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  • Usate il nome di Dio nella vostra adorazione?

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  • Usate il nome di Dio nella vostra adorazione?
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1971
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  • LA SUPERSTIZIONE NASCONDE IL NOME
  • QUANDO LA SUPERSTIZIONE FECE PRESA
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  • Perché il nome di Dio dovrebbe comparire in tutta la Bibbia
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1972
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    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
  • Il nome divino
    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1971
w71 15/12 pp. 741-743

Usate il nome di Dio nella vostra adorazione?

CHE Dio abbia un nome personale è compreso da tutti quelli che conoscono bene le Sacre Scritture. È vero che egli è designato nelle Scritture anche con titoli descrittivi come “Dio”, “Signore”, “Padre”, “l’Onnipotente”, “l’Altissimo” e altri. Ma la sua personalità e i suoi attributi sono pienamente riassunti ed espressi solo nel suo nome personale, un nome che appartiene incomparabilmente a lui solo. Dio dice: “Io sono Geova. Questo è il mio nome; e non darò a nessun altro la mia propria gloria”. — Isa. 42:8; Sal. 83:18.

“Geova” è la più nota pronuncia italiana del nome di Dio, benché la maggioranza degli eruditi di ebraico preferiscano “Yahweh”. I più antichi manoscritti ebraici presentano il nome nella forma di quattro consonanti, comunemente chiamate il Tetragramma (dal greco tetra, che significa “quattro”, e gramma, “lettera”). Queste quattro lettere ebraiche sono l’equivalente delle nostre quattro lettere italiane IHVH (alcuni dicono YHWH o JHVH).

Ma se Geova è il nome di Dio, qualcuno può chiedere, perché questo nome è usato così raramente nelle chiese dai predicatori o dai parrocchiani? Usate voi, per esempio, il nome di Dio nella vostra adorazione? È importante che lo usiate?

LA SUPERSTIZIONE NASCONDE IL NOME

Una ragione principale per cui tanti non conoscono il nome è la superstiziosa idea che sorse molti secoli fa tra il popolo giudaico. Questa superstizione sosteneva che fosse un errore pronunciare il nome personale di Dio. Che cosa esattamente inducesse i Giudei ad adottare quest’idea non è certo. Alcuni asseriscono che sorgesse l’insegnamento secondo cui il nome era troppo sacro per esser pronunciato da labbra imperfette. Un’altra veduta è che l’intenzione fosse di non far conoscere ai popoli non giudei il nome così che non potessero farne un uso errato. E ancora un’altra pretesa è che ci fosse lo scopo di proteggere il nome dall’uso nei riti magici.

Quando fece presa questa superstizione in quanto a pronunciare il nome di Dio? Vi è incertezza a questo riguardo. Molte opere di consultazione hanno supposto che il nome cessasse d’essere usato verso il 300 a.E.V. Basano questa conclusione sulla supposta assenza del nome di Dio nella Settanta greca, nella prima traduzione delle Scritture dall’ebraico al greco, iniziata verso il 280 a.E.V. È ciò che avvenne?

È vero che le più complete copie manoscritte della Settanta ora conosciute seguono coerentemente la pratica di sostituire le parole greche Kyʹri·os (Signore) o ho The·osʹ (Dio) al nome Geova (Yahweh). Ma questi maggiori manoscritti risalgono solo al quarto e al quinto secolo E.V. Di recente, comunque, sono state scoperte copie molto più antiche, sebbene in forma frammentaria, le quali provano che le primissime copie della Settanta contenevano in effetti il nome divino.

Per esempio, c’è il frammento del rotolo papiraceo, elencato come Numero d’Inventario 266 dei Papiri Fouad. Contiene la seconda metà del libro di Deuteronomio, e vi è regolarmente presente il Tetragramma, scritto in caratteri ebraici. A questo papiro gli eruditi attribuiscono la data del secondo o del primo secolo a.E.V., quattro o cinque secoli prima dei summenzionati manoscritti della Settanta che non contengono il nome divino.

Commentando un’altra scoperta di antico papiro, il dott. Paul E. Kahle dice: “Il papiro che contiene frammenti di Levitico ii-v è scritto con una mano strettamente simile a quella del Papiro Fouad 266, caratterizzato com’è già stato menzionato dal fatto che il nome di Dio è reso con il Tetragramma in lettere ebraiche quadrate (יהוה) non con κύριος [Kyʹri·os] come in seguito nei MSS cristiani della Bibbia”. — The Cairo Geniza, ediz. del 1959, pagg. 222, 224.

Vi è dunque una buona evidenza contro l’idea che il nome divino, almeno in forma scritta, cessasse d’essere usato nel periodo avanti la nostra Èra Volgare.

QUANDO LA SUPERSTIZIONE FECE PRESA

Nel primo secolo E.V., compare per la prima volta qualche evidenza del manifestarsi di un’attitudine superstiziosa verso il nome di Dio. Per esempio, Giuseppe Flavio, storico giudeo del primo secolo di una famiglia sacerdotale, dopo aver considerato che Dio aveva dichiarato il suo nome a Mosè, disse: “Non mi è lecito dire di più”. (Antichità dei Giudei, Libro II, Cap. XII, par. 4) La dichiarazione di Giuseppe Flavio, comunque, è vaga. Non rivela con chiarezza quale fosse l’attitudine generale corrente nel primo secolo in quanto a pronunciare o a usare il nome divino.

La Mishnah giudaica, collezione di insegnamenti e tradizioni rabbiniche, è alquanto più esplicita. La sua compilazione è attribuita al rabbino Giuda il Patriarca, che visse nel secondo e nel terzo secolo E.V. Parte del materiale della Mishnah si riferisce con chiarezza alle circostanze anteriori alla distruzione di Gerusalemme e del suo tempio nel 70 E.V. Si deve riconoscere, comunque, che il valore storico delle tradizioni della Mishnah è da mettere in dubbio. Ciò nondimeno, certe tradizioni della Mishnah danno perspicacia di quelle che erano apparentemente le attitudini giudaiche circa il pronunciare il nome divino.

Riferendosi all’annuale Giorno di Espiazione, Yoma, 6, 2, dichiara: “E quando i sacerdoti e il popolo che stavano nel Cortile del Tempio avevano udito l’espresso Nome venire dalla bocca del Sommo Sacerdote, si inginocchiavano e si inchinavano e cadevano sulle loro facce e dicevano: ‘Benedetto il nome della gloria del suo regno per i secoli dei secoli!’”

Delle quotidiane benedizioni sacerdotali, Sotah, 7, 6, dice: “Nel Tempio pronunciavano il Nome come era scritto, ma nelle province con una parola che lo sostituiva”.

Sanhedrin, 10, 1, elencando quelli “che non hanno parte nel mondo avvenire”, dichiara: “Abba Saul dice: Anche colui che pronuncia il Nome con le sue proprie lettere”.

Tuttavia, nonostante queste due ultime vedute negative, nella prima sezione della Mishnah si trova pure l’ingiunzione positiva che “un uomo dovrebbe salutare il suo simile con [l’uso del] Nome [di Dio]”, quindi viene citato l’esempio di Boaz (Rut 2:4). — Berakoth, 9, 5.

Prese per ciò che valgono, queste vedute tradizionali possono rivelare una tendenza superstiziosa a evitare l’uso del nome divino qualche tempo prima che fosse distrutto il tempio di Gerusalemme nel 70 E.V. Non c’è nessuna evidenza che tale superstizione prevalesse prima dell’Èra Volgare. L’evidenza disponibile mostra che questa superstizione cominciò a svilupparsi tutt’al più verso il primo o il secondo secolo E.V. Così, nel giorno di Gesù poté ben essere la pratica generale che molti Giudei usassero il nome divino.

Venne effettivamente il tempo, comunque, quando, leggendo le Scritture Ebraiche nella lingua originale, il lettore giudeo sostituiva Adho·nayʹ (Signore) o Elo·himʹ (Dio) anziché pronunciare il nome divino rappresentato dal Tetragramma. Questo si vede dal fatto che quando vennero in uso i punti vocalici nel sesto o settimo secolo E.V. i copisti giudei inserirono i punti vocalici per ’‏Adho·nayʹ o ’‏Elo·himʹ scrivendo il Tetragramma, evidentemente per avvertire il lettore di dire quelle parole invece di pronunciare il nome divino. Se usava la traduzione greca della Settanta delle Scritture Ebraiche nelle copie successive, il lettore, certo, trovava il Tetragramma completamente sostituito dai titoli greci Kyʹri·os e ho The·osʹ.

Le traduzioni in altre lingue, come la Vulgata latina, seguirono queste copie successive della Settanta. La traduzione cattolica di mons. Antonio Martini del 1778 in italiano, basata sulla Vulgata, non contiene perciò il nome divino. E la Versione del Re Giacomo inglese del 1611 di solito usa SIGNORE o DIO in tutte maiuscole per rappresentare il Tetragramma nelle Scritture Ebraiche. Comunque, in quattro luoghi usa il nome “Geova”, cioè in Esodo 6:3, Isaia 12:2 e 26:4, e Salmo 83:18.

I traduttori dell’American Standard Version (del 1901) con vigore smascherano la base errata per oscurare il sacro nome di Geova, dicendo, nella prefazione di quella traduzione, che “i Revisori americani, dopo attenta considerazione, sono pervenuti all’unanime convinzione che la superstizione giudaica, che ritenne il Nome Divino come troppo sacro per essere proferito, non dovrebbe più prevalere nella versione inglese o in qualsiasi altra versione del Vecchio Testamento, come per fortuna non prevale nelle numerose versioni fatte da missionari moderni. Questo Nome Commemorativo, spiegato in Eso. iii. 14, 15, e come tale messo in risalto più e più volte nell’originale testo del Vecchio Testamento, designa Dio come l’Iddio personale, come l’Iddio del patto, l’Iddio della rivelazione, il Liberatore, l’Amico del suo popolo; non semplicemente l’astratto ‘Eterno’ di molte traduzioni francesi, ma il sempiterno Soccorritore di quelli che sono in difficoltà. Questo nome personale [Geova], con la sua ricchezza di sacre associazioni di idee, è ora ripristinato nel luogo del testo sacro a cui indubbiamente appartiene”.

Sì, quando leggiamo il dichiarato proposito di Dio stesso di far ‘dichiarare il suo nome in tutta la terra’ e di rendere il suo nome “grande fra le nazioni”, come possiamo trattenerci dall’usare tale nome nella nostra adorazione a causa di qualche superstizione? (Eso. 9:16; Mal. 1:11) Il libro di Malachia (3:16) descrive un “libro di memorie” che si scriveva dinanzi a Dio “per quelli che avevano timore di Geova e per quelli che pensavano al suo nome”. Siete voi inclusi in tale “libro di memorie”? Oltre semplicemente a ‘pensare a quel nome’, lo esprimete poi anche nell’adorazione? Solo in questo modo una qualsiasi persona può essere considerata fra il ‘popolo per il nome di Dio’ di cui il discepolo cristiano Giacomo parlò in Atti 15:14-18. Per voi significherà vita eterna, se conoscete Dio col suo nome, usate tale nome con rispetto e vivete in armonia con le cose che egli ha fatte scrivere nella sua Parola su quel santissimo Nome.

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