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  • Seconda lettera ai Corinti: Paolo parla con “grande libertà di parola”

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  • Seconda lettera ai Corinti: Paolo parla con “grande libertà di parola”
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
w76 1/11 pp. 669-670

Seconda lettera ai Corinti: Paolo parla con “grande libertà di parola”

PAOLO scrisse evidentemente la sua prima lettera ai cristiani di Corinto al principio del 55 E.V. Ma dopo averla scritta fu molto preoccupato dell’effetto che le sue ammonizioni e il suo forte rimprovero avrebbero prodotto sui suoi figli spirituali. Li avrebbero presi a cuore o li avrebbero ignorati? Mentre attendeva loro notizie Paolo andò a Troas e poi in Macedonia prima che arrivasse Tito con un rapporto favorevole.

Tuttavia, fra quei cristiani esisteva ancora una certa condizione che affliggeva molto Paolo. Tra loro c’erano alcune persone molto preminenti che screditavano il ministero di Paolo. Di conseguenza, la seconda lettera che inviò loro ebbe un tono vivamente personale. In quasi ogni capitolo fa riferimento al proprio ministero, menzionando la sua condotta irreprensibile e le persecuzioni subite. Egli nutre grande amore per loro — “voi siete nei nostri cuori per morire e vivere con noi” — e così pensa di potersi esprimere con “grande libertà di parola” verso di loro; e si potrebbe dire che tutto questo è in armonia col proverbio: “Le ferite inflitte da chi ama sono fedeli”. — 2 Cor. 7:3, 4; Prov. 27:6.

Egli dà inizio alla sua seconda lettera benedicendo Dio per il conforto che dà ai suoi servitori. Poi Paolo parla della persecuzione che lui (e i suoi compagni) hanno subìta e di come egli ‘si è comportato con santità e santa sincerità fra loro’. Nel capitolo due scrive in merito alla grande gioia che ha provato udendo un buon rapporto su di loro e poi osserva che lui (e i suoi compagni) sono adeguatamente qualificati, poiché non sono venditori ambulanti della Parola di Dio ma parlano con sincerità. Continuando, dice che non ha bisogno di lettere di raccomandazione presso di loro, poiché essi stessi sono le sue lettere, scritte su cuori.

Nel capitolo quattro Paolo dice che non ha agito con astuzia né ha adulterato la Parola di Dio, ma ha agito in modo da raccomandarsi a ogni coscienza umana dinanzi a Dio. Di nuovo rammenta loro la persecuzione che ha subita. Proseguendo, dice loro: “Siamo incalzati in ogni modo, ma non alle strette da non muoverci”. Tuttavia, egli è in grado di sopportare tutte queste cose perché la sua vista è addestrata per vedere le cose invisibili che sono eterne. Sì “camminiamo per fede, non per visione”. Egli li supplica: “Spero che siamo stati resi manifesti anche alle vostre coscienze”.

Paolo comincia il capitolo sei supplicandoli “di non accettare l’immeritata benignità di Dio venendo meno al suo scopo”, e poi considera in modo particolareggiato come è stato attento affinché ‘non si trovasse da ridire sul suo ministero’. Dopo avere nuovamente assicurato loro il suo amore e dopo aver detto loro di allargarsi nel loro affetto per lui, li avverte di non essere inegualmente aggiogati con gli increduli. Proseguendo, dà questi consigli: “Purifichiamoci dunque da ogni contaminazione di carne e di spirito, perfezionando la santità nel timore di Dio”. Poi Paolo difende di nuovo la sua condotta: “Non abbiamo fatto torto a nessuno, . . . non abbiamo approfittato di nessuno”.

Nei capitoli otto e nove Paolo tocca il soggetto delle loro contribuzioni per i fratelli bisognosi di Gerusalemme e poi dà la saggia e confortante assicurazione che ‘qualsiasi cosa una persona dia è specialmente accettevole secondo ciò che ha e non secondo ciò che non ha’. “Chi semina scarsamente mieterà pure scarsamente; e chi semina generosamente mieterà pure generosamente. Ciascuno faccia come ha deciso nel suo cuore . . . poiché Dio ama il donatore allegro”. — 2 Cor. 8:12; 9:6, 7.

Successivamente Paolo dice che nella sua guerra cristiana non ha impiegato metodi e “armi” carnali, ma le sue “armi” furono ciò nondimeno potenti per rovesciare ragionamenti e per condurre ogni pensiero in sottomissione al Cristo. Li rimprovera così per essersi lamentati che le sue lettere sono potenti ma ‘la sua parola e la sua presenza personale sono deboli’. Ma egli dà tutti questi consigli perché si interessa del loro benessere spirituale, poiché li ha promessi in matrimonio come una sposa vergine al Cristo. Rimprovera dunque i loro “apostoli sopraffini”, elenca i propri requisiti e poi enumera una serie sorprendente di cose che ha subite come servitore di Cristo. Sì, se c’è qualcuno che è stato un devoto servitore di Cristo, questi è proprio Paolo! — 2 Cor. 11:1-33.

La seconda lettera ai Corinti è davvero un’espressione del grande e amorevole interesse di Paolo per i suoi figli spirituali di Corinto. Non c’è dubbio che la sua “grande libertà di parola” verso di loro è in armonia con il proverbio secondo cui ‘le ferite di un amico sono fedeli’.

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