Domande dai lettori
● Perché i testimoni di Geova si chiamano a vicenda “fratello” e “sorella”? Non ho mai trovato una conferma scritturale di ciò. Gesù chiamò sempre i suoi discepoli “Pietro”, “Giovanni”, ecc., ma non li chiamò mai “fratello Pietro” e “fratello Giovanni”. — E. J., Stati Uniti.
Con buone ragioni i dedicati credenti cristiani si chiamano l’un l’altro “fratello” e “sorella”. È vero che, salvo poche eccezioni, quando questi termini sono usati nei Vangeli e nel libro di Atti si riferiscono a parenti carnali. Tuttavia, Gesù usò il termine “fratello” in senso generico riferendosi ai conservi credenti quando disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è ne’ cieli, esso mi è fratello e sorella e madre”. E: “Se poi il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo. Se t’ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello”. — Matt. 12:49, 50; 18:15, VR.
Gli apostoli e i discepoli di Gesù usarono il termine “fratello” in senso ancora più diretto. Quindi in tutti i loro scritti ricorrono spesso espressioni come queste: “Non [mischiatevi] con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un fornicatore”, ciò che fu detto da Paolo. Anania, il fedele discepolo, parlando del persecutore Saulo che si era pentito, lo chiamò “fratello Saulo”. In seguito, lo stesso Paolo menzionò il “fratello Sostene”, il “fratello Apollo”, “Tito, mio fratello”, e “il nostro fratello Timoteo”. E anche Pietro chiamò Paolo “il nostro caro fratello Paolo”. E in Atti 21:20 (VR) leggiamo: “Dissero a Paolo: Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei ci sono che hanno creduto”. Considerando tutti questi esempi, non si può certo sollevare nessuna valida obiezione, quando i cristiani si riferiscono ai conservi credenti chiamandoli “fratello” e “sorella”. — 1 Cor. 5:11; Atti 9:17; 1 Cor. 1:1; 16:12; 2 Cor. 2:13; Ebr. 13:23; 2 Piet. 3:15, VR.
L’uso del cognome e di un nome specifico, abitudine che non era seguìta nel primo secolo, ha reso anche opportuno l’uso del termine “fratello” insieme al cognome, come si fa ora. Ciò aiuta a evitare l’eccesso dell’indebita familiarità e dell’indebito riserbo. Al giorno d’oggi chiamare un adulto per nome è indice di familiarità, e ciò non è sempre corretto, specialmente da parte dei giovani verso gli adulti o tra estranei. D’altra parte, usare il termine formale “signore” farebbe pensare a mancanza di cordialità, o a un riserbo che non esiste tra i membri della comunità di cristiani dedicati. Perciò è chiaro che è sia logico che scritturale usare il termine “fratello” e “sorella”, dal momento che i cristiani dedicati si considerano l’un l’altro membri di una famiglia spirituale religiosa.