in Egitto. Sì, il 14 Nisan dell’anno 33 d.C. vide la rivendicazione del nome di Geova, in quanto in quel giorno Cristo Gesù provò che un uomo perfetto poteva serbare la sua integrità malgrado tutto il male cui il Diavolo poteva sottoporlo, ed in quel giorno fu provveduto il sacrificio del riscatto che avrebbe recato a tutti gli amanti della giustizia la futura liberazione dalla schiavitù del Faraone più grande, Satana il Diavolo, e dall’Egitto antitipico, sua organizzazione. Tutto in quel giorno? Sì, poiché secondo il calendario di Dio il giorno cominciava al tramonto del sole e durava fino al tramonto successivo.

SIGNIFICATO DEGLI EMBLEMI

Come Mosè istituì una celebrazione anniversaria della liberazione degli Israeliti dall’Egitto la notte stessa in cui furono liberati, così Cristo Gesù istituì una celebrazione anniversaria della liberazione ch’egli avrebbe provveduta in quella stessa notte del 14 Nisan dell’anno 33 d.C. E mentre le diverse organizzazioni religiose della cristianità celebrano la “cena del Signore” semestralmente, quadrimestralmente, mensilmente, settimanalmente ed anche giornalmente, tuttavia, siccome la pasqua che commemorava la liberazione dall’Egitto era celebrata solo una volta all’anno, il 14 Nisan, è ragionevole dedurre, in mancanza di altre istruzioni contrarie, che il pasto serale del Signore debba essere celebrato solo una volta all’anno, il 14 Nisan, per commemorare la liberazione provveduta dalla morte dell’antitipico Agnello pasquale, Cristo Gesù.

Fu dopo la cena pasquale e dopo aver mandato via Giuda che Gesù “prese il pane, e dopo aver pronunziato una benedizione, lo ruppe e, dandolo ai suoi discepoli, disse: ‘Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo’”. (Matt. 26:26; Giov. 13:21-30, NW) A quale corpo si riferiva qui Gesù? A un corpo carnale? È improbabile, poiché leggiamo a suo riguardo che neanche un osso fu rotto, mentre invece Gesù ruppe il pane. (Giov. 19:36) Egli si riferiva piuttosto al suo corpo spirituale, la congregazione cristiana, che nelle Scritture è definita un corpo oppure il corpo di Cristo più di quarantacinque volte. Dalle parole di Paolo si deduce che questa è la conclusione corretta: “Il pane che noi rompiamo, non è un prendere parte al corpo di Cristo? Siccome v’è un solo pane, noi, quantunque molti, siamo un solo corpo, poiché siamo tutti partecipi di quel solo pane”. È chiaro che il pane non raffigura il corpo carnale di Gesù, ma i membri del suo corpo, la congregazione cristiana. — 1 Cor. 10:16, 17, NW.

In effetti, chi partecipa a questo pane dice: ‘Io ritengo di esser membro del corpo di Cristo’. Poiché nelle Scritture il lievito o fermento è una figura del peccato e tutto il pane pasquale doveva essere senza lievito, questo raffigurava il fatto che coloro i quali sono partecipi del corpo spirituale di Cristo faranno del loro meglio per conservarsi liberi dal peccato e dal male. Il pane azzimo era pure definito il “pane dell’afflizione” perché era pesante, come a dire “triste”, e ricordava agli Israeliti le loro sofferenze in Egitto e la gran fretta con cui avevano lasciato il paese, tanto da non aver avuto il tempo di preparare bene il loro pane. Pertanto raffigura anche appropriatamente le sofferenze che i membri del corpo di Cristo devono sopportare. — 1 Cor. 5:6-8; Deut. 16:3; 1 Piet. 2:21.

Dopo aver dato a mangiare il pane ai suoi discepoli, Gesù “prese pure un calice e, avendo reso grazie, lo diede loro, dicendo: ‘Bevetene, voi tutti; perché questo significa il mio “sangue del patto” che sarà sparso a favore di molti per la remissione dei peccati’”. (Matt. 26:27, 28, NW) Poiché bere del calice significa essere partecipi con Cristo indica forse questo che i seguaci di Cristo partecipano nel provvedere col loro sacrificio la remissione dei peccati? No, poiché le Scritture dimostrano che solo Cristo poteva provvedere un riscatto. (Sal. 49:6-9; Giov. 1:29) Ma i suoi seguaci possono partecipare allo stesso calice al quale bevve Gesù nel senso che questo calice raffigura altresì la volontà di Dio per i suoi servitori, come infatti Gesù pregò la notte in cui fu tradito: “Padre mio, se è possibile, si allontani da me questo calice. Ma, non come voglio io, bensì come tu vuoi”. — Matt. 26:39, NW. Si veda pure Matteo 20:22.

Le Scritture ci dicono che l’anima ossia la vita è nel sangue. (Lev. 17:14) Il sangue versato doveva dunque raffigurare la morte. Così quelli che bevono al calice al pasto serale del Signore confessano in tal modo che si aspettano di morire con Cristo per poter partecipare alla sua risurrezione. (Filip. 3:7-11) Con la venuta del regno di Dio, bere del frutto della vite è anche simbolo della partecipazione alla gioia di Cristo. — Matt. 26:29; 25:21, 23.

NESSUNA TRANSUSTANZIAZIONE

Forse a questo punto qualche buon cattolico romano che ha letto quanto sopra dirà: ‘Ma voi avete mutato la Bibbia! Secondo la mia Bibbia Gesù disse del pane e del vino: “Questo è il mio corpo”, e “Questo è il mio sangue”’. (Tintori) È vero, molte traduzioni rendono così le parole di Gesù. Ma ve ne sono altre che le rendono in modo simile a quello adottato dalla Traduzione del Nuovo Mondo. Infatti la versione di Moffatt adopera la parola “significa” invece di “è”; C. B. Williams adopera il termine “rappresenta” invece di “è”; mentre Weymouth nella sua nota in calce (Terza Edizione) dichiara: “O ‘significa’, ‘rappresenta’, ‘simbolizza il mio corpo’. In molti luoghi, tanto nell’A.T. quanto nel N.T., il verbo ‘è’ o ‘sono’, espresso o (come qui) inteso, può essere reso così”. Fra gli esempi dati da Weymouth vi è l’illustrazione del seminatore in cui Gesù dichiara ripetutamente che una cosa “è” un’altra, sebbene ciò significhi che una cosa “rappresenta” un’altra. Si veda pure Matteo 13:36-39.

Sì, i discorsi di Gesù erano pieni di metafore, di simboli; e non solo quelli di Gesù, ma anche quelli dei suoi apostoli. Sono da notare le parole di Paolo sulla pietra dalla quale, nel deserto, zampillò l’acqua per gli Israeliti: “Tutti bevvero la stessa bevanda spirituale, (bevevano alla pietra spirituale che li accompagnava, e quella pietra era Cristo)”. (1 Cor. 10:3, 4, Ti) Era quella pietra effettivamente Cristo? No, ma prefigurava o rappresentava Cristo. Lo stesso si può dire relativamente alle parole di Gesù la notte che istituì il memoriale della sua morte.

Se Gesù avesse voluto dire che il pane era realmente il suo corpo e che sarebbe stato ripetutamente sacrificato, come pretende la Chiesa Cattolica Romana, nel sacrificio della messa, non avrebbe egli dichiarato: “Fate questo sacrificio di me”? oppure: “Così sacrificatemi”? Ma invece egli disse: “Fate questo come commemorazione di me”. (Luca 22:19, Knox) È dunque ovvio ch’egli volesse dire che questa osservanza doveva essere fatta in commemorazione del suo sacrificio, e non come una sua ripetizione.

E se in quel momento il vino fosse realmente il sangue di Gesù, perché avrebbe egli detto: “Il mio sangue che sarà sparso per voi”? (Luca 22:20, Ti) Gesù dichiarò inoltre ch’egli non avrebbe più bevuto “di questo frutto della vite” finché non lo avesse bevuto di nuovo con i suoi apostoli nel regno del Padre suo. (Matt. 26:29, Ti) Perché lo avrebbe egli chiamato “questo frutto della vite” se fosse stato realmente il suo sangue?

Non v’era alcun bisogno che Gesù compisse un tal miracolo, a parte il fatto che nulla prova ch’egli l’abbia compiuto. Quando Gesù faceva un miracolo era per aiutare quelli che ne avevano bisogno e per rendere onore al Padre suo, ma non esisteva assolutamente alcun motivo perché Gesù mutasse miracolosamente quel pane e quel vino in carne e sangue. Inoltre, quando cambiò l’acqua in vino alle nozze di Cana, il vino fu vino vero, ma non esiste evidenza che gli apostoli mangiassero e bevessero vera carne e vero sangue. — Giov. 2:1-11.

Quelli che pretendono che alla messa il pane e il vino diventino effettivamente la carne e il sangue di Cristo sono inconsistenti poiché parlano del ‘sacrificio incruento della messa’. Come potrebbe essere al tempo stesso il sangue di Gesù e un sacrificio incruento o senza sangue? E se è un sacrificio senza sangue, non può allora togliere i peccati, poiché Paolo dice esplicitamente: “Senza spargimento di sangue non c’è remissione”. — Ebr. 9:22, Ti.

Si dice che la santa messa è la più alta forma di adorazione. Non è strano che in tutte le ventidue lettere scritte ai primi cristiani la cena del Signore sia stata menzionata una sola volta (1 Cor. 11:23-33)? Se essa è così imperativa per la remissione dei peccati, non è anche strano che parlando della remissione dei peccati Giovanni non abbia fatto nessun riferimento alla messa? (1 Giov. 1:8-10; 2:1, 2, 12) E che cosa diremo della necessità di un sacerdote per dire la messa? Vi è forse una sola parola in tutte le Scritture Greche Cristiane concernente una classe di sacerdoti che siano i soli idonei per sacrificare il corpo di Cristo nella messa? Leggiamo che Cristo Gesù è sommo sacerdote, e che tutti i cristiani sono ‘un santo e real sacerdozio’, ma in nessun luogo si legge che determinati cristiani formino una speciale classe di sacerdoti. (Ebr. 8:1; 1 Piet. 2:5, 9) Ed è forse ragionevole che Cristo Gesù, il sommo sacerdote, debba essere offerto o sacrificato da ‘sacerdoti’ inferiori, umani e imperfetti? Da qualsiasi lato si consideri la questione, insistere nell’affermare che il memoriale della morte di Cristo Gesù da lui istituito sia qualche cosa di più di quello che realmente è non è affatto ragionevole.

PARTECIPANTI E PRESENTI

L’Annuario (inglese) dei testimoni di Geova del 1955 dice che nell’Africa Equatoriale Francese 584 persone assistettero al servizio del Memoriale e che nessuno di loro partecipò agli emblemi. Perché? Effettivamente in tutto il mondo 829.836 persone assistettero alle diverse celebrazioni del pasto serale del Signore, e soli 17.884, ossia approssimativamente una su 46 vi parteciparono. Perché? Per il fatto che mentre tutti quelli che si ravvedono, si convertono, esercitano fede in Geova Dio e Cristo Gesù e quindi dedicano la loro vita a fare la volontà di Dio e da allora vivono in modo degno del loro voto di dedicazione, possono essere giustamente chiamati cristiani, tuttavia agli emblemi possono appropriatamente partecipare solo quelli che, oltre a tutto questo, hanno sentito destarsi in loro una speranza celeste essendo stati generati da Dio mediante il suo santo spirito quali figli di Dio e quindi unti del medesimo spirito per esser membri del corpo di Cristo. Solo questi possono partecipare alla morte di Cristo come pure alla sua risurrezione. Di essi Paolo scrisse: “Lo spirito stesso rende testimonianza col nostro spirito che noi siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi veramente di Dio, ma coeredi di Cristo, se soffriamo insieme affinché insieme siamo glorificati”. — Rom. 8:16, 17, NW; 2 Tim. 2:11, 12.

Sì, tra le 829.836 persone che assistettero alla celebrazione del Memoriale nel 1954 solo 17.884 professarono di essere figli spirituali di Dio. E qual è la posizione degli altri? Essi si sono riconosciuti nelle “pecore” che manifestano bontà verso i fratelli di Cristo, nelle “altre pecore” che non fanno parte del “piccolo gregge”, e nella gran folla veduta in visione da Giovanni, in piedi davanti al trono, mentre i 144.000 suggellati servitori di Dio condividono il trono con Cristo Gesù. — Matt. 25:31-46; Giov. 10:16; Luca 12:32; Apoc. 7:9; 3:21.

E allora perché assistono alla celebrazione del Memoriale? A motivo del comando di Gesù e del loro interessamento per i fratelli spirituali. Inoltre, al pasto serale del Signore, Geova viene magnificato col racconto di ciò che egli ha fatto per noi provvedendoci la liberazione mediante il suo Figlio, e viene messo in risalto il fedele esempio di Cristo Gesù, esempio che tutti i cristiani, sia che abbiano speranze celesti che terrestri, devono seguire. È una lezione che ci fa apprezzare quello che Geova Dio e Cristo Gesù hanno fatto per noi e ciò che da noi si richiede. Ecco perché il 7 aprile i testimoni di Geova in tutto il mondo si radunano insieme nelle loro Sale del Regno dopo il tramonto del sole.

E cessate di conformarvi a questo sistema di cose, ma siate trasformati rinnovando la vostra mente, affinché proviate a voi stessi la buona e accettevole e completa volontà di Dio. — Rom. 12:2, NW.

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi