“Il nome di Geova è una forte torre”
Narrato da Heinrich Dickmann
LA GESTAPO mi arrestò nel 1937, nella mia casa di Dinslaken, in Germania. Volevano che tradissi i miei fratelli cristiani dando informazioni su di essi. Se avessi “parlato” le cose sarebbero state più facili per me; se no, la Gestapo conosceva i modi per farmi parlare, così mi fecero sapere. Scelsi di non parlare, qualsiasi trattamento la Gestapo mi infliggesse, poiché confidavo nel nome di Geova.
Sì, dall’esperienza degli ultimi quaranta dei miei sessantanove anni di vita, ho imparato che “il nome di Geova è una forte torre”. — Prov. 18:10.
Da giovane non avevo trovato né sicurezza né speranza nella Chiesa Luterana. Benché nel libro degli inni luterani ci fosse un cantico intitolato “A te, Geova, inneggerò”, a questo nome non veniva data importanza. Mia moglie e io dovevamo ancora conoscere e apprezzare il nome Geova.
Nel 1931 facemmo una conversazione di parecchie ore con due testimoni di Geova. Usando la Bibbia, misero in risalto il nome di Geova. Come risultato della conversazione cominciammo a interessarci seriamente della Bibbia. Studiavamo fino a tarda notte. Ci fu chiaro che quanto i testimoni di Geova insegnavano era proprio la verità di Dio. Cominciammo subito ad assistere alle adunanze dei Testimoni. A Dinslaken, nostro luogo di nascita, si tenevano in una casa privata. Dopo avere accresciuto per alcune settimane la conoscenza biblica, lasciammo la chiesa, e alcuni mesi più tardi simboleggiammo con il battesimo la nostra dedicazione a Geova.
Nella nostra famiglia non tutti furono felici che lasciassimo la chiesa. Mio padre, che non aveva pianto neppure quando era stato chiamato per il servizio militare durante la prima guerra mondiale, versò ora le sue lagrime. Ma continuammo a parlare della Bibbia e due dei miei quattro fratelli, Fritz e August, accettarono la verità della Bibbia. Nel mio luogo di lavoro, l’acciaieria August-Thyssen di Dinslaken, riuscivo a lasciare regolarmente la rivista L’Età d’oro (ora Svegliatevi!) ad alcuni compagni di lavoro. Continuai fino al 1933, allorché Hitler divenne dittatore. Come fu appropriato Proverbi 18:10 come scrittura dell’anno per il 1933: “Il nome di Geova è una forte torre. Il giusto vi corre e gli è data protezione”!
IMPARAI A CONFIDARE NEL NOME DI GEOVA
Più volte, durante il sorgere dell’èra nazista, imparai che il “nome di Geova è una forte torre” in difficili situazioni. Nonostante l’opposizione nazista, fummo in grado di fare un’estesa distribuzione dell’opuscolo biblico intitolato “Crisi”. Poi nel giugno del 1933 il governo di Hitler proibì ogni attività dei testimoni di Geova per quanto riguardava le adunanze e la distribuzione di letteratura.
Il 12 novembre 1933 fu il primo giorno delle elezioni del “Terzo Reich”. Tutti i partiti politici furono unificati e il popolo tedesco andò alle urne, ad eccezione dei cristiani testimoni di Geova. Furono aiutati a rimanere neutrali rispetto alla politica del mondo e mantenersi fedeli al regno di Dio dalla nostra scrittura biblica di quel giorno, sì, Proverbi 18:10: “Il nome di Geova è una forte torre”. Benché le SS (Schutzstaffel o Guardia Scelta) venissero a visitarmi e a dirmi di votare, confidai nel nome di Geova e non cedetti alle incitazioni delle SS.
Col passar del tempo l’opposizione crebbe. Il 19 agosto 1934 ci fu un altro giorno delle elezioni. Fui di nuovo visitato dalle SS che mi dissero di votare. Vennero a trovarmi tre volte e ogni volta potei dare loro testimonianza riguardo al regno di Dio. Infine, il 7 ottobre, i Testimoni mandarono al governo una lettera contenente una risoluzione. Simultaneamente i nostri fratelli cristiani di altri paesi mandarono 20.000 telegrammi per protestare contro il bando di Hitler sui testimoni di Geova.
Nel mio luogo di lavoro la situazione si fece più tesa. Fra 2.000 dipendenti ero l’unico a non appartenere al partito politico o al Fronte dei Lavoratori Tedeschi, per non menzionare il rifiuto di rispondere al “saluto tedesco” (saluto di Hitler).
Nell’aprile del 1935 ricevetti una lettera dal Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi e dal Fronte dei Lavoratori Tedeschi, in cui mi si chiedeva di dire la ragione per cui non facevo il “saluto tedesco”, non votavo e non mi iscrivevo al Fronte dei Lavoratori Tedeschi. Risposi a questa lettera, esponendo certi princìpi biblici e spiegando che non ero nemico dello stato ma piuttosto cristiano. Il 30 aprile fui arrestato.
La Gestapo mi interrogò per ore. Quindi mi portarono davanti alla corte. Uno degli accusatori mi disse d’essere anch’egli cristiano. A ciò risposi che un seguace di Gesù non cercherebbe di mettere in prigione i suoi conservi cristiani. Dieci giorni dopo fui improvvisamente messo in libertà.
Tornato a lavorare all’acciaieria, il direttore mi disse: “Dickmann, dicono che sto già sabotando lo sviluppo della Madrepatria perché non ti ho licenziato. Alza la mano e fa il ‘saluto tedesco’. Pagherò le tasse di iscrizione al Fronte dei Lavoratori Tedeschi per te. I tuoi mezzi di sussistenza sono in gioco!” Potei dargli una buona testimonianza e dichiarare che non era solo questione di sussistenza ma piuttosto di vivere secondo i princìpi biblici. Giunse dunque un ordine dal Fronte dei Lavoratori Tedeschi e fui licenziato.
PREDICATA LA VERITÀ DI DIO NONOSTANTE L’OPPOSIZIONE
Continuai la mia opera di predicazione di casa in casa con la Bibbia fino al 7 luglio 1935, quando fui nuovamente arrestato. Il mese seguente fui trasferito dalla prigione al campo di concentramento di Esterwegen nella brughiera di Emsland. Quattro Testimoni della mia congregazione d’origine mi seguirono presto. Uno di essi era mio fratello Fritz, che, anni dopo, morì in seguito alle ferite riportate nel campo. Ma mantenne la sua integrità verso Geova fino alla morte.
Quando uno veniva portato in questo famoso campo, gli interrogatori duravano dalla mattina fino al tardo pomeriggio. Vi sperimentavano ogni cosa possibile sotto forma di maltrattamenti. Lo chiamavano “divertimento”.
Per il processo in ottobre fui trasferito dal campo di concentramento alla prigione del tribunale di Duisburg. Lì potei dare testimonianza alla verità di Dio per circa un’ora. Un giornale scrisse in merito: “Voleva convertire perfino il giudice”.
All’improvviso il 1º gennaio 1936 fui rilasciato senza nessuna apparente ragione. Poiché non avevo nessun mezzo di sussistenza ricevetti il sussidio di disoccupazione per me, mia moglie e mia figlia di otto anni. Ci fu poi un altro giorno delle elezioni, il 29 marzo 1936. Gli oratori del partito nazista dichiararono che i Testimoni erano guariti e sarebbero andati alle urne. Che grande delusione ebbero! Noi tutti che eravamo stati nel campo di concentramento di Esterwegen ci radunammo la mattina presto nella foresta con le nostre famiglie. Fu una piacevole assemblea di un giorno e ci rafforzò spiritualmente perché potessimo perseverare.
Continuammo a predicare clandestinamente le verità di Dio e nel dicembre del 1936 distribuimmo un’importante risoluzione. Ebbi il privilegio di chiedere ai miei fratelli cristiani di altre congregazioni se volevano partecipare all’opera. Quindi furono distribuiti i territori.
SFORZI DELLA GESTAPO PER FARMI “PARLARE”
Il 20 giugno 1937, giunse il giorno di distribuire una “lettera aperta” contenente un resoconto documentato sulla persecuzione dei testimoni di Geova. Nessuno dei Testimoni che erano ancora in libertà sapeva chi altro avrebbe partecipato alla campagna. Si fece questo per evitare il pericolo che qualcuno rivelasse involontariamente i nomi di altri. A mezzogiorno cominciò la distribuzione. Due Testimoni che avevano ricevuto il territorio da me furono arrestati. Sotto la pressione dell’interrogatorio rivelarono il mio nome e quello di mia moglie. Il 30 giugno fui dunque arrestato per la terza volta.
La Gestapo venne a prelevarmi a casa mia e mi condusse al posto di polizia di Duisburg. La mattina dopo cominciò la mia udienza; la Gestapo voleva conoscere l’identità di altri Testimoni partecipanti all’opera di distribuzione. Poiché rifiutavo di parlare fui percosso. Quindi fui messo in segregazione cellulare con le mani legate dietro la schiena. Parecchie volte al giorno gli ufficiali della Gestapo venivano a chiedermi se parlavo. Dopo otto giorni fui messo in una speciale cella per gli interrogatori.
Prima gli ufficiali della Gestapo si tolsero la giacca e l’orologio. Poi ebbe inizio “l’udienza”. Rispondendo alle loro domande dissi che nel nome di Geova Dio e di Gesù Cristo rifiutavo di fare qualsiasi dichiarazione. Allora fui sbattuto da un angolo all’altro. Mi misero una coperta di lana sulla testa e mi tolsero le scarpe e i calzini. Poi ricevetti frustate con una cinghia di cuoio sulla pianta dei piedi. (Quattordici giorni dopo avevo ancora grumi di sangue sotto le unghie dei piedi). Ma non emisi un solo grido di dolore. Il nome di Geova è veramente una forte torre.
Vedendo che con questo metodo non otteneva i risultati desiderati, la Gestapo minacciò d’infliggermi un trattamento peggiore. Dalle domande e dai commenti fatti dalla Gestapo appresi che non sapevano chi aveva partecipato alla distribuzione della risoluzione. Minacciarono di arrestare mia moglie se non rivelavo nessun nome.
Ogni giorno c’erano interrogatori, accompagnati da percosse. Un giorno ci fu un “incontro casuale” con le due persone che avevano rivelato il mio nome. Mi supplicarono e cercarono di persuadermi ad ammettere che avevano ricevuto da me le “lettere aperte” nonché il territorio dov’erano state distribuite.
Nel cuore della notte gli ufficiali della Gestapo venivano a controllare se le manette erano ancora abbastanza strette. Dopo avere tenuto quelle manette arruginite per dieci giorni, i miei polsi stavano andando in suppurazione. L’undicesimo giorno, nonostante la mia richiesta, non me le tolsero neppure una volta in ventiquattro ore, nemmeno per andare al gabinetto.
Quando infine mi tolsero le manette a colazione, mi parve di avere le braccia paralizzate. Mi portarono un notes e una matita perché scrivessi quello che rifiutavo di dire. Il notes rimase bianco. Mi rimisero le manette.
Quando a mezzogiorno andammo a prendere da mangiare, parecchi agenti erano in giro nel corridoio per vedere un dramma inscenato da loro, poiché mentre andavo dall’ascensore alla mia cella condussero mia moglie su per le scale. Ella non mi vide e così continuò tranquillamente il suo cammino. Gli ufficiali furono delusi quando ammisi di aver visto mia moglie senza parlarle. Ora sapevo che avevano arrestato anche lei.
NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO
Ai primi di settembre parecchi altri Testimoni e io fummo chiamati in giudizio davanti a una speciale corte a Düsseldorf, dove fui condannato da un anno a un anno e mezzo di prigione. Mia moglie rimase in stato di arresto e fu infine portata a Ravensbrück e Sachsenhausen, dove stette fino al 1945.
Nel marzo del 1939 fui portato a Sachsenhausen, dove venni considerato “incorreggibile” e ricevetti le solite torture. Mio fratello August, che era stato arrestato nell’ottobre del 1936, era a Sachsenhausen dall’ottobre del 1937. Ora avevamo l’occasione di rafforzarci a vicenda insieme ai nostri fratelli cristiani. Per qualche tempo fu negato a tutti i Testimoni il permesso di ricevere o inviare posta, per cui i parenti sapevano poco, se non nulla, di loro. Quando questa restrizione fu tolta ci consentirono di scrivere cinque righe al mese.
Nel settembre del 1939 mio fratello August fu chiamato nella “sezione politica”. Era deciso a rimanere fedele a Geova in ogni circostanza. Due altri Testimoni, che erano pure stati chiamati, mi narrarono quella sera che mio fratello era stato percosso e preso a calci per il rifiuto di compiere il servizio militare.
Il 15 settembre 1939, smettemmo di lavorare presto. L’anziano del campo — un detenuto politico — mi disse che mio fratello doveva essere fucilato quel giorno stesso.
Tutti noi detenuti dovemmo stare sull’attenti. Eravamo da 350 a 400 Testimoni circa. Mentre venivamo condotti nel campo principale, dalla parte opposta all’ingresso principale, vedemmo un monticello di terra per fermare le pallottole e alcuni mucchi di sabbia davanti ad esso. Accanto vi era una cassa nera. Le SS con l’elmetto in testa stavano portando le mitragliatrici. Quindi fu condotto mio fratello ammanettato e fu messo davanti al monticello di terra.
Ora il comandante del campo disse all’altoparlante: “Il detenuto, August Dickmann, di Dinslaken, nato il 7 gennaio 1910, rifiuta di compiere il servizio militare perché è cittadino del regno di Dio. Egli dice: ‘Chi sparge il sangue dell’uomo, il suo sangue sarà sparso dall’uomo’. Così si è appartato dalla comunità e dev’essere fucilato secondo l’ordine del Reichsfuehrer delle SS Himmler”.
Volgendosi a mio fratello, urlò: “Girati, maiale!” Quindi diede il comando di far fuoco. Mio fratello, con la faccia girata verso il monticello di terra, fu fucilato da tre ufficiali delle SS. Dopo che era caduto, l’ufficiale del campo, un ufficiale superiore delle SS, gli si accostò e gli sparò un colpo alla testa. Ora gli tolsero le manette e quattro suoi fratelli cristiani lo deposero nella cassa nera.
Due giorni dopo fui chiamato alla “sezione politica”. In quella fredda giornata di pioggia stetti fuori in piedi per ore. Il comandante del campo e il direttore del campo mi guardavano dalla finestra. Poi ci fu l’interrogatorio. Il capo della Gestapo fece molte domande, chiedendomi a bruciapelo: “Hai visto com’è stato fucilato tuo fratello? Che lezione hai imparato da ciò?”
La mia risposta fu: “Sono testimone di Geova e continuerò ad esserlo”.
“Allora il prossimo ad esser fucilato sarai tu”, minacciò.
Presto si seppe in tutto il campo che il comandante del campo era afflitto da una spaventosa malattia. Morì nel febbraio del 1940. Le SS dicevano: “Gli Studenti Biblici [testimoni di Geova] hanno pregato che morisse”.
Dopo la fucilazione di mio fratello ci fu inflitto un trattamento peggiore. Per esempio, ci davano poco da mangiare e d’inverno rifiutavano di darci abiti pesanti. Poi ci fu un cambiamento.
PROVVEDIMENTO PER IL CIBO SPIRITUALE
Nel febbraio del 1940, un gruppo di Testimoni di cui facevo parte fu trasportato al campo di concentramento di Wewelsburg. Vi arrivai completamente esausto. Il mio nome era ben conosciuto a causa dell’esecuzione di mio fratello. Qualche tempo dopo questo campo fu chiuso e, nell’aprile del 1943 fui mandato a Buchenwald. Tre mesi dopo fui trasferito a Ravensbrück. Lì fui assegnato a un gruppo che lavorava fuori del campo. Dovevamo fare una villa nella foresta per un generale della divisione corazzata.
In questa squadra di lavoro potevamo metterci in contatto con i nostri fratelli cristiani che lavoravano in un podere appartenente al dott. Felix Kersten, medico personale di Himmler, capo delle SS. Il dott. Kersten intercedette presso Himmler e riuscì a togliere parecchi Testimoni, sia uomini che donne, dal campo di concentramento per metterli a lavorare nel suo podere di Harzwalde.
In seguito, con il permesso di Himmler, il dott. Kersten condusse con sé una Testimone quando andò in Svezia. Lì ella lavorava come domestica per la sua famiglia. Giacché il dott. Kersten faceva frequenti voli di andata e ritorno, questa Testimone si accertava che ci fosse sempre una copia de La Torre di Guardia nella valigia del medico, valigia che era quindi aperta da un Testimone ad Harzwalde. Essa era poi data ai Testimoni che lavoravano nel podere; di lì La Torre di Guardia giungeva infine alla nostra squadra di lavoratori. Nonostante il filo spinato e nonostante fossimo strettamente sorvegliati, Geova provvedeva il necessario cibo spirituale.
LIBERAZIONE DAI PERSECUTORI
Poiché nel 1945 le truppe alleate si avvicinavano, dovevano trasferirci in un altro campo. Verso il 1º maggio eravamo in cammino. Da una parte avevamo le truppe americane, dall’altra c’erano i Russi. Per la precaria situazione in cui vennero a trovarsi le guardie delle SS, fummo liberati. I Russi ci tennero per alcuni giorni, ma poi ci lasciarono andare.
Arrivai a casa dei miei genitori a Dinslaken a metà maggio, accompagnato da altri due Testimoni del campo di concentramento. Due settimane dopo tornò a casa anche nostra figlia, che ci era stata tolta. Aveva ora quasi diciotto anni ed era stata otto anni senza i suoi genitori. Adesso eravamo insieme ogni giorno dalla mattina presto fino a sera tardi. Andammo a trovare parenti e amici per parlare loro della meravigliosa liberazione che Geova aveva compiuta. Mia moglie tornò a casa dal campo di concentramento in agosto.
Con otto Testimoni cominciammo a riorganizzare la congregazione cristiana di Dinslaken. In breve tempo fu così numerosa che dovemmo affittare un’aula della scuola.
SPECIALI PRIVILEGI
Nel 1945 fui nominato ministro per presiedere la nostra congregazione. Malgrado allettanti offerte, non ripresi il lavoro secolare. Poiché ora mia moglie e io avevamo un solo interesse: la predicazione della buona notizia del regno di Dio! Seguirono speciali privilegi. Per esempio, ebbi il privilegio di aiutare a preparare l’ufficio della Società Torre di Guardia di Roeder Strasse a Wiesbaden. Quindi nel 1946 fui nominato ministro speciale in servizio continuo.
Ci furono altri speciali privilegi: L’invito a Magdeburgo per ricevere ulteriore addestramento nel ministero. E nel marzo del 1947 cominciai a visitare le congregazioni come servitore di circoscrizione, per incoraggiare ed edificare le congregazioni. Grazie all’immeritata benignità di Geova, fino a questo giorno ho tale meraviglioso privilegio.
La nostra gioia è aumentata di anno in anno mentre continuiamo a imparare e a provare nuove cose che approfondiscono la nostra relazione con Geova, la nostra forte torre. Tutti i problemi, finanziari o fisici, sono stati risolti per immeritata benignità di Geova. Ho avuto la prova che in tutte le situazioni la fiducia nel nome di Geova dà veramente sicurezza.