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  • Domande dai lettori
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1972
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  • Il nostro modo di vestire dà gloria a Dio?
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1972
w72 15/9 pp. 574-576

Domande dai lettori

● Spesso si fanno molte discussioni su ciò che è “corretto” e ciò che è “scorretto” in quanto al vestire. Possiamo realmente stabilire qualche regola su ciò? Se no, perché interessarsene tanto? — U.S.A.

La Bibbia stessa non dà nessuna particolareggiata descrizione dell’abbigliamento “corretto”. D’altra parte, ci fornisce tutto quello di cui abbiamo bisogno per conoscere pienamente ciò che è corretto nel nostro modo di vestire. Come?

Nel medesimo primo libro della Bibbia ci è fornita una norma. Il racconto lì mostra che la faccenda dell’abbigliamento non pose nessun problema alla prima coppia umana quando era senza peccato. Solo dopo la loro trasgressione, quando cominciarono a provare vergogna e colpa, si vestirono. Con che cosa? Il racconto dice che si fecero “delle cinture per coprirsi i lombi” con foglie di fico. (Gen. 3:6, 7) È questa la norma per noi?

No, poiché evidentemente Dio considerò inadatte queste vesti. Benché cacciasse la coppia umana dal giardino dove dimoravano quali volontari trasgressori della sua legge, nella sua immeritata benignità Dio ritenne opportuno provvedere loro delle vesti. Genesi 3:21 dice: “E Geova Dio faceva lunghe vesti di pelle per Adamo e sua moglie e li vestiva”. Il Creatore dell’uomo, dunque, non solo trattò queste creature umane in modo dignitoso — benché fossero trasgressori della legge — ma provvide con ciò una norma per l’abbigliamento umano.

Quanto erano lunghe quelle “lunghe vesti”? Si comprende che la parola ebraica usata indichi vesti lunghe sino ai ginocchi, o anche sino alle caviglie. Autorizza questo a condannare qualsiasi abito la cui lunghezza non rientri precisamente fra questi due punti, i ginocchi e le caviglie? No, poiché equivarrebbe a cercar di leggere nell’espressione “lunghe vesti” una precisione o un’accuratezza che semplicemente non c’è. Potrebbe condurre a futili discussioni come: Stabiliamo se il vestito arriva sotto il ginocchio, a metà ginocchio o al di sopra di esso, come linea di divisione fra ciò che è un vestito corretto e ciò che è un vestito scorretto. Si verrebbe meno allo scopo principale della norma stabilita. Quale?

Che le vesti erano “lunghe” è in contrasto con le corte “cinture per coprirsi i lombi”. Per cui esse non coprivano appena, ma coprivano bene il corpo.

Non c’è ragione di dubitare che quelli che in seguito cercarono di piacere a Dio fossero guidati da questa norma circa il vestire. Infatti, pare che questa sia stata una norma generale fra il genere umano. L’evidenza relativa ai modelli di abiti dei tempi antichi lo conferma.

Questa stessa norma evidentemente continuò a esistere nella congregazione cristiana del primo secolo E.V. L’apostolo Paolo scrisse che le donne dovevano adornarsi “con veste convenevole, con modestia e sanità di mente”. (1 Tim. 2:9) La parola greca (ka·ta·sto·leʹ) usata lì per “vestito” significa letteralmente “allungare”. (Il termine più semplice sto·leʹ si riferisce basilarmente a una lunga veste; si paragoni Marco 16:5; Luca 15:22; Rivelazione 7:9). Qualunque fosse il loro modello, è chiaro che tali vesti coprivano bene.

Perché Dio provvide quella norma? Decisamente per il bene dell’uomo, come tutto ciò che Dio fa. A causa del peccato, gli uomini sono soggetti alla passione e facilmente inclini all’immoralità. Gli uomini che cercano di piacere a Dio devono combattere contro le loro cattive tendenze sotto questo aspetto. Con la norma che stabilì vestendo Adamo ed Eva, Dio, con amore, provvide benignamente un modo per rendere alquanto più facile questa lotta.

Non che le circostanze non consentano a volte di usare vestiario di altro tipo. Certi tipi di lavoro renderebbero poco pratico il solito abito lungo, come il lavoro di pescatori, ciò che erano alcuni dei primi discepoli di Gesù. Quindi, in alcuni tipi di lavoro, e in altre attività (come nel nuoto), si potrebbero ragionevolmente usare altri indumenti. (Si paragoni Giovanni 21:3, 7). Ma per nostra propria esperienza dobbiamo ammettere che, quando la ragione e lo scopo per cui si usano tali indumenti è evidente, non fanno sull’osservatore lo stesso effetto di quando non vi è nessuna evidente ragione o necessità di usarli. Ciò che Dio fece vestendo Adamo ed Eva, comunque, è una norma fondamentale che ci guida. E, com’è stato mostrato quelle vesti erano descritte meglio dalla parola “lunghe” invece che “corte”.

Si potrebbe dire: Ma se non ci sono specifici particolari, come facciamo a sapere se il vestito è modesto o immodesto, se è troppo corto o troppo stretto o se ci si può trovar da ridire in altro modo?

La Parola di Dio fu scritta per essere compresa da persone di normale intelligenza. Se un padre dice a suo figlio di non colpire la sua sorellina o di non gridare con lei, capisce forse il ragazzo di non dover nemmeno toccare sua sorella o parlarle? Ci vuole molta intelligenza per vedere la differenza? Non saprebbe anche un bambino quando dà semplicemente un amichevole colpetto in paragone con un colpo con cui vuol far male o quando parla normalmente in paragone con delle grida? Se possiamo capire la differenza di grado in tali cose, perché dovrebbe essere difficile per chiunque di noi applicare le norme della Bibbia circa il vestire, per sapere se una cosa è moderata o esagerata, conveniente o aderente, modesta o frivola?

Se non siamo sicuri, perché non osserviamo quelli che ci circondano? In una congregazione di veri cristiani ci sono molte persone che manifestano in modo assai evidente lo spirito di Dio nella loro vita e mostrano vero apprezzamento per i consigli della sua Parola. Com’è il nostro abbigliamento in paragone con il loro?

In realtà, la nostra maggiore preoccupazione riguardo al vestiario è di accertarci che osserviamo le due più importanti regole che ci siano: amare Dio e amare il prossimo come noi stessi. Giacché amiamo noi stessi, è naturale e appropriato che soddisfiamo noi stessi in quanto al vestire. Ma non dovremmo far questo trascurando di piacere nello stesso tempo ad altri. Anche se avessimo il diritto di farlo, l’amore ci impedirebbe di trascurare i loro sentimenti e interessi. (1 Cor. 10:24; 13:4, 5; Filip. 2:4) Infatti, il piacere che proviamo nel vestire dovrebbe derivare principalmente dal fatto che sappiamo che gli altri trovano piacevole il nostro aspetto.

Certo, oggi molti provano piacere nell’immodestia. L’abbigliamento che piace a loro attirerebbe la loro attenzione, e perfino le loro proposte. Potrebbe farci cadere in qualche cosa come fornicazione, adulterio o perfino omosessualità. Nessuno dovrebbe essere tanto ingenuo da pensare che non sia così. Nel vostro cuore, dunque, a chi cercate di piacere?

Egualmente da considerare è il pericolo di incitare qualcun altro a cadere nell’immoralità. Cristo Gesù disse: “Chi farà inciampare uno di questi piccoli che credono, sarebbe più utile per lui se gli si mettesse intorno al collo una macina da mulino come quella che viene fatta girare da un asino e che fosse lanciato effettivamente nel mare”. (Mar. 9:42) Chi indossasse abiti fatti per suscitare passione in un altro potrebbe essere colpevole di far inciampare un conservo cristiano. Significa questo che Dio manderebbe alla distruzione qualcuno o qualcuna solo perché i suoi abiti sono troppo corti o troppo aderenti? No; piuttosto perché l’abito provocante della persona è dovuto a mancanza di amore per la giustizia e perché, invece, rivela che il suo cuore ha amore per ciò che è cattivo agli occhi di Dio.

In effetti, se la Parola di Dio ci desse una descrizione e regole specifiche e particolareggiate su che cosa indossare, tutto si risolverebbe semplicemente nell’osservarle o no. Come stanno le cose, le regole che Dio ci ha date mettono alla prova ciò che siamo interiormente, ciò che siamo nel cuore, con la sua associata facoltà della coscienza, e la considerazione che abbiamo per il benessere spirituale di altri.

L’intera questione si riduce dunque a questo: Se aveste ragione di credere che non solo una o due, ma molte persone, particolarmente quelle che amate — la vostra famiglia, i vostri fratelli di fede — trovassero da ridire sul vostro abito, lo cambiereste? Vorreste cambiarlo? E, soprattutto, se aveste ragione di credere che il vostro aspetto potrebbe produrre un effetto nocivo su altri a causa del genere di pensieri che incoraggerebbe nella loro mente e nei loro cuori, vi rammarichereste sinceramente di tale fatto e sareste pronti a correggerlo?

Naturalmente, alcuni possono stabilire regole circa l’abbigliamento. Chi sono questi? I mariti e i padri. Tutti i componenti della casa di un uomo portano il suo nome e ciò che fanno si riflette sul suo nome. Come capofamiglia costituito da Dio, egli può giustamente disapprovare certi abiti e proibirli.

Riteniamo che oggi i genitori abbiano un compito difficile nel cercare di proteggere i loro figli dall’estesa delinquenza? Allora non indeboliremo o non mineremo volontariamente i loro sforzi mancando di badare alla modestia del nostro abbigliamento. Perché rendere tanto più difficile la loro lotta?

Che dire del corpo degli anziani o dei sorveglianti di una congregazione? Oltre alle regole contenute nella Bibbia, non possono stabilire regole su ciò che porteranno i componenti della congregazione. Possono servirsi della loro conoscenza, del loro intendimento e della loro sapienza per determinare se qualcuno dà chiaramente un cattivo esempio o no riguardo ai princìpi scritturali relativi al vestire. Possono decidere di non dargli preminenza nelle parti che danno ad altri per rappresentare o servire la congregazione nelle adunanze di congregazione. Tale azione sarebbe governata non semplicemente dalle preferenze o dai pregiudizi di una o due persone ma dal giudizio del corpo degli anziani nel valutare le obiezioni sollevate.

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