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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1957
w57 15/10 pp. 638-640

Domande dai lettori

◆ La legge di Mosè vietava agli Israeliti di esigere interessi sui prestiti fra loro, e Gesù disse di prestare senza interesse e senza sperare una restituzione. Significa questo che i fratelli cristiani non devono oggi né pagare né ricevere interessi gli uni dagli altri? Gesù intendeva forse dire non solo di non pagare gli interessi ma anche di non restituire il prestito? — J. G., Stati Uniti.

La legge mosaica parlava di prestiti concessi ai poveri, a quelli che si trovavano in difficoltà finanziarie e avevano bisogno di aiuto. Essa obbligava a prestare a tali persone per sollevarle dalla loro miseria, ma vietava di esigere interessi su questi prestiti fatti ai poveri. A chi faceva il prestito veniva poi restituita la somma, e talvolta venivano dati pegni di garanzia a riconoscimento del debito. Allora in Israele i prestiti fra gli Israeliti, o anche a favore dei non Israeliti che risiedevano nel Paese e facevano parte della comunità ebraica venivano fatti per alleviare la povertà o la sfortuna ed era considerato ingiusto approfittare delle difficoltà del prossimo. I prestiti non avevano scopi commerciali. Ma il caso era diverso per gli stranieri che attraversavano il Paese con carovane o vi sostavano per commerciare. Essi potevano chiedere prestiti per aumentare il loro capitale e accrescere le loro possibilità di guadagno, ed era giusto che per l’impiego di tale denaro fosse corrisposto un pagamento ragionevole. In questi casi gli Israeliti potevano legalmente richiedere l’interesse. — Eso. 22:25, 26; Lev. 25:35-37; Deut. 15:8; 23:19, 20; 24:6.

In Luca 6:34, 35 Gesù disse: “Se prestate a quelli dai quali sperate ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, e fate del bene e prestate senza sperarne alcun che, e il vostro premio sarà grande e sarete figliuoli dell’Altissimo; poich’egli è benigno verso gl’ingrati e malvagi”. Qui Gesù va oltre la legge mosaica, come in altri casi inerenti alla legge. Non solo disse di evitare l’adulterio come la legge comandava, ma di non considerarlo neanche nel proprio cuore. Non solo disse di evitare l’omicidio come la legge esigeva, ma di non chiamare neanche con un appellativo spregevole il proprio fratello. Qui egli dice di prestare, non solo senza interesse, ma senza nemmeno aspettare la restituzione della somma data in prestito. Qualche volta anche i peccatori prestavano senza interesse. I Cristiani dovevano far di più, non aspettandosi nemmeno la restituzione della somma. — Matt. 5:21, 22, 27, 28.

In tal caso il loro premio sarebbe stato grande e sarebbero stati veri figli di Dio, perché, come lui, avrebbero soccorso i buoni e i cattivi, senza ricompensa. Se fate questo il vostro premio sarà grande, perché Geova vi ricompenserà. Perché mai dovrebbe egli ricompensarvi particolarmente se siete stati ripagati? Questa sarebbe la vostra ricompensa. Ma se voi non vi aspettate d’esser ripagati, se date il denaro per aiutare i poveri, Geova vi ricompenserà alla risurrezione dei giusti, come è indicato quando Gesù disse agli uomini di non invitare ad un convito quelli in grado di contraccambiarlo, ma di invitare quelli troppo poveri da contraccambiare, e quindi “sarai felice, perché essi non hanno nulla per ricompensarti. Poiché tu sarai ricompensato nella risurrezione dei giusti”. — Luca 14:12-14, NM.

Geova ricompenserà, poiché i poveri appartengono a lui, e aiutarli è come prestare a Geova e sarà lui a ripagarvi, non i poveri che voi aiutate. Se esigete la restituzione del prestito, avete il vostro pagamento e non ne riceverete alcuno da Dio. Ma se aiutate i poveri non aspettandovi alcuna restituzione, si applicherà Proverbi 19:17: “Chi ha pietà del povero presta all’Eterno, che gli contraccambierà l’opera buona”. Perché aiutare i poveri è come prestare a Geova? Perché “chi opprime il povero oltraggia Colui che l’ha fatto, ma chi ha pietà del bisognoso, l’onora”. (Prov. 14:31) Ciò che facciamo ai poveri è considerato come fatto a Geova, precisamente come ciò che è fatto ai fratelli di Cristo è considerato come fatto a Cristo. Tutto questo si applica all’assistenza data ai poveri e agli indigenti.

Ma la cosa cambia aspetto quando si tratta di prestiti a scopo commerciale. Supponiamo che un fratello voglia un prestito per sviluppare la sua attività commerciale. Potrebbe chiederlo alla banca e pagare l’interesse bancario, ma se egli preferisce avere il prestito da un altro fratello dandogli l’interesse e desiderando che guadagni lui invece che la banca? Egli lo può fare senza violare nessun comandamento, e colui che concede il prestito non violerà alcun comandamento per il fatto che accetta l’interesse sul denaro prestato. C’è una grande differenza tra il prestare a chi è nell’indigenza e a chi non lo è. Se colui che riceve è povero, il Cristiano, in armonia con le parole di Gesù, dovrebbe aiutarlo senza chieder nulla, dovrebbe dare liberamente, senza nemmeno aspettare la restituzione della somma data in prestito. Allora Geova osserverà e ricompenserà il generoso, notando la sua ammirevole manifestazione di amor fraterno, considerazione e prontezza a condividere, e Dio lo giudicherà degno di vita nel nuovo mondo, ricompensandolo in tal modo.

Colui che chiede un prestito a scopi commerciali non è povero. Egli vuole semplicemente ricevere in prestito una somma per sviluppare le sue attività commerciali, per accrescere il suo reddito. Non sarebbe giusto che un fratello facesse un vero e proprio dono di denaro a un altro fratello, che già ne possiede, onde ne guadagni di più. Tuttavia se applichiamo le parole di Gesù a prestiti commerciali oppure a tutti i prestiti questo ne sarebbe il risultato. Pertanto le parole di Gesù e il divieto della legge mosaica circa l’interesse si applicano soltanto ai prestiti fatti a persone bisognose. Quindi se un fratello presta del denaro ad un altro per scopi commerciali colui che fa il prestito può attendersi la restituzione della somma e può anche esigere l’interesse. Che l’interesse sia giusto in certe circostanze è mostrato dall’illustrazione di Gesù in merito alle attività commerciali con impiego di denaro: “Dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; e al mio ritorno, avrei ritirato il mio con interesse”. (Matt. 25:27) Questo schiavo fu disapprovato perché non impiegò in commercio il denaro affidatogli per accrescerlo. È più che giusto che un fratello che presta ad un altro per ragioni commerciali riceva l’interesse, perché colui che riceve il prestito adopera il denaro a proprio vantaggio e guadagno, e colui che lo rende possibile mediante un prestito dovrebbe giustamente partecipare ai frutti di quel denaro. Egli riceve la sua parte applicando l’interesse.

Ora il punto da determinare è questo: Il fratello che chiede un prestito è nell’indigenza? In tal caso condividete liberamente, non aspettandovi alcuna restituzione. Se egli non si trova in estremo bisogno, ma chiede solamente un’assistenza temporanea per rimettersi in piedi dopo qualche rovescio finanziario, un altro fratello potrebbe fargli un prestito ma senza chiedergli alcun interesse, aspettando tuttavia la restituzione della somma quando chi era nel bisogno si è rimesso finanziariamente. Ma se il prestito viene fatto per motivi commerciali, per accrescere il reddito, colui che fa il prestito può certamente condividere il guadagno reso possibile dal suo denaro, applicandovi l’interesse.

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